Il raccontafiabe/Grillino
Questo testo è completo. |
◄ | Piuma d'oro | La mammadraga | ► |
GRILLINO.
era una volta due poveri contadini, marito e moglie, che campavano stentatamente, lavorando da mattina a sera. L’omo andava a giornata, la donna faceva dei servizietti alle vicine.
Abitavano una casetta affumicata a pianterreno, e avevano appena un misero lettuccio e pochi altri mobili. Pure non si lamentavano mai. Andavano a dormire di buon’ora, e la mattina, prima dell’alba, erano all’erta.
Una notte si sentono svegliare dal canto di un grillo. Trilla, trilla, trilla; non la finiva più.
L’omo, stizzito, accende la candela e salta giù dal letto.
— Che vuoi fare, marito mio?
— Ammazzare questo grillaccio.
— Lascialo stare; è creatura di Dio. —
Il grillo, veduto il lume, taceva.
Quell’omo torna a letto, spegne la candela e chiude gli occhi per addormentarsi.
Il grillo riprese il canto. Trilla, trilla, trilla, non la finiva più.
— Non vuoi chetarti? Ora ti accoppo. —
Riaccese la candela, saltò giù dal letto e si mise a frugare in tutti gli angoli.
— Dove ti sei ficcato, grillaccio? —
E il grillo:
— Trih! Trih! Trih! —
Colui si volta e corre verso il lato donde il trillo veniva.
— Dove ti sei ficcato, grillaccio? —
E il grillo, dall’angolo opposto:
— Trih! Trih! Trih! —
Pareva lo canzonasse.
Quella nottata marito e moglie non chiusero occhio.
— Cerca tu il grillo e ammazzalo — disse l’omo. — Se la notte ventura ricomincia, me la prendo con te. —
Il marito era manesco, e la donna, appena egli andò via, si mise a cercare attentamente, per non essere picchiata. Cerca qua, cerca là, non ci fu verso di trovar niente.
— Forse, sarà volato fuori dall’uscio. —
Si tranquillò. Ma la notte appresso, ecco di bel nuovo il grillo: — Trih! Trih! Trih! —
Non la finiva più.
— Ah, marito mio! Ho frugato in tutti i posti e in tutti i buchi e non mi è riuscito di trovarlo.
— Cercherai meglio domani. Intanto, prendi queste! —
Afferrato un legno, stava per legnare la moglie:
— Se tu picchi, picchio anch’io.
— Ripetilo un’altra volta! — urlò il marito.
— Non l’ho detto io, marito mio! —
Il marito rimase. In camera non c’era nessun altri all’infuori di loro due. Parlava dunque il grillo?
— Creatura di Dio, che chiedi da noi? — disse la donna.
— Non chiedo nulla.
— Che fai qui dentro?
— Guardo il tesoro, —
A queste parole, l’omo accennò alla moglie di state zitta. Si rimise a letto e spense la candela. Il grillo subito subito:
— Trih! Trih! Trih! —
Lo lasciarono cantare in pace fino all’alba.
Appena fatto giorno, il contadino, invece di andate a lavorare in campagna, prese la zappa e cominciò a scavate il suolo della cameretta, dove non c’erano neppure mattoni.
Scavò fino a sera, ma trovò soltanto sassi, cocci e terriccio. Aveva perduto la giornata, senza conchiuder nulla.
— Grillaccio bugiardo! Se questa notte ricominci, t’accoppo. —
Si misero a letto e spensero il lume.
— Trih! Trih! Trih!
— Che vuoi fare, marito mio?
— Ammazzate questo grillaccio.
— Attendi un po’. Creatura di Dio, che chiedi da noi?
— Non chiedo nulla.
— Che sei venuto a fate qui dentro?
— Lasciami cantate tutta la nottata; domani te lo dirò. —
E Trih! Trih! Trih! Non smise fino all’alba.
L’omo partì per la campagna. Rimasta sola, la povera donna cominciò a tremate dalla paura.
— Creatura di Dio, che vuoi da me? —
— Prendimi e mangiami; vedrai. —
Ella aveva schifo di mangiare un grillo; ma sentendo che esso insisteva: — Mangiami, e vedrai! — si fece coraggio. Lo prese per le punte delle ali, se lo mise in bocca e masticò. Quel grillo era di un sapore squisito. Avesse avuto davanti un piatto intero di grilli, la donna lo avrebbe ripulito in quattro bocconi.
La sera, il marito tornò dai campi:
— Che ti ha detto il grillo?
— Mi ha detto: Mangiami e vedrai! E l’ho mangiato.
— Almeno non lo sentiremo cantar più! —
Non fu così. Di tanto intanto, la notte, dal corpo della povera donna, si sentiva: Trih! Trih! Trih! E ora non c’era verso di ammazzare il grillo; bisognava prima ammazzare lei.
Nove mesi dopo, la donna partorì e fece un bel bambino, il quale, appena nato, invece di piangere, si mise a trillare quasi fosse stato un grillo davvero.
— Che nome gli daremo?
— Il nome lo porta con sè; chiamiamolo: Grillo. —
Grillino, sin dai primi mesi, fu la disperazione della sua mamma. Saltava dalla culla, dal letto, dalle braccia di lei come un grillo a dirittura.
— Grillino, ti farai male! Ti accadrà qualche disgrazia. —
E Grillino:
— Trih! Trih! Trih! —
Non sapeva ancora parlare, e rispondeva a quel modo.
Quando crebbe fu peggio. Per un nonnulla picchiava i ragazzi che facevano il chiasso con lui, e poi spiccava un salto sul tetto d’una casa, in cima a un albero, dove nessuno poteva raggiungerlo. E di lassù canzonava i compagni:
— Trih! Trih! Trih! —
Era il suo verso.
Suo padre scoteva la testa a queste, prodezze:
— Grillo è nato e grillo morrà. —
La mamma cercava di prenderlo con le buone; se la gente veniva ad accusarglielo: — Grillino, Grillino, non far dispiacere alla tua mammina.
— Trih! Trih! Trih! Lasciateli dire. —
Finalmente Grillino ne fece una molto grossa.
Passava la carrozza reale con dentro il Re, la Regina e la Reginotta. Che fa egli? Spicca un salto sul cielo della carrozza e:
— Trih! Trih! Trih! —
I cavalli si spaventano, prendono la mano del cocchiere e via a rotta di collo, nitrendo e sparando coppie di calci, fra le strida e gli urli di tutti. Grillino intanto, con le gambe larghe e le braccia aperte, pareva incollato sul cielo e rideva, rideva o riprendeva a trillare.
Quando gli parve, spiccò un salto e giù. Cavalli e carrozza si fermarono a un tratto. Questa volta però Grillino non fece a tempo per scappare. I soldati che seguivano a cavallo la carrozza del Re e che le erano corsi dietro di galoppo, furono più lesti di lui; lo afferrarono, lo ammanettarono e lo condussero in prigione.
— Ah, Grillino, Grillino! Te l’avevo predetto: T’accadrà qualche disgrazia!
— Mammina, state allegra; non è niente. —
Suo padre, scotendo il capo:
— Grillo è nato e grillo morrà! —
In prigione, Grillino non sapendo come spassarsi, si divertiva al suo solito, trillando da mattina a sera.
La sua prigione si trovava proprio sotto le stanze del Re, e quel trillo gli rompeva il capo.
— Per ordine di Sua Maestà, Grillino, sta’ zitto! —
A chi dicevano? Al muro?
— Trih! Trih! Trih! —
Il Re, infuriato, ordinò:
— Tagliategli la testa! —
La Reginotta, udito che le guardie andavano alla prigione per mozzare la testa a Grillino, corse a gettarsi al piedi del Re:
— Maestà; se fate ammazzare Grillino, mi accade una gran disgrazia! —
— Chi te l’ha detto? —
— Una voce dal fondo del cuore. Grazia, Maestà! —
— E se non si cheta? —
— Glielo dirò io; si cheterà. —
La Reginotta andò lei in persona alla prigione.
Le guardie già avevano legato Grillino, con le mani al dorso, e stavano per farlo inginocchiare bendato, davanti al ceppo su cui dovevano mozzargli la testa.
— Grazia di Sua Maestà! Tu, Grillino, intanto devi promettermi di stare zitto. —
— Non posso, Reginotta. Trih! Trih! Trih! —
— Grillino, Grillino, fallo per amor mio! —
Grillino questa volta si mise a cantare:
— Grillo, Grillino,
Se non gli dà la figlia il suo sovrano,
Notte e giorno trih! trih! Grillo, Grillino! —
Come? Voleva sposare la Reginotta? O ch’era ammattito? La Reginotta la prese in ridere e disse al Re:
— Maestà, Grillino è pazzo. Vuole sposarmi. Canta:
Se non gli dà la figlia il suo sovrano,
Notte e giorno trih! trih! Grillo, Grillino!
Il Re però non la prese in burla:
— Ecco come gli darò la figlia! Mozzategli la testa. —
Le preghiere della Reginotta non valsero più. Le guardie tornarono a legar Grillino con te mani al dorso e lo fecero inginocchiare bendato, davanti al ceppo:
— Grillino, raccomandati a Dio!
— Trih! Trih! Trih! —
Il boia alzò la scure e diè il colpo.
La scure rimbalzò, col taglio acciaccato, quasi il collo di Grillino fosse stato di bronzo.
A questo portento, boia e guardie, atterriti, scapparono a gambe, e non pensarono neppure a chiudere la prigione.
Grillino, in un lampo, sciolto e sbendato, diè un paio di salti e fu all’aria aperta. Un altro salto e montò sul tetto del palazzo reale, proprio dov’erano le stanze del Re e subito:
— Trih! Trih! Trih! —
Non la finiva più!
Il Re aveva fatto il capo come un cestone con quel trih! trih! maledetto. Ma che fare? Come riprendere Grillino che saltava di qua e di là, da quel grillo che era?
Nel palazzo reale non si dormiva più da una settimana; tutti avevano perduto la testa; parevano tanti matti:
— Accidempoli a Grillino! —
Quella vitaccia non poteva durare. Il Re venne a patti:
— Grillino, ti dò un tesoro!
— Ce l’ho, Maestà.
— Grillino, ti faccio barone.
— Sono qualcosa di più, Maestà.
— Che tu sei?
— Sono Reuccio. —
Il Re stupì.
— E dov’è la tua corona?
— Sotto il letto di mia madre. —
Il Re mandò a cercare nella casetta affumicata sotto il letto della povera donna, per vedere se era vero.
— Maestà, sotto il letto c’era un cesto con de’ cenci.
— Hai sentito? — disse il Re.
— Non hanno saputo cercare. —
Il Re mandò di nuovo, e mandò i Ministri perchè cercassero meglio.
— Maestà, sotto il letto c’era un paio di ciabatte.
— Hai sentito Grillino?
— Non hanno saputo cercare. —
E giorno e notte sul tetto del palazzo reale:
— Trih! Trih! Trih! Accidempoli a Grillino! —
Accorse sua madre:
— Grillino, Grillino, sta’ zitto! Vieni giù! —
Suo padre scoteva la testa:
— Grillo è nato e grillo morrà! —
E se n’andò in campagna pei fatti suoi.
I Ministri dissero:
— Maestà, non c’è verso; bisogna dargli la Reginotta. —
Il Re piegò il capo:
— Figliuola mia; bisogna che tu sposi Grillino. —
Quando riferirono a Grillino che il Re gli avrebbe dato la Reginotta, egli rispose con una spallucciata:
— La volevo e non me la diedero: ora me la dànno e non la voglio io. —
Due salti e sparì.
La Reginotta s’ammalò. Il Re e la Regina le domandavano:
— Che ti senti, figliuola?
— Ho male al cuore. Se non sposo Grillino, muoio. —
Intanto, di Grillino nessuna notizia. Chi l’aveva sentito trillare in un posto, chi in un altro; ma nessuno l’aveva veduto. Il trillo però era quello di lui; si riconosceva. Guardie e soldati andavano attorno per tutto il regno, chiamando:
— Grillino! O Grillino! —
Lontano, lontano, sentivano:
— Trih! Trih! Trih!
— È su quella montagna. —
E accorrevano. Arrivati lassù, il trillo si sentiva nella pianura lontano, lontano:
— È laggiù! —
E scendevano a corsa. Arrivati nella pianura, il trillo si sentiva tra i boschi, lontano lontano. Guardie, soldati, dal gran camminare, erano spedati, non ne potevano più.
La Reginotta diventata una larva, col fiato ai denti disse:
— Maestà, vado io! Lasciatemi andar sola. —
E prima andò nella casetta affumicata dei genitori di Grillino.
— Buona donna, dov’è la corona di Grillino? —
E a un tratto s’intese:
— Trih! Trih! È sotto il letto. Reginotta, scavate. —
La Reginotta, trovata una zappa in un canto, si mise a scavare. La corona non veniva fuori.
— Grillino, sono stanca! Ho le braccia rotte.
— Trih! Trih! Reginotta, scavate. —
La povera Reginotta riprese. Scava, scava, scava, la corona non veniva fuori.
— Grillino, sono stanca! Mi sento morire!
— Trih! Trih! Trih! Reginotta, scavate! —
La Reginotta, sfinita, si buttò per terra:
— Mi sento mancare! —
E morì.
Grillino comparve; e vista la Reginotta senza vita, si mise a piangere.
— Trih! Trih! Trih! Ah, Reginotta mia! La mala sorte volle così! Trih! Trih! Trih! —
Prese in mano la zappa, diè due soli colpi, e venne fuori la corona reale; sotto di essa, un tesoro non mai visto: abbacinava a guardarlo.
— Babbo, mamma, questo è vostro. Ora piangete Grillino. —
E si stese come morto per terra. Babbo e mamma lo piangevano:
— Grillino bello mio! Figlio, Grillino! —
Intanto il corpo di Grillino si raccorciava, si raccorciava.
— Grillino bello mio! Figlio, Grillino! —
Il lamento dei genitori si sentiva per tutta la via. E il corpo di Grillino continuava a raggrinzarsi, a raggrinzarsi; non pareva più di uomo. Infatti a poco a poco egli era già ridiventato grillo nero, con le gambine esili, e le ali.
— Addio, mamma! Addio, babbo! —
Un salto, e via per l’uscio:
— Trih! Trih! Trih! —
Grillo era nato e grillo era morto.
E noi restiamo col mantello corto.