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400 annie vivanti


salutava — prima dall’una finestra, poi dall’altra — agitando le mani, ringraziando, ridendo... I cavalli partivano, ed Anne-Marie ricadeva indietro tra le braccia di sua madre, nascondendole il viso sul petto con un piccolo sospiro di felicità. Ed erano sole, dopo tanta folla e tanto rumore; sole, nella penombra della carrozza piena di fiori. E Nancy sentiva nella sua mano la tiepida manina di Anne-Marie; e ne vedeva diffusi sul suo petto i morbidi capelli biondi... Udiva la dolce domanda puerile, che era come il ritornello d’una canzone: «Ti è piaciuto il mio concerto, Liebstes?... Sei felice, cara mamma mia?»... Poi non si parlava più fino all’arrivo a casa. La casa per loro era sovente un albergo ignoto, in una sconosciuta città di un paese straniero. Ma era sempre «casa loro», perchè erano insieme!...

Ed ora... Nancy era sola. Sola! Il silenzio le sussurrò all’orecchio la terrificante parola.

Sola! Le desolate mura lo ripeterono... Poi l’universo parve urlarlo al suo spaventato cuore.

Nancy si mosse come in sogno e s’avvicinò alla finestra.

La strada era vuota.

La casa era vuota.

Il mondo era vuoto.

Nancy traversò barcollando la stanza, e uscì nel corridoio. Si fermò davanti alla porta chiusa della camera di Anne-Marie. Sporse tremando la mano e aprì l’uscio... Vuota, vuota la chiara stanza ridente!...

Sul letto giaceva, socchiusa, una cassetta da violino: era il Guarnerius del Gesù, abbandonato nella sua piccola cassa da morto.

Nancy si guardò intorno, disperata e convulsa. Dalla parete le sorrideva Fräulein, morta a Parigi qualche anno prima. E sopra il caminetto, tra Joachim e Beethoven, pendeva un piccolo ritratto di Bemolle, tornato umil-