Grammatica italiana dell'uso moderno/Parte II/Capitolo X. Del pronome in generale.

Parte II - Capitolo X. Del pronome in generale.

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CAPITOLO X

Del pronome in generale.


§ 1. Si chiama pronome quella voce declinabile che serve a indicare semplicemente il nome sostantivo, e spesso ne tiene le veci nel discorso. Diciamo a indicare semplicemente, perchè esso non ne determina, come l’aggettivo, una qualità o proprietà speciale, ma soltanto lo considera in relazione con un’altra cosa o persona, o con idee generali di qualità o di quantità. Se io dico quésti o quest’uòmo, indico l’uomo per mezzo della vicinanza ch’esso ha con me: se dico il mío líbro, le còse túe, aggiungo al nome la relazione di possesso che alcuno ha con quello. Ío, tu, égli tengono le veci delle diverse persone che sarei costretto a qualificare; ésso, colúi tengono le veci di una cosa o persona già nominata.


§ 2. Il pronome distingue molte volte la persona umana (cioè, l’essere ragionevole fornito di volontà) dalla cosa. Onde si hanno alcuni pronomi personali di varie specie, e il loro segno particolare nel maschile è la terminazione i: per es. égli, quésti, quègli, áltri, ecc. mentre il pronome corrispondente di cosa termina in o: éllo antiq., quésto, quèllo, áltro, ecc. I pronomi finiti in e, come tále, quále, ché, esprimono parimente cosa e persona. Vuolsi peraltro avvertire che, mentre i pronomi di persona non possono riferirsi che a persona, quelli di cosa possono in molti casi riferirsi anche a persona, specialmente quando essa non sia qualificata poco avanti col nome proprio, ma con un nome di condizione. [p. 117 modifica]


§ 3. I pronomi di persona non si accompagnano col respettivo nome, anzi ne fanno le veci. P. es. áltri vale áltra persóna; quésti vale quest’uòmo: costúi, costèi valgono cotést’uòmo, cotésta dònna. Al contrario i pronomi di cosa o si accompagnano col nome (e talvolta con un pronome personale), o lo sottintendono. P. es. quésto líbro, quel palázzo; ío stésso; égli medésimo; non vòglio quésto cíbo; dámmi cotésto. Quindi i pronomi di persona hanno valore di sostantivi, i pronomi di cosa sono aggettivi, benchè spesso vengano usati anch’essi come sostantivi.


§ 4. I pronomi di cosa si adoperano spessissimo nel maschile singolare come sostantivi, per indicare un concetto indeterminato ed astratto: p. es. quésto, quèllo, ecc. invece di quésta còsa o quéste còse, ecc. il mío invece di le míe còse; il medésimo invece di la medésima còsa; il ché invece di la qual còsa, ecc. áltro invece di áltra còsa, ecc. Ciò ha sempre questo significato.


§ 5. I pronomi personali distinguono talvolta colla terminazione diversa la posizione di soggetto da quella di oggetto nel discorso; vale a dire distinguono la persona che regge il verbo, da quella che gli fa da oggetto o da termine. P. e. io è diverso da me; tu da te; égli da lúi, tanto nella forma che nel significato; e le preposizioni non possono costruirsi che colla forma oggettiva; p. es. da me, da te, da lui, e non già da ío, ecc.


§ 6. I pronomi si possono dividere nelle seguenti classi: Personali puri — Possessivi — Dimostrativi, tanto determinati quanto indeterminati — Quantitativi — Relativi. Parleremo ordinatamente di ciascuna classe.

I pronomi capaci di troncamento, quando sono usati come aggettivi si troncano sempre davanti ad un nome (sing. e plur.) che non cominci per vocale o per s impura; e quelli capaci di elisione si elidono sempre davanti ad un nome che cominci per vocale, colle regole date alla Parte I, cap. xi, § 4 e segg.