Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. IV/Libro III/II

Libro III - Cap. II

../I ../III IncludiIntestazione 18 maggio 2023 75% diari di viaggio

Libro III - I Libro III - III
[p. 336 modifica]

CAPITOLO SECONDO.

Altri costumi de’ Cinesi.


L
A maggior bellezza delle donne Cinesi consiste in aver picciolissimi piedi. E perche questa è una bellezza, che può aversi per arte (ciò che non è possibile de’ lineamenti del volto) involgono i piedi alle bambine, appena nate, e gli stringon sì sorte, che ne impediscono il crescere, e stranamente gli storpiano; e poche sono, che non se ne risentono fin che sono vive. Ciò è appunto, quel che i savi lor vecchi, istitutori di tale usanza ebbero in mente: cioè render loro tormentoso il camminare; onde se l’onestà non le riteneva in casa, il dolore nell’uscir fuori, lor mal grado, ve le stringesse. Benche poi questo sia il maggior pregio di bellezza, di cui si vantino, non è perciò, ch’elle ne facciano pompa, o almeno mostra; imperocchè l’onestà non comporta, ch’elleno vadano in veste [p. 337 modifica]così corta, che i piedi (appena lunghi un quarto di palmo) ne appajano di sotto la falda. Di più vivono solo fra di loro, e si può dire in un perpetuo carcere, rimoto, non dico solamente dal pubblico, ma dalla lor medesima casa: trattandovi solo i figliuoli, e questi di età innocente; fuor de’ quali niun’altro vi si accosta, per mettervi piede. L’affacciarsi onde possano esser vedute, il toglie loro l’abitazione appartata dal rimanente, e senza finestre sulla strada. Di casa poi di rado escono; e ciò le ricche fanno non altrimente, che in sedia, non mica aperta, ma poco men che suggellatevi dentro; senza alcuno spiraglio, per dove possano metter l’occhio a spiare. Solamente delle 15. Provincie, quella di Iunan siegue in ciò altro costume, conformandosi alla libertà del Tibet, del Tunchin, e d’altri paesi confinanti. Modestissimo e il loro abito, non scollacciato, sicchè mostri niente del seno; anzi se necessità, no’l richiede, mai non traggon le mani da dentro le maniche, (le quali anch’esse portano ampie) eziandio nel ricevere, che fanno di alcuna cosa loro offerta. S’è uomo chi la porge, disdicevole atto sarebbe alla donna il prenderla dalle sue mani; ma egli dee [p. 338 modifica]posarla sopra un banco, o tavola, ed essa; indi prenderla, colla mano tuttavia involta, e coperta. Le loro fattezze, e’l colore del viso, non è inferiore a quello delle donne Europee; e sebbene hanno gli occhi piccioli, in dentro, e’l naso medesimamente; non perciò pajono men belle.

Da questa tanta ritiratezza, siegue il il maritarsi (direm così) alla cieca: perché gli sposi mai non si veggono fra di loro; e se non viene il dì, che la novizia entra in casa del marito, egli non sà che piedi ella si abbia. I padri soli da se trattano i maritaggi, senza che l’uno vegga o l’altro mostri la fanciulla: e senza richiedere i figliuoli del piacer loro; nè poter’essi ingerirvisi, o contradire: anzi avvien loro talvolta d’esser maritati, o promessi, mentre sono in fascie; poco essendo diversi d’età per ordinario gli sposi. La dote poi della moglie non è altro, ch’ella medesima, assai ben dotata, se ben costumata; ma o buona, o rea che sia, non porta al marito pure un danajo, e così non isviscera la casa, onde si parte; e dove và non porta di che insuperbire, o rinfacciare al marito. Per lo contrario lo sposo, alquanto prima, che si [p. 339 modifica]celebrino le nozze, suole inviare alla donzella una tal misura d’argento; che fra’ mezzolani suol patteggiarsi, e tra’ nobili si consente, farla a proporzion del potere; e quando giunge ad essere di circa mille scudi, è soprabbondante. Ciò dee servire, acciò la moglie si fornisca di masserizie, d’abiti, e gale donnesche; le quali poi tutte, colla più solenne pompa, che ordinar si possa, son portate in mostra avanti la sposa. Quel dì che và a marito, la precede un grande accompagnamento, a suon di naccheri, e flauti, e con molte fiaccole accese, benché in sul meriggio. Ella poi và serrata a chiave in una sedia, tolta in ispalla da quattro uomini; e giunta a casa del marito, così gli vien consegnata: ed egli aperta di sua mano la sedia, ne trae fuori la donna, non mai prima veduta; che se non gli piace, non può in alcun modo rifiutare.

I poveri con tre, o quattro scudi si comprano una moglie; e loro è permesso rivenderla, se ne truovano compratori. Chi è povero cotanto stremamente, che non abbia, onde comperar moglie, nè anche a sì vil mercato; cerca egli a chi vendersi schiavo, e riceve in pagamento della sua vita, una moglie; colla quale, [p. 340 modifica]e co’ figliuoli, che ne nascono, rimane la signoria del padrone. Il medesimo accade a una donna libera, maritandosi con uno schiavo. Quindi d’ordinario i poveri, non menano più che una moglie, la dove i ricchi, oltre la principale, scelta di pari, o poco dissimile nobiltà; se ne comperano dell’altre più, o meno, come lor torna in piacere. Prendono alle volte una di queste seconde mogli, per aver successione; e avutala, rivendono la madre, a tale effetto sol comperata.

Degna poi di somma lode è la venerazione, e’l rispetto, in cui si ha lo stato vedovile. Il rimaritarsi, eziandio nel fior dell’età, se bene rimase senza figliuoli, sembra poco onesto; e rade sono le ben nate, che antepongono il diletto all’onore, o il titolo di madre a quelle di pudiche. Rimangonsi in casa del suocero, e vi menano la lor vedovanza, in istretta guardia, sino alla morte.

Per leggi del Regno, nissuno può ammogliarsi con donna della sua famiglia, quantunque non sia in grado di parentela. La prima moglie è riputata solamente legittima; possono bensi averne quante ne vogliono, e loro possibilità permette. Quindi è, che per lo prezzo, che [p. 341 modifica]se ne dà, avendo elleno condizione di schiave, può il marito rivenderle a chi gli piace. E se la donna fusse Cristiana, e per ciò ripugnasse d’andare dal nuovo compratore Idolatra; vien forzata dalla giustizia a replicati colpi di bastonate. Non farà difficultà un Cinese vender la moglie, o la figliuola a un Cattolico Europeo, che colà si truovi; il quale l’averà per sempre a tenere in sua casa, come schiava, però non potrà condurla fuori del Regno; e se vuol ritornarsene, bisognerà lasciarla, o venderla.

Divien fermo, e valido, nè si può sciorre il matrimonio Cinese, dopo che la sposa avrà accettati gli spilli d’oro, e di argento, le maniglie, ed altre cose convenienti al di lei stato, che lo sposo gli manda. D’allora in poi quantunque lo sposo andasse fuori del Regno, giammai ella non si rimarita, ma sino alla vecchiezza resterà attendendo. E’ anche in uso, che convenuti i padri dello sposo, e della sposa (i quali han pieno potere sulla volontà de’ figli, che giammai non emancipano) si danno scambievolmente il nome, il giorno, l’ora, il mese, e l’anno del nascimento de’ figliuoli, per consigliarsi co’ loro Astrologi; e quando essi [p. 342 modifica]son di parere, che può contraersi il matrimonio, si mandano i mentovati presenti, e non altrimente.

Egli si è ben difficile a gli stranieri, distinguere per istrada la pompa d’un funerale, da quella delle nozze, perocchè in amendue sono apparati di allegrezza. In casa accade l’istesso; poiche così nell’una, come nell’altra si suona, si pongono avanti la porta lunghi legni, e in essi appesi lumi, uccelli, e varj lavori di seta, o di carta diversamente colorita.

E’ tenuto in poco conto quel figlio in Cina, che non s’ammoglia; quasi come spegnesse il seme paterno, e corrispondesse con ingratitudine a chi gli ha dato l’essere. Parimente una donna maritata si riputa infelice, sino a tanto, che non ha figli; perche prima d’avergli, non può sedersi a tavola colla suocera alla quale, e alle feconde, servono in piedi quelle, che non per anche han dato frutto dal lor ventre. Da ciò nasce, che per non esser appresso gli altri in sì mala opinione, non vi è miserabile, che non si compri delle mogli; nè donna, che non proccuri divenir gravida: nondimeno nascendo due bambine, o tre, senza framettersi alcun maschio, la stessa madre [p. 343 modifica]le uccide, o soffoca; dicendo, che il diavolo è entrato in casa. Crudeltà molto più praticata nelle Città Meridionali; dove sono costretti i maschi buscarsi mogli fuori. Siegue da ciò, che l’Imperio Cinese è più popolato di qualunque altro (quantunque si costumi poligamia, o moltiplicità di mogli) perche il Cielo è molto benigno, e le donne feconde; non vedendosene nè pur una in età atta a generare, senza un figlio al petto, e uno intorno alle falde, o nel ventre.

Sì fattamente attendono i Ministri a far, che la Repubblica divenga ben popolata; che il Superiore de’ Padri Riformati Miissionarj di Canton, ebbe a farmi morir delle risa, quando mi narrò un fatto, a tal proposito, del Regolo di quella Provincia. Erano in prigione più donne tra mogli, figlie, e parenti di ladri giustiziati, o fuggitivi; ond’egli, per non tenerle infruttuose, le maritò a sorte con altri carcerati, nella maniera seguente. Fatti venire nel suo cortile tutti costoro, giovani, vecchi, zoppì, e stroppj, fece a ciascheduno lasciare nel suolo un pegno; e fattigli appartare, fece introdurre le donne, ordinando loro, che scegliesse ogni una il suo marito, prendendo [p. 344 modifica]alcuno di quei segnali. Ciò fatto comparvero gli sposi, e ad un per uno fatti loro riconoscere i segni; si trovò una giovane moglie d’un vecchio, o zoppo; una cieca, o stroppia con un giovane. Torcevansi di quà, e di là le donne; e’ giovani così malamente collocati, ma il Regolo, che era di bell’umore, scoppiando per le risa, gli rimproverava della loro dappocaggine, in non aver saputo scieglier bene; e che doveano incolpar se medesimi della loro sciagura, giacchè era stata in lor mani l’elezione.

I Tartari non comprano le mogli, ma essi ricevono dote, benche molto miserabile. Maritando alcuno la figlia con un suo pari; la dote non eccederà 80. vacche, 80. cavalli, 80. abiti, ed altrettanto numero di altre cose, a proporzion dello stato de’ contraenti.

Da quanto sin’ora abbiam divisato, può il lettore restar bastantemente persuaso, che i Cinesi sono perspicacissimi, e in valor d’ingegno superano gli Europei; e pure non è detto nulla della sagacità della povera plebe, insegnatale dalla natura, per vivere. Ella è così industriosa nell’ingannare, che per avvedersene, non bastano a’ forestieri, quantunque [p. 345 modifica]attentissimi, cento occhi: che troppo meglio sanno essi giuocar di mano, e far prestigj, per far travvedere. Se ne contano mille di graziosissime invenzioni. Fra le altre si pongono nell’unghie (che tutti costumano di portar ben lunghe) piccioli coltellini, per tagliare insensibilmente le borse. Per lo contrario i mercanti si pregiano di esser leali, e veramente il sono; perché ogni semplice loro giuramento è inviolabile, e farebbono andar la testa, per la parola: ciò che sperimentarono, sul primo lor negoziare, non senza gran maraviglia, gli Europei. Così ne avessero almen preso l’esemplo essi, che dovean darlo, e corrisposto con fede alla fede: che certamente non gli avrebbon poscia sperimentati, a propio costo, altrettanto, e più, ch’essi non erano, perfidi, e fraudolenti. A quello proposito posso riferire una verità, sentita per bocca de’ Padri Missionarj Spagnuoli. Gli Olandesi, che da Batavia venivano a contrattar in Cina, vollero ingannare i Cinesi, dando loro una gran quantità di monete false; che in un negozio di più centinaja di migliaja di scudi, fatto in fretta, non fu facile riveder tutte. Segnarono costoro il tratto; e nel ritorno, [p. 346 modifica]che fecero gli Olandesi il seguente anno, per comprare, resero loro pan per focaccia. Dissimulando l’inganno ricevuto, nella spedizione delle navi, dissero, che aveano bellissimi drappi di nuova invenzione, venuti da Nankin allora medesima. In fatti fecero vedere a gli Olandesi i drappi; e convenuti del prezzo per più migliaia di pezze; quando fu al consegnarle, e che gli Olandesi n’ebbero rivedute molte; e alla fine, per non riconoscerle tutte (dovendo in brieve partire) se ne stettero per l’altre sulla buona fede; i buoni Cinesi, in un batter di ciglio, mutarono le pezze in altre, piene di cenci vecchi: e così gli Olandesi, portandosele in luogo di drappi, rimasero burlati, con maggiore interesse di quello, che aveano fatto colle monete. Proccurarono vendicarsene negli anni seguenti, ma i Cinesi non gli vollero ammettere al negozio.

Non corrisposero in sì fatta maniera a gli Spagnuoli (nel tempo, che io era in Cina) allor che venne in Macao un vascello da Manila, con 180. mila pezze, per far compra di sete. Perché volendo gli Spagnuoli i lavori a lor uso (assai differenti da quelli, che si costumano in Cina) per trasportargli nella nuova Spagna, e [p. 347 modifica]non trovandone pronti; distribuirono il danajo a molti mercanti, acciò dovesse ciascheduno di essi, dar loro tante casse di drappi, del lavorio richiesto; e in fatti, nel termine di cinque mesi, si tesserono i drappi, e si consegnarono puntalmente giusta il prezzo, e bontà convenuta; avvegnache fra tanti ve ne fusse alcuno che soddisfece i compratori nella quantità, e non nella qualità de’ drappi: ciò che non dee parere gran fatto, se si considera il sì brieve tempo, e la gran somma, che pure in Italia, nè anche in cinque anni si sarebbe riscossa.

Quanto all’esteriore apparenza de’ Cinesi, sembra vedere tanti uomini di maestrato, quanti se ne incontrano: non dico solo per la signorile maniera dell’abito, ma per la gravità, e’l modesto contegno nel portamento della persona, nella maestà dell’aspetto, e nell’andar sostenuto, e composto. Girar leggiermente il capo, sarebbe un’apertamente dichiararsi, di avere anche leggiero il cervello. Spergiuri, o parole, che punto sentano dell’immodesto, solo in bocca di qualche ribaldo plebeo, e ben di rado si sentono. Dell’amoreggiar poi, e andar facendo il vago, non che l’uso, ma nè anche [p. 348 modifica]ve n’è il vocabolo; imperocchè volto di donna mai non se ne vede, nè in finestra, nè altrove; perche quasi tanto sarebbe una Cinese esser veduta, quanto mezza violata.

Con tutto che la Cina possa dirsi il paese de’ Pretendenti; non ve n’essendo altro simile al Mondo, dove ogni uomo, avvegnache di abbiettissima condizione, non istimi d’avere inviolabil dritto, di divenir maggiore degli altri; e, se ve’l portano i meriti del sapere, di salir sino a quelle eminentissime dignità, oltre le quali non vi è altro di sublime che la Corona Reale: nulla però di manco sanno assai ben nascondere l’emulazioni, le invidie, i rancori, e le mortali nimicizie con apparenze d’amore; e per molto che sia l’odio, in che s’hanno, mai non mancano l’un all’altro d’inchinarsi, inginocchiarsi, ed appressar la fronte al suolo, secondo che la dignità, e’l posto richiede: così stimando far da uomini, e mostrarsi franchi d’animo, e ben costumati. Corre poi fra di essi un principio, che il venire all’armi non è cosa da uomo; e che la guerra non è altro, che una fierezza ridotta a regola d’arte, della quale mancan le fiere. Propria dell’uomo esser [p. 349 modifica]l’umanità; e perciò che tanto professano, di non aver pari al Mondo, nel vivere secondo i dettami della ragione; affettano la piacevolezza in modo, che l’adirarsi appo di loro è come un disumanarsi, e divenire una bestia, o alla men trista un barbaro.

Indi è, che fra di loro non si professano nemicizie alla scoperta, e molto meno si veggono fazioni, mischie, o risse sanguinose. I pugni sono le sole armi, con cui combattono in duello; nel quale il peggio che far si possa (parlo di persone ordinarie) è lo strappare i capegli dal capo del nemico, di che più si sente l’ignominia, che il dolore. I più onorati, e savj, battuti fuggono; e così facendo rimangono superiori, perché l’onor della battaglia si riduce al vincer se stessi colla virtù, non l’avversarlo colla forza. Quindi quel fuggire, in vece d’essere a’ Cinesi d’ignominia, serve per fargli andar trionfanti, di se medesimi insieme, e de’ nemici, vinti dalla passione dell’ira; e perciò più tosto bestie, che uomini. A confessare il vero, sono i Cinesi di poco animo, effeminati, e di vilislsimo cuore, che soffre le ingiurie pazientemente.

Sono i medesimi di bronzo nella [p. 350 modifica]fatica, accostumandosi dalla tenera età a portar in ispalla un legno, con ugual peso nelle due punte, da giorno in giorno maggiore, a misura che s’avanzano in età; fatica, dalla quale non sono esenti ne anche le povere Contadine, che oltre i servigi donneschi, zappano la terra, e fanno le facchine. Nelle barche elleno remano, o tirano come tante cavalle la corda; pescano, e fanno quanto può fare un marinajo, con tutto il peso dei figlio, che con una fascia, portano appeso alle spalle; e alla fine della giornata, la lor cena non è altro, che un poco di riso cotto, e la bevanda una decozione d’erbe silvestri, in luogo del Cià.

Usano un’artificiosa pignata, per cucinare, nella quale l’acqua va all’intorno, e’l fuoco stà nel mezzo; sicchè qualsivoglia cosa si cuoce con minor tempo, minore spesa, e meno fatica. Non avendo materiali, per far buoni vetri, gli fanno (com’è detto altrove) di riso, e di più vaghi colori. Hanno inventato una tavoletta, con alcune pallottole di legno infilzate, per sommare, sottrarre, moltiplicare, e partire; e se ne servono con maggior prestezza, che non calcolerebbe il miglior Aritmetico Europeo. Per contar le [p. 351 modifica]monete hanno un’altra tavoletta, con cento case; nelle quali prestamente fanno entrare altrettante monete, e così in un’istante le contano, e ne veggono la bontà. Se non si truovano bene in una professione, a capo dell’anno prendono ad esercitarne un’altra, essendo abili in tutto.

Ingegnosamente giuocano ad ogni sorte di giuoco: come di carte, scacchi, (detti Kè) dadi, sbaraglino, un simile a quello dell’oca, ed altri d’applicazione; però quello, che gli mena a perdizione è la Metua nel loro anno nuovo, per indovinare il pari, o caffo de’ monticelli di monete; in che consumano gli averi tutti.

Alcuni applicano in male il loro ingegno, componendo un sumo detto Xian; che fatto in una camera, rende tutte le persone come estatiche, ed immobili; per poter rubare frattanto quello, che vi è dentro. L’acqua è efficace controveleno.

Costumano i Cinesi di bever caldo, e mangiar freddo, al contrario degli Europei; nè vi è alcuno, che rinfreschi mai l’arsiccio palato, o per lo caldo ambiente, o per moto fatto in camminando, con acqua fresca, non che fredda; ma per lo [p. 352 modifica]contrario attende pazientemente, che se gli dia calda, in modo, che gli scotti le labbra, e’l volto; lavandosi medesimamente colla stessa: onde sembra loro una stravaganza, quando vedono un’Europeo bever freddo. Quanto alle vivande perché consumano le giornate intere assisi a mensa chiacchierando (per esser di natura loquaci) si raffreddano in modo, che perdono ogni buon sapore. Ciò non solo è in costume alla povera gente, ma usitato altresì da’ Mandarini, e Grandi; i quali sebbene fanno imbandire nelle loro tavole, nidi d’uccelli (che si comprano a trecento pezze d’otto il picco) ale di Tuberoni, nervi di Cervo, radici preziose, ed altro di gran prezzo; tante lunghe però sono le ciarle, che il tutto si raffredda. Oltreacciò ripongono ogni lor delizia, e la bontà del convito nel bere (come è detto di sopra) a segno che de’ paggi, che sono assegnati, per servir ciascuna tavola, ne viene sovente uno, e si pone inginocchioni, pregando i convitati, che bevano: poscia ne viene un’altro, e gli supplica di votar le tazze, et or d’un modo, or d’un’altro; perché non ritornando i convitati ubbriachi a casa, rimane mortificato il convitante, quasi come [p. 353 modifica]il mangiare non fusse stato buono, e tristo il vino. Per giugnere adunque a capo di questo lor fine, dopo la cena danno una commedia; e dopo la commedia fanno imbandire un’altra tavola di cose dolci; e quindi un’altra di frutta, per dar loro occasion di bere, e mandargli in fine alle loro case in braccio de’ servidori. Quelli, che sono moderati, senza taccia d’inciviltà, possono buttare il vino a terra, mentre fingono di corrispondere al brindisi; tenendo, per ciò fare, una tavoletta in faccia, la quale non fa essergli osservati dagli altri.

In fine del convito si osserva un costume, che forse non sarà approvato da alcun’altra nazione; cioè, che ogni uno de’ convitati lascia otto, o dieci pezze d’otto, più, o meno (secondo la qualità di chi invita) in mano d’un servidore: e quantunque il Padrone (alla maniera de’ Medici, che stendono la mano per ricevere, mentre colla bocca ricusano) mostri di aggravarsene, si sà nondimeno lo stile; e ciascuno lascia, quanto basta per pagare la commedia, e’l vino.

Usano i Mandarini di mangiar cibi caldissimi, non tanto per lusso, quanto per eccitar la lussuria, ed acquistar vigore [p. 354 modifica]per contentar tante donne, ed avere dalle medesime quantità di figli: e perché di sopra si sono mentovati alcuni cibi incogniti affatto in Europa, fie perciò bene darne qualche contezza. I nidi di uccelli si prendono nella Costa di Cocincinna, nell’Isola di Borneo, Calamianes, ed altre dell’Arcipelago; dove sopra innaccessibili rocche, fannogli certi uccellini, simili alle rondinelle; così delicatamente, che si mangiano, posti prima in acqua tiepida, per toglierne alcuna penna. Non s’è potuto sapere sin’oggi se siano fatti di creta, o della bava dell’uccelletto, però si sperimenta, che sono di gran nutrimento, e del sapore di vermicelli. Il Tuberone è un pesce, che mangia cadaveri umani, e si truova per tutto l’Arcipelago di S. Lazaro; dall’ale di esso i Cinesi tolgono i nervi solamente, per servirsene nelle vivande. La radice Inson viene dalla Provincia di Leâotún, e si compra a peso d’oro, per esser caldissima, e di gran sostanza; onde dicono, che chi la porta in bocca, senza prender cibo per tre giorni, non sente debolezza. Usano anche infinite droghe, e quintessenze per lo fine suddetto.

Le leggi dell’Imperio obbligano sì [p. 355 modifica]fattamente i padri alla buon educazion de’ figli, che se per sorte alcun di questi commette un delitto, e la giustizia non può averlo nelle mani; s’assicura del padre, e lo gastiga con più bastonate, per non aver saputo insegnare al figlio i buoni costumi. Prende anche cura il Governo dell’economia nelle famiglie, per la quiete della Repubblica; e se ne narra un fatto molto esemplare. Trovossi a passare un Mandarino per una strada, dove una suocera piangeva ad alta voce, e malediceva sua nuora, e’l marito; ed informatosi della causa, nel ritorno, che fece in Pekin, ne diede parte all’Imperadore; il quale ordinò, che si mortificassero la nuora, e’l marito; si mozzasse il capo al loro genitore, e si privasse del Governo il Mandarino del luogo.

Costumano i Cinesi prender molto tabacco in fumo, però in altra maniera che noi. Lo tagliano minutissimamente, e seccatolo nel forno, lo bagnano con acque violenti, per dargli forza; onde chi non vi è accostumato, non può durar colla resta a prenderlo. Eglino per altro, quantunque portino sempre la pippa, e una borsa di tabacco appesa al fianco, ne tirano però una sola fumata per ora; [p. 356 modifica]siccome fanno anche le donne, particolarmente le Tartare.

Seggono i Cinesi in sedie alte, ed usano tavole parimente alte, come gli Europei. Non apprezzano le gemme, e ciò che riceve il valore dall’opinion delle genti; ma l’oro, e l’argento, che l’hanno intrinsecamente. Nell’andare perla Città, o fuori, non lasciano di portar il ventaglio, anche d’inverno; e in campagna l’ombrella, benché abbiano un cappello, per ripararsi dal Sole.

Se gli Europei chiamano prima per lo nome, e poi per lo cognome, i Cinesi per lo contrario principiano dal cognome. Non prendono altrimente i nomi da’ loro Idoli Nouvelle Relation de la Cine du P. Magaillans chap. 5. pag. 312., ma i figli sono chiamati da’ padri per nome di primo, secondo, terzo, quarto, etc. altri acquistano il nome da qualche accidente preceduto al parto, come il fortunato, l’allegro, il benigno, etc. E’ ben vero, che mentre imperavano i Cinesi, si costumava, nell’età di 14. anni, darsi il nome a’ maschi, ponendo loro la berretta del paese; e alle femmine con gli spilli, da ligare i capelli, frattanto chiamandosi il primo, secondo, etc. ciò che si facea con altrettanta solennità, che le nozze: però il Tartaro, che oggidì [p. 357 modifica]signoreggia, tolse via tal dispendioso costume.

I Cinesi, sino alle galline, e polli vendono a peso; però a buon prezzo, dandone una di venti oncie per 20. zien, che sono tre grani e mezzo della moneta di Napoli: essi bensì poco ne consumano, amando la povera gente, empiersi la pancia di riso, e d’erbe seccate al Sole, a fine di conservarle lungo tempo nello stomaco.

Hanno i medesimi in grande stima l’anticaglie, di qualunque metallo, e forma che siano; poco curando la maestria del lavoro, purché siano antiche: anzi quanto più rose, e consumate dal tempo, tanto sono stimate più nobili, e comprate a caro prezzo. Stimano anche grandemente le scritture antiche di buona mano, appostovi il suggello del proprio Autore.

I nomi di Padre, e Madre sono in Cina sacrosanti; credendo i figliuoli, che dall’amare teneramente, e servire con umiltà i loro genitori, venga loro tutto il bene, che bramano in questa vita: nè vi è nell’antiche memorie contezza di nazione, appresso la quale il natural debito de’ figli il soddisfi, così interamente, come fanno i Cinesi. Si truovano giovani lavoratori, che per dolore delia perdita del [p. 358 modifica]padre digiunano ogni dì, sino alla morte, senza mai gustar nè carne, nè pesce, nè uova, nè cosa veruna di latte; affinchè cotal penitenza vaglia in suffragio della di lui anima.

Sono poi molto inchinati alle superstizioni, ed augurj. Non stabiliscono verun matrimonio, senza la consulta de’ loro Astrologi; nè sepelliscono i loro morti, se da’ medesimi non sia scelto un dì fortunato: vedendoli perciò nelle grandi Città uscire in un sol dì 10. e 20. mila casse, con morti dentro, per sepellirsi nel monte. Tutte le porte de’ Tribunali, per un superstizioso costume, si fanno nel muro, che riguarda Mezzo dì.

Stimano pessimo augurio, che nelle loro Terre, e Villaggi si eriggano Templi al vero Dio; temendo, che parte del popolo perciò si muoja. E veramente par, che Dio voglia sperimentar la fermezza de’ Cinesi; poiche si vede in fatti, dopo la fabbrica di alcuna Chiesa, morire più persone, che d’ordinario; come anche i fratelli, figli, ed altri parenti di quel Cinese, che nuovamente s’è fatto Cattolico; per quello, che mi riferirono gli stessi nostri Padri Missionarj. Quindi è, che volendo talvolta questi [p. 359 modifica]nuovamentte fabbricare qualche Chiesa; nè potendola i Cinesi impedire giustamente, stante l’ordine, e permissione Imperiale; suscitano loro un tumulto popolare, per frastornarla; sicchè i Missionarj sono obbligati, avvalersi del braccio della Giustizia. Ciò accadde a’ Riformati Spagnuoli, mentre io era in Canton; i quali volendo fabbricare, in un Villaggio lontano dalla Città, una Chiesa, per uso de’ Cristiani; e comprato perciò il suolo, e’ materiali: si commossero aspramente i villani, e tumultuariamente unitisi, a suon di tamburo, andarono ad impedire la fabbrica. Fur costretti i Missionarj di farvi andare un Mandarino; alla cui veduta tutti i contadini si posero per le strade inginocchioni, supplicandolo, che avesse riguardo alle loro vite, che non sarebbono sicure, collo stabilimento degli Europei nel loro Villaggio. Alla perfine s’acomodò l’affare in tal guisa. Comandò il Mandarino, che si proseguisse la fabbrica della Chiesa; però che quando si avesse a porre l’architrave, o legno più elevato dell’edificio, avvisassero i loro Bonzi; acciò coprissero gl’Idoli, che si sarebbono atterriti, vedendo eriggere sì alta fabbrica; e così non si togliesse a’ contadini il [p. 360 modifica]Fun-scivy, cioè la fortuna.

Qnesta superstizione si stende sino alle fabbriche degli stessi Cinesi (benché non siano stimate così funeste) non permettendosi ad alcuno, di far la casa più alta di quelle de’ vicini, per temenza di non toglier loro il Fun-scivy.

Nel Borgo di Canton, entrato in una Pagode, vidi avanti l’Idolo due serpenti vivi, posti in un bacino, per purgare un’incolpato di furto (tanto si è grande la loro superstizione). Doveano esser posti sul corpo dell’accusato; e se ne rimaneva offeso, era riputato reo, e se no, innocente: chiamano cotal Pagode San Kiai miau.

Tutti i Ministri perseguitano grandemente i ladri, per render il cammino sicuro; e prendono cura d’estirparsi vagabondi, gastigandogli severamente. A’ ciechi, stroppi, e simili, si dà in che esercitarsi, giusta il loro potere: a’ vecchi, e impotenti vien somministrato il vitto dall’Imperadore, che in ogni Città, ne alimenta cento; più, o meno, secondo la grandezza di essa Città.

Nasce da ciò non solo la quiete nella Repubblica, ma eziandio l’abbondanza; perocchè tutti s’applicano a coltivare il [p. 361 modifica]terreno; nè in tutto l’Imperio ne rimane palmo inculto. Usano alcuni artificiosi aratri, in modo che ponno esser tirati da un Bufolo solo: e con pari industria irrigano il terreno, con macchine, che traggono l’acqua dal basso letto de’ fiumi. Altri, per procacciarsi il vitto, insidiano la vita a’ pesci, non solo con quantità, e diversità di reti, ami, e laberinti di ramuscelli nell’acque; ma adoperano eziandio uccelli, come i nostri corvi marini, o natatori; da’ quali non ponno avere scampo, quantunque si nascondessero fra l’arene. L’uccello non si approfitta, che de’ piccioli; perche gli scaltri Cinesi gli pongono al collo un’anello, acciò non possa ingoiare i grossi.

A gli uccelli medesimi tendono reti, lacci, ed altre invenzioni, per farne preda. Le oche silvestri tanto tanto maliziose, nel guardarsi da’ cacciatori, difficilmente scampano dalle lor mani; perche, per ingannarle, pongono nelle lagune, e fiumi, dove vanno, alcuni vasi di creta galleggianti; a’ quali, poiche veggono, essersi accostumate l’oche per alquanti giorni, vi fanno due buchi. Quindi postisigli in testa, entrano con tutto il corpo nell’acqua; sicchè sembri, che i vasi [p. 362 modifica]galleggino; e avvicinatisi all’oche, già assuefatte a tal vista, le tiran giù per gli piedi; e caricatane la cintola, vengono fuori dell’acqua.

Costumano i Giudici Cinesi, per ritenere i sudditi dal commetter delitti, far porre il cadavere dell’ucciso dentro una cassa, in casa dell’uccisore, fino a tanto, che si accomodi co’ parenti. Ciò vidi praticare con Manuel Araugio di Macao, perche un suo servidore Moro di Mangiar-Massen avea ucciso un Cinese; che l’avea provocato, dandogli sul naso con certe rannocchie, tanto abborrito da’ Mori. E non ostante che l’Araugio, avesse ucciso il Moro, e avesse voluto dare mille Taes; non potè ottenere da parenti il consenso, di togliersi di sua casa il cadavere. Quantunque Idolatri i Cinesi, non sono cotanto scrupulosi, quanto quelli di quà dal Gange; perche mangiano vacca, porco, rannocchie, cani (de’ quali sono golosissimi, e se ne fanno macelli) ed ogni sorte di viventi; nè fanno difficultà di praticare, mangiare, e far parentela co’ Cristiani.