Hypnerotomachia Poliphili/V
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POLIPHILO ASSAI SUFFICIENTE HAVENDO FACTA LA DIMONSTRATIONE ET LA SYMMETRIA DILLA MAGNA PORTA, SEQUITA OPTIMAMENTE DESCRIVENDO IL PERPOLITO ET FABERRIMO SUO ORNATO, ET QUANTO MIRABILMENTE COMPOSITA ERA.
LLA NOBILE TURBA CHE AL PIACEvole amore assiduamente dano opera, non gli rencresca (oro) perché io hebi alquanto dimoratomi, nel superiore narrato. Il quale per aventura a quelli non è unquantulo gratioso, cupidi di quella cosa intendere tractabondo (che quantunque in sé acerba sia) cum patiente animo il suo core festivo in quella collocanti se nutriscono. Diqué l’affecto humano naturalmente variabile essendo, per tale causatione non sia per questo da essi insimulato, il pane grato al palato illaeso, si alcuna fiata al pravato è displicebile, ma più praesto da cui gustando gli piace benignamente gratificato. Perché in alcuna parte havendo facto moto del fine debito all’architectare, che è la praestante inventione, di acquistare modulatamente dil aedificio il solido corpo. Poscia licentemente quello invento, lo Architecto per minute divisione el reduce, né più, né meno quale il Musico havendo invento la intonatione et il mensurato tempo in una maxima quello da poi proportionando in minute Chromatice concinnamente sopra il solido lui el riporta. Per tale similitudine dapò la inventione la principale regula peculiare al Architecto è la quadratura. Et questa distribuentila in parvissime, la harmonia se gli offerisce dil aedificio et commodulatione, et al suo principale gli convenienti correlarii. Per la quale cosa questa porta per la sua admiranda compositione et invento per excellentia essendo bellissima, et alla quale essendo adiecta tanta praecipua elegantia, et cum tanta emendata distributione, che parte in minimo recisamento castigabonda non se accusava. Digno pertanto hora io existimo il perfecto suo compimento descrivere.Alla dextera primo se repraesenta uno stilypodio, overo columnipedio sotto le base dille columne. Dal quale modificatamente exacta di sopra una coronicetta, et cum le sue moderate inundature nel imo dal perfecto quadrato, rimania per regulatione più lata che alta cioè quadrangula. Vulgatissime prolatione, et non vernacule mi convene usare, perché degenerati siamo et scemati da tale thesoro, che dritamente explicare potiamo tutte le particularitate di tale operamento. Ma cum quelli che di tale factione sono rudi reservati ratiocineramo.
Dunque in questa (come cusì dico) Ara, profundata cum gulature, intecte di foglie, cum modesta gradulatione di subtile incisure. Tra le quale di transparente petra Alabastrite, rimaste immune le proportionate fascie, per l’extremitate dilla quadrangula fronte, aequilata ambiente. Summa cum diligentia era inscalpto uno homo di aetate appresso la virilitate excedente, di rusticitate rubesto, cum la barba folta di pilatura da durecia irriciati al mento, per lo exito suo malamente dalla dura pelle.
Sedeva sopra uno saxo fincto, cum una pelle hircina. La quale cum le posteriore parte excoriata in nodulo la havea d’antorno sopra gli sui fianchi cincta. Et la parte dil collo cum la pilatura verso ad sé, tra le sue varicose tibie pendeva. Dinanti a llui in medio le tumide Sure era uno Acmone, overo incude, in uno toroso frusto di arbore truncato infixo. Sopra dil quale egli intento fabricava uno paro di candente allette, il malleo levato tenendo il suo artificio percotendo. Et quivi ananti a llui se stava una nobilissima Matrona, che alle sue delicate spalle erano inserte due ale di plumatile penne. La quale teniva uno infante suo figliuolo nudo, sedente sopra cum le clunule la polposa coxa genitricia alquanto la Dea Matre levata tenentila, cum il pedi nudato sopra posito ad uno saxo, ritenuto inseme cum il sedile dil malleante fabro, simulato in lapideo monticulo. Cum una fornacula in una cavernicula in cui ardeva il carbunculato foco. Et la Matrona havea le sue trece compositamente riportate sopra dilla sua dilatata fronte, circumornando la copiosa testa, tanto expressa delicatamente, che io non so per quale ragione quelle astante statue in lei non fusseron incitate, le quale parimente sa ritrovavano all’opera fabrile. Ancora poscia ivi era uno armigero di sembiante fremebondo induto di antiquaria torace aegide, cum il spaventoso capo di Medusa nel pecto, et cum altri nobili exquisiti toracali. Cum il baltheo transversale per l’amplo pecto, et teniva cum il musculoso brachio una hasta alquanto levato. Et cum Apice cristata galea munito il capo, l’altro brachio non apparendo, dalle anteriore figure impedito. Apparea etiam uno giovene et vedevasi dal pecto in suso, vestito di tenue panno, oltra lo inclinato capo dil dicto fabro.
La praedicta historia l’artifice sopra uno piano di coralicea petra di colore, havea diligentemente riportata, et introducta nel termine undulato dilla Ara. Il quale coloramento per la translucida petra ridundava, solamente supposita la colorata ad gli nudi corpi et membri, et nel intervacuo conterminato ambiente alle figure. Quale rosa incarnate appariano. Omni liniamento di questo subcolumnio aequalmente se vedeva nell’altro, solo di historia disconveniente.
Ancora simelmente, nel sinistro subcolumnio. Uno homo nudo di aetate virile, era inscalpto, nello aspecto benignio, nel quale esso indicava summa velocitate. Sedeva et esso sopra d’una quadrata sede, ornata di veterrima caelatura. Di coturni calciato, dal perna enverso le sure disuti. D’indi prosilivano dui petasi singulo per pede. Ove et quella medesima Matrona cum divo effigiato nuda. Nel pecto angusto dilla quale due mamillule pululavano, immote dilla sua duritudine et dilla sua rotundatione. Cum ampli fianchi, tanto cum l’altra conforme expressa, che sigillate mentivano in medesima forma, quello proprio figliolo puello ad questo homo disciplinabondo offeriva. Il quale al puerulo già allato, sopra gli sui petioli ananti a llui stante inclinatose. Tre sagitte accortamente gli monstrava. Per tale acto, che facilmente si coniecturava amaestrarlo per quale arte lui le dovesse usando adoperare. Et la diva matre la pharetra teniva inane et cusì l’arco distento. Ad gli pedi di questo maestro, giacea uno viperato caduceo. Quivi similmente ritrovavase l’armigero et una femina galeata, la quale sopra di una hasta gestava uno Trophaeo d’una veterrima toraca appensa, et nella cima una sphaera, cum due ale, et tra una et l’altra dille ale, inscripto cusì stava. NIHIL FIRMUM. Vestita di volante subucula, cum ostensione dal suo pecto sopra.
Le due prompte Porphyrice columne Dorice di septe diametri, sopra qualunque di questi cusì explicati quadrati premevano di puniceo colore fusco cum gli sui orbiculetti più chiari, confusamente diseminati, lucido et terso. Canaliculate, cum .xxiiii. Strie per una, tra gli iustissimi Nextruli overo cordelle. Ma dille tre parte una era rudentata la inferiore. La cagione perché cusì erano caelate, di cavatura et cum il tertio rudentato, cogitai perciò, che questa superexcellente fabrica, overo tempio, ad uno sexo et l’altro doveva essere ritualmente dedicato. Questo è a Dio, et a Dea. Overo ad matre et a figlio, overo ad patre et mogliere, overo ad patre et a figliola et simiglianti. Et però gli periti antiqui patri al sexo femineo, maiore parte di cavatura attribuivano, che al mascolo il rudentato perché quella lubrica natura, excede la virile in lascivia.
La causa di tutte le striate fu per il tempio d’una Dea, per le strie indicando il vestimento rugato femineo. Sopra le quale poseno lo capitello cum le praependente Volute, ad indicio dilla retorta capillatura et ornato muliebre. Quelle cariatice che per el capitello hano una testa muliebre Cincinata, furono expresse nel tempio di quello ribellante populo. Il quale poscia iterum resubiugato ad ostentatione de inconstantia quale femine, in significato dille columne ad perpetua memoria cusì extructe.
Queste eximie et expedite columne sopradicte, le sofrente base di aeramento subigevano, cum gli Thori overo Cymbie di quercivole fronde, cum gli expressi fructi, strictamente di volubile ligatura circuncincti sopraconquiescente al subiecto Plintho. Gli superappositi capituli dilla materia delle base, di opera ad tutta la harmonia conveniente, et requisita. Che tali Callimacho Catategnos dal Calatho sopra la sepulta virgine Corinthia non vide il germinato Acantho ad exprimere il suo venusto ornato non fece. Contecti dagli sinuati Abaci, overo operculi inflexi cum il lilio nel medio decorati. Il vaso degli quali investito egregiamente di dui ordini di octo foglie di Acantho al modo Romano et Corinthio. Fora dille dicte foglie uscivano le minore Elices, obviantise nel medio dil vaso, producevano il lilio appacto bellissimamente nel sinuato dil Abaco. Dille quale poscia gli cauliculi sotto il protenso dil Abaco se invertiginavano. Quali approbatamente pose Agrippa dil Pronao dil mirando Pantheon, attribuito per sua altecia uno integro diametro dil imo dilla columna, cum observabile Symmetria di qualunque sua parte et accessorio.
Il limite hora dicendo dilla porta, una ingente petra praxina il faceva digenerata cum seminario di macole albente nigre, et lutee, et di altri varii, et imperfecti maculamenti durissima. Superextavano ad questo, le recte Ante, del interstitio aspecto expedite et illustre, quanto la latitudine dil supposito limite uno passo tanto late extavano, ma la facia forinsica notabilmente fureno scalpate. Sencia signo di cardini nel limite né ancora nel sublime. Né ancora appariano indicii degli ferrei capti degli harpiconi, retinenti gli semicapituli dilla sua petra. D’indi poscia inarcuendo l’arcotrabe, overo hemicyclo, cum gli requisiti liniamenti et mensurate fascie dil trabe. Cioè piluli, overo bacce, et cum decimati fusuli, come insuti in una filatura coaequati, et auricole canine, et cum undulante decumbatura antiquariamente sinuate, overo laciniate, cum gli cauliculi. La spina dil quale, overo fibula, overo Cuneo, digno di admiratione, et di una subtile et temeraria fictione, et elegante politura tale se obiectava spectatissima.
Mirai attonito dunque in una pugnace et nigerrima petra una Aquila paulo meno che tutta evulsa dal solido cum le ale aperte. La quale havea amorosamente rapto uno ingenuo et delicatissimo Puello per gli sui panniculi. Tanto accorta che le pontute et adunche ungule la mollicula carne invertentise non offendevano. Et cusì per il brancare per le lacinule trahendo gl’inserati pedi sui verso il tumido et carinato pecto , dal umbilico infra lo infantulo pendiceo denudava. Ove le tenere natule tra le plumatile choxe dil Alite derivavano. Questo puerulo formosissimo, digno a cui per sé rapto lo havea nel vultulo dava indicio di formidare il caso. Aperti dunque gli ambidui brachioli cum le tuberule mane all’osso remigale strictamente prehenso se havea commesso dille ale spanse, questo è al remigio, che è quello osso il quale connexo cum il corpo mobilemente adhaerisce. Et le turgidule et infantule tibie sopra retrahendole, havea gli pediculi traiectati sopra la dilatata cauda. La quale bellissima migrava verso sotto il suffito dil arco. Esso puerulo era dilla vena candida dil Achates, overo Onyce exacto artificiosamente. Et lo Alite dil Sardio che è l’altra vena inseme coeunte. Per il quale exquisitissimo expresso isteti stupefacto excogitando. Como lo elegante artifice cusì perspicacemente se imaginoe di applicare aptissimamente quella petra ad tale officio et proposito. Sì che io ragionevolmente coniecturai per le pinne alquanto circa al rostro irriciate, et il rostro semiaperto cum la ludibunda lingua apparendo che lei apertamente se accusava tutta di essere intenta et in libidine resoluta. Imitava cum il suo dorso il voluto dilla clausula, et cum essa conducea similmente et il dorso dil puerulo pandante.
Lo Arcotrabe residuo poscia nel suffito disposito in quadrati cubiculi egregiamente liniati, dentro pendevano aspramente gli exacti rosacii, quanto era il contento dille Ante, dallo illigamento degli capitelli sopra il quale illigamento oltra le ante protendeva sotto lo inito dil flexo dil fornice dil adito, overo laxamento dilla porta.
Negli triangoli che l’arco causava, era una Pastophora per una nobilissima scalptura, di artificio quale nomina il vulgo Chameo. Cum gli panni imitanti il virgineo corpusculo volabili cedendo parte alle belle sure pecto et lacerti, cum gli capigli soluti et discalciate, verso il cuneo porrigevano il victoriale Trophaeo. Le quale perpolitamente occupavano tutto il piano trigonale di petra nigerrima, da indicare la veritate degli metalli, et le Nymphe lactee et candidissime. Retro al columnato vedevase il candido tabulato di optimo marmoro appacto.
Di sopra il Trabe assideva il Zophoro, nella medietate dil quale era una Tabella harpata di metallo aureato, cum uno epigramma di egregie maiuscule graece di copellato argento infixe che cusì dicevano.THEOIS
APHRODITEI KAI TOI
HYIOI EROTI DIONYSOS
KAI DEMETRA
EK TON IDION METRI
SYMPATHESTATEI
Diis Veneri et filio amori, Bacchus, et Ceres de propriis (scilicet substantiis) Matri pientissimae. Da l’uno et l’altro extremo dilla Tabella aenea erano dui retinenti fanciulli, overo spirituli alati, perfectamente formati, per sì facto modo, che il diligente statuario degli celebri fanciulli geruli dilla Ravennata Cochlea tale exemplare non vide. Giuncte le tumidule mano ad essa, promptamente la tenivano nudi dil dicto metallo. Sopra di uno piano di petra Cyanea aptamente reportati, più ad gratia dil suo colorato, che quella che in pastilli compacta, constricta è alla vomitione dil perfecto azuro, et di lustro vitreo perluceva.
Nel fronte dil Zophoro sopra le porphyritice columne porrecto, erano Spolie di Thorace, Lorice de trilitiati anuli inodate, Clypei, Galee, Fasce, Secure, Face, Pharetre, Iacoli et molte altre bellice machine, non meno Aerie, che maritime, et terrestre dignissima factura, et cusì alle Anche sue, indicavano sencia dubie le victorie, potentia, et triumphi, che l’altitono Iove feceron personare, et perire in dolcecia gli mortali.
Ordinatamente da poscia seguiva la facinorosa Coronice, di tali liniamenti, quali ad tanta elegantia di opera decentemente concorreno. Perché altramente cusì quale nel humano corpo una qualitate da l’altra discorde, la aegritudine accede, perché la convenientia non se ritrova in amicitia dil composito. Et gli accidenti al loco dovuto non essendo concinnamente distributi sequita deformitate. Cusì né più né meno dissona è quella fabrica et inferma, ove non si trova debita harmonia et commodulato ordine. La quale cosa gli moderni Idiote confundeno ignorando la locabile distributione. Imperò il sapientissimo maestro nostro al bene participatamente proportionato, et decoramente vestito corpo humano assimiglia lo aedificio.
Oltra questa corona cum inversa gradatione quatro quadrature praesidevano, due stante sopra l’ordine dille striate, overo Cariatice Columne, et due contracte. Nella mediana divisione dille memorate due, assideva una Nympha dil suo anaglypho excellente di auricalcho, cum due facole, una extincta tenendo alla grave terra rivoltata, et una accensa verso il Sole. L’ardente nella dextera, et l’altra nella sinistra mano.
Alla parte dextra dunque nella quadratura vidi la zelotypa Clymene, che li capilli immobile fronde convertiva. Et Phoebo rigibondo indignatose, lachrymabonda insequente, et egli più perfugo gli quatro velocissimi cursori dille volucre quadrige solicitante. Né più né meno che chi da mortale nemico persequitato gli passi sui celero festina.
I’nel quadrato sopra l’ordine dille columne sinistro, de invisitata scalptura se continea historiato come il sconsolato Cyparisso all’aere li tenelli membri rectitava excelsi, per la sagittata Cerva. Et Apolline diciò duramente illachrymare.
Il tertio quadrato, a quello che collocato stava sopra le resistente columne vicinato tale coelatura bellissima offeriva. Leuchotoe dal proprio patre impiamente occisa, in tenere cortice, et mobile fronde, et proclinabonde virge, le candide, et puellare carne mutava.
Nella quadratura quarta si monstrava la dispiacevola Daphne ad gli ardenti disii dil comoso Delio unquantulo arendevola le virginee carne, verso gli caldi coeli in aeterna virentia dolorosamente transformava.
Hora cum successivo ordine sopra il Cimasio (che di qualunque liniamento la suprema linea se chiama) di queste descripte historie extensa superemineva una corona denticulata, et ovolata interiecti gli fulmini, overo straletti, tra lo hiato di uno, et dil altro ovolo, et foliature, et gli imbrici, cum gli verticuli, et Nicoli et altri Sigilli, et altre eximie operature expresse, et mutuli cum li Astragali, sencia defecto alcuno, et postremo la Sima di Acantho cum perpolito intercalamine infoliata. Dille quale cose tanto praestante scalptura se praestava, che delle aspramente excavate opere, minimo stigma dil rosicante Trepano non appareva.
Al frontispicio, overo fastigio debitamente ritornando, nella dispositione dil quale (como io ho antedicto) si replica in esso tutte le subiecte coronice ad tutte le parte delle operature, ad gli perpendicoli correspondendo sequestrato il stillicidio dilla suprema coronice, denegato ad questo membro.
Al praesente occorre di expedire la planitie trigonale dilla dicta parte templada in la quale non sencia admiranda contemplatione sa ripraesenta ad considerare, quanto continere poteano gli extremi di questa intersita figura, tanto fue appacta una corona di diverse fronde, et fructi, et scapi implicata, et diligentemente explicita di verdissima petra, in quatro parte stricta, in noduli de lori per li fasciculi implicati. Retinuta da due Scylle semihumane, et la inferna parte piscea, le quale cum il brachio di supra et l’altro di sotto aptamente l’amplexavano. Dall’una et l’altra parte degli iacenti anguli sopra il cimasio dilla coronice, extendevano le pistricie code, impedite da prompte vertigine, et verso lo extremo dilla squammea coda extendevano le pissacie ale. Cum virginea effigie, cum le trece parte sopra la fronte intorte et il residuo muliebremente circa concinnate alla testa, et parte sopra le piane tempore inanulantise dependuli. Dal interscapilio poscia le harpyiatice ale uscivano expanse, et verso gli vertigini dilla involuta cauda extente. Et ad gli monstruosi fianchi circuivano gli phocei remigii. Ove principiava la squammatura paulatinamente verso l’extremo dilla choda exinanientise cum gli pedi incontro la corona, de vitulo marino refuge la coeleste ira.
In nel contento dilla corona mirai una hirta et foeta capra, che uno puerulo lactava. Il quale sotto a llei sedeva, cum le polpose Tibiette l’una porrecta, et una alquanto verso ad sé ritracta. Cum gli lacertuli alle pendente et ruvide lane sé tenendo, et cum il volto alle tumide ubere intento le asuchiava. Et l’altra dille Nymphe poscia blandiente inclinatase sublevato tenia uno pede dilla capra cum la sinistra. Et cum l’altra gli porrigieva le distente et grave ubere al suchiante osculo di lactabondo infante, sotto la quale si legea AMALTHEA. Et una Nympha alla testa dilla bestia stante, cum uno brachio il collo officiosamente ambiva, et cum l’altra mano accortamente per le corne la frenava.
Una tertia ancora in medio stava, cum frondature in una, et nell’altra mano uno veterrimo Cymbio tenendo, cum exquisite ansule. Ad gli pedi di questa era inscripto. MELISSA. Due Nymphe poscia tra una et l’altra dille tre antedescripte, cum strumenti Corymbantei agile saltante chorigiavano, ciascuna cum Nymphei habiti imitanti expressamente la moventia dilla agitata forma. O quanto artificiosamente adimpivano il mysterio suo di praeclara factura. Toreumata sencia fallo, non di lithoglypho Policleto, né di Phidia, né di Lysippo, et alla pia Artemisia ancora Regina di Caria, di tale praestante magisterio di celti se praestorono Anaglypti Scaphes, Briaxe, Timotheo, et Leocare et Theon. Perché questa oltra lo ingegnio humano et qualunque anaglyptice era faberrimamente facta. Finalmente nel templario fastigio, overo frontispicio, sotto l’ordine dilla superiore coronice in esso nel pianato perfecte maiuscule Atthice appariano in scalptura queste due parole ΔΙΟΣ ΑΙΓΙΟΧΟΙΟ.
Di questa conspicua et spectatissima porta tale mirabile composito et excellente dispositione se speculava. Dilla quale si omni commodulatione sua particularmente explanato non fusse, incusare se debi il respecto dilla prolixitate, et per carentia degli proprii vocabuli dilla circumscriptione. Et perché il rosicabile tempo questa solamente havea immune lassata, per tanto non approvai praeterire, che di lei non habi alquanto praecipuamente dicto, et tractato. Manifesto è, che il residuo dilla antedicta clausura, et da una et da l’altra parte, era magno ostentamento, di stupendo fabricato, et questo chiaramente si comprehendeva per essere alcune operature indi et quindi intacte praeservate. Come nelle inferiore parte alcune Nane columne designate allo importabile pondo resistente. Altre Corinthie cum ignorata Enthesi, cum tanta moderata politura pregne, et così come requireva la Symmetria, et come voleva la exigentia dilla gravecia, et lo ornato, quasi dalla humana similitudine exacta, et solertemente acquistata l’artificiosa ragione, quale homo, che il grave pondo ad sustentamento gli convene le large piante sotto le robuste gambe havere, cusì nella modulata fabrica al gravamento le Nane, et poscia alla ornatione, columne Corinthie et Ionice gracile se attribuisce. Et secundo la requisitione dilla harmonia di lo aedificamento, cusì tutte le parte cum approbata elegantia constavano. Cum decente partiario dil coloramento degli marmori et vaga discriminatione, cum participamento allo obiecto gratioso, di Porphyrite, di Ophite, Numidice, Alabastritie, Pyropecile, Lacedaemonice, et candido di marmore varicosamente undulate, et Andracine digenerate cum bianchissime macule. Altre di multiplice coloramento confusamente commixto. Et dalla circunferentia trovato il suo salire per altra regula dal diametro dilla crassitudine inferiore.Trovai et una rara forma di base Pulvinate. Le quale sopra il Plintho havevano dui trochili, separati per una interpositione di Hypotrachelii et Astragali, cum il supremo Thoro. Et in diverse parte era occultatione per la pendente et folta edera, da terra in suso serpendo, il ligno cui poculato divide Bacco da Thetide, cum gli sparsi Corymbi foecundi dille nigre bacce, et cum virente lanugine, et de qui et de lì occupando molti lochi dillo aedificio antiquario inseme cum molti altri arbusculi murali. Et nelle crepature accresceva il vivabile digitello, et altronde praependeva il Cotylidone, et Erogenneto, a cui porta il nome suo grato, demisso pendeva negli suggrundii. Et in altre rupture la Parietaria, et Alsine diuretica, et Polipodio, et Adianto, et il fimbriato Citracho cum il riverso erugineo, et la geniculata lunaria minore, et altri Aizoi amanti la vetustate murale, et di saxi, et il Polytrico, et la virente Oliveta cultrice di ruine. Diqué molti digni lavorieri erano di tale et molte altre virdure investiti et contecti.
Et dille magne et turbinate columne una sopra l’altra inextimabile collapsione, che non di columne, ma lignale acervo confuso et ad terra dirupto appariano. Tra il ruinamento similmente di statue reliquie conspicue, cum multiplici acti, multe nude, alcune cum gli indumenti rugosi overo faldosi sopra la nuda effigie adhaerentisi replicando gli coperti membri. Pausantise alcune sopra il sinistro pede, et tale sopra l’altro, tenendo perpendiculare la grave testa, sopra el centro dil calcaneo, et l’altro poscia libero et de omni grave soluto pretenso tenendo. Distributo il pede in sexta parte dill’altecia, overo cubiti quatro. Alcune ancora integre sopra la sua Arula stante, et tale negli Solii cum modesta promptitudine assidevano. Vidi innumeri Trophaei, manubie spolie, et infiniti ornamenti. Et capi di bovi et equini cum debito intervallo dispositi. Et dagli corni reste di fronde cum pomi scapi, et teche, et altri fructi nella corpulentia pandante, cum pueruli equitanti ludibondi. Per le quale tutte cose rectamente se iudicava, quanto copioso praestavasi il cogitamento dil multiscio Architecto, di cura, di studio, et de industria. Et di quanta vigilantia il foecundo intellecto se manifestava. Et cum quanta voluptate lo effecto dil suo proposito havea operosamente exposto. Et quanto era la Eurythmia propalando la subtilitate dill’arte lapicidaria, et quanta arte nelle petre monstrava la scalptura, certamente cum tanta facilitate, che non di marmoro quantunque duro, ma si molle creta et argilla havessese praestata la materia. Et cum quanta conclausura le petre coagmentate et composite, a norma regula et libella.
Questa fue la vera arte, che discopre la nostra confisa ignorantia, et detestabile praesumptione et publico et damnosissimo errore. Questo è quello chiaro lume che dolcemente ne invita alla sua contemplatione per illuminare gli nostri obscurati ochii. Imperoché niuno si non chi reluctando essa refuge caeco rimane cum gli aperti ochii. Questa è quella che accusa la nephanda avaritia, rapace et consumptrice di omni virtute, vermo rosicante il core continuamente di chi è suo captivo, maledicto obstaculo et obice ad gli dispositi ingegni, nemica mortale dilla bona architectura. Idolo execrando dil praesente saeculo, tanto indigno et damnosamente venerato. Veneno exitiale, che misero fai che da te è laeso, quante magnifice opere sono ruinate et parte interdicte? Per la quale cosa rapto et prehenso de dilecto et inexcogitabile solatio essendo, et dalla sancta et veneranda antiquitate, cum tanta gratia et admiratione, ch’io me ritrovai cum indeterminati instabili, et impasti riguardi. Indi et quindi volentiera mirando, et di admiratione stipato, et nella mente circunfulto examinava discorrendo, quello che le caelate historie significavano, cum ultroneo piacere quello fixamente speculando. Cum gli labri aperti intento per longo protracto, niente dimanco non poteasi satisfare gli avidi ochii, et inexplebile appetito di mirare et remirare, le excellente et veterrime operature. Spogliato dunque et sequestrato di omni altra pensiculatione, solamente la mia philesia Polia spesse fiate nella viscida memoria servabile et gratissima succurrea. Ma per tutto questo, cum uno sonante sospiro da parte alquanto malamente la riponea. Perseverava dunque mirabondo alle acceptissime vetustate.