Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 2

N. 2 – 14 gennaio 1872

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[p. 9 modifica]Rivista Milanese GENNAJO 1/ Amministrazione prega quei signori associati del 1871, che intendono rinnovare V Abbonamento, a darne avviso senza ritardo, e ciò specialmente per giungere in tempo a spedire regolarmente i premi. Molti premi sono già esauriti e si stanno ristampando; altri sono ancora sotto stampa; ciò serva di avviso ai signori associati del 1872, che non hanno per anco ricevuto tutti i premi richiesti: appena pronte le nuove edizioni si spediranno senza ritardo. al Cairo. Continuiamo a riprodurre i giudizii della stampa intorno a questa nuova opera. Ecco quello che scrive nella Gazzetta di Venezia il Dott. T rombini che assistette alle prove e alle due prime rappresentazioni: Il preludio è caratterizzato da un elegantissimo lavoro degl’istrumenti d’arco, i quali, con quell’effetto che danno quando il suono ne sia temperato dai sordini, fanno presentire un canto che si rinnova più volte nel corso dell’intiera composizione, e ne diviene quasi il soggetto principale. Il numerosissimo uditorio ne afferrò subito la naturale bellezza ed applaudì unanime l’orchestra,

Segue al preludio una graziosa romanza del tenore Radamès, che si fa duettino col contralto, Amneris, e finisce in terzetto col soprano Aida. Già questi tre pezzi valsero a promuovere fragorosi applausi dallo scelto, numerosissimo uditorio. Questi applausi aumentarono al finire dell’altro pezzo concertato in cui il re annuncia solennemente la scelta fatta del Nume in Radamès a condurre gli Egizii contro l’Etiope Amonasro, baritono. Le varie passioni d’Aida che vede l’amante designato a combattere suo padre, e che la cruciano così nell’idea delle vittorie come in quella della sconfitta; di Amneris, che già sospetta l’eletto quale amante d’Aida e ne soffre per dispetto e gelosia; di Radamès, che indovina l’animo d’Aida, e ne riceve contrasto d’affetto nell’onore della propria missione; sono scolpite da grande maestro, con effetti d’istrumentazione nuovi e bellissimi, improntati ad ogni esigenza di quel carattere ch’è proprio della musica egiziana voluta dal soggetto, e che solo in Egitto si ha l’opportunità di sentire nei Caffè e per le pubbliche vie. Applausi fragorosissimi seguirono a questa scena; ma dove toccarono il colmo fu al termine della grande aria d’Aida, che rimane sola a sfogare il contrasto dei propini affetti. Chiude l’atto una preghiera dei sacerdoti nel tempio di Vulcano, che deve fornire la spada al duca egiziano. Il successo dell’opera era assicurato al calare della tela del primo atto. La conferma ne fu piena, incontrastabile nell’atto secondo, che comincia con un coro bellissimo di donne che assistono all’abbigliamento di Amneris per la festa trionfale. Vi tien dietro un duetto, Aida e Amneris, col quale l’amore della schiava si palesa del tutto. L’ira d’Amneris, le preci d’Aida, sono accoppiate con sì mirabile magistero, da non potersi da me significare colle parole. Lo significò l’uditorio, portato all’entusiasmo, di cui non ho provato mai in vita mia il grado come dopo l’immenso finale di quest’atto, che sarà, cred’io, il più gran pezzo scritto in tutte le opere di Verdi. Un singolare e ben calcolato effetto trasse l’autore dalle lunghe tube che nella marcia trionfale, in numero di quattro, procedono, due per volta, dei gruppi di militi reduci dalla pugna. È rimarchevole che, sonate da bandisti arabi, eseguirono fedelmente ed intonate la non facile loro parte, e questo elogio fu meritato anche da tutta la banda araba, che disimpegna la musica sonata, sulla scena. L’atto 3.°, dopo una breve preghiera di Amneris col gran sacerdote Ramfis, basso, prosegue col gran duetto Aida e Amonasro. — Il padre che prega e alternativamente minaccia la figlia, onde carpire il secreto dell’amante; Aida renitente, ed infine vinta dal dovere verso la patria. Questo duetto è tuttociò di bello che può desiderarsi. Le insinuazioni del Re etiope, i rimproveri, le minacce ed il ricambio delle varie impressioni sull’anima di Aida vi sono tratteggiate da sommo maestro, da Verdi. Non meno bello è l’altro duetto, in cui rimane Aida a. vincere Radamès, che le promette la fuga, e si cangia in finale coll’intervento del gran sacerdote e di Amneris, che scoprono la trama. Fino dalla prima audizione, in corso di prove, quest’atto mi fu di facile intelligenza per la natura della musica, interprete fedele delle passioni, e che va diritta per la via delle orecchie al cuo^e. E parimenti accadde per il pubblico, che, da prima ammiratore plaudente, si tramutò in entusiasta fascinato. Questo fascino non abbandona più l’uditore per il corso del 4.° ed ultimo atto. Il duetto di Amneris e Radamès, in cui non giovano le promesse di salvezza a vincer’l’amore del secondo; la grandiosa imponentissima scena d’inquisizione, che avviene nel sotterraneo, mentre Amneris rimane sola sulla scena nel massimo della desolazione; e rincontro di Radamès con Aida nel sepolcro, mentre i sacerdoti cantano nel tempio superiormente e vi s’intrecciano le danze sacre, costituiscono quegli effetti, che invano si vorrebbero significare. Verdi fino alle ultime note, che il pubblico per impazienza d’applausi sfortunatamente non ascolta, fu sempre grande, graduatamente crescente, sommo. Viva Verdi, onore d’Italia. Nel complesso dei giudizii da me intesi a pronunciare sull’Aida, non vi fu alcuno che non ne levasse a cielo le bellezze ed il merito. Sàbato, 13 gennaio. La Scala ei ha dato il suo terzo spettacolo, e questa volta non senza fortuna. Il Giuramento di Mercadante ricomparve dopo trentacinque anni di vita nel teatro che gli fu culla, e se non trovò gli entusiasmi che gli diedero il battesimo di capolavoro, ebbe onesta e cordiale accoglienza. Certo trentacinque anni devono aver scolpito più d’una ruga in un lavoro musicale, specialmente se si considera che ei è di mezzo tutto l’ardimento fortunato della nuova scuola drammatica, e che Wagner picchia noiosamente alle nostre porte, ma è vanto delle sovrane bellezze di apparir tali non ostante le graffiature del tempo. Anche in musica — • sebbene delle arti sia quella che più si trasformi, perchè meno soggetta a regole inesorabili — anche in musica vi hanno le Maintenon che non invecchiano mai interamente; il Giuramento è una di queste. E si che il libretto è un mostricino letterario, scolorito, agonizzante, e la musica è. costretta a tentare inutilmente di galvanizzarlo dal principio alla fine. Come si fa a parer vivi quando si è cuciti ad un cadavere, e si è costretti a tirarselo dietro come la catena del forzato? Il povero Gaetano Rossi che si rese [p. 10 modifica]reo di questo libretto invocò venia fin dal 1837, e non lo ottenne allora e non lo ottenne poi, e non ha diritto ad ottenerla nemmeno oggi, perchè disgraziatamente, in fatto di crimini letterarii, se non sopraggiunge la dimenticanza, trentacinque anni di purgatorio non bastano a guadagnare l’indulgenza. Ora se Mercadante fu mal servito da Rossi, certo Rossi non fu meglio servito da Mercadante — il quale si vendicò del suo librettista contendendogli colla vitalità della musica la pace del sepolcro. Veniamo all’esecuzione. Metto innanzi a tutti la signora Barbara Marchisio, contralto, che ha molta riputazione e meriti non minori. — Certo il personaggio di Bianca non poteva avere interprete migliore; una voce sonora, vigorosa, estesissima, a cui l’arte dà la forza e l’impeto della passione, il sospiro della donna, e i gorgheggi della sirena, senza fatica, senza inciampi, e oltre a ciò una valentia scenica poco comune, fanno della signora Marchisio un contralto fenomenale. Tutta la sua parte fu un trionfo. La Potentini ( Elaìsa ) ha bella voce, d’un timbro chiaro e canta con sicurezza di tono, con grazia e con sentimento: le fa un po’ difetto la vigoria drammatica, e tra per la naturale esitazione del primo cimento alla Scala, tra per il confronto d’una voce di natura così differente qual è quella della Marchisio, parve a volte debole per la vastità del teatro: nondimeno le furono fatte gentili accoglienze, e non è lieve vanto, perchè la giurisprudenza del pubblico della Scala ignora il codice della galanteria. Del Fancelli non posso dire che bene. Canti nelle opere di Verdi o in quelle di Mercadante, la sua voce è sempre la stessa; a me basterebbe la sua voce di flauto, per farmi dimenticare il mio mestiere di critico. Ma egli ha anche una dote che i flauti non hanno se non in bocca di chi sappia suonarli bene, vale a dire la flessibilità, l’arrendevolezza soave e delicata a tutte le finezze del sentimento. Ora, quanti non sono, nella classe dei tenori e i flauti mal suonati? Il pubblico che accoglie con feste sempre maggiori il Fancelli sembra essere della mia opinione. Il Giuramento ei ha fatto fare la conoscenza del baritono d’Antoni, una grata conoscenza; ha bella voce e canta bene e con anima, e meritò più volte gli applausi. Le seconde parti, i cori e l’orchestra andarono benissimo; nell’insieme è uno spettacolo a cui, con tutta la buona volontà di questo mondo, non si potranno fare molti rimproveri. Bellissime le scene del Magnani; una in ispecie fu molto applaudita e meritamente, checché se ne voglia dire. Le disgraziate Figlie di Chèope continuano ad apparire sul palco scenico della Scala, aspettando melanconicamente d’essere sostituite dal ballo Velleda di Rota, che verrà riprodotto dal Bini. Il coreografo Monplaisir ebbe per altro nelle rappresentazioni successive la fortuna d’un’esecuzione migliorata, il che rese più sopportabile la povertà di questo lavoro coreografico; perfino alcune danze ebbero accoglienze migliori, e parvero non prive d’effetto; ciò fa supporre che se alla prima rappresentazione non fosse andato tutto alla carlona, la caduta sarebbe stata meno brutale e forse non irrimediabile. Anche la Francesca da Rimini del maestro Marcarini al Carcano ebbe sorti più liete dopo la prima rappresentazione, a cui ne succedettero parecchie. Ora lo stesso teatro annunzia il Fallo in maschera per martedì. La Canobbiana non pensa ancora a preparare il secondo ballo tanto si compiace della fortuna del primo; il Milanese ha tentato un’altra volta l’indulgenza del pubblico colla rivista Ghe n’è per luce, e Santa Radegpnda ha imbandito ai suoi devoti un’altra delle solite ghiottonerie col titolo veramente appetitoso: Gli Antropofaghi, l’esito fu buono. Infine il Re (vecchio) ha dato con poca fortuna una novità di Marenco: Raffaello Sanzio e un’altra di Muratori: Sogni d’ambizione. h p “ corrispondente» Vuol dire un tale che non scrive niente?! «Ed eccomi qui invece a scrivere, a dar di bugiardo al poeta e a richiamarmi con voi delle scudisciate che m’avete menato sul viso senza nemmen dire: bada, che te le dò! — A dare si fa presto e, per verità, si fa anco più presto a ricevere; ma poi domando, e la ragione? — e la giustizia? Un tempo mi si diceva (e deve avermelo detto più di una volta anche la vostra Gazzetta) ch’io era una pessima linguaccia, un botolo ringhioso e stizzoso che s’avventava alle calcagna di tutti, un attaccabrighe della peggior razza. E ora, a sentir voi, mi son fatto nè più nè meno che un panegirista!! Non è, badiamo, che la mi scotti tanto; — quando mai, avrei cambiato in bene. Ma è che la mi riesce nuova e inaspettatissima; nuova e inaspettatissima sopratutto per questo: che il santo e i santini a cui avrei cantato la gloria, s’ostinano dalla parte loro a picchiare e a ripicchiare che sono una linguaccia, un botolo, un accattabrighe — ■ da capo, come sopra. Ora, chi mi trova il bandolo di codesta matassa? — Sarà, vo’pensando talvolta fra me per spiegarmi la cosa in qualche modo, sarà che cantando quella gloria avrò stonato come un dilettante di violino; e quindi, secondo ragione, le fischiate della destra e quelle della sinistra e quelle del centro — e tutta la bufera. Ma poi (qui ti voglio) come convincermi d’aver potuto stonar tanto? Chi mi assicura che, invece, non fossero stonate le orecchie de’miei uditori, più o meno discreti e umani? Tutto può darsi a questo mondo, mi diceva un giorno per confortarsi, l’autore di un libro crudelmente bistrattato dalla critica: tanto può darsi, cioè, ch’io non sappia scrivere, quanto che la critica non sappia leggere o alla men trista, che non voglia saper leggere. E con questo mi conforto un po’ aneli’ io. — E andiamo innanzi Io wagnerista?!... Alto là, qui m’impunto come una mula genovese e per far che facciate non riuscirete a smuovermi davvero. Prima di dirmi o di portar in pace che altri mi dica wagne* rista, c’è a ire di molto e aspetto di molte cose. Aspetto innanzi tutto che del Wagner mi piacciano due o tre altre opere; e aspetto per questo di udirle e di vederle rappresentare; perchè proprio non credo possibile il farsene un giusto e compiuto concetto, leggendole nelle riduzioni per pianoforte e canto. So benissimo che alcuni la pensano diversamente; ma io mantengo che il voler giudicare le opere a quel modo, gli è il medesimo che voler giudicare un poema da una traduzione in prosa, che voler giudicare un dipinto da un disegno a contorno. — Delle tante cose che aspetto, questa è una. Poi aspetto che il Wagner, il quale si sente artista e grandissimo, senta anche la dignità che all’artista deve indeclinabilmente andar congiunta; e smetta, per conseguenza, dal vantarsi e dal lodarsi come appena farebbe una ballerina; e mandi a spasso una volta gli ammiratori, i commentatori, i dichiaratori, i descrittori poeti, i fabbricatori d’enfasi e d’entusiasmo che gli stanno intorno ad incensarlo (per saper poi d’incenso anche loro) e coi quali non gli ripugna di scendere a un palleggio di encomii e di lodi che mai il più inverecondo e il più goffo. IVagnerisla e claqueur non sono oggi quasi sinonimi? — E con questa fan due. Poi aspetto che Wagner si contenti d’essere un poeta e un compositore (diamine, non è poi tanto poco) e cessi dal pretenderla a filosofo e si liberi dalla pnirigine di voler essere a ogni costo (a costo anche de’ più sbardellati spropositi e delle contraddizioni più aperte e stridenti) e legislatore e precettore e riformatore e rigeneratore dell’arte. — E con questa fan tre; e qui, per ora, mi fermo e concludo domandando: come si può dire che io sono wagnerista se, in fondo, non può dire d’esser tale nemmeno il Wagner istesso? Che cosa ha fatto e che cosa fa il Wagner? — non è chi non possa vederlo: sconfessa in teorica ciò che stabilisce in pratica; — cancella con una mano ciò che scrive coll’altra; — mette l’uomo in perpetua opposizione coll’artista; — aspira e s’accosta al sublime coll’ingegno, e con la vanità si tira giù sino al ridicolo. Sicché, wagnerista, no. [p. 11 modifica]GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO 11 Ma siccome intendo che i lettori della Gazzetta Musicale sappiano bene con chi avranno a che fare (questo lo dico, nel supposto che non mi mandiate le dimissioni) cosi dichiaro esplicitamente e formalmente che sono un lohengrinista, e un lohengrinista persuasissimo e convintissimo. — E detto questo e aggiunto che sono pronto a darvi maggiori spiegazioni se occorressero, passo senz’altro al vero oggetto di questa mia: a parlarvi cioè de’ nostri teatri musicali. Come quasi da per tutto, anche a Firenze, le cose de’teatri melodrammatici procedono zoppe e melanconiche. Alla Pergola, dopo il Guarany che ebbe un buon numero di rappresentazioni, s’è dato il Ruy Blas e fu, per dirla tal quale, un vero e proprio sagrifizio. — Fatta eccezione dell’ultimo duetto che s’è applaudito e dal quale, tanto per non perdere l’abitudine, s’è voluto il bis, in tutto il rimanente dell’opera l’esecuzione, cosi delle prime e delle assolute come delle seconde parti, così dei coristi come dell’orchestra, si barcamenò sempre fra il mediocre e il cattivo. — Insieme col Ruy Blas s’è dato il nuovo ballo del Borri: Tenebre e luce; un ballo, tutto sommato, che non annoia più di un altro; che desta qui e là qualche applauso e che è nuovo — come sarà nuova la luna del mese prossimo. La signora Beretta (celebrità danzante) vi si adopera intorno, non è a dire, con la migliore volontà di questo mondo, e di salti, di volate, di capriole e di giravolte non ne fa risparmio; ma ciò non ostante l’esito del ballo si mantiene freddo e fra la luce e le tenebre appunto. Al Ruy Blas succedette la Sonnambula; e anco qui, se la prendiamo nell’insieme, un’esecuzione tirata via, abborracciata, negligentissima: senza fine le note nè in riga nè in spazio: senza fine gli ondeggiamenti del tempo fra l’orchestra e il palco scenico. De’cantanti, un solo che veramente meriti lode; — la signora Emma Albani, giovinétta americana che è dotata di una voce di soprano, bella, estesa, intonata, sicurissima, e che canta bene e che canterebbe addirittura benissimo, se badasse a correggersi del difetto di allargare il tempo e in modo talvolta incomportabile; e se imbrigliasse la smania delle rifioriture e delle note picchettate. Che si canzona! le rifioriture persino nell’andante: Ah! non credea mirarti, dove le note del Bellini sono gemme e, me dio ancora che gemme, lagrime! In ogni modo la signora Albani è applaudita e deve replicare tutte le sere la baletta Ah! non giunge uman pensiero. JB. 12 gennaio. Ieri sera, giovedì, si ebbe alla Pergola la prima rappresentazione del Bravo. — Scarsi gli uditori; — scarsissimi gli applausi, e ancora più scarsi degli applausi — i meriti. — Non più udita da molti anni, la bella musica del Mercadante avrebbe avuto uno splendido esito; così argomento dall’effetto di alcuni pezzi e dall’attenzione con che il pubblico l’ha seguita; mentre l’attenzione era quasi sempre una tortura per le orecchie. Chi canta stona, — non è chi non lo sappia, segnatamente a’giorni nostri. Ma una cosa è dire acqua, e un’altra è dire alluvione, o inondazione o diluvio. E ieri sera alla Pergola c’era chi il diluvio voleva farlo di riffa. Insomma, come ho detto da principio, si zoppica alla maledetta, e se s’arriverà alla fine della stagione senza grossi scandali e senza tragedie, l’impresa dovrà attaccare un voto a S. Cecilia, con sotto le canoniche iniziali: P. G. R. — Ora si mette mano al Conte Ory, — e speriam bene. Se il Montanaro è ancora quel cantante che era tre anni sono, e se la signora Albani non rallenta e non rifiorisce troppo, il Conte Ory può essere per la Pergola una buona occhiata di sole. g Toi-iiio, 10 gennaio. Le comico-fantastiche avventure di Flik e Flok esposte con coreografica valentia del Taglioni e riprodotte dal Marzagora, sempre’con musica di Hertel, collo sfarzo d’una messa in scena inusitata al nostro Regio teatro, avevano già dissipato le nubi che s’erano addensate a danno della nuova impresa, quando appena due sere dopo è comparso l’arco baleno della diva Galletti; ora il nostro spettacolo è il migliore ed il più compiuto fra tutti quelli dei varii teatri di primo ordine della Penisola. Nè ei voleva meno d’uno spettacolo così superbamente riescito per disperdere i mal’umori, le critiche, le diffidenze, le rimostranze contro l’impresa Corti, e persuadersi che è un’impresa seria, esperimentata e solerte. Un tenore raffreddato, o altrimenti indisposto, una ballerina che non vada a genio dell’universale, uno spartito che non incontri il pieno favore del pubblico non vogliono attribuirsi a grettezza o ad imperizia d’una impresa resasi concessionaria del teatro in stagione troppo avanzata ed in un tempo in cui i buoni artisti si vanno facendo estremamente rari e carestiosi. È inutile descrivere il ballo del Taglioni; chi l’ha visto sa che cosa è, chi non l’ha visto non se ne può formare un’idea alcuna per quante parole si possano adoperare a darne anche solo un sunto. E poi c’è il vestiario, c’è la luce elettrica, vi sono i gruppi plastici, vi sono i ballabili, vi sono i primi ballerini di rango francese, tutta roba che bisogna vedere, e finalmente vi è la musica, che essendo stampata si può leggere, ma certo non sentirne i magnifici effetti se non da una buona orchestra come la nostra. E a proposito di questo bellissimo lavoro dell’Hertel è singolare che questo maestro, tedesco di scuola e di studio, come lo dimostra nello strumentale, abbia scritto italianamente, quanto alla forma ed alla freschezza dei motivi, sempre appropriati, sempre caratteristici, sempre accarezzanti, cominciando dalla danza dei Gnomi andando fino alla famosa bersaglierà divenuta da gran tempo presso di noi affatto popolare. Nè credo andar lontano dal vero asseverando che buona parte del successo di questa immaginosa composizione coreografica sia dovuta alla musica dell’Hertel, poiché mentre si presenta lavorata da provetto maestro, ha tutta l’avvenenza d’una fantasia serena, gaia e direi quasi pudicamente riservata. Tutto questo pertanto è bello ed è buono, piace e frutta apapplausi; ma quello che è veramente sublime, eccèllente è la Galletti, il cui merito superiore alla sua fama va di sera in sera grandeggiando, sì che T entusiasmo cresce e la sua comparsa a queste Regie scene nella Favorita segna un avvenimento, di cui durerà a lungo l’impressione e la memoria. Questa illustre artista melodrammatica non somiglia a nessuna delle più celebri che T hanno fra noi preceduta, e nessuno fra i più vecchi frequentatori di teatrali spettacoli ricorda chi al pari di lei abbia saputo destare tanta ammirazione, avvivare duraturo un tanto entusiasmo. E fra le pregiate qualità di questa valentissima attricecantante spicca pur quella d’essere sobria di fioriture, avara nelle cadenze, schiva di tutti quegli effetti esagerati di canto, che servono tanto bene a conquidere ed elettrizzare le moltitudini, a segno tale che taluno alla prima sera e nel primo atto dell’opera ebbe ad accusarla di freddezza e d’indifferenza. Ma no, non è niente di questo, è coscienza d’artista che avendo mezzi veri, gagliardi, naturali, efficaci di sentimento squisito, accento delicato, espressione altamente drammatica rifugge dagli artifizii, dalle apparenze; così nella cavatina, nel finale del 3 0 atto e in quella gran scena e duetto finale dell’opera tutta rifulge di melodrammatica sublimità, sia che pianga e preghi, sia che dal perdono redenta s’abbandoni alla più viva espansione di gioia, sia che vinta dalla piena degli affetti miseramente soggiaccia al fato estremo. Ottimi compagni alla Galletti sono il Vicentelli, specialmente applaudito nella famosa romanza dell’atto 4.9, il baritono Burgio, che con grand’arte di canto corregge l’asprezza della voce, ed il basso Barberata, giovane destinato a bellissima carriera. Egregiamente i cori e l’orchestra, bellissime le tele, splendido il vestiario, con cui si completa in ogni sua parte il magnifico spettacolo. Sabato sera avremo di nuovo il Roberto il Diavolo per intiero, avendo accettato il Vicentelli la parte del protagonista, per la quale un altro tenore scritturato appositamente fu protestato alla prima prova. Per terz’opera si sta concertando il Nabucco, affidando la parte del tenore al Manfredi e così dando modo di riposare anche al Vicentelli. In seguito si produrrà la promessa opera nuova La colpa del Cuore del maestro Cortesi, il quale è già qui per assistere alle prove della relativa messa di scena. Esito fortunatissimo ha avuto al Balbo l’opera buffa Crispino e la Comare, che l’impresa con ottimo pensiero ha mandato in scena in luogo della Lucrezia Borgia. Allo Scribe questa sera si riproduce il Petit Faust, graziosissima musica di Hervé. Al Rossini la Compagnia piemontese, diretta dal Milone, ha messo fuori un altro vaudeville, parole del detto Milone, musica del Casiraghi: le prime accennano a qualche miglioramento nell’autore,, l’altra è sempre la stessa, e quantunque due pezzi abbiano l’onore della replica, non c’è niente di particolare. Il freddo siberiano per cui il termometro ha segnato per più giorni di seguito dai 13 ai 14 gradi sotto zero, ha fatto ricomparire l’appendicista musicale della Gazzetta Piemontese, un frutto sui generis della stagione, il quale dopo aver detto che il Roberto il Diavolo è un’opera buffa, s’è dato ad incensare e portare alle stelle il Lohengrin e tutta la musica ed il sistema di Wagner, come se.il giudizio generale della stampa e degli intelligenti d’ogni paese e di qui non fosse stato unanime nel condannare in tutto e per tutto le riforme del germanico compositore. Poveretto, egli è da compatire! aveva bisogno di far sapere ch’egli era stato a Bologna ed ha preso l’occasione favorevole della Galletti per parlare di Wagner... e tutti l’hanno capito. -G tM. [p. 12 modifica]12 GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO Napoli, 8 gennajo. All’elenco delle opere italiane nuove comparse nel 1871, aggiungete. di grazia, V Ombra bianca del maestro Giorgio Miceli, che fu il 30 dicembre p. p. rappresentata qui sulle scene del teatro Nuovo. La musica piacque e l’esito può riguardarsi per lietissimo, e, se l’ufficio di corrispondente comprende quello di storico e di critico, adempio al primo con molto compiacimento; registro dodici chiamate, la replica d’un pezzo, copiosi applausi, e, caso rarissimo in una prima rappresentazione oggidì, non contrastati. Come critico, il compito è un po’ più arduo; trattasi di giudicare il lavoro d’un artista sicuro del fatto suo anche troppo, d’un contrappuntista dotto, benché giovane, d’un compositore che faceva parlare di sè ancora fanciullo, quando pure su queste scene fece rappresentare la sua Zoè e Gli Amanti sessagenarii. Spiccò dipoi volo più alto, e il pubblico napolitano la sera del 14 maggio 1854 fu chiamato al teatro del Fondo, oggi Mercadante, per dar giudizio sul Conte di Rossiglione, melodramma del poeta Stefano Riberai che il Miceli aveva posto in musica. Egli è questo un punto nero nella carriera del giovane compositore, di cui ei occupiamo oggi; fu trovato nel suo lavoro, ben variato e opportunamente colorito lo strumentale, accurata la condotta dei singoli pezzi; acconcio il concerto delle voci, ma non lodevole per l’invenzione. Il pubblico napoletano è inesorabile ne’suoi giudizii; per esso la bella fattura è un accessorio; se l’opera risente di povertà di fantasia è condannata inesorabilmente. Il Miceli non fece allora lo sfiduciato, ma dedicossi ancor più seriamente agli studii e tratto tratto pubblicò componimenti per camera che sono in gran voga; e per fermo romanze più belle, più gentili, più eleganti, non escono così di leggieri dalla penna di altri compositori. Dei suoi trii, dei suoi quintetti solenni consessi musicali portarono giudizio favorevolissimo. L’ingegno del Miceli non è prodigo di possenti e felici creazioni melodiche; ma deve essere segnalato per quella virtù assimilatrice che, adoperata con gusto ed artifizio, quasi sempre supplisce al difetto dell’invenzione. In quest’Ombra bianca vi hanno varie melodie molto affini con quelle di altre opere favorite, ma il Miceli studiossi a dissimularle e vi riuscì tanto bene che io ù ì non potrei giurare che il parlante buffo del secondo atto riproduca alcun po’ le fattezze del Don Giovanni. In generale poi quest’opera comica non parmi che conservi ablastanza lo stile caratteristico delle opere buffe e brillanti, perchè tal fiata, ne’recitativi segnatamente, v’è troppa pindarica energia. L’adagio del finale del primo atto, a mo’ d’esempio, è sviluppato in modo magnifico sì, ma non sembranmi bene a proposito molti slanci vocali 2 certe iperboliche sonorità; tanto più che a quest’adagio, meglio acconcio per una grande catastrofe / drammatica che per un’opera comica, succede una stretta alla Hervé ed alla Offenbach. Piacemi d’aver parlato di questo finale perchè così posso dirvi ora che i pezzi più pregevoli sono, a mio credere, l’aria comica del basso, un quartetto preceduto da un trenta misure alla Palestrina. In questo pezzo, oltre i pregi della frase, sono commendevoli la condotta e la molta dottrina sparsavi con infinita disinvoltura; veramente m’ha tocco e mi è andato, come dicesi, in tanto sangue. Intermezza i due atti un preludio di squisita fattura; noto con compiacenza -un duetto, benché lungo, e il rondò finale, delizioso, affascinante. Nel lavoro del Miceli lo stile è, se non sempre appropriato;L! al genere, di fina lega; havvi purezza, regolarità ed eleganza, ma non credo che l’autore voglia adontarsene se gli dico che, a me pare, assistendo alla rappresentazione della sua Om. bra, di essere in una sala di concerti dove, insieme coi discreti e scadenti, eseguiscansi splendidi componimenti. Vo’dire che in questo lavoro non v’è la commedia, musicalmente parlando; nè l’autore aveva forse intenzione di comporla se s’inspirò sopra un’opera dello Scribe, dove la musica alternavasi col dialogo in prosa Di più fu molto malamente avvisato quando volle scrivere su versi francesi; ora che li fece tradurre, parmi che le parole sotto la musica stieno come suol dirsi a pigione. Con quest’Ombra bianca il Miceli ei-volle addimostrare come sia fisso in lui il disegno di dedicarsi tutto alla composizione melodrammatica; me ne compiaccio, e con me ne saranno pure lieti quanti aman l’arte; col suo ingegno, con la sua dottrina potrà contribuire a far rinverdire del lauro italiano una delle foglie più belle. Da bravo, scriva dunque una commedia lirica e ei tolga d’attorno quelle musiche brutte, lerce, svenevoli e, quel che più importa, senza spirito e melense. Il Politeama, forse lo saprete già, riapri le porte con una delle più splendide creazioni del Teatro moderno, col Ballo in maschera che segna l’apogeo dell’astro Verdiano. Tacete pertanto al grande maestro, ora che siete cotanto avventurati di. W u averlo fra voi, che l’esecuzione fu pessima, roba da Corti di Assisie; fra gli imputati per mutilazione d’orecchi non v’è luogo a procedimento penale per la Basso-Bensici (Ulrica). Di buon grado farei accordare, se fossi giurato in quel circolo cui compete giudicare crimini si fatti, le circostanze attenuanti all’esordiente baritono Balsamo. M’affretto a dirvi che il De G iosa conoscendo i suoi polli, e per lunga esperienza edotto che come un fiore‘non fa prato, così non sempre bastano uno o due artisti bravi per far gustare un’opera come un Ballo in maschera, si rifiutò di dirigerla. La valigia è già piena; di volo dirò che a San Carlo il Celada riuscì a contentare nella seconda e consecutive rappresentazioni della Borgia, non così il Beneventano. Il Musei la prepara due grandi novità: Beatrice eli Tenda, e Anna Balena. Registrate pure un altro brillante successo; al Rossini l’opera del maestro Sarria: Il babbeo e l’intrigante fu molto applaudita; finalmente al Mercadante giovedì sera avremo quella Gilda del Salomè che parevami volesse rimanere sul cartellone soltanto. Ma di questa e dell’altra fra qualche giorno avrete più ampii ragguagli. Ancora due parole per correggere la punteggiatura storpia della mia ultima corrispondenza. Dove è detto: «saranno ripresi gli spettacoli di musica consule. Il giovine maestro Alberti intende, ecc., «leggete: «saranno ripresigli spettacoli di musica, consule il giovine maestro Alberti il quale» con quel che segue. A rivederci. y^CUTO. Venezia, 11 gennaio Il mio telegramma del 7 che vi portava l’annuncio dell’esito ottenuto dalla Luisa Miller alla Fenice e dalla favorita al Camploy, telegramma assai poco consono coi giudizii dei giornali nostri (la Gazzetta di Venezia eccettuata che, onesta coni’ è, non può mentire) e d’una parte del pubblico, deve aver fatto arricciar il naso a qualcuno. Il rispetto che io debbo al giornale per il quale scrivo, giornale che milita sotto le bandiere dell’onestà e dell’indipendenza, mi fece dettare quel telegramma chg vi confermo pienamente. E meglio di 20 anni che la Luisa Miller usciva dalla mente feconda di Verdi, ma io credo che in questo non breve tratto di tempo la povera Luisa mai sia stata tanto maltrattata quanto lo fu oh ora alla nostra Fenice. Vi basti il pensare che si è ommesso il duo dei bassi, l’aria del contralto ed il famoso quartetto a voci nude; vi basti il pensare che, si dovette spostare più di qualche pezzo, e togliere tutti quegli effetti parziali che cooperano naturalmente all’effetto generale. Ma, mi si dirà, perchè vi furono degli applausi? La risposta è facile. L’impresa aveva fatto strombazzare ai quattro venti che il teatro, cadendo la Luisa Miller, andrebbe chiuso, e gli abbonati che vedevano in pericolo... tante cose, batterono le palme, persuasi che le stuonature non accoppano per quanto tremende siano. Comprenderete da ciò che non mette il conto di aggiungere altre osservazioni su questa povera Luisa Miller Ora si sta provando la Jone che è ricomparsa a galla; interpreti saranno la Schwarz, la Treves (veneziana), il Toressi ed il Colonnese. L’andata in scena è stabilita, salvo disgrazie, per martedì prossimo. Poscia vogliono dare il Guglielmo Teli (ben inteso in quaresima). La Favorita, al Camploy, andò e continua ad andare a vele gonfie. Il Giraldoni, questo veterano della scena, ne è il pilota potente. Era 14 anni che questo baritono esimio non si faceva udire da noi; ma il lungo tratti di tempo non valse a cancellarci dalla memoria un artista di tanto merito. L’ala inesorabile del tempo nulla rapiva a questo artista eminente: la sua voce ei sembra quella stessa, si per forza che per colore, che udimmo allora Negli ultimi giorni di Suly Non è a dire quanto egli sia festeggiato ogni sera poiché il pubblico veneziano sa di trovarsi a fronte di un artista sommo per ogni riguardo, e per il quale il solo Verdi scriveva due opere: Simon Boccanegra e Ballo in maschera. Tutta T interpretazione della Favorita è da parte del Giraldoni una cosa finitissima, una miniatura. La Ferni è anche qui, come nella Norma, festeggiata assai: infatti i meriti di quella egregia artista sono grandi. L’Aramburo, tenore, quello stesso che nella Norma era appena tollerato, sotto le spoglie di Fernando è irriconoscibile. Non mi [p. 13 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 13 avrei mai aspettato un miracolo simile. La voce soave, potente, estesissima, eguale, di questo tenore, tanto bene si attaglia alla sua parte che pochi tenori gli possono esser rivali Nella precedente mia corrispondenza vi faceva intravedere un gran dubbio sulla buona interpretazione di quest’opera da parte del tenore, ma il mio dubbio si dissipava alla luce della verità, e ne godo assai, Il Camelli, don Gasparo, fece bene la sua piccola parte, ed i cori questa volta superarono sè stessi. L’orchestra ne fa delle belle e la messa in scena di più belle ancora. Altro che la messa in scena (KM Aida al Cairo: qui, qui bisogna venire, al Camploy e anche un po’alla Fenice! Al Camploy non si è pensato quale opera succederà alla Favorita: vedono che il successo continua, e dormono sugli allori. Non mi sono mai ricordato di tenervi parola d’una nuova Messa scritta dal maestro Coccoli, che interinalmente funge qual maestro di Cappella alla nostra Basilica, in sostituzione del povero maestro Buzzolla morto or quasi un anno. Il nuovo lavoro del Coccon è pregevolissimo: particolarmente il Kyrie è qualche cosa di bello. Nel Gloria e nel Credo vi sono due fughe assai ben intese e sviluppate Solo, a modesto mio avviso, trovo che da tutto questo lavoro non emana quella gravità maestosa, filosofica, serena, che dev’essere la prima prerogativa della musica sacra. Non intendo che la musica sacra, perchè sia tale, debba essere monotona, uniforme, ma non si può provare che un sentimento disgustoso notando nella musica fatta per il tempio la cantilena profana o la marcia un po’ sguaiata. Questo, ripeto, non è che un mio apprezzamento, e consiglierei il maestro Coccon, che avrebbe più disposizione per la musica teatrale che per la sacra, a girare un po’ il mondo, soffermandosi nei centri musicali più importanti e poscia fare qualche cosa. Metto pegno che farebbe bene. P- F, IO Gennaio 1872. La quistione del teatro italiano è presso ad esser risoluta. Il Ministero accetta la proposta di far alternare le rappresentazioni di opere italiane con quelle di opere francesi. I proprietari della sala discutono le clausole del contratto per appigionarla al nostro direttore. Questi ha trovato la massima parte del capitale, e cerca il resto; nè gli sarà difficile trovarlo. Quando l’avrà in sua mano otterrà dal Ministero la permissione di aprir il teatro. Non manca più che la Compagnia. Siccome non si può scritturare un artista, senza esser sicuri d’aver il teatro, bisogna aspettare. Sicché è impossibile che il teatro s’apra, (supponendo che tutto riuscirà) è innanzi il l.° Marzo... vale a dire all’epoca presso a poco nella quale gli altri direttori lo chiudevano! Che il cielo la mandi buona al Martinet, che s’imbarca in cosiffatta avventurosa speculazione. Glielo auguro di tutto cuore, ma temo forte che faccia un capitombolo. Direttore del modesto Ateneo ha condotto finora assai bene la sua barca; ma come farà quando avrà sulle braccia l’aristocratico teatro italiano ed un rivale dell’opera e dell’OpéraComique. Aggiungete che dovrà privarsi naturalmente d’una quantità di opere italiane che sono tradotte in francese. Sarebbe assai strano, infatti, se una sera facesse rappresentare Rigoletto, la Traviata, Un ballo in maschera in italiano, e le sere seguenti le stesse opere in francese. Una delle due rappresentazioni farebbe torto all’altra, o almeno bisognerebbe fare un appalto distinto; e questo non è l’avviso del nuovo direttore. Ad ogni modo il prezzo d’un palco o d’una sedia di platea non può esser lo stesso per l’una e per l’altra rappresentazione. Si sa che i grandi artisti italiani, parlo dei principali, costano ben più caro che quelli che cantano le opere francesi. E per tutto dire questi ultimi preferiranno essere scritturati nei teatri francesi, perchè noi saranno semplicemente per una stagione o per sei o sette mesi, come alla sala Ventadour, ma per un anno intero. Tutte queste considerazioni non sembrano al Martinet abbastanza gravi par fargli abbandonare ’l suo disegno. Egli ha l’ambizione di dirigere un gran teatro, e vuole ad ogni costo riuscire. L’importante, per ora, è che il teatro italiano sia aperto, e non v’è dubbio che, lasciandolo al Bagier, non si riaprirà più. A mio avviso sarebbe stato meglio cederlo ad una Società, come aveva proposto Bagier. E Martinet sarebbe rimaso AM Ateneo. Togliete a Diogene la sua botte; mettetelo in un palagio, è perduto. L’Accademia di musica ha trovato un mezzo assai facile ed assai comico di sperimentare i cantanti prima di scritturarli. Credete che basti al nuovo direttore sig. Halanzier, di udirli e decidere se deve o no valersi del loro concorso? No. Li fa esordire in una delle opere del repertorio (che, come sapete, è sempre lo stesso); se piacciono, li scrittura, se no, li ringrazia e buon dì. Ecco perchè vediamo, una dopo l’altra, le riprese di tutte le opere di Meyerbeer, Halevy, Rossini, Auber, Verdi, Gounod, ecc. Un tenore si presenta, gli si offre la parte d’Arnoldo nel Guglielmo Teli; un contralto vuol essere scritturato oM Opéra, canterà la parte d’Azucena nel Trovatore o la Fede nel Profeta; un basso vuol esser ammesso all’Accademia di musica, subito la ripresa del Roberto il Diavolo, e cosi via. Il mezzo è eccellente, economico e pratico. Solo lo splendore dell’Opéra può soffrirne; ma che importa alla direzione? La maggior parte dei maestri le cui opere sono così sacrificate all’esperimento d’un nuovo artista, son morti o assenti. Auber, Meyerbeer, Halevy, Rossini, Donizetti non sono più, perciò non potranno lamentarsi se gli Ugonotti, la Muta di Portici, Y Ebrea, Guglielmo Teli, la Favorita sono malmenati; Verdi è in Italia, Gounod è ammalato nel Belgio; non udiamo il Trovatore, Don Carlo o il Faust. Solo Ambrogio Thomas è qui, ma la ripresa Amleto non sarà fatta nelle stesse condizioni. E la Sessi che canterà la parte d’Ofelia, scritta per la Nilsson; Obin quella del Re. Le altre parti saranno affidate agli stessi artisti che la cantarono la prima volta. Ed intanto si aspettano invano opere nuove! Non è egli strano, per non dir ingiusto, che la prima scena lirici francese abbia a fruire d’una dotazione di seicentomila franchi, che noi tutti quanti qui siamo dobbiam pagare colle imposte, senza che il foglio d’oneri, o come qui chiamasi le cahier des charges, sia rispettato? Se i seicentomila franchi debbono servire per far cantare tutte le vecchie opere da artisti per la più parte ignoti o mediocrissimi, il pubblico potrà un giorno o T altro domandare per qual ragione esso li paga. Ma che fare? La dotazione è stata concessa dall’Assemblea, composta precisamente dei mandatari e rappresentanti di questo stesso pubblico. Sicché è come se fosse stata concessa da esso e per conseguenza dovrà pagare e tacere. E se i giornali si lamentano, il direttore ed il Ministero li lasceranno dire. Viva la libertà!... La prima rappresentazione di Fantasia essendo ancora differita, e quella del Roi Carotte non avendo luogo che sabbato, non potrò parlarvene che nella prossima mia... Ma. ed è il caso di dire Lugete, Veneres Cupidinesque!, il maestro Offenbach è ammalato. Se fosse quistione di Thiers, la capitale non sarebbe tanto costernata. Tutte le così dette cocottes e tutti i petits-crevés non s’incontrano che dirigendosi reciprocamente questa domanda: — Avete nuove di Offenbach? Come va Offenbach? — si direbbe che dal suo stato di salute dipenda la sicurezza dell’intera popolazione. Non sarei meravigliato se domani o l’altro vedessi nei giornali un bollettino periodico del ’écorne l’autore del Roi Carotte ha passato la notte, a quella guisa che abbiamo veduto farlo durante la malattia del principe di Galles. Del resto, una tal quale diffidenza che non riesco a vincere, mi farebbe credere che questa malattia, che non suppongo menomamente grave (se pure è vera) sia un nuovo mezzo di reclame per la rappresentazione del Roi Carotte. Su che non si specula in questa benedetta Parigi! Intanto i prezzi dei biglietti ascendono di giorno in giorno a prezzi favolosi. Tutto è questione d’amor proprio, o per meglio dire di vanità; non già che chi spende cento e dugento franchi per una sedia di platea alla prima rappresentazione di questa féerie sia molto curioso di vederla; no; ma vuole piuttosto esser veduto e poter dire il domani: «Io era alla prima rappresentazione del Roi Carotte.» Alfonso Karr aveva ben ragione quando diceva che la più parte dei viaggiatori non lasciano il loro paese per viaggiare, ma per aver viaggialo. Nè vi sorprenda che parlando della féerie di V. Sardou e di Offenbach mi sia servito del vocabolo vedere. Le parole e la musica, infatti, non sono che l’accessorio. La parte principale è il macchinismo, la messa in scena, che ha costato una somma incredibile. Ecco a che si spende il danaro! per mettere in scena una grande opera d’illustre compositore non si spenderebbe il quarto della somma. E quest’opera si darà durante mezzo secolo; mentre il Roi Carotte durerà un anno al più! A A Londra, 2 gennaio. (Ritardato.) L’Atheneum pubblica la seguente lettera indirizzata dal fu sir Henry Bishop a Miss WhitnalL ora Mrs Scarisbrick, maestra di canto in Liverpool.» Londra, 17 settembre 1849. Cara signora. Ho ben poco a dire rispetto a quanto mi domandate sulla romanza - Home, sweet home-. Fu Miss M. Tree, che la cantò per la prima volta nella mia opera di Clari e la cantò con una forza e una espressione sì intensa che non ho mai udito eguale. Quello era invero la perfezione del canto delle ballate inglesi. Alcuni anni dopo insegnai quella romanza a una giovine si [p. 14 modifica]gnora italiana, che dimorava con la Pasta; e questa ammirolla grandemente, e mi disse desiderare essa pure d’impararla, poiché bramava tanto di cantare qualche romanza inglese. A quel tempo Donizetti stava scrivendo in Italia la sua Anna Balena per la Pasta; ed ho buone ragioni per credere che la Pasta al di lei ritorno in Italia desse la romanza a Donizetti pregandolo d’introdurla nella sua opera. Ciò spiega perchè una parte della melodia sia nell’opera d’Anna Balena, sebbene Donizetti non mi abbia fatto comunicazione di sorta. Avrei risposto alla vostra lettera prima d’oggi, ma trovandomi io fuori di città non l’ebbi in tempo per fare, come avrei desiderato. Credetemi, ecc. Henry R. Bishop». Dopo la citazione da me fatta della lettera di Lord Houghton in un precedente carteggio era necessario riferire per intero la lettera del chiarissimo autore di - Home, siceet home - la quale per sè sola basta a rimuovere tutti i dubbi ch’erano stati messi in corso circa l’autore di quella sempre popolarissima romanza. I direttori della compagnia del palazzo di cristallo annunziano una serie di meetings musicali per l’estate prossima con premi, ai quali potranno concorrere società corali’ nazionali e straniere, bande di volontari, cantanti di romanze, e amatori di musica in generale. I dettagli di questi concorsi hanno però sempre da venire, appena mi saranno noti offrirò alla attenzione dei vostri lettori. Il fatto però che la compagnia del palazzo di cristallo apprestasi a distribuire premi sino al valore complessivo di mille lire sterline, prova com’essa conti sul favore del pubblico. E il pubbìico certo incoraggierà colla sua presenza quii meetings, musicali. e darà un’altra prova dell’interesse maggiore che sente, e del migliore apprezzamento che fa dell’arte musicale Negli ultimi anni gli inglesi hanno fatto veramente miracoli per l’innalzamento dell’arte musicale. I pochi cantanti nazionali, ch’essi hanno, sono ricercati universalmente nel regno a prezzi favolosi; e il fatto che gl’impresari siano disposti e possano pagarli spiega chiaramente la situazione. Egli è cosa comune che cantanti come Sims Reeves, Vernon Rigby ricevano cento ghinee per cantare una romanza o un pezzo di musica qualunque in un concerto pubblico o privato! Osserverò inoltre che male un impresario potrebbe pagare le stesse somme a cantanti italiani, perchè un concerto di musica italiana, cantata da italiani, non è mai sì attraente come un concerto di musica nazionale, o anche musica estera, cantata da ar- *’ fisti nazionali. Non dirò che gl’inglesi non amino la musica e il canto italiano; ma certo è ch’essi vogliono incoraggiare i loro connazionali. Non conviene credere che, perchè durante la gran stagione di Londra i signori Mapleson e Gye fanno buoni affari con tutte le spese enormi che hanno da sopportare, il teatro italiano sia perciò in Inghilterra popolarissimo. Il teatro italiano è una moda aristocratica che, sebbene duri da lungo tempo, è, secondo me, soggetta a mutamenti e a rovesci, precisamente come ogni altra moda. Dirvi altrimenti sarebbe dirvi cosa non vera: poiché non è realmente che l’aristocrazia che lo frequenta; e piuttosto che per l’arte lo frequenta perchè il teatro italiano è uno degli ozi della stagione ed «è necessario essere l’opera». fVienna, 30 dicembre (Ritardato) Se noi sapeste ancora, vi dirò ch’io amo l’archeologia, in qualunque parte dello scibile essa fu condotta a disciplina di scienza. Oltre che l’amica mia sottraemi per qualche istante alle noie del presente, mi guida ella a conoscere per filo e per segno il successivo svilupparsi delle forme, e per tale via, che non è sempre sparsa di rose, mi riesce assai piacevole la cognizione di un determinato oggetto nella sua forma attuale. Siccome non sono d’avviso ch’altri possa valutare convenientemente la virilità se non si rifaccia all’adolescenza e più addietro ancora, all’infanzia, cosi penso che a dilettarmi dello spirito dei fatti odierni mi giovi grandemente riandare lo storico procedimento dei fatti stessi e risalendo alle prime radici sorprendere il loro germe ed il loro nascimento. Mi ricorda il fervore con cui ho seguito da studente le lezioni della storia della Musica, che alla nostra Università vengono tuttora continuate da un pubblico e ordinario professore, membro autorevole della facoltà filosofica universitaria, il quale, con esempio forse unico in Europa, chiamato dal Governo ad insegnare storia della musica all’università, con erudizione e critica, con saggi vocali ed istrumentali, ei faceva percorrere il cammino già fatto dalle varie forme musicali e di secolo in secolo ei conduceva fino ai maestri della giornata. Se questa cattedra di estetica musicale e storica non fosse stata ancora eretta nelle vostre Accademie di perfezionamento o nei vostri Istituti superiori, son certo che fareste opera benemerita dell’arte, elevandovi a strenuo e ardente propugnatore di essa. Credetemelo in parola, accanto ad una cattedra di filologia sanscrita o comparata può starne assai bene una della storia della musica, sostenuta però da un valentuomo, di cui si possa dire: ei non sono quattrini arrandellati quelli che lo stato spende per lui. Torno in chiave, se mai avessi allungata di troppo questa, che pur non dovrebbe essere una stonatura. L’utilità pratica dell’archeologia musicale mi fu evidentissima, quando sere fa assistevo con religioso raccoglimento ad un concerto storico, offertoci dal signor G. Promberger, Professore di piano nella Cappella imperiale di Pietroburgo. Il concetto inspiratore di questo concerto fu di mostrare in una serie di pezzi eletti lo svolgimento successivo della produzione musicale dalle sue origini fino quasi a noi. Bel compito, non è vero, codesto? Muovere dal 1100 e pervenire al 1770 portati dai numeri e dalle armonie, è un diletto che ha pochi di somiglianti. Per canto mio mi propongo riferirvene in modo particolareggiato, e ciò per due ragioni principali; la prima è, che la musica italiana vi ebbe bellissima parte ed importantissima; e l’altra, che fra tanti concerti a perditempo, ai quali ho dovuto assistere per tener fede alla mia promessa e tener su questa cronaca in modo degno dell’arte, solo il concerto storico del Promberger fu meno una speculazione, che una testimonianza di culto e d’amore all’arte stessa. Ed appunto perchè strettamente tale non ebbe tutto il successo che meritavano il nome del distinto concertista e lo scopo ch’egli vi si era proposto. Condotto da molta esperienza e squisitezza di gusto egli mise assieme un programma, ch’io non risterei dal chiamare modello del genere. Se lo divise bravamente in due sezioni, di cui la prima conteneva saggi di canto ecclesiastico e di musica ch’io mi permetterei di chiamar civile; il madrigale dalla grazia e dolcezza meglio misurata vi primeggiava. Dichiaro solennemente che. non sono nè clericale, nè bigotto, nè che fo il battezziere: ma quando udii armonizzato in triplice consonanza di sono per coro e basso «l’inno alla beata Vergine» del XII secolo, il Kyrie di una messa di Guglielmo Dufay del secolo XV, il Miserere di Pierluigi da Palestrina (1524-1590) che per tre secoli veniva cantato durante la settimana santa nella Cappella papale, e quando udii per ultimo il celebrato Crucifixus ad otto voci di Ant. Lotti (1665-1740). vi confesso che una certa commozione insolita mi ricercò dolcemente e compresi da quale fede da quale inspirazione doveano essere animati quei buoni vecchi quando significavano cosi bellamente le cristiano-cattoliche aspirazioni. Capisco benissimo che oggi in quanto ad aspirazioni ascettiche s’è ben giù di lì; ma ciò non impedisce che dalle odierne profanazioni della chiesa altri non si distolga per poco e non si riduca a gemere col Palestrina ed a piangere col Lotti, almeno in musica e fuori d’ogni precetto emanato dall’infallibilità della Curia. Però il nostro concertista ei fu parco di quest’ordine dr affetti, ed anche per offrirci un piacevole contrasto, dal «disonor del Golgota» ei condusse nelle braccia di Cupido e nelle erotiche delicature di due madrigali tedeschi, uno del 1500 di L. Senfl e l’altro di Dom. Frederici del 1624. Sono epigrammi musicati codesti, dei quali si perdette lo stampo; in ogni modo preferibili a certe amorose delinquescenze dei nostri dì, le quali vanno molto vicine alla freddezza. Nella seconda parte brillò di tutta la corruscante sua bellezza la musica italiana d ili’ epoca più splendida del suo primo apparire nell’orizzonte fulgidissimo dell’arte. Che sprazzi di luce diffusa per mano del genio in opere, in canzoni, in saggi per piano ei porse raccolti in un prisma 1 abilità del maestro! Dal 1600 allo scorcio del secolo passato l’Italia ebbe un’epoca di gloria sì bella per culto di musica, da farsi perdonare non poche deiezioni in politica e non minori in letteratura. Ella era ancora re fina, e chi ne dubitasse, oda X Euridice di G. Jacopo Peri (1600) la primissima delle opere, qualche anacreontica di Alessandro Scarlatti (1650-1728), l’aria dell’opera La Clemenza di Tito di Leonardo Leo, l’arietta della Papagena di Nicolò Jomelli (1714-1790), solo il duetto dell’opera buffa La Serva Padrona del Pergolese (1700-1736), oda solamente, die’io, questi saggi e dica poi se io abbia esagerato. Il programma del concerto storico era appunto ingemmato di queste bellezze; un’attenzione concentrata ne seguiva l’esecuzione, ed uno scoppio fragorosissimo d’applausi manifestò sulla fine l’ammirazione che aveano destata Era un omaggio al genio italiano, il quale anche in secoli addietro seppe tener accesa la sua fiaccola e lumeggiare la civiltà europea. A questi numeri di canto tennero dietro quattro pezzi per pianoforte: un Allegretto di Dom. Scarlatti, una Romanza dei Balbastre, X Egyptienne del Rameau, il preludio e la fuga del Bach. A chiudere con un degno finale tanta magnificenza e va [p. 15 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 15 rietà di programmi non ei volle meno che la grande1 scena finale dell’Opera Dardanus del Rameau (1683-1764). Non v’interesserà gran fatto conoscere i particolari dell’esecuzione; vi dirò in due parole che fu eccellente sia per parte di alcuni artisti della nostra Opera, (il coro v’era completo) come altresi per parte di alcuni nostri dilettanti e particolarmente poi del concertista, il quale diresse i cori e suonò i pezzi per piano assai maestrevolmente. Ma quello che mi preme riferirvi è l’impressione profondissima che fece sugli intervenuti particolarmente la seconda sezione di questa rassegna storico-musicale. Era un sentimento nuovo che svegliavasi nei più; una sorpresa al veder cosi splendidi dei nomi che doveano parer già eclissati da certi nomignoli; fu la consapevolezza chiara e distinta, che anche i numeri dell’armonia hanno la loro storia, la quale dimostra uno svolgersi di forme, un succedersi ed organarsi d’immagini, un lavorio incessante di civiltà e di progresso. Dopo di che comprenderete bene il mio amore per l’archeologia, ed il desiderio che simili studi e pratiche siffatte non vadano neglette da coloro, i quali dell’arte non fanno ancora un mestiere. Questo il mio voto pel capo d’anno. Statevi felice. u u Berlinp, 2 Gennaio. (Ritardato) Promisi di continuare la mia rivista dei concerti appena mi fosse possibile e non manco di farlo, sebbene abbiamo adesso molte curiosità musicali che mi tocca rimandare ad un’altra volta, per riparare prima il mancamento. Comincio coll’esecuzione della gran messa (&’ min.) di G. S. Bach alla Singakademie, istituto di canto, che è come sapete il più importante di Berlino, salvo forse quello dello Stern. Sarebbe portar nottole ad Atene dire delle molte bellezze di questo componimento del più gran contrappuntista che abbia esistito mai: basti il sapere che l’esecuzione alla Singakademie fu in tutto degna del capolavoro. I cantanti hanno nell’esecuzione di questo difficilissimo spartito un compito ingrato, tra perchè le parti di canto sono veramente ardue, tra perchè l’effetto non compensa la fatica; gli è perciò tanto più da lodare la cura e l’amore che essi posero nell’interpretazione. Fra i pezzi perfettamente riusciti noto Y Incarnalus ed il Cruci focus La Creazione di Haydn, componimento sempre giovane, forma un bel contrasto cogli intrecci di contrappunto di Bach, e fu riprodotta benissimo, come sempre, dalla Società corale dello I Stern, col concorso della Peschka-Leutner da Lipsia (eccellente soprano — Gabriele ed Èva), dell’Otto da Berlino (bravo tenore — Uriele) e dello Scaria da Dresda (ottimo basso — Raffaele ed Adamo). I due ospiti, che sono due artisti come se ne incontrano pochi, fecero le spese dell’interesse di questa serata. La Peschka-Leutner ha voce di soprano alto estesissima, e fiorisce e colorisce il canto con una leggierezza da destare l’ammirazione. Fu per essa un vero trionfo la riproduzione dell’aria Nun beat die Flur. Si può dire altrettanto del basso Scaria; benché fosse un po’ indisposto, egli fu un Raffaele come certo lo immaginava Haydn, in tutta la parte, naturale, vigoroso (la sua voce va dal Re basso fino al Fa) biblico, in una parola perfetto. La riunione di Santa Cecilia, sotto la direzione di Alessio Hollaender, esegui una nuova cantata per coro ed orchestra — Cornala — del compositore danese Niels W. Gade, il caro partigiano della scuola classico-romantica e principalmente del suo fondatore Mendelssohn. La nuova cantata mostra tutte le doti che si ammirano nelle composizioni del celebre maestro nordico, cioè: opulenza nel colorito strumentale, bellezza di disegno melodico, varietà artistica d’armonie; il t’itto congiunto a belle forme dà un capolavoro. L’esecuzione di questa cantata era buona, e merita lode speciale la moglie del direttore, la signora Hollaender che riprodusse la sua parte benissimo. Poco ho a menzionare intorno all’opera imperiale; tutto si riduce alla risurrezione d’una vecchia opera Macbeth di Taubert e al giubileo di un’altra che conta fra le migliori non della Germania solo ma del mondo musicale, vale a dire il Freyschütz di Weber che andò in scena con gran pompa e lusso e fu eseguita dai migliori membri della nostra scena per festeggiare la 400? esecuzione. Quando avrò detto che le stesse parti minime furono eseguite in quella sera dai primari artisti, che il Niemann lu un Max superbo, la Mallinger un’Agata impareggiabile, la Grossi (Annetta), avrete un’idea della stupenda esecuzione. Il trionfo maggiore fti per il Niemann, tenore di cartello della grande opera, artista vero, e padrone sicuro della sua robusta voce. Quanto al Macbeth, che pure è opera d’un maestro rinomato fra noi, egli non ebbe che un successo di stima. Il Taubert ha scritto assai, ed è specialmente noto per molte bellissime canzonette e sonate ed altre buone composizioni vocali e istrumentali, ma gli manca una cosa che pure è la principale per un compositore d’opere — lo slancio ed il brio drammatico. Non conosco il Macbeth del Verdi, ma sono persuaso che l’italiano avrà per vigoria drammatica, lasciato molto indietro il tedesco. Nondimeno nell’opera del Taubert vi hanno molti bei pezzi; tali la scena della luna nell’atto primo, il canto trionfale di Macduff, il coro degli Scozzesi nell’atto terzo e molti altri. L’esecuzione fu ottima; il bravo nostro Betz (Macbeth) fece il meglio che si poteva nella sua infelice parte; la Brandt (Lady Macbeth) fu eccellentissima, e non altrimenti Niemann (Macduff). Bene la Grossi e la Horina nelle parti di figli; la prima trasse molto partito dalla sua piccola parte. Le due ultime serate del quartetto Joachim, (ultime perchè nei mesi di gennaio, febbraio e marzo si assenta da Berlino) ei diedero un quartetto {re maggiore) di Haydn, un altro di Beethoven (op. 95 in fa min.) col concorso dei signori Stiehle e Jacobowsky, il celebre Sestetto {si bem. magi) di Brahms — poi il Quartetto {sol min.) di Haydù, Quartetto {re min.) di Schubert e uno stupendo quintetto (due viole in do mag.) di Beethoven col concorso ’del signor Brode. Vi parlai del Brahms la passata volta; un’altra prova del suo eletto ingegno fu questo sestetto, che fu eseguito in tutti i suoi tempi col brio che rivela l’eletto artista. Il quartetto dello Schubert, il cigno immortale delle canzonette, è un gioiello nella tenerezza dolce delle variazioni e nello slancio impetuoso del finale. Un’altra società di quartetto, quella dello Spohr e colleglli, esegui nell’ultima sua serata un nuovo quartetto di Gioachino Raff, lavoro che ha doti tali da meritare di essere posto fra i migliori della musica strumentale moderna. Un giovine violinista di gran talento piacque molto in un concerto della società artistico-letteraria. Gustavo Hollaender (tale il nome) è scolare preferito dello Joachim ed eseguì un concerto di Spohr, Villanella di Miska Hauser, una Barcarola di sua composizione e due diffìcilissimi pezzi di Roèder; principalmente negli ultimi destò entusiamo per la rara sua abilità; speriamo di udirlo più spesso. Un arpista-concertista signor Aptommas (da Wales, ricco di arpisti) ebbe il coraggio di dare due concerti nella sala deifi Hôtel de Rome, senza alcun aiuto; questi concerti attirarono un numeroso uditorio che rimase assai contento, il che prova che il concertista è assolutamente maestro del suo strumento. Egli arricchì il repertorio dell’arpa eseguendo magnificamente la sonata do diesis min. (così detta della luna) di Beethoven ed il concerto {fa min.) di Weber, oltre molti pezzi di ParisAlvars e di propria composizione. Ha un tocco sicuro tanto nelle sfumature del pianissimo come nei forti arpeggi dei passaggi brillanti, e tratta il suo strumento con quella libertà artistica che non conosce difficoltà. Finisco con poche’ parole sopra due rinomati pianisti il Bendel ed il Barth, l’uno dei quali diede la sua seconda SchubertChopin Soirée, l’altro un gran concerto col concorso dello Joachim con questo programma: l.° Sinfonia del Figaro di Mozart. 2.° Concerto {la min ) per pianoforte di Schumann, 3.° Concerto {sol min.) per violino di Bruch (suonato dallo Joachim), 4.° Concerto {mi bem. mag.) di Beethoven. Barth conta fra i migliori pianisti di Berlino e principalmente la riproduzione del concerto di Schumann gli valse grandi onori. Il Bendel suonò, oltre la Wandèrfantasiè op. 15 di Schubert e il grande scherzo {si bem. min.) di Chopin, molti pezzi di Schubert e Chopin, colla finezza solita. La Sgrina. Adler disse due canzonette di Schubert e tre canzonette di Chopin, con bella voce e fina maniera; fu molto applaudita, benché queste canzonette del polacco infelice non si sollevino sul livello della mediocrità. Possiamo però perdonare di cuore tenendo conto della moltitudine delle creazioni bellissime, lasciateci dal tropico Chopin. F F Rimandiamo al prossimo numero la pubblicazione del Carteggio di Londra arrivato in ritardo. Il principe Galitzin, in uno dei concerti russi ch’egli dà a Nuova-York, eseguì alcune sue composizioni: Fantasia dell’emancipazione (!) e Gran Fantasia patriottica intitolata Unione russo-americana (!!) A Riga non si fecero che 70 prove dei Maestri cantori di Wagner... e pare che l’opera possa già andare in scena! Miracoli del genio tedesco! ¥ Il 23 dicembre si celebrò a Lipsia il 50.° anniversario del Freyschütz colla sua 25O.a rappresentazione — È a Berlino quest’opera stessa ebbe la 389,a rappresentazione il giorno 18 dicembre. ¥ Un altro teatro divenne preda dalle fiamme. E il teatro Wall in Washington, arso il 6 dicembre. L’edificio era assicurato per dollari 15,000, ma la perdita pel proprietario è di dollari 30,000. V Giuseppe Bessems, dal 1845 maestro di cappella alla cattedrale di Anversa, ha dato le sue dimissioni. Il maestro Kieven fu nominato al suo posto [p. 16 modifica]16 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO La Società Pietro Zorutti di Udine diede al teatro tre trattenimenti musicali che riuscirono splendidissimi. L’introito di queste serate è destinato ad accrescere la Biblioteca della Società. II maestro Paolo Manica da Catanzaro ha condotto a termine un’opera; Isabella Orsini.? V E il maestro Ed. Pérelli di Milano un’altra col titolo: Viola, la cantatrice. Il Signale di Lipsia annunzia la nomina di Ernesto Cavallini al nostro Conservatorio come professore di tromba! (Trompeten-Professor). Si tratta di dare nella prossima quaresima la Tleginella del maestro Braga nel teatro di Pisa. Piacque all’Alcazar di Parigi una nuova rivista intitolata: Ne causons pas politique! Il Figaro parla d’un nuovo sistema d’illuminazione esperimentato con molto successo al teatro dell’Opera di Parigi. Il nuovo gaz-luce piglia il nome di gaz-ossidrico, vince di gran lunga in limpidezza e in forza tutti i sistemi adoperati finora, e si accosta molto alla luce elettrica. Il Gaulois dice d’aver sentito dire che a Londra si dice che il celebre tenore Mario sta per sposare la sorella d’un duca e pari d’Inghilterra (!) M Luigia Abbadia già valente cantante tornerà presto in Milano, dove darà lezioni di canto. X A Parigi il sig. Hurand ha ottenuto la concessione d’un terreno ai Campi Elisi per fondarvi un teatro d’estate destinato all’opera e alla pantomima.

  • Il teatro la Gdité di Parigi darà probabilmente l’anno venturo una

nuova operetta di Hervé (!) Non si può negare che il Gaulois abbia avuto un poco di premura di darci la notizia di tanto avvenimento, e dobbiamo essergliene grati doppiamente.

  • Gli operai che lavorano a sgombrare le’ rovine del teatro Lirico di Parigi

scoprirono giorni sono uno scheletro d’uomo perfettamente conservato. Si voleva prevenire il commissario di polizia, quando il portinaio del teatro scoprì ed additò alla folla commossa i fili d’acciaio che tenevano insieme le ossa,.. Era lo scheletro del Freischütz che soleva apparire accompagnato da lace elettrica, con una falce in mano nell’atto La fusione delle palle. Al teatro del Liceo di Barcellona sarà dopo la quaresima eseguita una i nuova opera del maestro Obiols intitolata Edita. ¥ Fra le opere adottate dall’Accademia Reale del Belgio è la Storia delT organo di Edoardo Gregoir. Gounod è sempre gravemente malato, e si teme per la sua vita. Un giornale dice che egli cadde infermo lo stesso giorno in cui ebbe terminato il suo nuovo spartito Polyeucte.

  • Fu pubblicata a Lipsia la Biografia di Schubert scritta da Liszt.

Il capitano di stato maggiore S. Voyer, pianista valente, diede testé un concerto al teatro di Algeri, che produsse 4000 lire per i poveri. Poco fa fu chiuso il teatro Louit di Bordeaux; ora toccò ugual sorte al teatro Nazionale della stessa città. ¥ Ermione, nuova opera di Max Bruch, verrà eseguita a Berlino ed a Dresda.

  • A Ravenna, in occasione della sua beneficiata, quel caro matto di Valentino

Fioravanti cantò un pezzo di propria composizione II maestro di musica. Applausi e risate universali. Il valente maestro Martino Roeder da Berlino ebbe testé nella sua patria un gran successo per una composizione: L’Imprecazione def cantore. ballata d’Uhland declamata con accompagnamento di pianoforte. E un genere di cui non si ha quasi notizia in Italia, ma che in Germania conta molti esempi, fra i quali quello del celebre Meyerbeer. La musica del Roeder è assolutamente pregevole, a giudizio di tutti, ed offre qualche cosa di meglio della semplice curiosità del genere che egli vuole ricondurre in onore. Le ballerine Maria Moriondo e Adele Palieni, allieve della Scuola Milanese, fanno, a ciò che scrive l’Eco d’Italia, la delizia del pubblico dell’Olympic Theatre di Nuova-Jork. Nell’atrio del teatro Comunale di Bologna diede un concerto la giovane pianista Stella Neri, allieva di Golinelli. Suonò stupendamente e fu applauditissima. > Il teatro di Lilla avrà una primizia: Les nuits de Florence del maestro Ferdinando Lavaine. 2$. Il metodo di contrabasso di Bottesini fu tradotto in inglese. L’editore Leon Escudier ha acquistato la proprietà delle due nuove opere di Federico Ricci: Une fête à Venise e la Dogaresse, entrambe prossime ad essere rappresentate in Parigi. A Roma il 15 del corrente mese verrà pubblicato una Gazzetta Teatrale. ¥ Lunedì 15 alle ore 9 antim. nella chiesa di Santa Barnaba in occasione dell’anniversario funebre ufficio pel defunto conte Gian Mario Andreani, pio benefattore dell’Orfanotrofio Maschile di Milano, verrà eseguita per la prima volta la Messa da morto espressamente composta e dedicata agli orfani cantori per tale circostanza dal chiarissimo maestro Boucheron. FERRARA. La Marta riprodotta colla signora Pernini Furono specialmente applauditi la brava signora Pernini passo. Buoni i cori e l’orchestra. ebbe esito lieto, e il tenore DalPORTO MAURIZIO. Ottimo esito il Ballo in maschera. Fra gli esecutori emerse la Conti-Foroni (Amelia); bene la Lezi (Paggio) e piace assai la signora Neri (Lirica), che ha voce estesa e robusta, e apprese a servirsene assai bene alla scuola del bravo maestro Bozzelli da Bergamo. Applauditi pure il baritono Rossi-Romiati e il Villena. PESARO. L’opera Tutti in maschera ebbe successo assai lieto. Esecutori erano le signore Rastelli e Guerrieri ed i signori Zanardi-Landi, Leva e Mosca. Applauditissimi tutti. SAVONA. La Linda, che aveva avuto esito debole, fu ridata con buon successo colla prima donna signora Grosso. Bene il baritono Fellini. MOSCA. Il Trovatore fu un trionfo per la Benza, la Scalchi, Perotti, Mariani e Rossi. Fu ripetuto il duetto fra la Scalchi e Perotti. ANVERSA. Al teatro Reale fu riprodotta un’opera quasi dimenticata di Auber: L’Ambasciatrice. L’esito fu piuttosto freddo. GAND. Il Faust fu eseguito mediocremente al teatro Reale. Piacquero sopra tutti gli esecutori il basso Berardi e il baritono Flachat. Al contrario la Dinorah ebbe un’esecuzione stupenda. La signora Chelli-Boulo trionfò nella parte di protagonista; Pascal e Flachat si fecero pure assai applaudire. BARCELLONA. Buon esito al Circo la Lucrezia Borgia, interpretata dalle signore Ruggero e Mariotti e dal signor Padovani. — Al Gran Teatro la Lucia, eseguita dalla signora Fité-Goula, dal tenore Carrion, dal Farvaro e dal Rodas, ebbe ottimo successo. I giornali barcellonesi fanno grandi elogi a Carrion. MARSIGLIA. Dopo oltre un anno di clausura il Gran Teatro si aprì il primo corrente col Guglielmo Teli che ebbe esito entusiastico. PIETROBURGO. Il Don Pasquale, scrive un giornale, ha dato il fuoco al teatro per il brio indiavolato (sic) e i prodigi di vocalizzazione di Adelina Patti.— La Din orali fu un altro trionfo; la diva si mostrò tutta grazia e sentimento e dovette ripetere il valzer dell’ombra, il terzetto delle campanelle e gli echi col clarino. Il pubblico, messo in appetito, voleva altre repliche, che non furono accordate. ANGERS. La Mignon di Thomas ebbe lieto successo. L’esecuzione fu buona. PRATO. Liete sorti arrisero al Marin Faliero, eseguito dalla signora Bacchiani, dal tenore Donati, dal baritono Borgioli e dal basso Barbieri. NOTIZIE ITALIANE — Milano. La Direzione del R. Conservatorio di musica ha pubblicato il seguente avviso: «A tenore dell’avviso di Concorso 22 novembre 1871 risguardante l’ammissione in codesto R. Conservatorio di Alunni-Uditori chiamati principalmente a completare l’orchestra composta dagli Alunni ordinari, restano avvertiti i giovani aspiranti che ì relativi Esami di ammissione avranno luogo dinanzi ad apposita Commissione la mattina del 23 corrente gennaio alle ore 9 antimeridiane in altra delle aule del Conservatorio medesimo. L’esame verserà su di un duplice esperimento, vale a dire: l.° Esecuzione di un pezzo, a piacere dell’aspirante; 2.° Esecuzione di uno o più frammenti a prima vista. Quelli fra i concorrenti che non si presentassero nel giorno e nell’ora sopra indicati si riterranno aver rinunciato al concorso.» Ieri sera alla Scala ebbe luogo V ottava rappresentazione della Forza del Destino: il teatro era affollatissimo, come se si trattasse d’una prima sera; l’opera venne accolta dalla prima all’ultima nota con entusiasmo straordinario. Le signore Stolz e Waldman, ed i signori Fancelli, Pandolflni, Pantaleoni e Maini ebbero ovazioni ad ogni pezzo. I cori e l’orchestra furono inappuntabili ed eseguirono tutta l’opera con brio, e con coloriti veramente stupendi. Non ricordiamo uno spettacolo che nell’insieme offra tanta perfezione, come quella che abbiamo ora nostro massimo teatro. Le prove dell’Jïda procedono regolarmente: continuando malattia del Capponi, la parte di Radamès dell’opera nuova al la di verdì venne affidata al Fancelli. L’impresa della Scala ha già scritturato un altro tenore, il Perotti, e crediamo che la scelta sia ottima. (Continua nella terza pagina della coperta). [p. 17 modifica]GAZZETTA MUSI NOTIZIE ’ESTERE — Cairo. L’orchestra del teatro dell’Opera Italiana offri uno splendido banchetto a S. E. Draneth Bay, Soprintendente dei Teatri, ed al bravo maestro Bottesini. Il festino ebbe luogo nel Foyer dell’Opera Italiana, e riuscì splendidissimo. A completare la festa, i commensali riuniti, spedirono il seguente telegramma all’illustre maestro Verdi:«Mentre orchestra festeggia suo direttore Bottesini, manda ossequioso sa«luto autore Aida.» L’autore dèll’Atda rispose telegraficamente così: «Sensibilissimo al saluto dei professori ringrazio con riconoscenza ed invio «auguri a tutti. «Verdi «Genova, 2 gennaio 1872.» — Utrocht. L’Elia di Mendelssohn, interpretato dalla Mantschappy tot bevordering der Toonhunst il 15 dicembre, col concorso d’un coro numerosissimo, ebbe esito stupendo. L’esecuzione fu assai lodevole. — Rotterdam. La Società Bach diede il 19 dicembre’un concerto con un programma esclusivamente composto di opere del gran maestro. — Alla cattedrale fu il 22 dicembre eseguito stupendamente il Giuda Maccabeo di Handel. — Dijon. Fu eseguita la cantata G allia di Gounod dagli allievi del Conservatorio col concorso d’una dilettante, la signora Brun. L’esito fu tale che si «dovette ripetere l’opera intera. — Stuttgart. Nel concetto di Natale, della R. Orchestra si eseguirono due interessanti composizioni antiche, cioè: il Concerto in sol minore di Handel, c il concerto in mi bem. maggiore di Mozart, che il celebre autore eseguì per la prima volta nel 1785. — La Haye. La Sezione dell’Associazione per la propaganda della musica tentò di eseguire l’oratorio di Killer, Zerstorung Jerusalem’s, ma riuscì poco felicemente. — Bruxelles. Il Circolo Artìstico e Letterario, che veniva accusato di mostrarsi indifferente alla musica, diede’ il 31 dicembre una splendida festa musicale per inaugurare un nuovo locale. Il programma comprendeva opere di Schumann, di Servais, di Beethoven, di J. S. Bach, ecc., eseguite da Brassin. Dupont, Mailly, Vieuxtemps, Steveniers, Servais, Cornélis, ecc. L’esito si indovina. — Bayreuth. La commissione incaricata di scegliere l’area in cui sorgerà il teatro Wagner, ha trovato la collina dello Stuckberg perfettamente adattata. E anche sciolta la questione sul modo di alloggiare due o tre mila forestieri. — Vienna. Il grande avvenimento del giorno (udite!) è la nomina di Riccardo Wagner a membro onorario della Società filarmonica. Il caso fa aggradevole impressione nei Wagneriani, i quali vi scorgono un novello indirizzo musicale di Vienna, una prossima annichilazione dell’attuale traviamento musicale. A ciò si aggiunge che Herbeck e Dessoff si sono posti alla testa dell" Unione d’azioni Wagner! — Col nome di Unione di musica sacra Palestrina si è formata nella chiesa dei Francescani una Società per la promozione della musica sacra in generale, per lo studio degli antichi maestri (Palestrina, Orlando Lasso, ecc..) ed in ispecie del corale. SETTIMANA TEATRALE 7-13 gennaio. Teatro alla Scala. 7. La Forza del Destino - Le Figlie di Chèope, ballo — iO e 11. Il Giuramento - Le Figlie di Chèope, ballo — .13. La Forza del Destino - Le Figlie di Chèope, ballo. Teatro alla Canobbiana. 7. Il ritiro delle orfane - Abderamo il sapiente, ballo — 8 Marito e moglie in maschera - Abderamo il sapiente, ballò — 9. Elisabetta Imperatrice di Russia - Abderamo il sapiente, ballo — 10. Matteo l’invalido - Abderamo il sapiente, ballo — lì. Un mazzo di rose - Abderamo il sapiente, ballo — 12. Montjoye e l’egoista - Abderamo il sapiente, ballo — 13. Gli animali parlanti. - Abderamo il sapiente, ballo. Teatro Carcano. 7 e 10. I Lombardi — II. Francesca da Rimini — 12. I Lombardi — 13. Francesca da Rimini. ’ Teatro Re. 7. Cause ed effetti — 8. Raffaello Sanzio — 9. Le tribolazioni del signor Travetti — 10. Le prosperità del signor Travetti — 11. Sogni d’ambizione — 12 e 13. Raffaello Sanzio. Teatro Santa Radegonda. 7. La diva di Karacalpak — 8, 9 e 10. TP Isola di Tulipatan 11 e 12. Gli Antropofagi — 13. La diva di Karacalpak. CALE DI MILANO 17 POSTA DELLA GAZZETTA Agli scioglitori di Sciarade e Rebus: Perchè non abbiano a scrivere una seconda lettera, quando sono favoriti dalla sorte, per scegliere il premio, sono pregati di indicarlo addirittura nella lettera che reca la spiegazione: così verranno anche più presto in possesso del premio. Signor Bartolomeo P. Bor... — Oncglia. Accordiamo - Mandate vaglia e scegliete premi. Signor Francesco Maz.... — Lago-Calabria Gitra. Come sopra. Signor Ferdinando Ghi.... — Cesena — N. 140. Come avrete visto dal programma dettagliato d’abbonamento, l’opera da voi chiesta non è compresa nei premi, appartenendo essa alla seconda categoria marcata a prezzo maggiore. Vi preghiamo quindi a indicarci di nuovo che cosa scegliete per 3.° e 4.° premio. Signor Ferdinando F... — Napoli — N. 303. Accordiamo - Vi spediremo il 4.° Premio appena pubblicato, e vi mandiamo subito quanto avete chiesto. Alla Gazzetta di Genova. Avete ringiovanito la nòstra Gazzetta di 25 anni, e temiamo che non ve ne sia molto grata. Grazie infinite di tutto il resto. Signor Avv. G. V. — Como. Il pezzo scelto per la spiegazione delle Sciarade del fascicolo 22 della Rivista minima non vi fu spedito subito avendo dovuto ristamparlo., Signor Ingegnere Pio P... — Pavia. Una settimana per la Gazzetta, 15 giorni per la Rivista Minima. Signor D. L... — Bologna. Vi concambiamo gli augurii. Impossibile quanto domandate, nessuno essendo ammesso. A rivederci. Prof. A. V... Pavia. Mandateci pure qualche notizia dei vostri spettacoli: ve ne saremo anzi riconoscenti. Ma raccomandiamo molta brevità, avendo sempre grande abbondanza di materie. Grazie dell? vostre gentili espressioni. Alla Gazzetta di Treviso. La Direzione vi ringrazia vivamente e vi è riconoscentissima. Vi manda un ricordo d’amicizia. ’, | M P IÉ Q H I Y A G A N T 1 Gorizia. — Nella Civica Scuola di musica, che’ si sta ricostituendo, sono vacanti i posti di due maestri e due supplenti collo stipendio, di annui fiorini, 1000 per i primi e 500 per i secondi. L’insegnamento comprende tre sezioni: l.° Strumenti ad arco: 2? Canto e pianoforte; 3.° Istromenti a fiato. Il contratto sarà stipulato por 5 anni col primo anno di prova. Le domande devono essere dirette al Municipio entro il 14 febbraio prossimo. SCIARADA A leggere il primiero insegna il lutto, Quando Y altro s’ammala è immenso lutto. REBUS ~ isr ly 3^ E E |J> NT NT 1 i Quattro degli abbonati, che spiegheranno la Sciarada e il Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista minima, a loro scelta. s *, ’ Finora ei pervennero poche spiegazioni esatte del rebus del passato numero — nessuna della sciarada. Siccome il giornale uscì con un po’ di ritardo, prolunghiamo il concorso dei premii fino al prossimo numero. ’ ’ I Editore-Proprietario, TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe, gerant». ’ Tipi Ricordi. — Carta Jacob. [p. 18 modifica]42510 42630 Grevas- Alvàs. Valzer.. 316. 42557 4 4 347. 42559 2 50 348. 42560 2 50 4 350. 42561 1 42562 35J. La Bajadera. Galop (Indigo). 2 50. 6 — Valzer 42558 Op. 71. N. 6. Loft Bébé. Polpette (facile). FABIO CAMPANA SOSPIRI L SPPRA^ZJE RICORDO JD’ITALIA o 2 42119 La prima viola. Arietta.. 1 50 50 8 — ALFONSO GUERCIA MARCO SALA SPÆIIR JE DIPOLO CIUQUTJ JJIRLODIJE C. oBr.Fr. Parlami d’amore. Melodia. 4 Il sospiro. Romanza con Pianoforte e Violoncello o Violino Br.oQ. S. o T 2 Br. o C 50 8 — Fr. 12 — 78, 80, 89. Op 3PE3R ’ PIANOFORTE COMPOSIZIONI 42640 42641 42662 42120 42121 42116 42117 42118 50 50 50 75 1 2 6 — 3 — La Zingarella. Ballata La Donna Italiana.. Completo

La rosa d’aprile Romanza.... Se mai nato io fossi in trono. Arietta Quanto! Romanza

50 50 2 — 2

2 — 2

3 2 50 50 50 50. MS. o T... S. oT. 42610 42611 42612 42605 42606 42607 42608 42609 346. Mille ed una notti (Tausend und eine Nacht). Valzer (Indigo).. 6 — Illusioni giovanili. Valzer. Farfallini. Polka.... Fibre femminili. Mazurka. A J 2 50 4 — 4 — 12 — SALA MARCO Storielle campestri. Valzer.... 42505 42506 ’42507 42508 42509 fa... S.oT. S. o MS. o T. 6 — 5 — Tipografia del R. Stabilimento lc£icoi’d.i - Milano 42475 Op. 325. Storielle del Bosco Viennese (Geschichten aus dem Wienerwaìd). MS. o T. S. C. E. 42601 Op. 23. Canzoni d’Engadina. Valzer 42695 «24. Rosa Alpina. Mazurka. ■ MOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DEL R. STABILIMENTO RICORDI MILANO NAPOLI — ROMA — FIRENZE 42206 0p. 281. Fella bella, verdeggiante Stiria (In der sch’ônen, grünen Steiermark).’Valzer.. Fr. 42554 Op. 343. Shawl. Polka (Indigo).. Fr.; 42511 Il passero solitario. Valzei 42211 42212 41887 42132 42133 42134 42135 42136 42137 283. Souvenir de Varsovie. Mazurka. 284. Figli della Fortuna (Glückskiuder). Valzer

4 — 2 50 42555 42556 344. Indigo. Quadriglia 345. A piede libero (Auf freiem Fusse). Polka (Indigo) Mille. ed ma notti (Tausend und e ine Nacht). Valzer (Indigo). Lontano dalla, patria (Aus dei’ Heimath). Mazurka (Indigo).. A passo d’assalto! (Im Sturmschritt’.) Galop (Indigo)... Un consiglio allegro (Liïst’ger Ratto). Polka (Indigo).... 2 50 42638 Op. 125. Serafina. Polka 1 Così m’appar nell’estasi. Melodia. I/ho perduta. Romanza

Un voto. Stornello.. Viaggio nothirno. Terzettino Completo

42461 MS. o Br’Fr.. MS. o Er.. MS. o Er..... C..... S.. MS. oEr. 4 12 II Edera. Stornello campagnuolo..... La Margherita. Romanza

Il Cipresso. Melodia Canta, fanciulla mia. Stornello

Lasciami addormentar sovra il tuo cuore. tale.

Iòle. Romanza. Voga. Tempesta e Barcarola..... Alla sua porta! Melodia

Completo • • • Dolore

Vendemmia. Canzone campestre Rimpianto. ’....... Il fiore alpestre. p..... Oblio Completo

18 MORCEAUX CARACTÉRISTIQUES POUR PIANO KO UFI R F3 42564 SOUVENIR DE BELLINI (I Puritani) 42566 BELLAGGIO. Morceau.. 7... Fr. 4 50.. 2 50. MS.oT. oEr.... MS. o T.... MS. o C.. MS. oT.o Er. Melodia sentimen. MS. o C. o Er. 42569 VIVE LA REINE. Galop de Concert.. 42535 MARIE. Nocturne...

Fr. 3 50.. 2 —