Grammatica italiana dell'uso moderno/Parte III/Capitolo I. Le flessioni. Derivazione impropria.

Parte III - Capitolo I. Le flessioni. Derivazione impropria.

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Parte III Parte III - Capitolo II. I suffissi. Derivazione propria.
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CAPITOLO I

Le flessioni. Derivazione impropria.


§ 1. Nella Parte II, cap. i, § 3, distinguemmo il radicale o tema delle parole, dalla loro flessione; cioè il corpo della parola, che resta generalmente immutato, dalla terminazione che si cambia 0 può cambiarsi secondo il genere, il numero, il modo, il tempo e la persona. P. es. pòrt-a, pòrt-e; giardín-o, giardín-i; quál-e, quál-i; lòd-o, lòd-ano, lod-áva, lod-erèi, lod-áre, ecc. La flessione, colle sue diverse forme, distingue nei sostantivi, aggettivi e pronomi le varie declinazioni, il genere ed il numero; e nei verbi le varie conjugazioni (vedi P. II, cap. iii, § 4, e cap. xix, § 1), modi, persone ecc. Le altre parti del discorso, come quelle che non si declinano nè si conjugano, non hanno, propriamente parlando, flessione: pure anche in molte di esse può distinguersi il radicale, ed una vocale finale, ora propria dei nomi o pronomi da cui quelle parole sono derivate, ora speciale ad esse. P. es. pòco, mólto, accánto, óra, solaménte, ecc. hanno per [p. 252 modifica]terminazione le stesse vocali che servono di flessione al sing. dei pronomi pòco, mólto; e de’ nomi cánto, óra, ménte, anzi sono gli stessi nomi e pronomi usati indeclinabilmente nel sing. a maniera d’avverbii. Viceversa, cóntro, sópra, dóve, avánti, ecc. hanno una terminazione loro propria. La terminazione più frequente negli avverbii pronominali è i od e: p. es. índi, avánti, tárdi, pòi, mái, guári, òggi, dománi, cóme, dóve, púre, ecc.


§ 2. Vi è un certo numero di parole che hanno doppia flessione. Eccone alcuni esempii:

Sostantivi:
la balèstra il balèstro (raro)
bisógna (raro) bisógno
bríciola bríciolo
canèstra canèstro
casáta casáto
cérchia cérchio
césta césto
coltèlla coltèllo
fòssa fòsso
frútta frútto
gámba gámbo
ghiáccia e ghiacciája ghiáccio e ghiacciájo
gócciola gócciolo
grída grído
légna (raro al sing.) légno
midólla midóllo
núvola núvolo
ombrèlla poet. ombrèllo
orécchia orécchio
panièra panière (per -éro)
seménta seménte
sòrta sòrte
suòla suòlo
terrázza terrázzo
vámpa vámpo
véla vélo.

È da avvertire però che fra i due nomi si trova quasi sempre una differenza di significato, che non ispetta a noi ma al Vocabolario, di dichiarare. In generale può tenersi che i nomi in a hanno un significato più speciale e ristretto dei nomi in o o in e, P. es. frútta si dice soltanto del vero frutto di un albero, mentre frútto ha anche varii sensi metaforici.

Molti più sono i nomi a doppia declinazione o antiquati, o rimasti qualche volta al verso ed alla rima: p. es. frónda e frónde poet., vèsta poet., e vèste, dimánda e dimándo poet. Anticamente quasi tutti i nomi della quarta declinazione ebbero anche una forma della prima, e molti della prima o quarta anche una forma della terza. Vedi il Nannucci, Teorica de’ nomi, ecc.


§ 3. Aggettivi (vedi Parte II, cap. viii, § 2):

alpèstre, i alpèstro, a, i, e
silvèstre, i silvèstro, a, i, e

e qualche altro aggettivo somigliante:

consòrte, i consòrto (senza femm.)
fíne, i fíno, a, i, e
macilènte, i macilènto, a, i, e
ribèlle, i ribèllo i, e rubèllo, a, i, e

e qualche altro simile:

tríste, i trísto, a, i, e
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Nei primi due esempii le forme a destra sono rare in prosa, poco usate le altre in e, eccetto ribèlle più in uso che ribèllo, e consòrte: consòrto ha un significato tutto speciale, ed è quasi disusato.


§ 4. Verbi:

abbelláre abbellíre
abbrunáre abbruníre
affináre affiníre
aggrinzáre aggrinzíre
ammannáre ammanníre
ammansáre ammansíre
ammolláre ammollíre
approfondáre approfondíre
arrossáre arrossíre
assordáre assordíre
r-attristáre intristíre
attutáre attutíre
coloráre coloríre
granáre graníre
imbiancáre imbianchíre
imbrunáre (impers.) imbruníre
impazzáre impazzíre
dis-acerbáre (in)-acerbíre
dimagráre dimagríre
inanimáre inanimíre
inceneráre inceneríre
induráre induríre
infervoráre infervoríre
infracidáre infracidíre
ingialláre ingiallíre
intorbidáre intorbidíre
invermináre inverminíre
schiaráre schiaríre
scoloráre scoloríre
sfioráre sfioríre
starnutáre starnutíre
 
émpiere empíre
cómpiere compíre.

Anche qui il significato delle due forme non è sempre uguale, ed anche qui la forma della 1ª conjugazione suole avere senso più proprio o più ristretto dell’altra. Di più non si usano di ciascuna forma tutti i modi ed i tempi.

Nei poeti antichi si trovano moltissime forme antiquate che accennano a varietà di conjugazione. P. es. pentére ed offerére per pentíre ed offeríre. Spessissimo poi la terza sing. pres. ind. della terza conjugazione prende la forma corrispondente della prima. Vedi il Nannucci, Teorica de’ verbi, ecc. cap. v.


§ 5. Mediante il semplice cambiamento della flessione si sono formate parole da altre parole.

Da verbi, nomi sostantivi. Esempii:

verbo nome
abbandonáre abbandóno
abbracciáre abbráccio
appelláre appèllo
biasimáre biásimo
cambiáre cámbio
castigáre castígo
comandáre comándo
confortáre confòrto
contrastáre contrásto
dileggiáre diléggio
voláre vólo
 
badáre báda (nell’avverbio a báda)
cacciáre cáccia
compráre cómpra
dimandáre dimánda (poet. dimándo)
legáre léga
leváre lèva
peccáre pècca
pescáre pésca
purgáre púrga
stimáre stíma
temére téma.

Da verbi, nomi aggettivi. Ne abbiamo veduto grande numero di esempii, Parte II, cap. xx, § 12.


§ 6. Da nomi, verbi. Esempii:

bastóne bastonáre
bóllo bolláre
coróna coronáre
cólpo colpíre
fíne finíre
favóre favoríre
gócciola goccioláre
grázia graziáre
láncia lanciáre
orígine origináre
péna penáre
querèla quereláre
 
chéto chetáre
miglióre miglioráre
perpètuo perpetuáre
rotóndo rotondáre
sáno sanáre
strèmo stremáre
tapíno tapináre
tárdo tardáre
tranquíllo tranquilláre.

Quanto ai verbi composti con ad ed in, vedi i capitoli seguenti.


§ 7. Da infiniti, nomi sostantivi: ardíre, l’ardíre, pl. i; avére, l’avére, i; desináre, il desináre, i; dovére, il dovére, i; èssere, l’èssere, i; mangiáre, il mangiáre, i mangiári (raro); parére, il parére, i; parláre, il parláre, i; piacére, il piacére, i; potére, il potére, i; sedére, il sedére; vívere, il vívere, i; volére, il volére, i.

Da participii, nomi sostantivi. Esempii: latráre, latráto, il latráto; guastáre, guásto, il guásto; nitríre, nitríto, il nitríto, e simili parole denotanti voci animalesche: andáre, andáto, a, l’andáta; veníre, venúto, a, la venúta; feríre, feríto, a, la feríta; cadére, cadúta, a, la cadúta; paráre, paráto, a, la paráta; e così con altri moltissimi participii regolari; e con irregolari: chièdere, chièsto, a, la chièsta; propórre, propósto, a, la propósta; prométtere, promésso, a, la proméssa; scuòtere, scòsso, a, la scòssa; scéndere, scéso, a, la scésa; e così con moltissimi altri.

In tutti questi esempii non si può dire rigorosamente che siasi cambiata la flessione, ma piuttosto che il participio passato, ora maschile or femminile, sia stato sostantivato. [p. 258 modifica]

Quanto ai nomi in -ita senz’accento, che in origine erano participii anch’essi, vedi più oltre fra i suffissi.


§ 8. Unendo ad alcun participio la flessione dell’infinito ne sono venuti altri verbi:

dáto (dáre) datáre
invòlto (invòlgere) involtáre
opprèsso (opprímere) oppressáre
paziènte (patíre) pazientáre
únto (úngere) untáre
fésso (fèndere) fessáre
ráso (rádere) rasáre
aggiúnto (aggiúngere) aggiuntáre


§ 9. Anche da pronomi, numerali, ed avverbii si sono formate con simile procedimento nuove parole, p. es. da úno, uníre; da dècimo, decimáre; da éntro, entráre; da avánti, avanzáre; da áltro (áltero) alteráre; e viceversa, da lúngo, lúngi; da tárdo, tárdi, ecc.

Questo modo di derivar parole da altre parole mediante il semplice cambiamento della flessione, piglia il nome di derivazione impropria. Passiamo ora a parlare di un’altra maniera di derivazione.