I Caratteri/I caratteri morali/La cafoneria

I caratteri morali - La cafoneria

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Teofrasto - I Caratteri (Antichità)
Traduzione dal greco di Goffredo Coppola (1945)
I caratteri morali - La cafoneria
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4.


LA CAFONERIA

La cafoneria parrebbe essere ignoranza screanzata, e il cafone un tale che bevuto il ciceòne se ne va all’assemblea, e dice che il profumo non ha odore più soave della cipolla, e porta scarpe più grosse del piede, e parla a voce alta. Ed è diffidente con gli amici e con quei di casa, ma si consiglia coi servi sugli affari più gravi; e alle opere che lavorano a soldo da lui in campagna racconta tutto quel che ha sentito dire all’assemblea. E si mette a sedere tirando la veste sopra il ginocchio così da quasi mostrar le pudenda1 e di nessun’altra cosa per le strade si maraviglia o resta stupito, ma se vede un bue, un asino o un caprone si ferma e li guarda. E se poi prende qualche cosa dalla credenza la mangia con voracità e beve alla botte, e procura che non lo venga a sapere2 la serva che fa il pane, ma poi insieme con lei prepara per tutti di casa e per sé il macinato che gli bisogna. E quando fa lo spuntino getta nello stesso tempo il fieno a’ giumenti; e alla porta va lui a sentire chi è3, e, chiamato il cane e presolo per il muso dice: Ecco chi mi guarda il podere, la casa e quei di dentro. E se da qualcuno riceve danaro, lo rifiuta perché la moneta è tosa, e se la fa barattare con altra. E [p. 87 modifica]l’aratro che imprestò, il canestro, la falce, il sacco, ricordandosene nell’insonnia, la notte, corre a richiederli4. E quando scende in città chiede al primo che incontra qual prezzo abbiano le pelli di capra e i salumi, e se oggi l’arconte5 celebra il novilunio. E dice subito di volere, sceso che sia6, tagliarsi i capelli. E nel bagno si mette a cantare e a piantar chiodi nelle scarpe; e giacché passa per quella via corre a pigliarsi le salsicce da Archia.

Leggo con i codici piú recenti ὑποφαίνεσθαι, «quasi mostrare», ché «mostrarle» non era possibile neppure allora.

I codici hanno πειρῶν λαθεῖν e potrebbesi intendere «tasta di soppiatto la serva», con πειρᾶν = subigitare. Ma non mi pare sia il caso di intendere cosí.

Leggo «καὶ» τὴν θύραν, senza il superfluo παρά.

  1. [p. 95 modifica]Leggo con i codici piú recenti ὑποφαίνεσθαι, «quasi mostrare», ché «mostrarle» non era possibile neppure allora.
  2. [p. 95 modifica]I codici hanno πειρῶν λαθεῖν e potrebbesi intendere «tasta di soppiatto la serva», con πειρᾶν = subigitare. Ma non mi pare sia il caso di intendere cosí.
  3. [p. 95 modifica]Leggo «καὶ» τὴν θύραν, senza il superfluo παρά.
  4. Leggo «ἀπαιτεῖν», integrazione necessaria.
  5. I codici hanno ὁ ἄγων, ma ὁ ἄρχων è correzione evidente. L’arconte sarà il magistrato preposto all’amministrazione della giustizia, il quale probabilmente prendeva le ferie in quel periodo del mese.
  6. Dicevasi καταβαίνειν, «scendere», di chi dalla campagna recavasi in città.

Note