I Caratteri/I caratteri morali/La cafoneria
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4.
LA CAFONERIA
La cafoneria parrebbe essere ignoranza screanzata, e il cafone un tale che bevuto il ciceòne se ne va all’assemblea, e dice che il profumo non ha odore più soave della cipolla, e porta scarpe più grosse del piede, e parla a voce alta. Ed è diffidente con gli amici e con quei di casa, ma si consiglia coi servi sugli affari più gravi; e alle opere che lavorano a soldo da lui in campagna racconta tutto quel che ha sentito dire all’assemblea. E si mette a sedere tirando la veste sopra il ginocchio così da quasi mostrar le pudenda1 e di nessun’altra cosa per le strade si maraviglia o resta stupito, ma se vede un bue, un asino o un caprone si ferma e li guarda. E se poi prende qualche cosa dalla credenza la mangia con voracità e beve alla botte, e procura che non lo venga a sapere2 la serva che fa il pane, ma poi insieme con lei prepara per tutti di casa e per sé il macinato che gli bisogna. E quando fa lo spuntino getta nello stesso tempo il fieno a’ giumenti; e alla porta va lui a sentire chi è3, e, chiamato il cane e presolo per il muso dice: Ecco chi mi guarda il podere, la casa e quei di dentro. E se da qualcuno riceve danaro, lo rifiuta perché la moneta è tosa, e se la fa barattare con altra. E l’aratro che imprestò, il canestro, la falce, il sacco, ricordandosene nell’insonnia, la notte, corre a richiederli4. E quando scende in città chiede al primo che incontra qual prezzo abbiano le pelli di capra e i salumi, e se oggi l’arconte5 celebra il novilunio. E dice subito di volere, sceso che sia6, tagliarsi i capelli. E nel bagno si mette a cantare e a piantar chiodi nelle scarpe; e giacché passa per quella via corre a pigliarsi le salsicce da Archia.
Leggo con i codici piú recenti ὑποφαίνεσθαι, «quasi mostrare», ché «mostrarle» non era possibile neppure allora.
I codici hanno πειρῶν λαθεῖν e potrebbesi intendere «tasta di soppiatto la serva», con πειρᾶν = subigitare. Ma non mi pare sia il caso di intendere cosí.
Leggo «καὶ» τὴν θύραν, senza il superfluo παρά.
- ↑ [p. 95 modifica]Leggo con i codici piú recenti ὑποφαίνεσθαι, «quasi mostrare», ché «mostrarle» non era possibile neppure allora.
- ↑ [p. 95 modifica]I codici hanno πειρῶν λαθεῖν e potrebbesi intendere «tasta di soppiatto la serva», con πειρᾶν = subigitare. Ma non mi pare sia il caso di intendere cosí.
- ↑ [p. 95 modifica]Leggo «καὶ» τὴν θύραν, senza il superfluo παρά.
- ↑ Leggo «ἀπαιτεῖν», integrazione necessaria.
- ↑ I codici hanno ὁ ἄγων, ma ὁ ἄρχων è correzione evidente. L’arconte sarà il magistrato preposto all’amministrazione della giustizia, il quale probabilmente prendeva le ferie in quel periodo del mese.
- ↑ Dicevasi καταβαίνειν, «scendere», di chi dalla campagna recavasi in città.