Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro I/VI
Questo testo è completo. |
◄ | Libro I - V | Libro I - VII | ► |
CAPITOLO SESTO.
Dell’Isole Filippine, loro scoprimento, e delle differenti
Nazioni, che quelle popolarono.
Negli ampi Mari d’India, di là dal Gange, l’Autor della Natura, e dell’ammirabile fabbrica di questo Mondo, pose un’Arcipelago, sparso d’Isole, che dicono oggi Filippine; quasi dirimpetto le spaziose Coste de’ ricchi Regni di Malaca, Siam, Camboja, Ciampà, Cocincinna, Tunchin, e Cina. Il famoso Hernando de Magallanes lo chiamò Arcipelago di S. Lazaro, per esservi entrato a dar fondo l’anno 1521. in dì di Sabato, precedente alla Domenica di Passione, che volgarmente chiamano di Lazaro. Ebbero il nome di Filippine, nel 1545. dal General Luis Lopez de Villalobos, in onore del Principe successore della Monarchia di Spagna, appellato D. Filippo; o secondo l’opinion più ricevuta da altri Morga cap. 1. pag. 5., nel 1564. regnante Filippo il Cattolico; allor che venne all’acquisto delle medesime l’Adelantado Miguel Lopez de Legaspi.
E’ incerto l’antico nome delle medesime; voglion però alcuni Scrittori, che per l’addietro fussero appellate, Isole de los Luzones, prendendo tutte (come nelle Canarie) il nome della principale, ch’è Manila, detta Luzon; che in lingua Tagala, significa mortajo; quasi dicesse, paese de’ Mortaj. Chiamansi Luzones alcuni mortaj di legno, un palmo profondo, ed altrettanto larghi; ne’ quali gl’Indiani pestano il riso, che poi passano per alcuni crivelli, detti Biloas. Non v’ha Indiano, che non ne tenga uno avanti la porta: anzi gli abitanti dell’Isola de los Pintados, ne cavano tre in uno stesso tronco per lungo; acciò, nello stesso tempo, altrettante persone possano impiegarsi a lavorio così necessario: poiche alimentandosi gli abitatori di tutte l’Isole di riso; prima di cuocerlo, lo rompono dentro un mortajo. Altri (come i Portughesi) le dicono, las Manilas Cabrer. l. 7. c. 8. pag. 422; nome conosciuto sin dal tempo di Claudio Tolomeo, giusta il parer d’alcuni cap. 11..
Le navi, che vengono d’America all’Arcipelago di S. Lazaro, o Filippine, necessariamente, quando scuoprono terra, veggono una delle quattro Isole (che sono Mindanao, Leyte, Ibabao, e Manila) dal Capo dello Spirito Santo; poiche elleno, in forma quasi di mezzo circolo, per lo spazio di più seicento miglia, fanno fronte a’ Mari, che dicono di Spagna. Manila è situata a Greco; Ibabao, e Leyte a Scirocco e Levante; e Mindanao a Mezzogiorno. Da Ponente è la Paragua, che dopo Manila, e Mindanao (colle quali forma un triangolo) è la più grande: però la punta di essa, che riguarda a Borneo, appartiene a quel Re; e l’opposta alla Spagna. In mezzo di questo, come triangolo, oltre le cinque nominate Isole, sono altre cinque, anche grandi, e popolate; cioè Mindoro, Panay, Isola de Negros, Sebù, e Bool. Sicchè l’Isole maggiori, e più notabili di questo Arcipelago, non sono più che dieci; ch’è il numero notato da Tolomeo al riferito luogo.
Tra le mentovate dieci, se ne veggono altrettante minori, eziandio popolate; che cominciandole a numerare a fronte del Seno di Manila (secondo il cammino, che fanno le navi, per andare alla nuova Spagna) sono Luban, (dove si perdè il Galeon S. Giuseppe) Marinduque, Isola de Tablas, Romblon, Sibuyan, Burias, Masbate, Ticao, Capul, Efora de l’Emboccadero Catanduanes.
Dell’altre picciole, parte popolate, e parte disabitate (però tutte conosciute dagl’Indiani, che vanno a raccorne le frutta) non è facile farne distinta narrazione: solamente in abozzo dirò, che a fronte dell’Isola di Manila, dalla parte di Settentrione, fra’ due Capi, detti di 'Boxeador, e de l’Engaño (a 24. miglia di distanza) sono le Isolette, appellate de los Babuyanes; la prima abitata da Indiani Cristiani tributarj; l’altra da Silvestri, che confinano con los Lequios, e Isola Formosa, dalla parte di Ponente. Presso la Paragua, dirimpetto Manila, sono tre Isole, dette de los Calamianes; e quindi altre otto, o nove, tutte popolate. Poscia ritornando verso Mezzodì, novanta miglia lungi da los Calamianes, a fronte della Caldera (punta di Mindanao) sono Taguima, e Xolò, con altre più picciole all’intorno.
L’Isole del Cuyo sono fra Calamianes, e Panay, nella Provincia di Otton, e Maras. L’isola de Fuegos è vicina a quella de Negros. Vi sono anche Bantayan, non molto lontana da Sebù; Pangla, giunta a Bool; Panamao, Maripipi, Camiguin, Siargao, e Pannon, che sono poste tra Mindanao, e Leyte, e molte altre, che malagevole fora ridurle a determinato numero. Quindi si scorge l’errore di coloro, i quali han detto, che le Filippine sono 40. perche se parlano delle maggiori, non giungono a tal novero; se delle mezzane, e minori, sono assai più.
Tutte queste Isole sono situate sotto la zona torrida, tra’l circolo equinoziale, e’l tropico di Cancro; poiche gli estremi luoghi della latitudine, o altezza del Polo Settentrionale, in questo Arcipelago sono Sarrangan, o Capo di S. Agostino; la Terra di Mindanao a cinque gradi e mezzo; los Babuyanes, e Capo d’Engaño, ultimo terreno di Manila a 20. gradi; l’Emboccadero di S. Bernardo a 13. gradi; il mezzo dell’Isola, e Città di Manila a 14. gradi, e pochi minuti. La longitudine, conforme alle mappe, e carte migliori, è di 155. gradi; quantunque per lo conto di Magallanes sia a 161. e ciò perche non cominciano tutti a contare dal medesimo punto. Or ponendo Tolomeo le sue Isole Maniole a 142. gradi, si vede bene, che avendosi riguardo alle diverse relazioni, e regole di graduazione; non sono le stesse le Maniole, in situazione, e in numero con las Manilas: e ch’è stata soverchia passione di coloro, i quali pongono Manila fondata 160. anni dopo il Nascimento di Cristo, nel qual tempo fiorì Tolomeo: senza poter trarre alcuna conghiettura dall’antichità degli edificj; poiche il materiale di tali nazioni altro non è, che legno, e canne; e le fabbriche molto deboli.
Varie sono le opinioni intorno all’origine di queste Isole. Alcuni dicono essere state create nel principio del Mondo, quando l’Autor della Natura scoperse la terra, e la divise dall’acque. Altri che rimanessero dopo l’universal diluvio: altri affermano, esser sorte per inondazioni particolari di Provincie, tempeste, tremuoti, fuochi naturali, et altri accidenti, che soglion cagionare alterazione, e mutazione in Mare, e in terra: come si dice essere avvenuto alla Sicilia Plin. lib. 3 cap. 8., già per lo passato congiunta colla terra ferma d’Italia; all’Isola di Cipro, ch’era attaccata alla Soria, et altre. Altri finalmente per aggregazion di materie, e per le naturali mutazioni di questi due elementi; particolarmente a cagion de’ fiumi, i quali tolgono il terreno da un luogo, e l’aggiungono a un’altro: o vero per le superfluità, che ordinariamente portano i fiumi; e’l Mare, col movimento delle sue onde, va accumulando in questa parte, e in quella; in modo che col corso del tempo formansi l’Isole. Queste mentovate cagioni ponno applicarsi a tutte l’isole non solo di questi Mari Orientali, ma di tutto il Mondo: però spezialmente degli ultimi modi ponno esser sorte le Filippine; perocchè in molte di esse sono Vulcani, e sorgive d’acqua calda nella sommità, e pendici di monti. I tremuoti sono frequenti, e terribili in certi determinati tempi; sicchè appena lasciano edificio in piedi; di che chiara testimonianza può render Manila. Quei venti detti dagl’Indij Baguyos, e da’ Spagnuoli Tifones, si sperimentano così furiosi, che oltre le fortune, che cagionano in Mare; buttano a terra grandissimi alberi, e recano incredibile copia d’acque, che inondano i paesi molto dentro terra. Il fondo fra le Isole è basso assai, e pieno di secche, particolarmente vicino terraferma; sicchè per molto spazio non vi si può navigare, e i vascelli sono obbligati andare in busca de’ Canali, che la divina Provvidenza lasciò, per la comunicazione d’una terra coll’altra. Tutti questi indizj sono senza dubbio bastanti a far conghietturare, che se alcune di queste Isole furono, sul principio del Mondo, giunte a terraferma; gli accidenti sopravvenuti, e specialmente il Diluvio universale, han potuto tagliarle in varie parti, facendo d’una grande, un’Arcipelago di picciole Isole.
Se fusse stato Tharsis (figlio di Xavan) co’ suoi fratelli, il primo abitatore di questi luoghi, non è qui mio proposito di disputare; però nell’entrata, che vi fecero gli Spagnuoli, trovarono tre sorti di gente in Manila. Ne’ vicini luoghi comandavano, ed abitavano Mori Malay, venuti (secondo essi dicevano) da Borneo, e dalla terraferma di Malaca; dove uno stretto, detto Malayo, ha dato nome a tutti i Malay, che sono dispersi per la maggior parte, e migliore di tale Arcipelago.
Dà costoro traggono origine los Tagalos, che sono i nazionali di Manila, e sue vicinanze; come si scorge dalla loro lingua, molto simile alla Malaya; dal colore, fattezze del corpo, portamento dell’abito, (che usavano, quando vi entrarono gli Spagnuoli) e in fine da’ costumi, e riti presi da’ Malay, ed altre nazioni d’India.
La venuta di queste genti nell’Isole, può essere stata a caso, per qualche tempesta; poiche colla sperienza si vede continuamente, per temporali, giugner quivi nazioni, di favella per niun verso intesa. Nel 1690. una tempesta vi condusse alcuni Giapponesi; i quali poi si fecero Cristiani, e si posero a servire Sua Maestà da soldati; per la pena rigorosa di morte, ch’avriano dovuto soffrire, ritornando alla lor patria, dopo essere approdati ad altra terra, benche involontariamente. Vidi io di tali Giapponesi in Manila, che andavano con due vesti, larghe come sottane d’Abati, e con maniche larghe, et uguali. Quella di sotto era ligata con cinte, attraversate, una dalla parte sinistra, e l’altra per sopra la destra, come fanno i Cherici Spagnuoli. Le brache eran lunghe, e le scarpe a modo di zoccoli dì Riformati. Portavano capelli corti, ma rasi sulla fronte, sino alla sommità delia testa.
Oltreacciò potrebbe essere, che i Malay vi fussero venuti ad abitare a bello studio, a cagion del traffico, e desiderio di guadagno; o per essere stati confinati dalla patria: il tutto però è incerto.
Gli abitanti, detti Bisayas, e Pintados, della Provincia di Camerines; come anme anche quei di Leyte, Samar, Panay, ed altre, è credibile, che siano venuti da Macassar; dove dicono, essere alcuni popoli, che si lavorano, e dipingono il corpo, al modo di questi Pintados, Nella Relazione, che fa Pietro Fernandez de Quiros, dello scoprimento, fatto nel 1595. dell’Isole di Salamone, scrive; che trovarono in altezza di dieci gradi, dalla parte di Tramontana, 1800. leghe lontano dal Perù, (poco più, o meno della altezza, e distanza delle Filippine) un’Isola, detta la Maddalena; abitata da Indiani ben proporzionati, più alti degli Spagnuoli, e che andavano nudi, con tutto il corpo lavorato, nella stessa guisa, che i Bisay.
Gli abitanti di Mindanao, Xolò, Bool, e parte dì Sebù, dee credersi, che sian venuti da Ternati, per la vicinanza, e commercio, come si vede, Religione simil con quei popoli; a’ quali eziandio ricorrono in caso di guerra. Gli Spagnuoli, nella loro entrata, gli trovarono comandare nell’Isole suddette.
In tutto diversi, anzi contrarj sono i Neri (Negrillos chiamati dagli Spagnuoli) che abitano nelle rocche, e folti boschi, de’ quali abbonda l’Isola di Manila. Eglino sono barbari, che si pascono di frutta, e di radici, che dà il monte; e di cacciagione, anche d’animali immondi, come scimie, serpi, e sorci. Vanno nudi, fuorche nelle parti vergognose, che cuoprono con scorze d’alberi, detti da essi Bahaques: e le donne con una tela tessuta di fila d’alberi, chiamati Tapisle. Non usano altro ornamento, che maniglie lavorate di giunchi, e canne d’India, di varj colori. Non hanno leggi, nè lettere, nè altro Governo, o Repubblica, che quello, che porta la parentela; imperocchè ubbidiscono tutti al Capo della famiglia. Le donne portano i bambini entro bisaccie, fatte di scorze d’alberi; o ligati con un panno, come usano in Italia alcuni Albanesi. Dove gli sopraggiugne la notte, si riposano; nella concavità di un tronco d’albero, o sotto stuoje di scorze d’alberi, fatte a modo di casette: e così menano una vita da bruti, per la sola dolcezza della libertà, cioè per non soggettarsi agli Spagnuoli.
Da questo stesso amore di liberta mossi, non permettono che i Neri d’altro monte, entrino nel loro; e combattono gli uni con gli altri, in tal caso, fieramente. Sono tanto nemici degli Spagnuoli, che uccisone alcuno, invitano tutto il il parentado; e per tre giorni fan festa, bevendo dentro quel cranio spolpato: mercè di cui poscia truovano più facilemente ad ammogliarsi, quasi più valorosi.
Si celebrano le loro nozze col solo toccamento di mani, che i Padri fan porgere da’ loro figliuoli. Essendosi essi congiunti con Indiani silvestri, ne nacque la Tribù de’ Manghian; Neri, abitanti nell’Isole di Mindoro, e Mundos, e che popolarono già le Isole de los Negros. Alcuni di essi hanno i capelli crespi, e ricci, come i Neri d’Africa, et Angola, altri lunghi. Il colore de’ loro volti è in alcuni, come d’Etiope; in altri più bianchiccio: e di costoro si sono veduti molti, con coda lunga mezzo palmo; non altrimente di quelli Isolani, di cui favella Tolomeo Commen. lib. 7. tav. 11. pag. 166.. I Sambali (a differenza de’ primi) benche silvestri ancor’essi, e morati; hanno i capelli lunghi, come gli altri Indiani conquistati. Partoriscono le donne dì questi Satiri in mezzo a’ boschi, a guisa di capre; e subito lavansi esse, e’l parto ne’ fiumi, o in altra acqua fredda: ciò che all’Europee causarebbe, senza alcun dubbio, la morte.
Veggendosi perseguitati questi Neri dagli Spagnuoli; col suono di piccioli legni, danno in un subito avviso a gli altri, che stanno sparsi per lo monte, che si salvino colla fuga. Sono le loro armi arco, e freccie; una lancia corta, e’l crisi, o coltello alla cintola. Avvelenano la punta delle freccie, che talvolta sarà di ferro, o pietra aguzza, e la forano nell’estremità, acciò si rompa nel corpo del nemico; e così rotta, si renda inabile a servire contro il saettante. Per difesa usano uno scudo di legno, lungo quattro palmi, e due largo, che portano sempre appeso al braccio.
In più discorsi avuti co’ Padri della Compagnia, et altri Missionarj, (che trattano con questi Neri, Manghiani, Mundi, e Sambali) non mi fu mai possibile, per molta diligenza usata, sapere la loro Religione: anzi per lo contrario tutti concordemente diceano, che non ne hanno nissuna, e vivono da bestie: e che il più, che s’è veduto fra Neri del monte, è stata una pietra rotonda; alla quale prestano venerazione, o un tronco d’albero, ben fatto; animali, ed altro che truovano in campagna: e ciò solamente per timore. E’ ben vero, che per la comunicazione de’ Cinesi Gentili, che trattano con essi ne’ monti, si sono trovate, nelle loro capanne statuette malfatte. L’altre tre mentovate nazioni mostrano avere qualche inchinazione a gli augurj, e superstizioni Maomettane, per la corrispondenza, e pratica co’ Malay, e Ternati.
Comune opinion vuole, che questi Neri siano stati i primi abitatori dell’Isole; e che poi, per esser timidi, fussero loro state tolte le parti marittime, da altri, che vennero appresso dalla Sammatra, Borneo, Macassar, ed altri paesi: e perciò si ritirarono fra’ monti. In fatti, in tutto quell’Isole, dove sono questi Neri, ed altri uomini silvestri; gli Spagnuoli non tengono altro, che le rive del Mare: e nè anche in tutte le parti; particolarmente da’ Maribeles sino al Capo di Bolinao, dell’istessa Isola di Manila; nelle cui rive, per cinquanta leghe, non si può dare a terra, per temenza de’ Neri, crudelissimi con gli Europei. In questa maniera essendo tutto l’Interiore occupato da questi Bruti (contro a’ quali, nel folto de’ boschi, non basterebbe qualsivoglia esercito) il Re d’ogni dieci abitatori dell’Isole appena ne ha uno vassallo; secondo gli stessi Spagnuoli mi dissero più volte.
S’ingegnano i Padri Missionarj porgli nel sentiero di salute; andando a predicare nelle selve ad alcuni, che non sono d’animo tanto ferino; e che fanno capanne, e casette, per farvi stare comodamente il Padre Mlssionario, che ne va riducendo qualcuno: però ad ogni minimo, e leggier sospetto bruciano capanne, e Chiese, e quanto vi è, e si ritirano nel folto del bosco. Ciò avviene, perche gl’Indiani Cristiani, a fine d’aver’essi soli il guadagno della cera, che i Neri raccolgono ne’ boschi; han posto loro nel capo, che fuggano ad ogni potere di venir sotto il giogo Spagnuolo; perche sarebbono poscia costretti a pagar tributo. Chi ne prende alcuno, ha dritto di ritenerselo, come schiavo; però facendosi Cristiano, dopo dieci anni di servigio, dee rimetterlo nella pristina libertà; ed allora, senza alcun dubbio, per l’inchinazione, che tiene al natio monte, colla prima comodità, se ne fugge.
Altro genere di gente (non così politica, come la prima, nè tanto barbara, come la seconda) si è di quelli, che vivono presso a’ fonti de’ fiumi; e perciò detti Ilayas, o Tinghianos, come abitatori de’ monti. Vi sono altri, detti Zambales, e Igolottes, che hanno commercio con los Tagalos, e Bisayas. Pagano alcuni di essi tributo, benche non siano Cristiani; e si giudica, che siano mestizzi dell’altre nazioni barbare; e che perciò nel portamento, colore, e costumi partecipino di esso. Da tutto ciò, ch’è detto, non si raccoglie però, che dalla Cina, Giappone, Siam, Camboja, e Cocincinna, non abbiano potuto passare abitatori alle Filippine.