Guida della montagna pistoiese/Pian degli Ontani

Pian degli Ontani

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Il Cimone Da San Marcello a Popiglio ed a Lucchio
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PIAN DEGLI ONTANI



uest’umile casolare, con parrocchia, ha avuto una qualche rinomanza da una sua improvvisatrice. Chi non conosce oggimai la Beatrice Bugelli maritata a un Bernardi, [p. 145 modifica]

notissima sotto il nome di Beatrice di Pian degli Ontani? Fra molti uomini e donne della montagna vaghi d’improvvisare, fra i quali e de’ più spontanei e colti è da notare un certo Mugnaio di Lizzano, bisogna dire che la Beatrice ha il vanto su tutti. E chi direbbe che questa donna a oltre 70 anni improvvisa tuttora? Fu celebrata dapprima dall’illustre Tommasèo nella sua prefazione ai Canti popolari toscani, illirici, ec. dopo che a Cutigliano, nel 1832, la udì improvvisare. Ed ecco come ei ne parlava: — «Io amo questa montagna come de’ più poetici luoghi della poetica terra toscana. E quivi per primo sentii la poesia popolare svelarmi, come Beatrice sul monte, la sua modesta bellezza, e prepararmi a vita novella. Onde la Lima è a me più memoranda dell’Arno: e allo strepito di quel torrente rispondono molte armonie quiete e perenni dei miei pensieri.

«A Cutigliano ho trovato ricca vena di canzoni. Feci venire dal Pian degli Ontani una Beatrice, moglie d’un pastore, che bada anch’essa alle pecore, che non sa leggere, ma sa improvvisare ottave; e se qualche sillaba è soverchia, la mangia pronunziando, senza sgarrare verso quasi mai; donna di circa trent’anni, non bella, ma con un volger d’occhio ispirato, quale non l’aveva madama De Sade; lo giurerei per le tre canzoni degli Occhi.»

Fin dalla sua gioventù, e anco nel 1868 con famiglia, e a sì tarda età, pur sempre improvvisa, tanta è in lei la serenità della mente e del cuore! Il suo improvviso non è di stornelli, ma di [p. 146 modifica]rispetti, o di ottave1. Ne parlò pure G. Tigri nel suo poemetto didascalico Le Selve; e nella sua prefazione ai Canti popolari Toscani (3a edizione Firenze, per Barbèra) ne riporta alcune ottave. [p. 147 modifica] Bisognerebbe legger quelle sulla morte del suo figliuolo e il lamento sulla rovina di Lizzano, per conoscere come sia potente il dolore espresso con semplice poesia, ma ispirata da un amor vero e profondo. Il prof. G. B. Giuliani nel suo libro Sul vivente linguaggio della Toscana (Firenze, per Le Monnier, 1865) in cinque lettere dirette al Tommaseo, fa di questa donna una particolar descrizione, [p. 148 modifica] pubblicandovi belle ottave e la vita dettata da lei con tanta verità, e co’ più vivi colori. Per gli scettici sui popolari attuali improvvisatori di questi monti, e in generale di quelli di Toscana; i quali si sa, inculti come sono, vi dicono quel che sanno, ma sempre con facil verso e bei modi di lingua, e non di sotto dialetti, ma di vera lingua italiana, e dove sempre almeno il buon senso predomina; dopo le riferite autorevoli testimonianze di Tommasèo, del Giuliani, non che di quanti che gli odono di continuo e in buona fede ne riferiscono; ci piace di ristampare una curiosa relazione di un celebre straniero sopra una montanina improvvisatrice di circa trecent’anni fa, e che ancor si direbbe somigliasse a pennello la nostra Beatrice di Pian degli Ontani. Nel Giornale di un viaggio del francese Michele di Montaigne in Italia nel 1580 e 1581, tomo III, Roma e Parigi, 1774, in 12°, a pag. 48, ecco quello che vi si legge, e che riportiamo nel genuino originale, scritto da esso in italiano: — Invitai tutti alla cena... feci mettere a tavola Divizia. Questa è una povera contadina vicina due miglia dai Bagni (di Lucca) che non ha, nè lei, nè il marito, altro modo di vivere che del travaglio di lor proprie mani; brutta, dell’età di 37 anni, la gola gonfiata. Non sà nè scrivere, nè leggere. Ma nella sua tenera età avendo in casa del patre uno zio che leggeva tuttavia in suo presenzia l’Ariosto, et altri poeti, si trovò il suo animo tanto nato alla poesia, che non solamente fa versi di una prontezza la più mirabile che si [p. 149 modifica] possa, ma ancora ci mescola le favole antiche, nomi delli Dei, paesi, scienzie, uomini clari, come se fosse allevata alli studi. Mi diede molti versi in favor mio. A dir il vero non son altro che versi e rime. La favella elegante e speditissima.»

Seguendo il torrente Sestaione, si giunge al ponte di questo nome sulla via Nazionale, d’onde si torna a San Marcello.

Questa gita occupa l’intera giornata.


Note

  1. Gli stornelli e i rispetti che comunemente si odono cantare per questi monti, vuolsi abbian preso questo nome, i primi dall’esser cantati a storno, vale a dire a ricambio, alternativamente, e come a dimanda e risposta; i secondi, dall’esser quasi rispettosi saluti che si fanno tra loro gl’innamorati. Rechiamo un esempio degli stornelli:

    Fiore di pepe,
         Io giro Intorno a voi come fa l’ape,
         Che gira intorno al fiore della siepe.
    Siete bellina, e il ciel vi benedisce;
         Dove passate voi l’erba ci nasce,
         Pare una primavera che fiorisce.
    La buona sera ve la do col canto,
         E vi saluto voi palma d’argento,
         Che fra le belle ne portate il vanto.
    Quando passi di qui, passi cantando,
         Ed io, se sono a letto, ti rispondo;
         Vôlto le spalle a mamma, e sempre piango.

    Esempio dei rispetti:

    O gentilina gentilina tutta,
         Garofanate son vostre parole:
         E l’alito che v’esce dalla bocca
         Odora più che un mazzo di viole.
         Odora più d’un mandorlo e d’un pesco
         La bella bocca e il bel parlare onesto;
         Odora più d’un mandorlo e d’un fiore
         La bella bocca, e il bel parlar d’amore.

    O rondinella che vieni dal mare,
         Ascoltami, ti vo’ dir due parole.
         E dammela una penna di tu’ alie,
         Chè scriver vo’ una lettera al mio amore.
         E quando l’avrò scritta e fatta d’oro
         Ti renderò la penna e il tuo bel volo;
         E quando l’avrò scritta e fatta bella
         Ti renderò la penna, o rondinella;
         E quando l’avrò scritta e sigillata,
         Ti renderò la penna innamorata.

    Come vedesi il rispetto è simile alla sestina, o anche all’ottava, se non che vi s’aggiungono due versi, svolto il concetto ultimo in diversa maniera. E la Beatrice improvvisa in sostine o in ottave, che è il canto favorito de’ poeti popolari. Ed eccone una sua, con rime d’assonanza:

    Non vi maravigliate, o giovinetti,
         Se non sapessi troppo ben cantare,
         In casa mia non c’è stato maestri
         E manco a scuola son ita a imparare,
         Se voi volete intender la mia scuola,
         Su questi poggi all’acqua e alla gragnola.
         Volete intender lo mio imparare?
         Andar per legna, e starmene a zappare.