Grammatica italiana dell'uso moderno/Parte II/Capitolo IX. Alterazioni dei nomi.

Parte II - Capitolo IX. Alterazioni dei nomi.

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CAPITOLO IX

Alterazioni dei nomi.


§ 1. I nomi sostantivi, e più di rado anche gli aggettivi, possono, per mezzo di certi suffissi che loro si attaccano, significare la grandezza, la piccolezza, la meschinità e la malvagità delle cose che rappresentano. Così in una parola sola vengonsi ad esprimere due o più concetti. Quando diciamo: omóne, libróne; donnína, lumicíno; bellíno, è come se dicessimo uòmo gránde; líbro gránde; dònna píccola; píccolo lúme; un po’ bèllo.

Questi suffissi prendono il nome di accrescitivi, diminutivi, vezzeggiativi, spregiativi, peggiorativi.

Questa proprietà dei nomi italiani dovrebbe a rigore esser trattata quando parleremo Della formazione delle parole; ma, siccome questi suffissi, a differenza degli altri, non fanno che modificare esteriormente il nome, conservandone intatto il concetto principale, e siccome il loro uso tiene molto dell’arbitrario; così crediamo conveniente il trattarne anche qui, seguendo il costume degli altri grammatici.


§ 2. Accrescitivi. Il suffisso più frequentemente usato per denotare una notevole grandezza di sostanza o di qualità è -óne, a, che si attacca al nome, elidendone la vocale finale. P. es.:

náso nasóne
animále animalóne

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líbro libróne
dòte dotóna
fòglia foglióna
memòria memorióna.


Il suffisso maschile óne si attacca di regola anche ai nomi femminili, quando non siano astratti:

dònna donnóne
spáda spadóne
pòrta portóne
cóltre coltróne.

Ciò però non vale nei casi che porterebbero equivoci, come nei nomi d’età, parentela e professione, dove è sempre necessario serbare la distinzione del genere. P. es.:

vècchio vecchióne vecchióna
gióvane giovanóne giovanóna
fanciúllo fanciullóne fanciullóna
spòso sposóne sposóna
dottóre dottoróne dottoróna.

Ma negli animali la distinzione non si suole conservare, dicendosi cavallóne, volpóne, moscóne, formicóne, tanto del maschio che della femmina.

Se il nome da accrescersi termina in óne, si inframmette ci. P. es.:

padróne padroncióne
bastóne bastoncióne.


§ 4. Gli aggettivi assumono questo suffisso, ma conservano, com’è naturale, la distinzione fra il mascolino e il femminino, terminando questo in óna. P. es.: [p. 112 modifica]

aváro avaróne avaróna
ignoránte ignorantóne ignorantóna
saccènte saccentóne saccentóna
sèmplice semplicióne semplicióna
ubriáco ubriacóne ubriacóna.

Eccezioni: uòmo ha due forme d’accrescimento, omóne, ominóne. — Tórre inframmette un’i: torrióne.


§ 5. Altri suffissi usati per denotare una grandezza mediocre o poco sotto il mediocre, sono: — òtto, a; — òccio, a.

bráccio bracciòtto
gióvane giovanòtto giovanòtta
vècchio vecchiòtto -òtta
bicchière bicchieròtto
signóre signoròtto
cása casòtto

ed in aggettivi:

dúro duròtto duròtta
sémplice sempliciòtto -òtta
grásso grassòtto -òtta
bèllo bellòccio bellòccia
grásso grassòccio grassòccia


§ 6. Diminutivi, vezzeggiativi, dispregiativi. Il suffisso più frequentemente usato per denotare piccolezza di sostanza o di qualità è -íno, a:

bicchière bicchieríno
lúme lumíno
piède piedíno
pòvero poveríno

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dònna donnína
bèllo bellíno -ína
cáro caríno -ína.

Se il nome da diminuirsi termina in -óne, -óna, si usa il suffisso -cíno. P. es.:

bastóne bastoncíno
coróna coroncína
poltróne poltroncíno, a.


§ 7. Alcuni sostantivi femminili possono assumere tanto -ína quanto -íno, ma quest’ultimo con significato di diminuzione anche maggiore, o in senso differente:

scárpa scarpína scarpíno
stánza stanzína stanzíno
cása casína casíno
bócca bocchína bocchíno.

Affine ad -íno è -icíno, talora con varietà di senso. Per esempio:

lúme lumíno lumicíno
fráte fratíno fraticíno
líbro libríno libriccíno.


§. 8. Altri suffissi più comunemente usati sono -étto, a; -úccio, a; úzzo, úzzolo; e per alcuni aggettivi anche íccio, a; ástro, a. P. es.:

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líbro librétto
stánza stanzétta
uòmo ométto
dònna donnétta
ágro agrétto -étta
fúrbo furbétto -étta
cavállo cavallúccio
dònna donnúccia
pállido pallidúccio -úccia
mágro magrúccio -úccia
poèta poetúzzo (dispregiativo)
vòglia vogliúzza
méla melúzzola.
árso arsíccio
biánco bianchíccio
giállo giallástro
vérde verdástro.


Altri suffissi per denotare piccolezza o graziosità sono -èllo, a. P. es. :

ásino asinèllo
piátto piattèllo
cattívo cattivèllo, a
pòvero poverèllo, a

e quelli affini -cèllo, a (dopo nomi finiti in -óne), -icèllo, a; -erèllo, a. P. es. :

bastóne bastoncèllo
leóne lioncèllo
passióne passioncèlla
fiúme fiumicèllo
vènto venticèllo
gránde grandicèllo
ácqua acquerèlla
vècchio vecchierèllo
pázzo pazzerèllo.

Da gióvine si fa giovincèllo; da dònna, donzèlla; da madáma, madamigèlla. Da ácqua, in un senso speciale, si fa acquerello. [p. 115 modifica]


§ 10. Altro suffisso della stessa specie ma più raramente usato è uòlo, a e il suo affine -icciuòlo, a. Per esempio:

quèrcia querciuòlo
líbro libricciuòlo
pòrta porticciuòla.


§ 11. Peggiorativi. Il suffisso più usato per denotare biasimo è -áccio, a:

uòmo omáccio
dònna donnáccia
pòpolo popoláccio
buòno bonáccio
cattívo cattiváccio.

Altri suffissi peggiorativi o dispregiativi sono -ástro, -ónzolo:

poèta poetástro
filòsofo filosofástro
mèdico medicónzolo
prète pretónzolo.

Circa i suffissi composti, vedi la Parte III, cap. vi.

I nomi che hanno un plurale in a (vedi Parte II, cap. vi, § 1) lo conservano qualche volta anche nelle forme alterate:

le díta le ditína, ditóna, ditáccia
le bráccia le braccína, braccióna
le cíglia le ciglióna.


§ 12. Anche i nomi proprii di persona possono prendere questi suffissi. P. es.:

Piètro Pietríno Pietróne Pietrúccio
María Mariína Mariétta Mariúccia.