Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro III/VI

Libro III - Cap. VI

../V ../VII IncludiIntestazione 26 maggio 2023 75% diari di vaggio

Libro III - V Libro III - VII

[p. 402 modifica]

CAPITOLO SESTO.

Origine de’ Tartari Orientali, stabilimento de’

medesimi nel Trono della Cina, e guerre

indi seguite nell’Imperio.


E’
così oscura di questi Principi l’origine, che chiunque ha voluto parlarne ha dato nelle favole. Eglino hanno avuto principio in questo secolo da un picciol Capo d’Horda, o Capitano di fuorusciti, o Tartari erranti, che si chiamava Tien-mim; al quale (per quello, che scrivono gli Storici) l’Imperador Van lie diede il Governo della Valle di Moncheu, e de’ paesi vicini P. Adam nelle let. stamp. a Vienna nel 1665., a condizione di difendergli da’ Tartari Orientali, che erano divisi in sette piccioli Principi. Morto Tien-mim nel 1628. P. Couplet. nella sua Cronologia della Cina. il suo figliuolo Tien çum continuò la guerra sino alla morte, che gli sopraggiunse nel 1634. Cum-tè figlio di Tiençum, chiamato da’ Cinesi in soccorso, terminò quasi la conquista della Cina P. Martini nell’Istoria della guerra de’ Tartari nel prologo del suo Atlante.; però egli morì nel 1644. prima di prenderne il possesso. Il suo figlio Xun-chi, in età di sei anni, fu riconosciuto per Imperadore a Pekin, e morì nel 1662. [p. 403 modifica]lasciando per suo successore il figliuolo, appellato Cam-hi, che di presente regna.

Prima di narrare, come questi Principi acquistassero la Corona della Cina, bisogna notare, che la Tartaria (che comprende tutta l’Asia Settentrionale) vien divisa da’ Cinesi in Orientale, ed Occidentale. I popoli dell’una, e l’altra vanno la più parte erranti, co’ loro armenti, e vivono sotto tende: gli Occidentali però sono senza comparazione più potenti; occupando tutto il paese, che giace dall’estremità della Provincia di Pekin al paese del Mogol, di Persia, e di Moscovia. La Tartaria Orientale si stende dal paese di Leâo-tun verso Oriente, sino più oltre del Giappone: ella comprende i paesi di Niuchè, a Tramontana di Corea; di Niulhan, a Settentrione di Niuche; di Yupy, ad Oriente di Niuchè; e’l paese di Yeço, a Greco del Giappone, e ad Ordente di Yupy. Questi paesi però sono poveri, e malamente popolati; non essendovi che due, o tre picciole Città, e tutto il resto incolto, tra boschi, e montagne. Tutta volta questi Tartari non lasciano d’esser temuti, quando sono uniti, perche resistono alla fatica, come nati in un clima rigido; ed avvezzi a star [p. 404 modifica]sempre a cavallo, per la caccia, e per la guerra. Si fecer conoscere, con loro scorrerie, dentro la Cina, più di ducento anni prima della nascita di Giesu Cristo: ma nel duodecimo secolo occuparono la Pronincia di Leâotun, di Pekin, di Xensi, e di Xantun, Gli antenati del Principe Tartaro, che regna nella Cina, non solo non furono mai padroni della Tartaria Orientale, ma nè anche del paese di Niuchè; perche quivi, come si è detto, erano sette Signori differenti. E il Padre Adam scrisse, che Tien çum, Bisavolo dell’Imperadore, che regna di presente, non avea, quando entrò nella Cina, che otto mila soldati; che crebbero poscia in un subito, concorrendovi il resto de’ Tartari Orientali, ed una moltitudine innumerabile d’Occidentali; allettati più che dalla fama delle sue vittorie, dall’abbondanza della preda.

Ciò presupposto, egli si dee sapere, che i Tartari Orientali occuparono l’Imperio della Cina, nella maniera, che siegue. Regnando la famiglia Mim, ed essendo occupato il nerbo maggiore della soldatesca, alla custodia de’ confini della Tartaria; si posero in campo otto Capi di ladroni, che in brieve composero otto [p. 405 modifica]eserciti. Costoro, per ambizione dell’Imperio, fra di loro pugnando, si ridussero a due: l’uno chiamato , l’altro Cham; i quali l’un dall’altro divisi; Cham, pigliò il cammino delle Provincie Occidentali di Suchuen, e Huquam; e Lí delle Boreali. Questi occupata la Provincia di Xensi, pose ad assedio la Metropoli della Provincia di Honan; e toltolo la prima volta con perdita, vi ritornò, con maggiori forze, la seconda: e nondimeno gli assediati il sostennero costantemente sei mesi; riducendosi, per mancanza di vettovaglie, a mangiar carne umana. Venne alla perfine l’esercito Imperiale in soccorso; e fatto rompere l’argine del fiume Croceo, per sommergere il Campo de’ ladroni; sommerse, in lor vece, la Città, con trecento mila persone, nel mese di Ottobre 1642. Fra questo mentre Lì, impossessatosi di tutta la Provincia, e di quella di Xensi: uccise primamente i Governadori delle medesime; ricevè poi graziosamente il popolo, così benignamente lo sgravò dalle imposizioni, che molti soldati Imperiali vennero sotto le sue bandiere. Allora Lì da conduttor di ladri si arrogò il titolo d’Imperadore; ed entrato nella [p. 406 modifica]Provincia di Pekin, incamminossi alla Reggia, (dove avea qualche tempo prima inviati di molti traditori, suoi confidenti, per sollecitar la gente, e ridurla al suo partito) sicuro d’entrare in Città, sì per la gran fazione, che vi avea, come per le discordie, che regnavano fra’ Ministri, ed Eunuchi. Erano settanta mila di presidio in Pekin: con tutto ciò tre giorni dopo l’arrivo di Lì, aperte le porte da’ rubelli; entrovvi, con trecento mila soldati, e drittamente andossene al palagio dell’Imperadore; che senza sapere tai novità, se ne stava fra’ Bonzi, mortificandosi con digiuni. A sì improvisa venuta, vedendosi da tutti tradito, con seicento uomini armati, tentò d’uscire per le porte, e morire gloriosamente; ma abbandonato da tutti, a cui non piacea la risoluzione di morire; ritornò in palagio, e ritiratosi nell’orto, scrisse nell’estremità della sua veste queste parole: I miei mi han tradito; di me fa quanto ti aggrada, pur che non facci male al mio Popolo. Quindi preso un pugnale, proccurò d’uccidere una sua figlia adulta, acciò non cadesse in mano de’ ladri; ma quella schifato il colpo, e ferita nel braccio, cadde svenuta. Alla perfine [p. 407 modifica]stringendosi l’Imperadore il collo, con una fascia, egli medesimo si strangolò, in età di 36. anni; e insieme con lui l’Imperio, e tutta la sua famiglia, numerosa di ottanta mila, poco a poco venne a perire.

Col di cui esemplo il supremo Kolao medesimamente s’appiccò, ed altrove la Regina, e’ fedeli Eunuchi. Il Regio cadavere, ricercato nel seguente giorno, casualmente si trovò; e portato in presenza del Tiranno, assiso in Trono, fu con molte ingiurie vilipeso.

A’ due ultimi figliuoli (essendo il primogenito fuggito) fece tagliar la testa; e uccisi poscia tutti i Ministri, espose la Città al furore; e incontinenza della milizia.

Cade in acconcio P. Couplet. in Præf. ad Sinicam chronol. pag. 35., in considerando il funesto fine di questa famiglia, il detto della Sapienza: Per ea, quæ deliquerit, per ea et punietur; poiché ella, da plebea condizione, salì al Trono Imperiale; per industria d’un suo Antecessore, il quale da abbietto servo di Bonzi, fattosi conduttor di ladroni, scaccionne la famiglia Yven, de’ Tartari Occidentali (che avea regnato 89. anni) e fondò la famiglia Mim; che per 21. Imperadori, in 276. anni (come altrove si disse) continuò a [p. 408 modifica]regnare, finche l’esterminò un’altro Capo di ladroni.

In tanto Lì, lasciato bastante presidio in Pekin, si accinse a combattere il Generale Usanquey, che, con suprema potestà, comandava l’esercito Cinese, composto di 60. mila soldati; ed era occupato contro i Tartari nel paese di Leâo-tun. Avanzossi adunque all’attacco della Città; dove trovato Usan-quey, che difendevala gagliardamente; fece condurre il di lui Padre avanti le mura; minacciando, di dargli acerbissima morte, se egli la Città non rendea. Usan-queì da sopra le mura, in tale stato vedendo il Padre; genuflesso gli dimandò perdono, dicendogli: esser più tenuto al Re, e alla Patria, che a lui; e che era meglio morire, che servire a’ ladri. Lodò li Padre i sentimenti generosi del figlio; e volontieri piegando il collo, fu ucciso.

Per vendicare Usan-queì la morte dell’Imperadore, e del Padre, mandò una solenne ambasceria al Tartaro Cum-tè, (accompagnata da considerabili doni) invitandolo, a venire col suo esercito contro il Tiranno; stabilite fra di loro certe condizioni. Corse, non che venne quegli, con sessanta mila soldati in Cina; e fece [p. 409 modifica]tosto levare l’assedio, con perdita degli assediantì. Ritornò adunque Lì nella Reggia, dove non stimandosi sicuro, presi i tesori, e data alle fiamme la Città, e’l palagio; fuggì coll’esercito nella Provincia di Xensì, perseguitato sempre più dal nemico.

Morì frattanto il Re Tartaro Cum-tè, dopo aver quasi conquistata la Cina; lasciando un suo figlio minore, erede dichiarato, e la cura del Governo dell’Imperio, e’l peso della guerra ad Amavam Regolo suo fratello. Speravano i Cinesi, che i Tartari, carichi di preda, dovessero ritornare in Tartaria; ma ben presto si disingannarono, perche giunti coloro a Pekin, ricusarono di passare oltre, dicendo: doversi al lor braccio l’Imperio. In tal guisa il fanciullo di sei anni, e sopra l’età prudente, trionfante entrò nella Città, ricevuto con giubilo dal popolo; che collocatolo nel Trono, come liberatore della Patria, salutollo Imperadore, gridando: Viva Vansùy Vansuij (che vuol dire dieci e dieci mila anni) colla qual voce suol conferirsi l’Imperio. Xun-chì fu fondatore di questa nuova famiglia Imperiale, che in Tartaro, e in Cinese, vien detta, Tai-cim, cioè di [p. 410 modifica]gran purità; e principiò a regnare nel 1644.

Usan quey (da chi si crede ucciso in battaglia Lì Tiranno) tardi avvedutosi, che per iscacciare i Cani, avea imprudentemente introdotto nell’Imperio i Lioni; ricevette dal Tartaro la dignità di Regolo, e’l titolo di Pimsì, cioè di pacificante l’Occidente; e fugli assegnata per Sede la Città di Singan, Metropoli della Provincia di Xensì.

Soggiogate dal Tartaro le Provincie Boreali, rivolse l’armi, e l’animo all’Australi; assediando la Metropoli di Nankin, nella quale si era fatto dichiarare Imperadore Humquam, nipote di Van-lie. Fu questo meschino preso, e condotto a Pekin, e col primogenito Cum-chim, strangolato. Espugnata Nankin, passò all’assedio della Metropoli di Cekian; nella quale Lovam Regolo avea ricusato il titolo d’Imperadore. Egli vedendo attaccata dal Tartaro la Città, per evitare la stragge de’ suoi, da sopra le mura genuflesso, e supplichevole disse a’ nemici: Di me fate quel, che volete: eccomi vittima, per gli miei sudditi. Dopo queste parole, uscendo dalla Città, si diede volontariamente in potere del Tartaro; [p. 411 modifica]la cui pietà, se non serbò in vita il Principe, serbò la Città, e i cittadini. Nelle Provincie di Fokien, Quantum, e Quamsì, ebbero varia fortuna le sue armi: nelle Settentrionali, con inganni, et oro, seminata la discordia fra i Capi Cinesi, estinse anche felicemente i due Generali Ho, e Kiam.

Nelle parti Occidentali, e Provincia di Suchuen, un’altro famoso Capo di ladroni, apportava spaventevole stragge, Egli era detto Cham hien-chum, e per altro nome Nerone Cinese, e Demonio vestito di carne umana. Costui, dopo aver desolata, colle sue crudeltà le Provincie di Honan, Nankin, e Kiamsì; rivolse tutto il suo furore in quella di Suchuen. Il primo, che uccise fu il Regolo della passata famiglia, con molti altri; e più volte, per un colpevole, fece uccidere tutti gli abitanti di una strada; per un soldato, tutto uno squadrone di due mila; e per l’errore d’un medico, cento, e più medici. Di seicento Ministri, che teneva, finito il lor Governo di tre anni, appena ne serbava venti; e gli altri, per leggiere cause, con varj generi di morte, facea perire. Fece una fiata morire cinque mila Eunuchi, perche fra [p. 412 modifica]di loro vi fu uno, che lo chiamò, non con nome di Re, ma col suo proprio di Cham hien chum: e parimente, per l’errore d’un Bonzo, venti mila Bonzi. Chiamò dalle vicine Provincie per editto tutti gli studiati, per l’esame letterario; e venuti in numero di diciotto mila, nella Città, tutti in una volta fece morire; sotto pretesto, che co’ loro sofismi sollicitassero il popolo alla ribellione. Al Padre Ludovico Buglio, e Gabbriele de Magallanes quattro volte destinò la morte; ma poi loro perdonò, come inchinato alla Religione Cattolica.

Nel 1646. (terzo dell’Imperador Xunchi) avendo da partire per la Provincia di Xensi, contro i Tartari; tutti i Cittadini della Metropoli di Chim-tu fece condur ligati fuori le mura della Città, ed egli, a cavallo passeggiando in mezzo al popolo (che genuflesso supplicava del perdono) dubbioso stette sulle prime, di ciò che far dovesse; e alla per fine comandò, fussero uccisi come ribelli: onde lui veggente, tutti furono trucidati, sino al numero di seicento mila; de’ quali molti fanciulli, per opra de’ Padri della Compagnia, furono battezzati. Ciò fatto, congregati i soldati, comandò, che [p. 413 modifica]ciascuno, seguendo il suo esemplo, la moglie, come d’impedimento all’esercizio militare, uccidesse. Egli di 500. che ne aveva, serbò 20. vergini solamente, per servigio di tre Regine; e per tutto l’esercito eseguendosi i suoi ordini, quante donne si trovarono, furono uccise. In fine bruciata la Città, e famosa Metropoli, entrò nella Provincia di Xensì: ma essendo quivi avvisato la terza volta, che comparivano cinque spie dell’esercito Tartaro; prestamente dalla camera, senza corazza, venuto fuori nel campo, per sapere la verità; una fatal saetta, venuta dal nemico, gli trafisse il cuore. Battuto, e dissipato poscia il suo esercito, i popoli di Suchuen lietamente ricevettero i Tartari, come loro liberatori.

Soggiogate quasi undici Provincie, restavano le quattro Australi, che ubbidivano all’Imperadore Yum-lie. Furono adunque mandati dalla Corte tre Regoli, con tre corpi d’eserciti; i quali tosto assediarono la Metropoli della Provincia di Quam-tum; che sostenuto l’assedio per un’anno, con perdita dall’una, e l’altra parte, alla per fine, a’ 24. Novembre 1650. su presa. Fu ella bersaglio del militar furore per dieci giorni, [p. 414 modifica]rimanendovi uccisi ducento mila Cittadini. Passò poscia l’esercito Tartaro alla Reggia di Sciaokin, dove Yuni-lie Imperadore non potendo resistere, colle sue poche forze, fuggì nella Provincia di Quamsì, e poi in quella di Yunan.

Nell’anno seguente morì Amavam, tutore, e zio dell’Imperadore, uomo prudente, amato da’ Cinesi, e al quale dovea il nipote l’Imperio. Pretendeva la tutela il suo fratello Regolo, ma se gli opposero tutti i Grandi, dicendo: che Xun-chi era già di quattordici anni, ed ammogliato colla figlia di Tan yu Re de’ Tartari Occidentali; onde da per se poteva governare. S’ostinarono di maniera i Cinesi su questo punto, che appese alla porta del palagio l’insegne delle loro cariche, dissero, di non volerle ricevere da altre mani, che da quelle dell’Imperadore; di modo che il Regolo s’acchetò.

Xun-chi d’ottimi costumi dotato, per acquistarsi l’amore de’ Cinesi, si fece vedere a’ medesimi familiare, contro il costume degli antichi Re. Conservò le leggi, statuti, e lettere della Politica Cinese, poche cose mutate: mantenne i sei Consigli supremi (da quattro mila, e più anni [p. 415 modifica]istituiti (però volle che si componessero) di Ministri, la metà Tartari, e la metà Cinesi; togliendo via gli altri sei, stabiliti dalla famiglia passata nella Reggia di Nankin. Congiunse le armi colle lettere, concedendo a’ Filosofi Cinesi di governar la Città. Or conoscendo questo prudente Imperadore, dipendere la salute, o rovina della Repubblica dal sincero, ed incorrotto esame de’ letterati: ed avendo saputo, essersi da alcuni, con oro, comprato il voto degli Esaminatori; fece morire 56. di questi: e gli esaminati di nuovo ordinò, che venissero all’esame; nel quale a’ vincitori concedette il grado, e perdono, e a’ riprovati, con tutta la lor famiglia il bando in Tartaria. Continuò altresì i’istessa condannagione con altri rei, per popolare i deserti della medesima, sicuro, che ivi si sarebbono accostumati poi i figli, e nipoti al genio Tartaro.

Nel 1659. Architalasso Quesim figlio di Nicolò (che sino all’ora, con continuate ruberie, avea infestato i luoghi marittimi, con stragge, e prede; sebbene il precedente anno, a vista di Nankin, avesse perdute 500. navi; venne di bel nuovo, con tre mila, all’assedio di essa: occupando nel cammino varie Città, e Fortezze, [p. 416 modifica]mentre governava la Città, e Provincia Lam giovane Cinese. Nel consiglio di guerra, che si tenne, il General de’ Tartari fu di parere, non potersi difendere la Città, ogni qual volta non stavano sicuri dalla moltitudine di tanti Cittadini; e che perciò dovevano tutti trucidarsi. S’oppose il Lam a tanta crudeltà, e disse: se altrimente non si può rimediare alla sicurezza della Città, prima di tutti trucidate me: colla qual voce ammollì il petto de’ barbari. Appena erano passati venti dì d’assedio, che cadde il giorno del nascimento di Quesim; perlocchè da tutto l’esercito si sollennizò, con crapule, e giuochi. Conosciuta adunque da’ Tartari l’opportunità, mentre l’esercito nemico stava sepolto nel sonno, ed ubbriachezza, nel silenzio della notte, così prudentemente, e fortemente l’attaccarono, che appena tre mila si salvarono nelle navi; lasciando tutta la preda in mano de’ vincitori.

Volendo Quesim vendicare tanta stragge, e la morte di Nicolò suo padre, e de’ fratelli, accadute per inganno de’ Tartari; non molto tempo dopo, combatte coll’armata navale di costoro, e dopo un’ostinata pugna la disfece; parte [p. 417 modifica]avendola sommersa, parte affogata, e parte presa. Uccise spezialmente quattro mila Tartari, e tagliare loro l’orecchie, naso, e capi, rimandò i busti a terra. Non potendo soffrire il Re questo affronto, ordinò, che tutti gli altri soldati fussero trucidati; perche o vincere, o gloriosamente morire per la patria dovevano.

Nel 1661. l’istesso Quesim, per terra, e mare, attaccò la Città, e’l Castello dell’Isola Formosa; ben guernita dagli Olandesi, che l’aveano tolta agli Spagnuoli. Dopo quattro mesi d’assedio, oppressi dalla fame gli assediati, e divenuti vani i soccorsi, la rendettero, con tutta l’Isola al Quesim, il quale vi stabilì la sedia del suo Dominio. Con tale acquisto, si rese sì superbo, e temerario; che ardì di mandare ambasceria, per lo P. Vittorio Riccio, Missionario Domenicano, al Governador di Manila, che gli pagasse un’annual tributo, altrimente avrebbe fatto un ponte di barche dall’Isola Formosa a Manila, per farne acquisto. Posesi in tal timore il Governadore, e la Città tutta, che tenutosi consiglio, per deliberare, qual risposta dar se gli dovesse; l’Arcivescovo fu di parere, che s’esponesse il [p. 418 modifica]Santissimo. Ciò fatto assai divotamente, fu rimandato il Padre, con intrepida risposta; ma che! giunto appena di ritorno all’Isola Formosa (oh giusti giudizi di Dio) vi trovò morto il Tiranno di rabbia; avendosi strappate le dita co’ denti, per aver appresa la lega fatta dal Tartaro, ed Olandesi a suo danno: e che nelle Filippine era stata scoperta la congiura dal Governadore, e uccise molte migliaia di Cinesi; come anche l’incesto, commesso dal figlio con una sua donna.

Per terminar l’istoria di questa famosa famiglia di ladri, deesi sapere, che ella ebbe principio da un Capo Corsale detto Cici ium, originario di Fokien. Costui prima servì in Macao i Portughesi; da’ quali battezzato, gli fu posto nome Nicolò. Da tai principi, per l’amicizia con gli Spagnuoli, ed Olandesi, fatto famoso, primamente all’Imperadore Lum vù, e poscia al Tartaro fintamente si sottopose; talche creato Regolo, con ingannevoli speranze, fu chiamato alla Corte. Allora Quesim suo figlio succedette al comando dell’Armata paterna: e prendendone molta gelosia il Tartaro, obbligò il padre a chiamarlo, per mezzo d’una lettera appresso di se. Fece quegli [p. 419 modifica]una lettera, e consegnolla all’Imperadore; e un’altra, nella quale avvertiva il figlio, che non venisse, diede in mano d’un barbiere suo confidente; il quale lo tradì, dandola in mano dell’Imperadore. Fece questi morire il Nicolò padre; e Quesim benche non si fusse lasciato vincere dall’esortazioni paterne, e meno dalle belle promesse del Tartaro, ebbe pure lo sventurato fine riferito.

Il figliuolo di Quesim continuò la guerra coll’Imperadore regnante; però questi, mediante l’ajuto degli Olandesi, che vennero, con 25. vascelli, lo scacciò dalle piazze marittime di Fukien, e Cina. Nel 1683. lo privò anche dell’Isola Formosa, essendovi andato con poderosa Armata; e corrotti avendo con promesse i Mandarini, e Grandi del paese. Fece menare l’Imperad. quei parenti, che restavano, nella Corte di Pekin; dove io ne vidi uno, chiamato, Cincilum, che per politica gelosa, teneva onorato con titolo di Conte.

Mentre in tante guerre intestine, ardeva l’Imperio, e fra le fortunose vicende, dell’armi Tartare, l’infelice Imperadore Yum lie rifugiossi nel Regno di Mien que, volgarmente detto Pegu. Il [p. 420 modifica]Tartaro dimandollo, con minaccevoli lettere, a quel Re; ed avutolo tantosto, con tutta la famiglia, fecelo nella Metropoli strangolare. Le due Regine, condotte in Pekin, furono convenientemente trattate; e tuttavia si stima, che continuino nella Fede Cattolica. Si estinse perciò nel 1661. l’ultima scintilla della passata famiglia Mim.

Questo medesimo anno (imperocchè non sempre la fortuna è propizia) fu fatale all’Imperador Xun chi. Invaghitosi egli d’una bellissima donna, per poterla con libertà godere, chiamò il marito; e ripresolo d’aver malamente amministrato il suo officio, lo percosse con una guanciata; sicchè il meschino, per doglia, morissene indi a tre dì. Chiamò poscia la donna in palagio, e fuor del costume, fecela seconda Regina, vivente la prima. Partorì la novella sposa un figlio, per lo cui nascimento grandissime furono le feste; ma dopo tre mesi se ne morì il bambino, e poco appresso la madre. Cotanto dolore ebbe il Re di tal perdita, che divenutone furioso; già si sarebbe ucciso con un pugnale se la Regina madre, e gli Eunuchi non l’avessero impedito: volle però con rito esecrando, imitato [p. 421 modifica]poscia dal suo successore, che la spontanea morte di 50. uomini placasse lo spirito della Concubina, che in ispaventevol guisa gli parea di vedere. Impose a tutti i Grandi, e Ministrl dell’Imperio, come anche alla plebe, tre mesi di continuo lutto, con abito lugubre, in onor dell’Imperadrice; che tale dopo morte intitololla. L’apparato dell’esequie fu molto maggiore della di lei dignità. L’istesso Imperadore, piangente qual donna, chiuse le ceneri entro un’urna d’argento, siccome ella spirante lo avea pregato. L’urna fu riposta entro un ricchissimo sepolcro, all’uso Tartaro; e frattanto fecesi dal fuoco consumare incredibil copia di preziosi arnesi di seta, con oro, ed argento; distribuironsi ducento mila scudi a poveri; e duemila Bonzi, con istomachevoli superstizioni, per molte ore cantarono. L’Imperadore a tai cose, in maniera uscì di senno, che invitava gli Eunuchi, e le vergini, a prender l’abito di Bonzi. Egli stesso, scordatosi della sua dignità, a guisa de’ medesimi vestito, si rase la testa; ed eresse nel proprio palagio, tre Templi al culto degl’Idoli, che per l’addietro avea dispregiati; oltre l’andar per la Città adorando or questo, or quello. [p. 422 modifica]

Il Padre Adamo Gesuita non mancò d’assistergli; ma nulla giovarono i suoi consigli, perche essendo l’Imperadore fuor di sensi, dopo averlo inteso, senz’altro dire, gli fece dar commiato col Cià. In fine, sentendosi mancar le forze, fece chiamare quattro Grandi; in presenza de’ quali fece come una confessione di Tue colpe, dicendo: aver governato malamente l’Imperio; che al Padre, e all’Avo, ottimi Regoli, non avea prestato quel rispetto, che si dovea; e di più, aver dispregiati i consigli di sua madre: che, per cupidigia dell’oro, avea fraudato de’ loro stipendj i Grandi, e spesolo poscia inutilmente; che avea favorito troppo gli Eunuchi; e che la Regina ultimamente morta, così inordinatamente avesse amata; che in piangerla a se stesso, e a’ sudditi era stato nojoso. Finalmente il figliuolo di otto anni lasciò sotto la loro tutela; e quindi vestitosi, ed acconciatesi le braccia, dicendo: Io vado; sulla mezza notte, rese lo spirito in età di 24. anni Libro intitol. De Init. et progressu Mission. Sinensis..

Scacciati tutti i Bonzi dal palagio, fu rinserrato circa mezzodì il cadavere; per bruciarsi poscia P. Rougem. de hist. nov. Tartaro Sin. (per esser morto di vajuoli) passati i cento dì. Fu salutato [p. 423 modifica]solennemente da tutti Imperadore, dopo tre giorni, Cam-hi (nel 1662.) benchè secondogenito, e di otto anni, giusta la volontà del Padre; costumandosi fra’ Tartari, osservare la volontà paterna, come dettata dal Cielo.

Sul principio fu governato l’Imperlo da’ quattro Grandi pacificamente. Al Principe degli Eunuchi fecero mozzar la testa, come causa di tanti mali; quattro mila di essi fur banditi; e mille destinati a vili esercizj.

A cagion de’ Pirati, fu ordinato, sotto pena di morte, a’ cittadini di tutte le Città marittime di sei Provincie, che mutassero abitazione, e si ritirassero nove miglia dentro terra; di modo che i giardini, Castella, e Città marittime, furono affatto spianate; e vietato in tutto il commercio del Mare. Morirono perciò di fame molte migliaia di persone, che viveano colla pescagione.

Nel 1664. fu pubblicato editto contro la Religione Cattolica, quasi maestra di malvagia dottrina, e di ribellione. Fu carcerato, come capo di essa, il P. Adamo, con tre compagni, e giudicati rei da vari Tribunali. Furono citati tutti i Sacerdoti Europei alla Corte; e [p. 424 modifica]condennati i libri de’ Cristiani alle fiamme. Nel 1665. in pieno Consiglio di tutti i Ministri, venne condannato li Padre Adamo alla forca; e quindi ad esser tagliato in pezzi: ma all’improviso, per tutta la Città, sentendoii varie scosse di tremuoti, (secondo il costume Cinese) fu perdonato a tutti, fuorche al Padre suddetto. Con tutto ciò indi a un mese, essendo il dì natale dei Re, fu liberato; e morì poi placidamente, nel mese di Agosto, in Canton.

Nel 1666. venne a morte Sony, il più vecchio de’ quattro Tutori; onde Camhí solennente entrò nel Governo dell’Imperio.

Nuova tempesta nel 1673. turbò l’Imperio; imperocchè Usan-quey (del quale si è parlato sopra) potentissimo Regolo nella Provincia di Yun-nan, che imprudentemente avea introdotti i Tartari nella Cina; chiamato dall’Imperadore, ricusò di venire, se non con ottanta mila soldati. Licenziati poscia gl’Inviati, scosse il Tartaro giogo; fece il Kalendario Cinese, e mandollo a’ vicini, e collegati Re; però quello di Tunchin ricusollo, e mandollo all’Imperadore. Usan-quey frattanto soggiogò le tre [p. 425 modifica]Provincie di Yun-nan, Su-chuen, Quei-cheu, e quasi mezza la Provincia di Hu-quam: perlochè l’Imperadore fece mozzare il capo al maggiore suo figlio, e tagliare in pezzi tutti i ribelli, scopertasi la congiura.

Due anni dopo ribellaronsi i Regoli di Fokien, e Quam-tum; imperocchè essendo morti i loro genitori, si posero il cappello Cinese. Al che si aggiunse la nuova potenza del Regolo dell’Isola Formosa, stabilità col discacciamento degli Olandesi; come di sopra ho divisato. Avrebbe mal fatto i fatti suoi il Tartaro, se unire le armi, e gli animi, avesser tutti voluto combattere, per la libertà della patria; ma il Regolo della Formosa, vedendosi dispregiato da quello di Fokien, gli mosse contro; e in più di una zuffa, rimase superiore.

Dalla Corte intanto furono mandati eserciti, sotto il comando di Regoli Tartari. In Hu-quam andò un Zio dell’Imperadore; uno in Ciekiam, e Fokien; e un’altro in Quam-tum, e Quam-sì. Il Re di Fokien, in più incontri abbattuto, non fidandosi più de’ suoi, rasosi il capo, si diede in potere del Tartaro, dal quale benignamente fu ricevuto. [p. 426 modifica]

Il Regolo di Quam-tum, trattato da Usan quey con inferior titolo di quello, che al suo stato si convenia; rotta la lega, ridusse anch’egli la Provincia tutta all’obbedienza del Tartaro. Gonfio, per tanti felici successi, l’Imperadore, venne (a’ 12. di Luglio del 1675.) a visitare in casa i Padri Gesuiti di Pekin; e quivi col pennello Regio, scrisse due caratteri, Kim tien; cioè, adorare il Cielo, che è quanto il dire, il Signore del Cielo; ed appostovi il suggello Reale, gli diede a’ Padri. Le copie di essi caratteri, posti da tre ordini di Religiosi nelle loro Chiese; vengono stimate una tacita approvagione della Religion Cattolica.

Venne a morte Usan-quey nel 1679. e fu acclamato Imperadore Hum hoa suo figlio. Nell’istesso anno a’ 2. di Settembre, due ore prima di mezzodì, un terribile tremuoto, scosse tutta la Reggia di Pekin, e i luoghi vicini; spianando più palagi, e Templi, colla morte di presso a 30. mila persone: e ripetendo, obbligò l’Imperadore, e i Grandi, ad abitare sotto tende.

A’ Gennaio 1680. fu consumato d’improviso incendio, in poche ore, il palagio Imperiale, con danno di due milioni, e [p. 427 modifica]mezzo di Taes. L’istesso anno il Regolo della Provincia di Quam tum, benche fusse suddito del Tartaro, essendo divenuto sospetto per lo suo genio torbido, e per la corrispondenza, che tenea per via di mare con gli Spagnuoli, et Olandesi, contro il divieto Imperiale (oltre che armato con 40. mila soldati, era divenuto potente, e dava non leggieri indizj di voler distruggere Macao) fugli dall’Imperadore, per rovinarlo, ordinato, che portasse la sue armi contro i rubelli, nella Provincia di Quam sì; dove avendolo buona parte de’ suoi abbandonato, gli fu di mestieri ritirarsi nella sua Provincia. Fini quivi la vita a’ 9. d’Ottobre dello stesso anno; in quell’ora appunto, che due Inviati dall’Imperadore, erano venuti di sua parte, a presentargli (per onore) un laccio, acciò con quello si stringesse la gola. Non mancarono però di far mozzare la testa a 112. compagni della fazione; fra’ quali tre fratelli. Era però degno questo Principe di miglior fortuna, essendo molto inchinato alla Legge Evangelica; e favoreggiando molto i Missionarj, e come altrove ho detto.

Mentre si trattava della confiscazione delle sue immense facoltà; parve bene [p. 428 modifica]al Tartaro, di fare aprire la tomba del Padre del Regolo, non ancor sepellito; per vedere, se alla Cinese era vestito il cadavere: ma trovatolo in abito alla Tartara; lasciò i beni a’ fratelli, fra’ quali era il Genero dell’Imperadore. In quell’istesso anno entrarono in Cina i Padri Agostiniani Spagnuoli, dalla parte delle Filippine, e Macao.

Nel seguente anno il Regolo di Fokien (che si era volontariamente renduto al Tartaro) per le crudeltà, esercitate contro vari Ministri, a lui sospetti, allor che si ribellò; fu nella Corte, in presenza di tutto il popolo, fatto in quarti, e le carni buttate a’ cani. I fratelli ancora, quantunque innocenti, ebbero tagliate le teste; e così il Tartaro, senza veruna opposizione, occupò Yun nan, Metropoli della Provincia. Hum hoa Imperadore, spontaneamente appiccandosi, prevenne la crudeltà del nemico; il quale fatte poscia cavar le ossa di Usan quey dal sepolcro; le fece portare a Pekin, e parte, a terrore degli altri, porre ignominiosamcnte in vari luoghi; e parte, ridotte in polvere, spargere al vento. L’anno 1681. si conta il centesimo, dopo il cominciamento della Missione de’ Padri della Compagnia in Cina. [p. 429 modifica]

Alla per fine, collo spargimento di tanto sangue, e crudeltà poste in opra, rimase il Tartaro, nel 1682. pacifico possessore di tutte le 15. Provincie di sì vasto Imperio; che per l’intestine discordie era stato da pochi brutali uomini tolto a una innumerabile, prudente, e politica nazione. Quindi Cam-hi, stabilità la pace, e volendo rivedere il natio suolo, e sepolcri de’ suoi maggiori; incamminossi verso la Tartaria Orientale, a 23. di Marzo, col Principe erede dichiarato, tre Regine, alcuni Nobili, e Ministri de’ Tribiunali, e circa settanta mila soldati. Volle anche seco il P. Ferdinando Verbiest Gesuita Fiammengo.

Ritornò poi, con più grande apparato nella Tartaria Occidentale, nel 1683. ventesimo 2. anno del suo Imperio: nè condusse seco men di 70. mila soldati a cavallo; non volendo che l’ozio, e dilicatezza della Cina gli rendesse pigri; ma si accostumassero a’ disagi, ed esercizj di guerra, colle spesse caccie, e uccisioni di fiere. In cotal guisa, parte col terribile apparato delle sue armi, parte colla benignità, clemenza, liberalità, e conceder di Titoli, si rendette tributarie nella Tartaria 40. Provincie. In questo secondo viaggio volle seco il P. Filippo Grimaldi.