Guerino detto il Meschino/Capitolo XXVII
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CAPITOLO XXVII.
Come il Meschino andò per le caverne, e trovò Macco in forma di serpente, col quale parlò, e giunse poi alla porta della Fata.
Il Meschino pieno di maraviglia abbassò il lume per vedere, che cosa era questa che parlava, e vide un gran serpente lungo circa quattro braccia, che pareva proprio di terra, grosso nel mezzo, e molto brutto, che appena si poteva muovere. Il Meschino per saper più avanti, gli disse la cagione, perchè andava alla Fata. Allora il Serpente rispose: — Io sono dannato ed ebbi nome Macco, e andai facendo sempre male sino da piccolino, e mai non volli far fatica, e non imparai alcuna virtù, e sempre mi diedi alle scelleraggini, portando invidia ad ogni cosa creata, e datomi ad ogni accidia, quando fui di trentatrè anni, io ero venuto a dispetto a me medesimo, e ognuno mi aveva in odio per essere tanto doloroso e tristo. Udito dire di questa Fata, mi disposi a venir da lei, perchè la carità mi era mancata, e ogn’uomo mi saziava; e per questa cagione mi avvenne, che quando giunsi ad una porta, che trovai qui appresso qualche cento braccia, io battei, e mi fu risposto che non vi poteva entrare per le mie scelleraggini. Allora bestemmiai tutte le cose create e chi le aveva create, e subito fui tramutato in forma di serpente, non avendo mai potuto passare quell’acqua che tu hai passato, e sono giudicato qui fino al dì del giudizio». Quando il Meschino sentì quel parlare, disse: — Se io pregassi Dio per te, sono certo che farei gran peccato, e però così maledetto rimani, perciocchè più giusta sentenza non si potrebbe dare a un tristo corpo, come fu il tuo!» Ed ei rispose: — Così ancora fossi tu mio compagno, come per queste caverne ve ne sono più di cento che non sono in questo luogo, e tale si dice al mondo, che sia con la Fata, che è qui con me!1». Il Meschino disse: — Or tu sei morto». Ei disse, — Io son peggio che morto. — E così tu rimani,» rispose il Meschino. E partitosi da lui, poco andò più innanzi, ch’ei trovò una porta di metallo, che da ogni lato aveva scolpito un demonio che pareva vivo, e aveva ognuno una scritta in mano, che diceva: «Chi entra in questa porta, e passa l’anno che non esce, non morirà fino al dì del giudizio, e allora morirà in anima ed in corpo, e sarà dannato». Egli disse: — Gesù Cristo Nazareno, a te mi raccomando!» e tre volte toccò la porta, la quale appena toccata fu aperta da tre damigelle.
- ↑ Chi potrà mai essere questo tale, di cui parla l’autore, se non qualche suo potente nemico, del quale si vendicò ponendolo in questo luogo? Dante usò le medesime vendette contro i suoi contemporanei! Ed è ora appunto che il Guerino ci comincia a dare un’idea dell’Inferno di Dante, come apparirà in seguito più chiaramente.