Giambi ed epodi/Libro I/Per le nozze di Cesare Parenzo
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XIV.
PER LE NOZZE DI CESARE PARENZO
— Superbo! e lui non tocca
Gentil senso d’amore:
Motto di rosea bocca
A lui non scende in core.
Ei per la via de gli anni
6Tutt’ i soavi inganni
Gittò, gittò la soma
De le memorie pie;
E con la mente doma
Da torve fantasie,
Solitario, aggrondato,
12Va pe ’l divin creato.
Amor covava in petto
AI buon veglio di Teo:
In fui l’ira e ’l dispetto
Albergo e nido feo,
E la Furia pon l’ova.
18E la Musa le cova;
E guizzan viperette
Da i sanguinosi vani,
E fischian su le vette
De’ versi orridi e strani,
E lingueggiano al sole
24Tra rovi di parole. —
E pur (m’udite, o voi
Che un dí m’amaste) ancora
Dischiude i color suoi
E in mezzo al cor m’odora
Piú soave che pria
30Il fior di poesia.
E ne vo’ far ghirlande
Per le fronti severe
Ove suoi raggi spande
L’onore et il dovere,
E per le fronti belle
36Di pudiche donzelle.
O monti, o fiumi, o prati;
O amori integri e sani;
O affetti esercitati
Fra una schiatta d’umani
Alta gentile e pura;
42O natura, o natura;
Da questo reo mercato
Di falsitadi, anelo
A voi, come piagato
Augello al proprio cielo
Dal fango ond’è implicata
48L’ala al sereno usata.
Dolci sonate e molli
Aleggiate, o miei versi,
Qual d’Imetto da i colli
Di roseo lume aspersi
Mormoravan giulivi
54Del bel Cefiso a i rivi
Gli sciami de le attee
Api, ed allora inchino
Libava a le tre dee
Il tragico divino
Meditando i segreti
60Di Colono oliveti.
Dolci sonate e puri
De la candida festa
Fra i domestici augúri:
Parenzo oggi a la onesta
Tua legge affida, o amore,
66Il prode ingegno e il core.
E ride la donzella
A l’amator marito,
Lei che tacita e bella
L’attese, ed a l’ardito
Guerrier di nostra fede
72Serbò questa mercede.
Oh dolce oblio profondo
De le lotte anelanti!
Oh divisi dal mondo
Susurri de gli amanti,
Che l’aura pia diffonde
78Tra l’ombre e tra le fronde,
Ma in ciel par che gl’intenda
Espero amico lume
E soave risplenda
Con fraterno costume
A la fronte levata
84De la fanciulla amata!
Se non che dietro rugge
La marea de la vita,
E l’anima che fugge
Chiama a la via smarrita:
In su l’aspro sentiero
90Tornate, o sposi, e al vero.
Da i vostri amori, o prode
Gioventú di mia terra,
A la forza e a la frode
Esca perenne guerra,
Esca a l’italo sole
96Una robusta prole;
E il sano occhio nel giorno
Del ver fisi giocondo,
E tutto a lei dintorno
Rida libero il mondo.
Non è divino fato
102Il dolore e il peccato.
A l’armi, a l’armi, o amore!
Tu puoi, tu sol, cotanto!
Se questa speme in core
Io porti, ancora il canto
Da l’anima ferita
108Gitterò ne la vita;
E su ’l ginocchio, come
Il gladiator tirreno,
Poggiato, io, fra le chiome
E nel rïarso seno
La fresc’aura sentendo,
114Morirò combattendo.
4 giugno 1870