Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 31
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^dSTJsro usT- 34 4 AGOSTO 1872’ DIRETTORE GIULIO RICORDI REDATTORE SALVATORE FARINA SI PUBBLICA. OGNI DOMENICA I Al presente numero è unito il N. 15 della Hivista Minima. MICHELE CARATA I giornali francesi annunziano la morte eli questo illustre compositore, avvenuta il giorno 26 luglio a Parigi, dove egli dimorava fin dall’anno 1827. La sua carriera artistica conta molti trionfi, oggimai dimenticati. Fra opere e balli scrisse non meno di 32 spartiti, oltre parecchie cantate. Il più fortunato dei suoi lavori scenici fu il Solitario, rappresentato a Parigi nel 1822. Era nel 1837 succeduto a Lesueur come membro della Accademia di Belle Arti di Parigi; fu anche direttore del Ginnasio di musica militare, soppresso da gran tempo, e da molti anni occupava al Conservatorio la cattedra di composizione. Le sue composizioni sono melodiche, e il suo ingegno pecca forse di soverchia facilità vicina alla negligenza, ma l’ispirazione non gli manca mai. Carata ebbe la fortuna (altri dirà la sventura) di avere una vita che è fra i più rari esempi di longevità dei musicisti. Fétis nel suo dizionario lo fa nascere nel 1785, ma non nacque che nel 1787 a Napoli; aveva adunque 85 anni. Carafa non lascia un vuoto, perchè prima d’essere morto al mondo egli era come morto all’arte, e tutto il suo splendore era un passato, ma con lui si perde una preziosa reliquia d’un’età in cui la musica in Italia e fuori era tutta italiana. IL CANNONE COME ISTRUMENTO DA CONCERTO Dopo che negli scorsi anni guerreschi l’ultima ratio région fece sentire con tanta frequenza la sua voce di bronzo, dovrebbe essere cosa interessante il ricordare come questo terribile istrumento guerresco — vogliam dire il cannone — abbia già più volte reso servigi alla musica e trovato posto nei concerti. Come istrumento musicale il cannone si presentò per la prima volta al concerto monstre ordinato dall’elettore Giovanni Giorgio di Sassonia il 13 giugno 1615 a Dresda, ove fu eseguito una specie di oratorio, intitolato Oloferne. Le parole di questa gran composizione erano del poeta Pflaumenkern, la musica di Grundmauer. A questa festa convennero non meno di 1495 musicisti tedeschi, italiani, polacchi e svizzeri. Da Cracovia giunse il contrabassista Ragotzky con un contrabasso alto più di sette piedi. La parte principale fu cantata da uno studente di Wittenberg, di nome Runder (1). In luogo dei timpani si impiegò un gran mortaio, che a suo tempo fu sparato dagli artiglieri. L onore equivoco di aver in musica usato di frequente il cannone devesi all’italiano Giuseppe Sarti, nato a Faenza nel 1729. Egli fu maestro di cappella a Milano e Venezia, poi maestro di cappella della Corte a Copenaghen, e nel 1784 fu chiamato in tale qualità a Pietroburgo, ove si studiò di coprire il deficiente sentimento musicale con poderosi effetti esteriori, ciò che presso i Russi di quel tempo gli riuscì con splendido successo. A tale scopo formò un’orchestra gigantesca colla quale produsse le cose più mostruose, che solo da una fantasia ammalata possono scaturire quando si vuol riuscire originali ad ogni costo. Mail non’plus ultra delle sue fatiche in questo genere fu un Te-Deum composto nell’anno 1788 per la celebrazione della presa della fortezza Oczakow per opera di Potemkin, Te-Deum che per effetti di sonorità superò tutto ciò che siasi giammai offerto alle ottuse orecchie dei Russi. Con masse enormi vocali ed istrumentali (tra queste ultime un’orchestra speciale di cornisti russi, ognuno dei quali non era capace di produrre se non un solo suono) egli portò il suo Te-Deum al palazzo imperiale di Pietroburgo per esservi eseguito. Nel cortile del palazzo aveva collocato una quantità di cannoni di vario calibro, che in certi intermezzi rimbombanti servivano a fortificare i bassi; effetto formidabile, per il quale l’imperatrice Caterina II lo innalzò al grado di nobiltà. Anche finanziariamente parlando egli doveva essere contento di veder lautamente rimunerati i suoi meriti, chè come direttore del Conservatorio di Katharinowslaw percepiva, oltre la gratuita abitazione, uno stipendio di rubli 35,000. Sarti si trasferì più tardi a Berlino e vi mori il 28 luglio 1802, senza aver avuto la consolazione di far valere il suo metodo rumoroso anche nella capitale prussiana. Alcune delle sue composizioni di stile severo, tra cui un Miserere, sono tenute in pregio anche oggidì, ma le sue opere teatrali caddero totalmente nell’obblio. Un successore nella qualità di ricercatore di attraenti mezzi musicali straordinari trovò in Carlo Stamitz, a suoi tempi celebre concertista di viola e viola d’amore, il quale produsse a Norimberga una sua gran composizione vocale ed istrumentale il cui effetto principale riposava suH’accompagnamento con colpi di cannoni obbligati. (1) Tra gli altri cantanti si distinse la signora Bigozzi di Milano, ma ella aveva fatto tanto abuso di trilli, volate, fioriture e d’ogni sorta di abbellimenti superiori alle sue forze, che tre giorni dopo dovette morire. La Redazione. 258 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO Un’altra notizia sull’uso del cannone come istrumento musicale data dall’anno 1836 al campo di Krasnoe-Selo nel governo russo di Smolensk, dove ad una gran cerimonia iniziata con 120 spari di cannoni seguì un’accademia musicale a cui prese ancora parte con colpi ritmici il nuovo strumento da concerto. Non è molto il cannone comparve assai volte nelle esecuzioni di musiche guerresche a rappresentarvi il rumore della battaglia, ond’è che oggidì potrebbe vantare i suoi bravi diritti all’onore di essere chiamato strumento da concerto. Tutti ricordano, nè giova arrestarsi qui a dirne molte parole, le due feste musicali che ebbero luogo a Boston nel 1869 e 1872, sotto la direzione di Gilmore; in entrambe i cannoni ebbero gran parte musicale, e non forse la peggiore. Chi sa se nel nostro tumultuoso periodo musicale non sorga un compositore che, vago di ottenere effetti colossali alla Gilmore ed alla Sarti, si provi ad addomesticare all’intonazione e all’armonia tutte le armi da fuoco e riesca’ a regalare ai suoi uditori un concerto esplosivo! La musica dei sordi non sarebbe più un’utopia! E pensate come sarebbe bello, per esempio, il seguente annunzio: «Gran concerto d’artiglieria eseguito da 24 cannoni cromatici;» e come si rinnoverebbe la suppellettile rettorica delle cronache teatrali, quando si potesse leggere nei giornali: «Il celebre concertista di cannone signor X ei trascinò all’entusiasmo colla sua delicata esecuzione; nel primo tempo (andante sostenuto) del concerto eseguito da cannoni del calibro di ventiquattro, ebbe momenti di vero artista, esplosioni soavissime; e nel finale in tempo accelerato la commozione degli astanti era vivissima.» (dal tedesco). Rivista Milanese Sabato, 3 agosto. Il terzo saggio degli allievi del Conservatorio ha confermato l’impressione lasciata dai due primi. Questa volta il pubblico era affollato, e dopo ciascuno degli undici pezzi di cui si com poneva il programma, gli applausi proruppero impetuosi come tanti piccoli uragani; alla fine del trattenimento, proprio quando APPENDICE LA SORELLA DI VELAZQUEZ LEGGENDA STORICA DI MARIA DEL PILAR SINUÉS DE MARCO VERSIONE DALLO SPAGNUOLO DI DANIELE RUBBi (Continuazione, Vedansi i N. 25, 26, 27, 28, 29 e 30}. IX L’AMBASCIATORE. Due giorni dopo, verso le sette della sera, un cocchio chiuso tirato da due magnifiche cavalle grigie, conduceva a Madrid Velâzquez. L’artista era tanto preoccupato che non pose mente ad altra carrozza pure chiusa, e assai scrupolosamente, che passò vicino alla sua. Non udì per conseguenza una voce dolcissima, a lui nota, che dimandava con ansietà: — Giungeremo presto dove è mio fratello, signor conte? Quella voce era di Anna, la quale stava nella carrozza chiusa col conte-duca, e che correva verso l’Escoriai. Velâzquez prosegui il cammino, e alle sette e mezzo discese innanzi al palazzo. Una folla immensa s’accalcava alle porte e vedovasi ferma innanzi ad esse una lunga fila di splendidi equipaggi vuoti, senza I l’ultima nota dell’ultima battuta dell’ultima sinfonia dell’allievo Cerquetelli si fu perduta nello spazio, un uragano per davvero volle dire la sua e sequestrò il pubblico negli anditi e nei loggiati del Conservatorio. L’uragano non entra nel programma, e lasciamolo stare; parliamo invece dalla sinfonia del Cerquetelli, che non solo ei entra, ma ei fa la prima figura. Il giovinetto compositore, a cui sorride un bell’avvenire, aveva dato prova fin dallo scorso anno di molta capacità; questa volta egli si presenta con forze raddoppiate; la sua sinfonia ha un’andatura spiccia, contorni netti, istrumentazione buonissima e idee abbondanti ed originali, solo in alcuni punti mi pare avesse un ritmo a cui, non so come, si adattavano troppo bene nella mente gli atteggiamenti e le pose plastiche della coreografia; sarà forse un’illusione, ma molti l’hanno divisa meco e ciò toglieva alquanto alla dignità della forma sinfonica. Senza molta originalità, pur pregevole per la forma, è l’altra sinfonia dell’allievo Longhetti che ha corretto un tentativo poco felice dell’anno passsato con un lavoro che rivela ottimi studii. Oltre questi due esperimenti di composizione, il programma offriva molti pezzi di concerto; ce ne fu uno per contrabasso, eseguito dall’alunno Carini di cui si è già parlato favorevolmente, uno per pianoforte di Mendelssohn eseguito con valentia dalla signorina Porta, un altro per clarino, che fornì al giovinetto Bizzozero occasione di mostrarsi assai padrone del suo strumento; certo, se vivesse ancora quel cotale che assomigliava il suono del clarino al rumore che fa una bottiglia che si riempie direbbe che il Bizzozero riempie assai bene la sua bottiglia; e poi una per flauto ottimamente suonata dal sig. Gillone. Ma di tutte queste fantasie di concerto è ancora migliore la Fantasia appassionata di Vieuxtemps eseguita con mirabile sicurezza dall’alunno Napoleone Marcocchia; peccato che le corde del suo violino non fossero più scrupolosamente intonate, chè il Marcocchia è un allievo che merita d’essere un maestro. Nei saggi di canto abbiamo applaudito il tenore Colombana, il quale nella romanza delle Due illustri rivali di Mercadante fece assai miglior prova della prima volta; ha voce potente, calda; farà una buona carriera. Benissimo le alieve Bignami e Bardelli nel duetto della Messa solenne di Rossini, benino la signora Malvezzi che compensò colla passione la poca estensione della dubbio per essere entrati i padroni nella dimora reale; alcuni signori fiamminghi, a cavallo, ritti e immobili, splendenti pei loro bordati berretti e le vesti tempestate di gemme, dalle colossali stature, custodivano le carrozze. Una guardia fiamminga circondava la comitiva, contenendo con garbo ma con inalterabile gravità la folla, che si accalcava bisbigliando: — L’ambasciatore! L’ambasciatore! Il cocchio di Velâzquez entrò nelle scuderie del palazzo, e l’artista, senza fermarsi e neppure chiedere chi era T ambasciatore, salì ansioso all’abitazione sua, incontrandosi in fondo ad una galleria col duca dell’Infantado. — Avete veduto Rubens, don Diego? chiese il duca, stendendo la mano al pittore. — È qui Rubens! esclamò stupito Velâzquez e fermandosi malgrado la fretta. — È l’ambasciatore arrivato ora, inviato dall’Infanta governatrice delle Fiandre. — Dov’è? — In udienza dalla Regina, che venne incaricata dal Re di riceverlo. — Vi lascio, signor don Giovanni, disse Velâzquez stringendo di nuovo la mano al duca, e mettendo il piede sulla scala. — E dove andate, e d’onde venite? — Vengo dall’Escorial, e domattina all’alba torno colà conAnna. — Come! esclamò don Giovanni Hurtado facendo un passo indietro; come! Velâzquez, conducete quella fanciulla alla corte? Permettetemi che disapprovi la vostra idea. — Voglio che tutti ignorino che essa si trovi nell’Escoriai. — E come ne verrete a capo accompagnandola voi stesso? — Non lo so, disse Velâzquez chinando mestamente il capo; non lo so, ma Dio mi aiuterà. — Avete fiducia in me, per confidarmi donna Anna? chieseil duca fissando sull’abbattuta fisonomia dell’artista i suoi tranquilli e altieri sguardi. GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO 259 voce nella cavatina della Fausta, di Donizetti, un gioiello d’una opera che ne contiene molti e che pure è dimenticata. Infine due signorine, poco più di due bambine, Bracciforti e Rolandi, eseguirono con mirabile precisione di colorito un gran duetto per due pianoforti di Kalkbrenner. L’orchestra composta degli alunni e diretta dal Cerquetelli diede splendida prova. In complesso questi tre saggi lasciarono soddisfattissimo chi ha l’occhio all’avvenire del nostro istituto La settimana non ei ha dato spettacoli nuovi di sorta, tranne; un ballo al Politeama, una Maria di Hasvig, musica ed argomento del signor Besozzi, coreografato, mi si acconsenta il vocabolo, dal bravo Marzagora. L’esito fu nè caldo nè freddo; nella musica ei è qualche buon lampo, ma il resto è notte fitta; delle danze ce n’ha qualcuna buona, il resto è volgare. Se è lecito tirar pronostici, questa nuova creatura coreografica vivrà senza infamia e senza lode. Quanto al Papà Marlin, alle successive rappresentazioni guadagnò molto; alcune bellezze del terzo atto che non apparvero alla prima furono gustate, e il maestro ebbe, meglio che una conferma del primo trionfo, un nuovo trionfo. Presto andrà in scena la Jone le succederà la Follia a Roma di Ricci, nuova per Milano. Giorni sono nella sala del Ridotto alla Scala ebbe luogo un concerto a beneficio del baritono Bonora. Vi presero parte la signora Aspri, pianista, le signore Grane, Spindler, Germiniani e Parini, il tenore Byron e il baritono Bonora. Ci furono applausi per tutti. Finisco con una notizia: il nuovo teatro Donizetti o dal Verme non sarà più nè Donizetti nè Dal Verme, ma semplicemente Teatro nuovo al Foro Bonaparte. Siccome il nuovo battesimo è abbastanza lungo, non si sa ancora se, amputato a dovere, diventerà Teatro nuovo, piuttosto che Teatro Bonaparte o piutosto che Teatro al Foro.?■ r ALLA RINFUSA Scrivasi da i Weimar: Fi’anz Liszt non passerà l’estate in Ungheria, come aveva divisato, ma solo in settembre si recherà a Szegssard ed in principio di novembre a Pestìi. Questo ritardo è cagionato dal fatto che il granduca di Weimar lo pregò di assistere alle nozze di suo figlio, il principe ereditario, come già nel 1843 veva assistito alle proprie. È vero che le nozze avranno luogo a Pietroburgo verso la fine di agosto, ma saranno poi celebrate anche a Weimar con feste corali, concerti e tornei al Wartburg. Liszt non solo aderì all’invito, ma offrì di comporre la musica per tale festa. Dicesi che il deficit della festa musicale di Boston ammonti a dollari 250,000. Merelli, impresario dell’opera italiana a Pietroburgo, deve aver fatto negozii eccellenti, perchè la Gazzetta russa annunzia ch’egli aprirà una banca con un capitale di mezzo milione di rubli, cedendo la direzione del teatro al suo alter ergo, sig. Ferri. Vièuxtemps prese parte ad una mattinata a Baden-Baden, suonando il primo Tempo del suo gran concerto in la mag. e la Fantasia appassionata colla brillante Tarantella. Le ovazioni fattegli dal pubblico furono degne di questo insigne artista. Un Nizzardo, certo signor Gnidi, ha inventato uno strumento che simula un’orchestra completa; s’intitola appunto orchestrino e nella forma rassomiglia ad un pianoforte. Il premio francese Monthyon (della virtù) fu riportato da una figurante del teatro di Havre, in ricompensa di una vita di rassegnazione e di sacrifizii. Rara avis! Vediamo nei giornali francesi annunziata la rivelazione a Pampélune d’un nuovo fenomeno musicale, nientemeno che una fanciulla diciottenne dotata d’una voce di basso prepotente. I giornali aggiungono che lo stesso Lablache ne sarebbe‘geloso e che un impresario parigino ha già scritturato il fenomeno. Apprendiamo dai giornali inglesi che il giorno 11 luglio ebbe luogo a Londra il sesto gran concerto al Royal Surrey Gardens. Vi presero parte valenti artisti, fra cui il celebre tenore inglese Reeves, e il baritono italiano Francesco Mattino, che fu applauditissimo in varii pezzi. 1/ esito del concerto fu assai lieto. In un giornale americano si legge quanto segue: «Avviso ai compositori— Alcuni partigiani del presidente Grant offrono 500 dollari (2,500) lire al compositore che scriverà la melodia più attraente, più commovente per il canto che essi vogliono intonare nel recarsi allo scrutinio nella prossima elezione presidenziale. «Durante il primo semestre 1872 i teatri di Parigi introitarono 7,865,932 lire. In questa somma non sono compresi nè gl’introiti del teatro Italiano, nè quelli dei sobborghi. — Oh, sì, esclamò l’altro alzando la fronte e guardando il il duca con gratitudine profonda: soltanto a voi e a Giovanni, il mio mulatto, l’affiderei! — Andiamo, dunque, nel vostro appartamento, Velâzquez, disse il duca passando il suo braccio, sotto quello dell’artista; Giovanni ecl io l’accompagneremo, e rimarrà sicura nella mia casa dove la verrete a trovare. Diego Velâzquez giunse alla sua abitazione col duca, e chiamò a bassa voce alla porta. Il servo che F aprì impallidì e retrocedette due passi nel vedere il padrone. — E donna Anna? chiese ansiosamente Velâzquez. Il servo, cogli occhi fissi al suolo, sembrava una statua di cera. — E donna Anna? tornò a chiedere Velâzquez scuotendo il braccio del servo. — Signore!... — Parla!... — L’hanno rapita. — Rapita! Questo grido fuggì angoscioso e rauco dalle labbra dell’artista, che rimase per alcuni istanti annichilito e muto. Tosto corse verso la dimora di Anna, seguito dal duca. Gli stralunati occhi di Velâzquez percorsero la camera in un secondo; ma l’artista dovette appoggiarsi ad una sedia per non cadere. La stanza conservava tutti i segnali della recente presenza della povera fanciulla. — Giovanni! gridò Velâzquez con voce soffocata. — È pure scomparso. — Venduto a lui! borbottò Velâzquez, il quale nell’udire la risposta del domestico pensò neppure di chiedergli com’era avvenuta la scomparsa di Giovanni. Indi si precipitò alla porta, vacillante come una persona ebra. Il duca lo seguì colpito da quella terribile scomparsa. — Lo hanno comperato affinchè me la rapisse!... diceva coi denti stretti l’artista. S’è venduto all’oro... del Re.... ma... io lo ucciderò! Lo sventurato Velâzquez cadde rovescione al suolo, e il suo bel capo nero e ricciuto battè sul pavimento della galleria. In quell’istante entrava in essa, dalla parte opposta, un cavaliere di circa cinquant’anni, di alta statura e dall’aria spigliata ma piena di nobiltà e dignità. La sua veste, di damasco celeste, alla fiamminga, era fastosamente ricamata d’oro, e sul suo cappello vedevasi trattenuta da un gioiello di diamanti e rubini una bella piuma di airone reale. Le insegne di molti ordini coprivano il suo petto; e le mani bianche e di bella forma’uscivano da una massa di pizzi uguali a quelli che gli scendevano sopra gli stivali. Lo seguiva una immensa comitiva di nobili spagnuoli e fiamminghi, e una guardia d’onore, come fosse, nè più, nè meno, una persona regnante. Era infatti il Re della pittura, Pietro Paolo Rubens, artista celebre, eminente diplomatico, e ambasciatore della Infanta donna Isabella, governatrice della Fiandra e dei Paesi Bassi, presso la maestà di Filippo IV. Rubens si dirigeva all’abitazione di Velâzquez per visitarne lo studio, giacché non aveva potuto vederlo, per trovarsi all’Escorial, come gli aveva detto la Regina. Nel vedere il duca dell’Infantado, che gli era stato presentato nel ricevimento dalla stessa Regina, nel vederlo, ripeto, sostenere sulle sue ginocchia il capo di altro uomo svenuto, Rubens s’affrettò. — Volete che vi aiuti, signor duca? chiese il cittadino di Anversa colla dolce amabilità colla quale, nonostante T alterezza del suo aspetto, gli era abituale. — Grazie, signor ambasciatore, grazie.... già torna in sè, rispose il duca ponendo sotto il naso dell’artista il suo fazzoletto profumato. ) — Velâzquez! aggiunse poscia movendolo soavemente. 260 GAZZETTA MUSI E durante il mese di giugno l’introito dei teatri parigini fu di 733,223 e 45 centesimi. Al teatro Gerbino di Torino, nel prossimo agosto, verrà posta in iscena una nuova opera buffa, Le nozze di Michelina. L’autore è il signor Eduardo Montaubry, più noto come il tenore Edoardo Mariani.
- E aperto il concorso per esame e per titoli al posto di organista in
secondo nel Duomo di Milano collo stipendio annuo di L. 800. — Si ricevono le domande presso TAmministrazione della Fabbrica del Duomo in Milano. > E tuttora d’appaltarsi il teatro di Pisa per la ventura stagione di carnovale e quaresima. — La dote è di 32,000 lire. — Si esige un deposito di 6000 lire. Il tempo utile alla presentazione dei progetti dura sino al 15 Agosto. v E d’affittarsi per il carnovale venturo il teatro Balbo di Torino.
- E pubblicato il concorso d’appalto per il teatro dei Rinnovati di Siena,
stagione di carnovale 1872-73. — Si esige spettacolo d’opera. Per le condizioni dirigersi al signor Gerolamo Bargagli, Segretario della Direzione.
- E aperto il concorso d’appalto per il teatro Comunale di Terni, stagione
di carnovale 1872-73. — Si esige spettacolo d’opera in musica. — La dote è ai 14,000 dire. I progetti dovranno essere presentati entro il 14 agosto p. v., diretti a quel Municipio. ¥ Al teatro Vittorio Emanuele di Torino furono applaudite alcune can-! tate del maestro Corinno Mariotti, eseguite in occasione della festa di una società filantropica. ¥ A Ginevra la sera del 21 luglio si diede uno spettacolo che era annunziato nel modo seguente: Doppio assedio di Parigi. Incendi, disastri, assassini, esecuzioni e caccia nelle catacombe, rappresentati dal signor X col mezzo del gas ossigeno!!! CORRISPONDENZE ROMA, 30 luglio 1872. Il Politeama in Trastevere — Trovatore e Marco Visconti — Telegrammi dell’Accademia di Santa Cecilia — Sul nuovo ^Liceo Musicale in fieri — Altri spettacoli. Unico conforto alla nostra ardente sete di musica continua ad essere il Politeama in Trastevere. Come parmi d’avervi già scritto altra volta è un teatro che ha la forma d’una gabbia od anche di un vagone.... da fumare, perchè vi si fuma liberamente, tanto più che in caso d’incendio vi è il Tevere vicino. Il sig. Vannutelli CALE DI MILANO proprietario del teatro stesso ed il signor Fanfani sono due impresari intraprendenti, attivi e teneri del decoro dell’arte. Essi hanno dimostrato a chi non lo voleva intendere, che a Roma la più sicura ricetta per far quattrini si è di servire bene il pubblico. Dopo un Trovatore eseguito come non sempre lo si ode in teatri di prim’ordine, ei hanno dato un Marco Visconti che se lo avessero i frequentatori dell’Apollo, se ne leccherebbero, come dice il poeta, i polpastrelli e bugne. E cosi, sia che Manrico intoni il famoso Miserere, sia che Tremacoldo canti la rondinella pellegrina, si fa a pugni per entrare nel vagone che contiene circa tre mila persone, comprese quelle di terza classe che pagano cinquanta centesimi. Il buon Pretrella intervenne alle prove ed alla prima rappresentazione dell ’opera sua e le notizie delle ovazioni che gli vennero fatte a quest’ora saran giunte a Milano. Non enumero le ovazioni al proscenio, non i mazzi di fiori, non le corone d’alloro, non le poesie, non i bis che furono innumerevoli. Non vi dirò neppure che sulla porta del Politeama verrà collocata una lapide per ricordare ai posteri che la sera del 22 luglio il maestro Petrella vi ha posto in scena il suo Marco Visconti. Tutte queste cose le dovete sapere, come pure saprete che all’egregio compositore fu offerta dagli impresari una cena, alla quale erano invitati i rappresentanti della stampa, e fra questi il vostro corrispondente, che essendo venduto alla Gazzetta Musicale, come dice qualche giornalaccio di qui, si reputò onorato di far un brindisi al Petrella di cui non siete gli editori. Spero che per questo non mi diminuirete lo stipendio e potrò continuar a mangiar alla greppia dei fondi segreti della casa Ricordi. Quanto all’esecuzione dell’opera, è stata veramente tale da soddisfare il maestro ed il pubblico. Vi presento in primo luogo la signora Cinti, una biondina, (allieva del R. Istituto fiorentino) che ha una vocina simpatica e canta con garbo; poi la Colarieti, un mezzo soprano che percorrerà senza dubbio una brillantissima carriera ed applaudirete forse un giorno alla Scala. Aspetto avvenente, voce bellissima ed intonata, intelligenza, tutto sta riunito in questa cantante che fra breve prenderà posto fra la celebrità. Il tenore Grulli è il Moriani, il Rubini, il Mario di Trastevere, ripassando il Ponte Sisto, probabilmente sarebbe giudi— Velâzquez! ripetè Pietro Paolo chinandosi a contemplare l’artista e pigliandone le mani. Don Diego apri i grandi occhi neri, e li fissò ansiosamente sulle persone che lo circondavano; quando il suo sguardo incontrò quello di Rubens due lagrime gli spuntarono sulle ciglia. Diego Velâzquez possedeva il migliore ritratto che il Re della pittura s’era fatto da sè stesso. Rubens aprì le braccia al disgraziato giovane, che vi si gettò singhiozzando. — La vostra vista, signor ambasciatore, è la sola che possa dare qualche refrigerio a Velâzquez nella sventura da cui è colpito, disse il duca aiutando il povero giovane a rimettersi in piedi. — Oh! ripetè Rubens, la sventura! Non basta o mio Dio che essa segua me, ma anche che l’abbia a trovare ovunque io vada? La fisonomia di quell’uomo rimase per alcuni istanti assai mesta. Però i suoi lineamenti ricuperarono tosto la loro serenità e gli occhi si fissarono di nuovo in Velâzquez con affettuosa espressione. — Per l’alba, gli equipaggi di S. M. la Regina e di Sua Signoria il signor ambasciatore, che partono per l’Escoriai! gridò in quell’istante la voce del capo delle scuderie. — Volete accompagnarmi, Velâzquez? chiese Rubens a don Diego; desidero che rimaniate al mio fianco i pochi giorni che ho da vivere sotto il vostro cielo. — Donna Anna deve essere fra le zanne dell’Olivares! disse il duca dell’Infantado all’orecchio dell’artista. Partiamo. — Sono vostro, rispose fiocamente Velâzquez e con accento sconsolato. — Ebbene entro quattro ore, Velâzquez, vi aspetto nella mia camera col signor duca, e offro a entrambi due posti nella mia carrozza. Rubens fece un saluto affabile, e si ritirò seguito dalla sua comitiva. — Coraggio Velâzquez! disse il duca, chiudendo dietro essi la porta della camera dove erano entrati. li pittore si lasciò cadere su una sedia, e con accento disperato e nella strozza esclamò: — Venduto da lui!... Venduto!... Venduto! X ANNA. Erano scorsi due giorni da quello in cui Isabella di Borbone, Pietro Paolo Rubens e Diego Velâzquez de Silva erano giunti nel palazzo dell’Escoriai. Le quattro ore pomeridiane finivano di battere all’orologio di S. Lorenzo quando aprissi una finestra dell’appartamento del conte-duca, posto vicinissimo a quello del Re; l’altra ala del palazzo serviva di abitazione alla Regina, all’infanta Maria Teresa e alla corte di entrambe. La finestra in questione, era fornita di fìtte gelosie; ma, pure, un raggio di sole, che penetrava da’ suoi cristalli, fece brillare con dorati riflessi un capo coperto da folti e biondi ricci. Quel capo era di Anna. Rimase brevi istanti silenziosa e immobile, al pari di una statua di marmo, con rocchio fìsso sull’aperta campagna che le si stendeva innanzi. Poscia appoggiò le braccia sul parapetto, lasciossi cadere su una sedia dietro di essa e coprissi il capo colle mani. Non era più la stessa Anna che Velâzquez conobbe in Anversa, e neppure quella involata all’artista dalle trame del conteduca Olivares. Nei due giorni passati dalla prima volta che la presentai ai miei lettori, le sue guancie eransi incavate e gli occhi infossati; i soavi e purissimi contorni della bocca avevano perso tutta la grazia candida e giovanile. acquistando invece quella rilassatezza, che è sempre sicuro indizio della rovina totale della salute. La sua statura pareva più alta, in causa della progredita gracilità; i suoi splendidi occhi azzurri s’eran fatti più grandi, e quantunque le braccia e le mani conservassero le seducenti forme, apparivano assai dimagrate. (Continua) GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 261 cato con maggior calma; è certo però che, a questi tempi di carestia tenorile, i Gulli non si trovano ad ogni piè sospinto. Non mi piace quando strilla per farsi applaudire dai trasteverini, perchè allora sforza la voce e questa diventa ingrata e gutturale; ma quando si contenta di cantare ha momenti felicissimi. Eseguisce per esempio, l’andante dell’aria del Trovatore, Ah! sì ben mio coll’essere, ecc., in modo da ricordarmi il Boucardé ne’ suoi bei tempi. Vi presento ancora il baritono Ciapini ed il basso Morroto, due bravi artisti, pieni di zelo, ed ai quali il pubblico fa sempre buon viso. Vi presento inoltre il maestro Mililotti che dirige egregiamente l’orchestra, vi presento lo scenografo, il vestiarista, l’attrezzista gli impresari (che per verità sono i più benemeriti), i cavalli del torneo, e finalmente vi presento me stesso che ho avuto il coraggio e la costanza di rimaner per tre ore pigiato alla porta della prima galleria con una coprente d’aria che mi soffiava nelle spalle e per conseguenza con grave pericolo di cogliere una terzana per amore dell’arte. Questo si chiama amar l’arte più della vita! Ora credo che su queste fortunate scene si prepari V Emani, a cui terrà dietro la Contessa ei’Amalfi. In settembre l’arte musicale cederà il posto all’arte equestre e verrà Ciniselli co’ suoi quadrupedi. L’Accademia di Santa Cecilia ha chiuso le sue riunioni inviando telegrammi di congratulazione al Re Vittorio Emanuele ed al Re Amedeo. E giunta di già la risposta del Re Vittorio Emanuele e fu pubblicata nei giornali. Un freddurista spietato ha subito osservato che Un’Accademia musicale doveva necessariamente protestare contro il pessimo uso che gli spaglinoli facevano dei tromboni. Scherzi a parte, l’Accademia di Santa Cecilia ha voluto mostrarsi anch’essa istituzione italiana, e la deliberazione d’inviar que’ telegrammi è stata qui generalmente lodata. Già vi ho fatto cenno dei lavori ch’essa ha compiuti nelle sue riunioni: Riforma degli Statuti, regolamento della Cassa di risparmio, regolamento del nuovo Liceo musicale. Per istituire quest’ultimo converrà far appello al Governo e al Municipio. La lettera del mio amico Pelissier, segretario deH’Accademia, è prova di fede robusta nelle buone disposizioni del governo rispetto alle cose musicali. Sono anch’io d’avviso che al governo convenga ricorrere, ma sono persuaso che il governo nulla farà per questo Liceo, se non vi è costretto dall’opinione pubblica. Ed è principalmente a renderci questa favorevole che dobbiamo rivolgere tutti i nostri sforzi. Nei teatri di prosa si fa d’ogni erba fascio. Al Corea si rappresentano drammacci da Stadera, e si che vi recita la Compagnia di Cesare Rossi; allo Sferisterio si passa dall’Ebreo errante al Conte di Montecristo, e da Montecristo a Troppman il feroce assassino della famiglia Kink. Questo è il repertorio delle nostre arene ed è giusto notare che di entrambe è impresario il non mai abbastanza lodato Jacovacci, gran dilettante di drammi à sensation. Ha fatto eccezione alla regola un nuovo lavoro del Costetti, Sposi in chiesa, commedia popolare scritta per ‘far conoscere ai romani la necessità di unire il matrimonio civile al matrimonio religioso. Fu applaudita e replicata più volte al Corea, ma poi Jacovacci è ritornato agli antichi amori, perchè, dice lui, il pubblico non va in teatro se non vede almeno quattro morti ogni sera sulla scena. E con questo vi saluto. TORINO, 1 agosto. Messa funebre del maestro Desanctis — Così fan tutte al Gerbino — Le Educande di Sorento — All’Alfieri — Un canard. Il maestro Desanctis, non c’è che dire, s’è rivelato un eccellente compositore: la sua Messa funebre eseguita lunedi scorso nella basilica cattedrale di San Giovanni, è un lavoro imponente in cui si sente il maestro educato a buoni studi, ricco di talento e d’immaginazione, pratico delle voci e degli strumenti, istrutto nella grand’arte delle combinazioni fonetiche e severo espositore della terribile e maestosa solennità della liturgica parola, fatta più grave e più mesta dalla memoria di quel magnanimo principe che per la salute d’Italia moriva esule volontario in Oporto. La Messa in origine era scritta per le quattro voci di soprano, contralto, tenore e basso con cori, ma mancando assolutamente ragazzi, o musichetti di buoni ed estesi mezzi vocali, il maestro ha dovuto ridurre alcuni pezzi a voce di baritono, levare molte cose ed aggiungere lo stromentale a certi pezzi di concerto alle sole voci affidate. Ciò malgrado però in quelle poche situazioni in cui le voci bianche dovevano emergere, gl’intendimenti del compositore non poterono essere sufficientemente apprezzati e certi effetti andarono miseramente perduti, tra cui quello del Sanctus, pezzo magnificamente preparato dal flauto e dall’arpa e che un coro di ragazzi collocati di faccia alla cantoria doveva far sentire come una angelica salutazione. Del resto le pagine più gustate e più salienti furono: il requiem d’introduzione di stile fugato, o meglio d’imitazione, il concertato del Te decet, il Chirie, Quantus tremar, Y Ingemisco grandioso duetto tra baritono e tenore, l’Agnus Dei e il Libera: interpreti principali e degni di lode furono il Lalloni, il Graziosi, il Panchini ed il Succio; egregiamente i cori di tenori e bassi e l’orchestra numerosa e ben disciplinata. Unica menda, in qualche punto, la prolissità; unico difetto la mancanza d’una vera fuga. Alla prova generale, che fu fatta nel teatro Vittorio, il maestro Desanctis ebbe il vivissimo plauso di un ristretto numero di maestri ed amatori: il popolo, nell’uscire di San Giovanni andava ricordando le impressioni ricevute ed alla sera all’argomento vitale dello sciopero, si aggiungevano i favorevoli commenti al lavoro dell’egregio compositore romano, il quale lascia cosi in Torino onorevolissima memoria, unico compenso alle sue fatiche non solo, ma ai gravosi dispendi cui ha dovuto sottostare per ottenere la migliore esecuzione possibile al suo lavoro. A tale scopo aggiungerò anzi due cose: la prima si è che il maestro avendo fatto a proprie spese allargare la cantoria, l’incaricato dell’addobbo non voleva saperne di coprire di nero drappo la nuova facciata dell’impalcato e solo mezz’ora prima della funzione dopo molti giri e rigiri venne riparato quello sconcio: la seconda che il Ministero, non contento di assegnare alla messa per Carlo Alberto la somma insufficiente di lire 900t si diverte a prolungare a tempo indeterminato il pagamento, con quanta noia e quanto discapito del compositore lascio a voi l’immaginare. L’opera classica (?) di Mozart Così fan tutte, non ha destato al Gerbino quell’entusiasmo che si proponeva l’impresa e che qualche corrispondente le ha fatto fare per mezzo del compiacente telegrafo. La musica è bella, è ben fatta, ma fa sentire tutti gli oltraggi che il tempo inesorabile ha gettato in volto a questa creazione umana: il libretto poi è addirittura’ insopportabile: si aggiunga poi a ciò le lungherie delle forme, le viete ripetizioni, una esecuzione buona per le esigenze di queste scene ma col tenore ammalato e con una esordiente, e finalmente un calore quasi tormentoso e sarà facile convincersi che lo spettacolo non diverta abbastanza; per sabbato prossimo si prepara Il Barbiere di Siviglia, intanto che si matura il nuovo spartito del maestro Mariani-Mantaubry, intitolato Le nozze di Marcellina, opera nuovissima, della quale si parla con molto vantaggio. Alla Contessa d’Amalfi nell’Alfieri sono succedute Le Educande di Sorrento, accolte’ un po’ freddamente a cagione del baritono che ha preso troppo sul serio la sua briosa parte e del tenore, che s’è dimenticato l’aurea massima di Rossini che per cantare occorrono tre cose: voce, voce e voce. Il sesso debole s’è mostrato più forte ed ha diviso col buffo i pochi onori della serata. Sono assai soddisfatto che la direzione della Gazzetta Musicale abbia accolto con riserva la notizia che io ho data con tutta asseveranza della scrittura della Lotti a questo teatro Regio. Pur troppo era un canard dei più mostruosi e siccome le disgra 262 GAZZETTA MUSICALE DI MIL ANO zie non vengono mai sole, cosi oltre al non avere la Lotti, oltre al non gustare La Forza del Destino die tutti gli anni ei si promette invano, ei troviamo nella dolorosa certezza di avere a subire il Tannaüser o il Lohengrin di Wagner, col relativo accompagnamento delle lunghe disquisizioni in proposito che prima e dopo ei verranno ammanite dai fanatici adoratori dell’antimelodico maestro. E. NAPOLI. 30 luglio. La Sonnambula al Fondo — Concorso al Posto di Direttore di musica all Istituto dei Poveri — Carafa e Giannetti. La Sonnambula al nostro Mercadante fu eseguita dalla Repetto-Suardi, dal Montanaro, e dal Brignole, e l’esito ne fu parzialmente eccellente, e complessivamente discreto. La Repetto, debbo ripeterlo pure questa volta, è una delle poche artiste che vocalizzino benissimo, e aggiungo dopo averla udita nella Sonnambula, che sa dare alle frasi musicali l’accento che loro è più proprio. In più d’un brano sfoggiò grazia, leggerezza e sentimento. Ella fu benissimo accolta cantando: Come per me sereno, e sopra tutto il delizioso andante: Sovra il sen la man mi posa, che disse con bravura e ardimento nell’emissione delle note acute. Nel resto il suo canto è stato perfetto, e condito, anche troppo di fioriture, comunque squisita la maggior parte. Egregia e lodevole in tutte le diverse gradazioni di questa delicata parte di giovanotta, la Suardi-Repetto cantò l’aria finale, slancio supremo d’una gioia ineffabile, stupendamente. — Gli applausi per lei non si fecero aspettare; anzi scoppiarono fragorosi, continui; ma dirò pure importuni perchè col loro impeto coprivano la voce dell’egregia cantante in quei momenti in cui essa spiccava più limpida e ardimentosa le sue note più acute. Il Montanaro diletta col suo canto appassionato, e con la dolcezza delle’ sue note le quali spiegansi graziosamente ai più cari affetti belliniani. Il Brignole, che il Trisolini scritturò appositamente per la parte del Marchese, fu minore della sua fama. Scelleratamente eseguirono i cori, male le seconde parti; bene T orchestra. Ieri è stato l’ultimo esperimento pe’ candidati al posto di Direttore generale della musica nel Regio Albergo dei Poveri e •Stabilimenti simili. Le prove furono molto serie; trattossi di scrivere sopra un quesito musicale sul genere didattico vocale. Il tema versava sul modo di ottenere nel più breve tempo delle buone coriste da teatro, essendo nell’Albergo gran numero di fanciulle. La seconda prova fu destinata alla disposizione a 4 parti di un basso, e fra’ molti scritti dei componenti la Giunta di esame, la sorte fu favorevole ad un tema del Comm. Rossi nel tuono di do tempo 2/r Per terzo esperimento i candidati dovettero iscrivere in quattro ore una melodia in mi bemolle, in tempo 3/4 che fosse atto ad esprimere gioia. L’ultima prova crebbe in difficoltà; trattavasi che i concorrenti dovevano seguitare a scrivere una idea sinfonica, accennata dagli esaminatori in due o tre misure, e questa strumentare per grande orchestra Messi in un’urna tutti i temi della Giunta di esame, fu estratto a sorte un’idea del Comm. Rossi, in mi bemolle. Con altra mia sarò in grado di palesarvi il nome di chi vinse tutte quattro le prove e ottenne quindi il posto. — Non vo’ dimenticare di dirvi che per alcune rinunzie si dovettero scegliere altri giudici, così che la Giunta di esame fu definitamente composta dei professori Fioravanti, Guercia, Poliodoro, Duyone, Rossi e Serrao. Questa nel suo seno acclamò presidente il Comm. Rossi e segretario il prof. Poliodoro. Una triste nuova ei giunse ieri l’altro. Il maestro Michele Carafa di Colobrano nostro concittadino è morto a Parigi nella tarda età di 85 anni. E pure passato da questa a miglior vita il maestro compositore Raffaele Giannetti. Nato a Spoleto, avea fatto i suoi studi nel Conservatorio di San Pietro a Majella; ed erasi stabilito in Napoli: scrisse due opere: la Figlia del Pilota e la Colomba di Barcellona rappresentate al teatro Nuovo e molta musica da chiesa e per camera. Il Giannetti non fu dotato di una fervida fantasia, ma era ben addentro nei segreti dell’arte; e tuttavia era modesto, affabile con tutti. Erasi dedicato, non volendo più scrivere pel teatro comunque le sue due opere avessero incontrato il pubblico favore, ad insegnar il bel canto; ebbe numerosi allievi, e diede qualche lezione alla Borghi Marno. Patì tre lunghi anni di una malattia terribile che aveva ricopertoli suo corpo di schifose croste, e mostrossi sempre paziente e rassegnato. Povero Giannetti, ancora giovine scende nel sepolcro; sia pace all’anima sua! L’Omnibus aspetta che il Musella interpellato risponda, per potere a sua posta dar mala voce al povero Acuto, e accontentasi di dir poche cose al mio indirizzo. Attendo il responso dell’oracolo delfico per farci su le chiose; pertanto concedetemi che questa volta mi taccia; se gli associati ée’Omnibus sonosi rassegnati a leggere sempre del Musella, de’suoi portenti e deifi empietà de’suoi contraddittori, non credo sieno intenzionati i lettori della Gazzetta a udirne a parlare sempre in ogni numero. Contentatevi perciò che vi dica aver il nostro solerte, (perchè dovrei dar dispiacere al vecchio Omnibus, chiamando il Musella negligente?), bandito un concorso per ventun posto di coristi tra uomini e donne. Basteranno all’uopo nella grande stagione? L’Omnibus dirà che sono superflui, io invece affermo che sono il soccorso di Pisa. Vedremo chi ha ragione. Aggiungo pure che fra gli scritturati sono il Collini e lo Sterbini, almeno questa voce si è sparsa. Se in questa settimana il Musella avrà risposto, per mezzo dell’Omnibus, riparlerò nella ventura settimana. ^vCUTÓ. PARIGI, 31 luglio. Morte di Carafa — I pretendenti al suo posto dell’Istituto — I Concorsi del Conservatorio — Un novello baritono — Massè e la sua nuova opera. Non so se posso dire parlando di Carafa, che abbiamo perduto in lui il Nestore dei compositori italiani: credo che ottantacinque anni sono più che sufficienti per questo titolo; ma potrebbe trovarsi in un punto qualunque dell’Italia qualche maestro, noto o ignoto, che ne conti ottantasei e che avrebbe diritto di reclamare. Checché ne sia, Carafa è morto, e la sua morte sarà uiile a qualcheduno, che senza desiderarla l’aspettava e trovava che non s’affrettava molto. Voglio dire che Carafa essendo membro dell’Istituto lascia un seggio vuoto, seggio fortemente ambito da due o tre aspiranti all’immortalità. Chi lo avrà? Quegli che lo merita, risponderete. V’ingannate. Lo avrà quegli che è più stretto d’amicizia, con la maggioranza dei membri attuali dell’istituto. Questi voteranno per lui. A mio avviso, nessuno pel momento almeno, merita un posto all’istituto. Se lo contendono Reyer, Bazin, Poniatowski, Elwart e forse sorgerà qualche altro. Esaminiamo un po’ i titoli di ciascuno dei pretendenti. Reyer ha scritto un’opera in due*atti al teatro Lirico intitolata La statua, che ebbe un successo discreto, ma soltanto discreto. Ne scrisse un’altra per Y Opéra, che aveva per titolo Erostrato. anche in due atti, e che ritirò dopo la seconda rappresentazione. È culto. Egli scrive le appendici di critica musicale al giornale dei Débats; siccome volendo può sferzar i membri dell’istituto quando scriveranno delle opere, per esempio Thomas, Gounod, F. David, Massè, questi non gli ricuseranno il loro voto. Sic itur ad astra. Così si sale all’Istituto. Il principe Poniatowski avrebbe più diritto di tutti; ha scritto, oltre un gran numero d’opere italiane, Pierre de Médicis all’Opéra e con successo. Ma il Poniatowski ha tre gravi torti: è principe, è bonapartista ed è assente. Come volete che riesca! Se fosse un semplice figliuolo di proletario; se quando Napoleone III cadde, egli che fu beneficato da lui, gli avesse voltato le spalle e fosse divenuto repubblicano; se infine, invece di essersi ritirato a Londra ove vive dando lezioni di GAZZETTA MUS canto, fosse qui a scendere e salir per le scale dei membri dell’istituto e pitoccar il voto degl’immortali, sarebbe eletto senza alcun dubbio e con maggior merito degli altri suoi competitori. In quanto a Bazin, egli lia scritto qualche operetta comica, alcune graziose, altre che si sono salvate perchè il libretto era piacevole, e qui il libretto è quasi tutto. Elwart è un profèssore, un ideologo musicale, un brav’uomo, un erudito un pò strarùbo. Ecco i titoli dei pretendenti, almeno di quelli che si contesero il seggio precedente, quello che occupò Massè. Non so.se da pochi mesi a questa parte siano sorti altri compositori. Non voglio farla da profeta, ma posso dire che Reyer ha molta probabilità di successo e vi ho già detto il perchè. Ritornando a Carafa (che non ei pagherà di reciprocità, poiché non è probabile che ritorni a sua volta): dirò, che la sua morte non ha fatto, come suol dirsi, nè caldo nè freddo. Come sarebbe stato altrimenti? Egli non scriveva più fin dal 1834; or quando si resta circa quarantanni senza ricordarsi al pubblico, è assai naturale che il pubblico ne perda la memoria. Rossini non scrisse opere durante un tempo presso a poco uguale, ma egli era Rossini, e quando si ha questo nome non si corre rischio di essere dimenticato. Pur tuttavolta Rossini si ricordava a quando a quando al pubblico con qualche lavoro di genio. Ma Carafa dopo la Gran Duchessa, scritta nel 1834 (egli ha scritto una Gran Duchessa come Offenbach!) non fece più altro-. Si adagiò sui suoi allori e vi ha riposato durante trent’ott’anni! Può dirsi dunque ch’era già morto, moralmente almeno, o per esser più esatto, intellettualmente. Qui non era veramente celebre che pel Solitario e pel Masaniello, tutte le altre sue opere, e ne ha scritte una ventina, tra italiane e francesi, non vissero lungo tempo, ma la gloria che gli acquistarono era bastevole a fargli ottenere il seggio all’istituto, la croce d’Uffiziale della Legione d’Onore, una cattedra al Conservatorio ed il posto di direttore d’un Ginasio musicale militare. Questi due ultimi uffici! erano stati da lunghi anni abbandonati dal titolare. Carafa amava la musica, ma preferiva la tranquillità. Faceva costantemente la sua passeggiata a cavallo: un cavallo bianco che non temo d’essere smentito da chichessia, uomo o cavallo, se lo chiamo il Nestore dei cavalli. Era bianco come neve, ero per dir canuto. V’ha chi diceva argutamente che era lo stesso, che il Carafa montava a Mosca nel 1812, quando fece in qualità di capo squadra degli Ussari ad ufficiale d’ordinanza di Murat, la campagna di Russia! Carafa ne rideva, ma amava troppo il suo cavallo per riformarlo. Lunedi scorso accompagnammo la sua spoglia mortale al Cimitero. Nella chiesa fu cantato un Pie Jesu di lui, ed è tutto! Il corteo che seguiva il funebre carro, non era cosi numeroso come avrei sperato. Alcuni italiani di distinzione, pochi membri dell’istituto che avevano avuto la delicatezza d’indossare la uniforme a palme verdi, qualche compositore, un piccol gruppo di scrittori di appendici musicali, e una dozzina di amici. In tutto un centinaio di persone. Povero Carafa! Ecco quel che vuol dire il non morire a tempo. Vero è che non ha potuto accorgersi di questa trista oblivione. Riposi in pace, egli che amò tanto il riposo, e che si riposò più del dovere. Cosi scese nella tomba l’antico allievo del Fenaroli, che esordi a Napoli, sua città natale, con un’opera intitolata il Vascello d’Occidente, e che venuto a Parigi nel 1822 per restarci pochi mesi, vi rimase cinquant’anni! E vi rimarrà sino alla fine dei secoli. Ameni Passo senza frase di transizione ad altro argomento. I concorsi del Conservatorio sono finiti ieri, grazie al cielo. C’era da morire bollito. Ogni anno questo stabilimento forma qualche nuovo artista per V Opéra o per Y Opéra-Comique. Quest’anno ei offre un baritono che ha davvero una voce eccellente. Il suo nome è Boyer. Agli esami assistono i direttori delle due grandi scene liriche di Parigi: quando possono mettere la mano su qualche buon allievo, lo scritturano. Quelli che ottengono sono sicuri di essere scritturati immediatamente; ed è al certo una bella fortuna per essi il poter cominciare la carriera con si lieti auspici, ed esordire, giovanissimi ancora, nientemeno che AV Opéra o I CALE DI MILANO 263 all’Opéra-Comique. Se riescono al teatro come riescirono alla sala del Conservatorio la loro sorte è assicurata, la loro fortuna è fatta. Parlo, ben’inteso, per gli alunni d’ambo i sessi. Fra le voci di donne quest’anno se n’ha anche di assai pregevoli, ma nessuna ha ottenuto il primo premio all’unanimità come’ il giovine Boyer. Nulladimeno alcune saranno scritturate ad uno dei due principali teatri della capitale. Prima di chiuder la presente, voglio annunziarvi che l’opera di Massé intitolata Paul et Virginie sarà data (quando che sia) al teatro della Gailé, ove fu rappresentato Le Roi Carotte. È il tenore Caponi che farà la parte di Paolo. E Virginia? 0 la Patti o la Nilsson.... Dicesi. Credo che non sarà nè F una nè l’altra. 29 luglio. Chiusura matrimoniale del teatro Drury Lane — Elenco delle opere rappresentate al Covent Garden. La stagione del Drury Lane è stata chiusa con una scena matrimoniale, rappresentata nell’Abbadia di Westminster e coll’opera La Semiramide, rallegrata da una pioggia torrenziale di fiori. Della scena matrimoniale di Westminster basterà che vi dica che gran parte dell’aristocrazia n’è rimasta indignata, e ne vuole a quel buon diavolo dell’onorevole Cavendish Bentinck, membro della Camera dei Comuni, il quale ha fatto tanto sino a che è riuscito a far celebrare nella Santa Croce d’Inghilterra, nel tempio dove s’incoronano i sovrani, il matrimonio di Cristina Nilsson con Augusto Ronzami. Privilegio questo, che indarno cercherebbero e forse nemmeno oserebbero cercare i grandi signori d’Inghilterra. Molti furono coloro che recaronsi alla cerimonia nuziale, e troppi furono quelli che vennero invitati alla festiva colazione sotto la presidenza degli sposi. Ma nell’un caso e nell’altro gl’intervenuti parevano esclusivamente dominati da un’idea, quella d’assistere a una scena teatrale! La colazione fu servita nella splendida adunanza dell’onorevole C. Bentinck. il quale unitamente alla sua dama e famiglia fece gli onori ammirabilmente. I regali della sposa erano splendidamente esposti in una delle sale del primo piano; e non sto lungi dal vero in dirvi che il valore dei medesimi sorpassa le dodici mila lire sterline! Potenza della stampa! Voi sapete meglio di me, che di Cristine Nilsson abbonda l’Italia! Le opere rappresentate al Covent Garden durante la stagione sono state 26. Vi mando a norma della promessa l’elenco delle opere coi principali artisti e con gl’introiti approssimativi di ciascuna rappresentazione: (Vedi Prospetto alla pag. 264). Io auguro affari consimili alla Scala e agli altri grandi teatri d’Italia! Quest’altro anno il Covent Garden non udrà più la voce del Naudin. Il Gye avrebbe voluto confermarlo, ma colla diminuzione d’una bagatella di cento steriini il mese! Invece esso ha confermato con miglior paga il Bettini, e per giunta gli ha permesso di fare con Mapleson il giro che questo suol fare per le provincie nella stagione d’autunno. Sono anche in grado di annunziarvi avere il Gye scritturato per la prossima stagione a moderatissime condizioni i tenori Montanaro, e Oliva Pavani. Questi due illustri artisti di canto, come direbbe l’amministrazione di un certo confratello vostro, devono la loro scrittura all’azione mediatrice di giovane, brava e amabilissima persona. Alla settimana prossima il quadro delle cose di Drury Lane ossia della Compagnia di Canto del teatro di Sua Maestà! 264 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO TITOLO DELL’OPERA PRINCI PALI: ARTISTI N.° delle Rappresentazioni. Introito approssimativo per ciascuna Rappresentazione. Introito totale di ciascuna Opera Faust
Lucca, Faure, Cotogni (Valentino), Naudin, Scalchi
5 300 1500 La Figlia del Reggimento Sessi, Bettini, Ciampi, Demeric-Lablache
3 300 900 Rigoletto
Albani, Niccclini, Oraziani, Scalchi
3 300 900 Traviata.,
Sessi, Naudin e Oraziani....,
1 50 50 Marta
Albani, Scalchi, Bettini, Oraziani
3 300 900 Amleto
Sessi, Saar, Faure, Cesari e Capponi
1 30 30 Lucia di Lammermoor Albani, Naudin, Cotogni e Oraziani
5 350 1750 Dinorah
Patti, Scalchi, Bettini e Oraziani
3 600 1800 Il Barbiere di Siviglia. Patti, Bettini, Cotogni, Ciampi, Tagliafico
4 1100 4400 Sonnambula
Albani, Naudin, Faure
5 700 3500 Fra Diavolo
Lucca, Naudin, Bettini, Ciampi, Capponi, Tagliafico e Demeric-Lablache.. 4 500 2000 Favorita
Nicolini, Cotogni, Faure e Lucca
3 300 900 L’Africana
Lucca, Naudin, Oraziani, Bagagiolo, Capponi, Tagliafico e Sinico.... 3 500 1500 Nozze di Figaro.... Lucca, Sessi, Mombelli, Miolan-Carvalho, Bettini, Oraziani, Faure, Ciampi, Tagliafico, Rossi, ecc
5 1000 5000 Ber Freiscliiitz.... Lucca, Sinico, Bettini, Tagliafico e Faure
3 700 2100 Don Giovanni
Patti, Saar e Parepa-Rosa, Brandt, Bettini, Faure, Ciampi, Capponi, Tagliafico. 5 1000 5L00 Linda di Chamounix.. Albani, Scalchi, Niccolini, Oraziani
2 500 1000 Gli Ugonotti
Lucca-Patti, Sinico, Cotogni, Nicolini, Faure, Bagagiolo
3 900 2700 Il Trovatore
Patti, Scalchi, Nicolini, Oraziani, Tagliafico
2 800 1600 Celmina
Patti, Cotogni, Naudin, Bagagiolo, ecc
2 200 400 Guarany
Sessi, Nicolini, Faure, Cotogni, Bagagiolo
3 200 600 Fidelio
Brandt, Sinico, Nicolini, Capponi, Morgan
1 150 150 Il Flauto magico.... Lucca, Sessi, Monbelli, Sinico, Scalchi, Bettini, Cotogni, Bagagiolo, ecc... 2 600 1200 Stella del Nord.... Patti, Monbelli, Sinico, Bettini, Faure, ecc
3 1000 3300 Norma
Parepa-Rosa, Sinico, Naudin, Capponi
1 200 200 L’Elisir d’amore.... Smeroschi, Bettini, Cotogni, Ciampi
2 500 1000 Totale del teatro
Prodotto di sei concerti a Fiorai Hall a sterline 700 ciascuno Metà dell’introito del concerto Benedici
Un gran concerto notturno in teatro.... Prestito d’artisti a privati per concerti privati Totale d’introiti Data ora una spesa di sterline ■
Rimane un profitto per la stagione, di sterline
44 380 4 200 750 600 4000 53 930 40 000 13 930 C) R I SCIARADA FIRENZE. Al teatro Principe Umberto andò in scena il Don Checco colla signora De Baillou Marinoni e con Valentino Fioravanti, che ebbero applausi infiniti ad ogni pezzo. GIVIT ANUOVA. A complemento della breve notizia data nel passato numero, ei si scrive che il Ballo in Maschera fu un vero trionfo per la Palmieri, per il tenore Prudenza e pel baritono Bertolasi. Questi due ultimi devono sempre ripetere la barcarola eia romanza. La signora Palmieri è insuperabile nella sua parte; bene anche le signore Ferardi (Ulrica) e Rizzi Marzi (Paggio). Alla sesta rappresentazione la folla fu tale che si dovette restituire il biglietto a oltre cento persone; in quella sera la Palmieri ebbe in dono un enorme mazzo di fiori con nastro e Prudenza fu accolto da una vera grandine di mazzolini. BARCELLONA. Una nuova zarzuela. La fiera de San Gesis ebbe esito lietissimo al teatro del Tivoli. La musica contiene molte bellezze. BUENOS-AYRES. Il nuovo teatro dell’Opera fu inaugurato col Trovatore, a cui succedette il Ballo in Maschera. Ne erano interpreti le signore Marziali Passerini e Berio il tenore Perotti che ebbero assai liete accoglienze. Anche la Norma fu un trionfo. NANTES. Questa città volle avere anch’essa la sua piccola primizia, un’operetta comica in un atto, intitolata: Jean le due, parole del signor Bureau musica del signor Tac-Coën. Giorno verrà che d’uopo del secondo, Al par del primo, il mio secondo avrà. Chi vuol vivere lieto a questo mondo, Non di mesti pensier si pascerà, Ma nell’inter l’oblio ricercherà. Quattro degli Abbonati che spiegheranno la Sciarada, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DEL REBUS DEL NUMERO 29: Piccola pietra gran carro ha rovesciato Ne mandarono la spiegazione i signori: Gaetano Grilli, Ernestina Benda, prof. Angelo Vecchio, E. Donadon, Vincenzo Picasso, B. Lopez-y-Royo, maestro Salvatore Botta, capitano Cesare Cavallotti, maestro Antonio Biscaro, dott. Camillo Ciccaglia, ing. Pio Pietra, Fantoni Alfonso. Estratti a sorte quattro nomi, riuscirono premiati i signori: Vincenzo Picasso, B. Lopez-y-Royo, Camillo Ciccaglia. Gaetano Grilli. (*) Corrispondenti a It. L. 348,250. Editore-Proprietario TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe, gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.