Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro I/X
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CAPITOLO DECIMO.
Ricchezze, traffico, e temperamento di aria dell’Isole Filippine.
L’oro però è il principale, e maggior tesoro; perocchè ne’ monti ne sono ricchissime miniere, e’ fiumi ne portano mescolato coll’arene. Narrommi il Governadore di Manila, in varj ragionamenti sopra di ciò avuti, che in tutto se ne raccoglie per lo valore di circa 100. m. pezze d’otto l’anno; senz’opera di fuoco, o di argento vivo: onde può conghietturarsi qual prodigiosa quantità se ne trarrebbe, se gli Spagnuoli vi si adoperassero, con altrettanta industria, come nell’America. Il primo tributo, che rendettero al Rè, in oro, le Provincie d’Iloccos, e Pangasinan, montò al valore di 109. m. pezze d’otto; perche allora gl’Indiani s’applicavano a trovarlo, con maggiore studio; che oggi non fanno, per tema, che non sia loro tolto.
La Provincia di Paracale ne abbonda sopra ogni altra; siccome i fiumi di Butuan, Pintados, Catanduanes, Masbate, e Bool: onde ne’ tempi antichi infiniti vascelli venivano in Sibù, per farne mercatanzia. Le medesime Provincie, dette di Bisayas, sono copiose d’ambra, zibetto, e cera.
Quanto a Manila, fu ella collocata in tal sito dall’Autor della Natura, in uguale spazio tra’ ricchi Reami d’Oriente, e di Occidente; che può noverarsi tra’ luoghi di maggior traffico, che siano al Mondo. Gli Spagnuoli venendo per Occidente, e i Portughesi per Oriente, terminano il loro viaggio nell’Isole Molucche, che stavano sotto la giurisdizione del Governo dello Filippine: e perche ogni mezzo suol partecipare delle estremità; come quello, che le congiunge; viene quindi ad aversi nelle Filippine tutto il migliore d’amendue le Indie. Si truova quivi perciò l’argento del Perù, e della nuova Spagna; e se si parla de’ paesi Orientali, i diamanti di Golconda; i rubini, topazj, zaffiri, e la preziosa cannella di Seilon; il pepe della Sammatra, e Giava; il garofalo, e la noce moscata delle Molucche; le perle, e’ tappeti di Persia; le fine tele, e drappi di seta di Bengala; la canfora di Borneo; il Mengioy, e l’avorio di Camboja; il muschio de los Lequios; le sete, i drappi, le tele, e coltri di cottone; la fina porcellana, ed altre rarità della Cina. Allor che fioriva il commercio col Giappone, venivano quindi ogni anno due, e tre vascelli; e lasciavano argento finissimo, ambra, drappi di seta, forzieri, casse, e tavole di legno prezioso, ottimamente inverniciate; in scambio di cojame, cera, e frutta del paese.
Può scorgersi quanto il sito di Manila sia atto ad accumulare immense ricchezze, colla mercanzia; poiche un vascello, che di là vada ad Acapulco, nel ritorno vien carico d’argento; guadagnandovisi sino al quattrocento per cento. Io per me non credo, che vi siano Isole al Mondo più abbondanti. E in vero dove si troveranno monti, che sostentino tanta quantità d’uomini silvestri, colle sole frutta, e radici, che danno spontaneamente gli alberi, e’l terreno? poiche eglino in altro non s’adoprano, che nella cacciagione; e pure il loro novero è dieci volte più de’ sudditi degli Spagnuoli.
Il temperamento d’aria nelle Filippine è generalmente caldo, ed umido. Il caldo non è così sensibile, come quello de’ giorni canicolari in Italia; però più penoso, per lo sudore, che cagiona, con debolezza. L’umidità è maggiore, imperocchè il suolo ordinariamente è bagnato di fiumi, lagune, e stagni; e nella maggior parte dell’anno vi cadono copiose pioggie: onde avvegnache il Sole due volte l’anno, cioè a Maggio, ed Agosto vi sia verticale, e mandi i suoi raggi perpendicolari, e perciò potentissimi; pure il caldo non è così grande, che renda il luogo inabitabile; siccome Aristotile, ed altri antichi filosofanti giudicarono delle Terre sottoposte alla Zona torrida. Io osservai ciò di maraviglioso, che prima vi piove, e balena; e poi cessata la pioggia s’odono i tuoni. Ne’ mesi di Giugno, Luglio, Agosto, e parte di Settembre soffiano venti Meridionali, ed Occidentali, detti Vandavales, apportatori di tai pioggie, e tempeste, che i campi divengon lagune; e fa d’uopo d’alcune picciole barchette, per andare da un luogo all’altro.
Da Ottobre sino alla metà di Decembre domina Tramontana; e quindi sino a Maggio Levante, e’l suo vicino Scirocco a Levante: quai venti vengono quivi cognominati Brise. Due stagioni perciò, o monçones, al dir: de’ Portughesi, si conoscono in quei Mari: cioè una metà dell’anno Brise, con aria serena, ed asciutta; e l’altra Vandovale, con torbida, et umida.
Si dee anche notare, che sotto quel Cielo, su gli Europei non si generano pidocchi, e simili animaletti; quantunque portino le camicie lorde per molti mesi: al contrario degl’Indiani, i quali ne hanno in gran copia. Di più non si sa quivi, che cosa sia neve; nettampoco si costuma di bever freddo: se pure alcuno, cui non cale della salute, non voglia farlo per mezzo del salnitro, ne’ mesi, ne’ quali non domina Tramontana, che rende l’acqua alquanto fresca. Nelle Filippine certamente giammai l’aria merita nome di fredda, per le cagioni suddette, e per l’equinozio, che vi si gode quasi tutto l’anno: onde in Manila, che stà a 14. gradi, e 40. minuti, non si muta giammai l’ora del desinare, della cena, del negoziare, studiare, ed orare; nè si cambiano vesti, o si usano di panno, che per ripararsi dalla pioggia.
Per l’unione mentovata di calore, ed umidità, l’aria non è giovevole, et impedisce alquanto la digestione: offende però più i giovani, venuti nuovamente da Europa, che i vecchi. A tal difetto provvide l’Autor del tutto, con dare a gli abitanti cibi più facili a digerirsi. Il pane cotidiano altro non è, che il riso; però di meno sostanza di quello d’Europa; l’olio, aceto, e vino vien somministrato dagli alberi di palme, che crescono in gran copia, coll’umidità, che predomina nel terreno. Egli è vero, che vi ha ogni sorte di carne; però dalla cacciagione si cibano le persone agiate, solamente la mattina; e la sera di pesce: e la povera gente non conosce di ordinario altro cibo, che un pesce mal cotto; nè assaggia carne fuori che ne’ dì festivi. Rende anche poco salubre il paese la molta rugiada, che cade ne’ tempi sereni; onde tal volta, scotendosi un’albero, ne cade tanta, che sembra pioggia. Ciò non reca alcun danno a coloro, che quivi sono nati, i quali giungono sino all’età di 80. e 100. anni; ma gli Europei, avvezzi a cibi migliori, e più robusti di stomaco, non vi passano, che male. Nell’una, e l’altra India perciò, i luoghi montuosi sono migliori de’ piani. In Manila non si dorme, nè si mangia senza sudare; male, che non è tanto grave ne’ luoghi aperti, dove l’aria è agitata: e perciò i più ricchi tengono le loro casette di campagna; per dimorarvi, dalla metà del mese di Marzo, sino a tutto Giugno, che dura il caldo.
Avvegnache nel mese di Maggio il caldo faccia sentirsi, con maggior veemenza; nulla però di manco bene spesso la notte balena, e tuona, con impetuose pioggie. Ciò accade forse, perche le nubi, portate verso i monti dal Vandaval, quivi s’incontrano colle opposte Brise, che le rispingono nel piano; e da tai contrarj movimenti agitate, e poste in moto più disordinato le sulfuree, e nitrose materie, s’accendono, e scoppiano in cotal guisa; siccome osservai, mentre di tai cose scrivea.
Soggiace anche allo spesso Manila a violenti tremuoti, spezialmente quando vengono in tempo sereno. Molti ciò attribuiscono alle concavità sotterranee, all’acque, a’ vapori, e alle esalazioni; senza considerare, che non v’ha parte del Mondo, in cui tai concavità, acque, e vapori abbondantemente non siano; e pure tremuoti non vi si sentono. Secondariamente s’abusano della parola esalazione; quasi esalazion si chiami, cosa, che sta rinchiusa nel grembo della terra; e non quella, che n’esce fuori, o spinta da altra cosa mossa, o mossa da cagione esteriore. Io, per quanto mi è lecito di proporre la mia opinione, son di parere, che ciò avvenga da’ fuochi sotterranei, i quali un forte movimento danno a’ varj minerali, che intorno a se, di necessità si truovano (che val lo stesso, che accendergli); e non avendo quelli ove dilatarsi, con incredibile forza spingono, ed urtano ne’ vicini solidi; che per la buona connession delle parti (altrimenti s’aprirebbono molte voraggini) non potendo cedere, e rompersi; vengono a scuotersi, sicchè il moto viene a parteciparsi a tutto ciò, che loro sovrasta, sino alla superficie della terra; e così viene a farsi il tremuoto. Bastevole argomento di ciò sia la forza, con cui opera il nitro nella polvere de’ cannoni; e’l vedersi colla sperienza, que’ luoghi massimamente a’ tremuoti esser sottoposti, che più abbondano di minerali, e fuochi sotterranei; siccome, nostro mal grado, nella Campagna felice si osserva, nella Sicilia, nella Calabria, ed altrove.
Or per tornare a Manila, ella ne soffrì uno così potente nel mese di Settembre del 1627. ch’ebbe forza d’appianare uno de’ due monti, detti Carvallos, nella Provincia di Cagayan. Nel 1645. rimase rovinata, per somigliante cagione, la terza parte della Citta, con morte di 300. persone; al che soggiacque anche l’anno seguente. Gl’Indiani vecchi riferiscono, ne’ tempi antichi essere stati più terribili; e che per temenza de’ medesimi s’usavano le case tutte di legno; non, come oggidì costumano gli Spagnuoli, dal primo piano in su.
I molti Vulcani, che sono per l’Isole, confermano quanto fin’ora è detto; perocchè in certi tempi vomitano fiamme e insieme muovono la terra, e fanno tutti quegli effetti, che Plinio attribuisce a quei d’Italia: cioè far ritirare i fiumi, e’ Mari vicini; mandar per molto spazio lungi le ceneri, e scagliar pietre ne’ luoghi circostanti scoppiano, come pezzi d’artiglieria.
Dall’altro canto non può trovarsi terreno più ameno, e fertile. In ogni tempo, e stagione crescono l’erbe, germogliano gli alberi, e dan fiori insieme, e frutta, non men ne’ monti, che ne’ giardini: e pochi sono quelli, cui cadan le vecchie foglie, prima di rivestirsi di novelle. Quindi i Tinguiani (cioè abitatori de’ monti) non hanno particolare abitazione; ma van seguendo sempre l’ombra degli alberi, che loro servon di tetto, e somministrano il cibo; e finite quelle frutta, passano in un’altro luogo, dove ve ne son d’altra spezie. I melaranci, limoni, ed altri alberi d’Europa dan frutta due volte l’anno. Se si pianta insomma un ramo, indi a un’anno è albero con frutta: onde senza amplificazion di parole, posso dire, non aver veduto giammai terreno sì verdeggiante; nè boschi così copiosi d’antichi, e folti alberi; nè alberi, che alla spezie umana rechino maggior giovamento.