I Caratteri/I caratteri morali/L'officiosità

I caratteri morali - L'officiosità

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Teofrasto - I Caratteri (Antichità)
Traduzione dal greco di Goffredo Coppola (1945)
I caratteri morali - L'officiosità
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13.

L’OFFICIOSITÀ

L’officiosità parrebbe ben essere un profferir parole e atti con intenzione benevola, e l’officioso1 un cotal uomo che promette2 quel che non potrà mantenere, e quand’è convenuto che una cosa è giusta s’impunta in un particolare3 ed ha torto. E costringe il servo a mescere più vino che possano bere i presenti; e separa i contendenti, e fa da guida per un sentiero ch’egli non conosce4 e poi non sa trovare per dove si passi. E va dal generale a chiedergli quando dovrà schierare la sua gente, e che ordini abbia per l’indomani: e va [p. 103 modifica]da suo padre a dirgli: La mamma è già in camera sua che dorme. E, se il medico proibisce si dia vino al malato, dicendo che vuol fare una prova egli somministra vino al malato5. E se gli muore la moglie scrive sul sepolcro il nome del marito del padre della madre e della donna medesima, e di che luogo ella è, e poi aggiunge: Eran tutte brave persone6. E se deve pronunziar giuramento dice ai presenti7: Anche prima di oggi ho giurato più volte.

L’officioso è sommesso e zelante, è serviziato ed obbligante, si profferisce e s’inchina. E dunque nessun’altra parola potrebbe tradurre meglio il greco περίεργος.

Seguo l’edizione del Diels, e col Diels espungo l’ἔν τινι στάς che è lezione, ivi ripetuta, di poche parole più innanzi (cfr. nota 3).

Certamente ἔν τινι στάς con un codice dei recenti.

Leggo con i codici più recenti καὶ ἧς οὐ γιγνώσκει ἀτραποῦ, e traduco di conseguenza. L’altra lezione, «e separa i contendenti, anche quelli che non conosce», è buona anch’essa; e, o sono da mantener tutt’e due, o, se sarà da sceglierne una sola, scelgo la seconda che è più naturale.

  1. [p. 111 modifica]L’officioso è sommesso e zelante, è serviziato ed obbligante, si profferisce e s’inchina. E dunque nessun’altra parola potrebbe tradurre meglio il greco περίεργος.
  2. [p. 111 modifica]Seguo l’edizione del Diels, e col Diels espungo l’ἔν τινι στάς che è lezione, ivi ripetuta, di poche parole più innanzi (cfr. nota 3).
  3. [p. 111 modifica]Certamente ἔν τινι στάς con un codice dei recenti.
  4. [p. 111 modifica]Leggo con i codici più recenti καὶ ἧς οὐ γιγνώσκει ἀτραποῦ, e traduco di conseguenza. L’altra lezione, «e separa i contendenti, anche quelli che non conosce», è buona anch’essa; e, o sono da mantener tutt’e due, o, se sarà da sceglierne una sola, scelgo la seconda che è più naturale.
  5. Non credo che τὸν κακῶς ἔχοντα sia glossa del precedente μαλακιζομένωι poi accordata nel caso accusativo in dipendenza del verbo. La ripetizione, seppur variata nella dizione.
  6. Diogene Laerzio ricorda che Teofrasto nel suo testamento lasciò scritto di non esagerare in onorificenze funebri alla sua memoria.
  7. Esser chiamato a giurare era cosa di grave conto, e all’officioso non par vero recar testimonianza e far mostra della sua prontezza agli uffizi di vita cittadina.

Note