I Nibelunghi (1889)/Avventura Undecima
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Avventura Undecima
In che modo Sifrido ritornò con la sua sposa
Ratto che si partìan gli ospiti accolti,
A’ suoi consorti così disse il figlio
Di Sigemundo: Anche dobbiamci noi
Tosto apprestar nella natal mia terra
5A far ritorno. — Caro fu cotesto
Alla sua donna come ciò da lui
Chiaro ella intese. Quando mai, dicea
Così allo sposo, quando mai dovremmo
Di qui partir? Ben io vorrei frattanto
10Questo evitar che presto di soverchio
N’andassimo di qui. D’uopo è che prima
Dividano con me li miei fratelli
La terra di Borgogna. — E fu cagione
Questa a Sifrido di corruccio, allora
15Ch’egli udì da Kriemhilde esta parola.
Vennero i prenci a lui, tutti parlando,
Tutti e tre. Deh! sappiate, elli diceano,
Prence Sifrido, che sacrati a voi
Sempre, fino alla morte, e in tutta fede
20Son li nostri servigi. — Ei s’inchinava
A’ prodi innanzi, poichè tale a lui
Facean profferta grazïosamente.
Anche dobbiamo noi, disse Gislhero
Il giovinetto, spartir vosco e terre
25E borghi ancor che nostri son. Di quanto
Dell’ampio regno sta soggetto a noi,
Egregia parte con Kriemhilde vostra
Toccar v’è d’uopo. — A’ principi rispose
Di Sigemundo il figlio, allor che questa
30Intese e scorse volontà dei duci:
In sempiterno lasci Iddio la vostra
Eredità felice, insiem con quante
Genti vi sono. Ricusar la mia
Donna diletta l’assegnata parte
35Può sì, qual darle disïate. Il serto
Debbe recar di regnatrice, e quando
Viver dato mi sia, ricca più assai
D’ogni vivente ella esser dee pur anco.
Ma per ciò che da voi mi verrà ingiunto,
40Di tutti qui son io servo fedele.
Donna Kriemhilde così disse: Allora
Che ricusar v’è caro esto retaggio,
Non così lieve per gli eroi Burgundi
Sen va cotesto, perchè un re con seco
45Volentier non li adduca alla sua terra.
Così adunque dividali la mano
De’ miei dolci fratelli. — E tu, dicea
Sire Gernòt, quale più vuoi ti prendi.
Mille ti darem noi di trentamila
50Uomini prodi, e siano alla tua casa
Addetti e ligi. — Incominciò Kriemhilde
Messi a invïar da Ortwin, d’Hàgene ancora
Ch’è di Tronèga, s’elli e lor congiunti
Esser vorrìan ligi a Kriemhilde. Assunse
55Fiero un aspetto di corruccio allora
Hàgene e disse: Principe Gunthero
A nessun per la terra abbandonarci
Mai non dovrà. Ma de’ consorti vostri
Fate che altri vi segua. Anche v’è noto
60Qual di quei di Tronèga è legge e norma,
E dobbiam noi restarci in questa corte
Qui, presso al re. Chi ovunque seguitammo,
Lungamente servir dobbiamo ancora.
Cotesto allor si tralasciò; ma intanto
65S’apprestò la partenza. Incliti e nobili
I suoi consorti si prendea Kriemhilde,
Due e trenta donzelle e cinquecento
Uomini prodi. Seguitò Kriemhilde
Di là conte Eckewardo, e quei si presero,
70E cavalieri e fantaccini, e donne
E fanciulle, commiato, e vènia insieme
Così com’era d’uopo. Ei separârsi
Baciandosi l’un l’altro, e da la terra
Di principe Gunthero uscîr contenti.
75Ma i lor congiunti accompagnârli assai,
Lontano per la via. Fu indetto ovunque
Ostelli d’apprestar là ’ve ciascuno
Gli ebbe più cari, per la notte, in tutta
Di Gunthero la terra; e messaggieri
80Fûro invïati a Sigemundo ancora
Per ch’egli, e Sigelinde insiem con lui,
Saper dovesse ormai che si redìa
Da Worms ch’è al Reno, il figlio suo con quella
Di donna Ute celebrata figlia,
85L’assai bella Kriemhilde. Oh! non poteagli
Esser più grata la novella! Ei disse:
Felice appien, che tanto son vissuto
Fin che qui ne verrà Kriemhilde bella,
Incoronata! Eredità ch’è mia,
90Alto onore n’avrà. Sire qui debbe
Essere il figlio mio, nobil Sifrido!
E donna Sigelinde assai donava
Cose lucenti al messaggier, d’argento
E d’oro un grave pondo, e fu cotesta
95Mercè che a lui serbò. De la novella
Ch’ebbe da lui, si rallegrava, e intanto,
Quanto più s’addicea, le ancelle sue
Prendean fulgide vesti. E le fu detto
Chi col figlio venìa nella sua terra,
100Sì ch’ei drizzâr le sedie al destinato
Loco, ove innanzi ai radunati amici
Ir dovean con corona ambo gli sposi.
Ma di re Sigemundo i valorosi
Mossero incontro cavalcando, e cosa
105È ignota a me se alcun fu meglio accolto,
Meglio di questi eroi, famosi ed incliti,
Là nella terra di Sigmundo. Ancora
Con donne assai, leggiadre e belle (e alquanti
Cavalieri seguìan, cortesi, a lei)
110Sigelinde avvenente, alta in arcioni,
Iva incontro a Kriemhilde, in fin che lungi
Gli ospiti si vedean, per tutto intero
Il vïaggio d’un dì. Grave soffriro
Disagio inver congiunti e strani, in tanto
115Ch’elli giunsero alfine appo un castello
Ampio, che detto era Santèna. Quivi,
D’allora in poi, corona ebber gli sposi.
Con bocca sorridente e per lung’ora
Baciaron Sigemundo e Sigelinde,
120Con molto amor, Kriemhilde bella e ancora
Con lei Sifrido. Così fu che tolto
Ogni affanno lor venne. E benvenuti
Furono anche d’assai d’ambo gli sposi
I consorti novelli. Entro la sala
125Fu ingiunto allor di principe Sigmundo
Gli ospiti di condur. Da’ palafreni
Altri allora levò, scender fe’ a terra
Le vaglie giovinette, e molti invero
Furon gli uomini là, ’ve incominciossi
130Con molta cura a le donne leggiadre
I servigi a prestar. Quantunque grandi
Fosser note le feste là sul Reno,
Anche migliori fûr le vesti, date
Ai raccolti guerrieri, e quali al certo
135Mai non recâr del viver lor ne’ giorni.
E si potean dir molte meraviglie
Delle ricchezze di quei re. Ma quando
In lor alta onoranza ebber soggiorno
Là satisfatti, quante vesti in oro
140Lor consorti recâr, quante pregiate
Gemme puranco, sovra il panno inteste!
Sigelinde così, la nobil donna,
Di tutti si prendea solerte cura.
Disse agli amici suoi prence Sigmundo:
145A tutti, che a Sifrido son cognati,
Io rendo noto che la mia corona
Ei recar dee dinanzi a questi eroi.
E quei di Niderlànd ben volentieri
Udìan ridir cotesto annunzio. Intanto
150Al figlio suo lasciò la sua corona
Col suo diritto il re, con la sua terra,
E da quel dì per tutto fu sovrano
Prence Sifrido. Quanto giusto ei vide,
Quanto ei dovè ordinar col suo diritto,
155Tanto da lui si fece, onde le genti
Temean d’assai di Kriemhilde leggiadra
L’inclito sposo. In così grande onore
Visse, egli è vero, e governò pur anco
Sotto alla sua corona in fino al decimo
160Anno, quando acquistò la sua leggiadra
Donna un figliuol. Conforme a volontate
De’ congiunti del re ciò accadde invero.
A battezzarlo ei s’affrettarno e dato
Anche un nome gli fu, Gunthèr, conforme
165Al nome del suo zio. Di ciò l’infante
Onta aver non dovea. Che se a’ congiunti
Ei somigliava, ciò sarìa per lui
Stata sorte felice. E quei con cura
Sì l’allevâr, ciò che si fea pur anco
170Per debito da lor. Nel tempo istesso
E donna Sigelinde si morìa,
E su tutto ebbe possa della nobile
Ute la figlia, come a donne addicesi
Ricche e potenti su contrade. Assai
175Fu pianto il tristo caso, or che la morte
Rapia colei. Ma là pur anco, al Reno,
Così a dire udiam noi, presso il potente
Gunthero un figlio partorì la bella
Brünhilde, in suolo di Borgogna. Detto
180Ei fu Sifrido per l’amor del prode.1
Con qual cura d’assai, che il pargoletto
Si guardasse, fu ingiunto! E balii volle
Il nobile Gunthero, ei, che allevarlo
Un uom potean destro e gagliardo. E poi
185Deh! quanti amici il rio destin gli tolse!
Ad ogni tempo si dicean novelle,
Novelle assai, quanto con lode piena
Di Sigemundo ne la terra, a tutte
L’ore del dì, vivesser que’ gagliardi
190Cortesi e illustri. Ma ciò fea pur anco
Gunthèr famoso coi congiunti suoi,
Di simil foggia. Ancor de’ Nibelunghi
Servìa la terra a principe Sifrido
(E niuno inver più ricco era di lui
195Fra i suoi congiunti), e gli servìan pur anco
I valorosi di Schilbungo e tutta
Di quelli e di costui l’ampia ricchezza;
Per ciò più fieri e più superbi spirti
N’ebbe quel prode. L’uom gagliardo e forte
200Ebbe un tesoro più d’assai copioso
Di quanti un prode s’ebbe mai, que’ soli
Tolti che prima il possedean. Dinanzi
A un monte l’acquistâr le mani sue
Forte pugnando, e molti cavalieri
205A morte egli atterrò gagliardi e illustri.
Onore egli ebbe al suo desìo conforme;
E se nulla accadea, dovea ciascuno
Il nobile guerrier per vero dritto
Proclamar tale che miglior di lui
210Niun si posò su palafreni. Intanto,
Altri temea la sua possanza, e questo
Con giustizia d’assai facea la gente.
Note
- ↑ L’altro Sifrido, sposo di Kriemhilde.