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12 GAZZETTA. MUSICALE DI MILANO Napoli, 8 gennajo. All’elenco delle opere italiane nuove comparse nel 1871, aggiungete. di grazia, V Ombra bianca del maestro Giorgio Miceli, che fu il 30 dicembre p. p. rappresentata qui sulle scene del teatro Nuovo. La musica piacque e l’esito può riguardarsi per lietissimo, e, se l’ufficio di corrispondente comprende quello di storico e di critico, adempio al primo con molto compiacimento; registro dodici chiamate, la replica d’un pezzo, copiosi applausi, e, caso rarissimo in una prima rappresentazione oggidì, non contrastati. Come critico, il compito è un po’ più arduo; trattasi di giudicare il lavoro d’un artista sicuro del fatto suo anche troppo, d’un contrappuntista dotto, benché giovane, d’un compositore che faceva parlare di sè ancora fanciullo, quando pure su queste scene fece rappresentare la sua Zoè e Gli Amanti sessagenarii. Spiccò dipoi volo più alto, e il pubblico napolitano la sera del 14 maggio 1854 fu chiamato al teatro del Fondo, oggi Mercadante, per dar giudizio sul Conte di Rossiglione, melodramma del poeta Stefano Riberai che il Miceli aveva posto in musica. Egli è questo un punto nero nella carriera del giovane compositore, di cui ei occupiamo oggi; fu trovato nel suo lavoro, ben variato e opportunamente colorito lo strumentale, accurata la condotta dei singoli pezzi; acconcio il concerto delle voci, ma non lodevole per l’invenzione. Il pubblico napoletano è inesorabile ne’suoi giudizii; per esso la bella fattura è un accessorio; se l’opera risente di povertà di fantasia è condannata inesorabilmente. Il Miceli non fece allora lo sfiduciato, ma dedicossi ancor più seriamente agli studii e tratto tratto pubblicò componimenti per camera che sono in gran voga; e per fermo romanze più belle, più gentili, più eleganti, non escono così di leggieri dalla penna di altri compositori. Dei suoi trii, dei suoi quintetti solenni consessi musicali portarono giudizio favorevolissimo. L’ingegno del Miceli non è prodigo di possenti e felici creazioni melodiche; ma deve essere segnalato per quella virtù assimilatrice che, adoperata con gusto ed artifizio, quasi sempre supplisce al difetto dell’invenzione. In quest’Ombra bianca vi hanno varie melodie molto affini con quelle di altre opere favorite, ma il Miceli studiossi a dissimularle e vi riuscì tanto bene che io ù ì non potrei giurare che il parlante buffo del secondo atto riproduca alcun po’ le fattezze del Don Giovanni. In generale poi quest’opera comica non parmi che conservi ablastanza lo stile caratteristico delle opere buffe e brillanti, perchè tal fiata, ne’recitativi segnatamente, v’è troppa pindarica energia. L’adagio del finale del primo atto, a mo’ d’esempio, è sviluppato in modo magnifico sì, ma non sembranmi bene a proposito molti slanci vocali 2 certe iperboliche sonorità; tanto più che a quest’adagio, meglio acconcio per una grande catastrofe / drammatica che per un’opera comica, succede una stretta alla Hervé ed alla Offenbach. Piacemi d’aver parlato di questo finale perchè così posso dirvi ora che i pezzi più pregevoli sono, a mio credere, l’aria comica del basso, un quartetto preceduto da un trenta misure alla Palestrina. In questo pezzo, oltre i pregi della frase, sono commendevoli la condotta e la molta dottrina sparsavi con infinita disinvoltura; veramente m’ha tocco e mi è andato, come dicesi, in tanto sangue. Intermezza i due atti un preludio di squisita fattura; noto con compiacenza -un duetto, benché lungo, e il rondò finale, delizioso, affascinante. Nel lavoro del Miceli lo stile è, se non sempre appropriato;L! al genere, di fina lega; havvi purezza, regolarità ed eleganza, ma non credo che l’autore voglia adontarsene se gli dico che, a me pare, assistendo alla rappresentazione della sua Om. bra, di essere in una sala di concerti dove, insieme coi discreti e scadenti, eseguiscansi splendidi componimenti. Vo’dire che in questo lavoro non v’è la commedia, musicalmente parlando; nè l’autore aveva forse intenzione di comporla se s’inspirò sopra un’opera dello Scribe, dove la musica alternavasi col dialogo in prosa Di più fu molto malamente avvisato quando volle scrivere su versi francesi; ora che li fece tradurre, parmi che le parole sotto la musica stieno come suol dirsi a pigione. Con quest’Ombra bianca il Miceli ei-volle addimostrare come sia fisso in lui il disegno di dedicarsi tutto alla composizione melodrammatica; me ne compiaccio, e con me ne saranno pure lieti quanti aman l’arte; col suo ingegno, con la sua dottrina potrà contribuire a far rinverdire del lauro italiano una delle foglie più belle. Da bravo, scriva dunque una commedia lirica e ei tolga d’attorno quelle musiche brutte, lerce, svenevoli e, quel che più importa, senza spirito e melense. Il Politeama, forse lo saprete già, riapri le porte con una delle più splendide creazioni del Teatro moderno, col Ballo in maschera che segna l’apogeo dell’astro Verdiano. Tacete pertanto al grande maestro, ora che siete cotanto avventurati di. W u averlo fra voi, che l’esecuzione fu pessima, roba da Corti di Assisie; fra gli imputati per mutilazione d’orecchi non v’è luogo a procedimento penale per la Basso-Bensici (Ulrica). Di buon grado farei accordare, se fossi giurato in quel circolo cui compete giudicare crimini si fatti, le circostanze attenuanti all’esordiente baritono Balsamo. M’affretto a dirvi che il De G iosa conoscendo i suoi polli, e per lunga esperienza edotto che come un fiore‘non fa prato, così non sempre bastano uno o due artisti bravi per far gustare un’opera come un Ballo in maschera, si rifiutò di dirigerla. La valigia è già piena; di volo dirò che a San Carlo il Celada riuscì a contentare nella seconda e consecutive rappresentazioni della Borgia, non così il Beneventano. Il Musei la prepara due grandi novità: Beatrice eli Tenda, e Anna Balena. Registrate pure un altro brillante successo; al Rossini l’opera del maestro Sarria: Il babbeo e l’intrigante fu molto applaudita; finalmente al Mercadante giovedì sera avremo quella Gilda del Salomè che parevami volesse rimanere sul cartellone soltanto. Ma di questa e dell’altra fra qualche giorno avrete più ampii ragguagli. Ancora due parole per correggere la punteggiatura storpia della mia ultima corrispondenza. Dove è detto: «saranno ripresi gli spettacoli di musica consule. Il giovine maestro Alberti intende, ecc., «leggete: «saranno ripresigli spettacoli di musica, consule il giovine maestro Alberti il quale» con quel che segue. A rivederci. y^CUTO. Venezia, 11 gennaio Il mio telegramma del 7 che vi portava l’annuncio dell’esito ottenuto dalla Luisa Miller alla Fenice e dalla favorita al Camploy, telegramma assai poco consono coi giudizii dei giornali nostri (la Gazzetta di Venezia eccettuata che, onesta coni’ è, non può mentire) e d’una parte del pubblico, deve aver fatto arricciar il naso a qualcuno. Il rispetto che io debbo al giornale per il quale scrivo, giornale che milita sotto le bandiere dell’onestà e dell’indipendenza, mi fece dettare quel telegramma chg vi confermo pienamente. E meglio di 20 anni che la Luisa Miller usciva dalla mente feconda di Verdi, ma io credo che in questo non breve tratto di tempo la povera Luisa mai sia stata tanto maltrattata quanto lo fu oh ora alla nostra Fenice. Vi basti il pensare che si è ommesso il duo dei bassi, l’aria del contralto ed il famoso quartetto a voci nude; vi basti il pensare che, si dovette spostare più di qualche pezzo, e togliere tutti quegli effetti parziali che cooperano naturalmente all’effetto generale. Ma, mi si dirà, perchè vi furono degli applausi? La risposta è facile. L’impresa aveva fatto strombazzare ai quattro venti che il teatro, cadendo la Luisa Miller, andrebbe chiuso, e gli abbonati che vedevano in pericolo... tante cose, batterono le palme, persuasi che le stuonature non accoppano per quanto tremende siano. Comprenderete da ciò che non mette il conto di aggiungere altre osservazioni su questa povera Luisa Miller Ora si sta provando la Jone che è ricomparsa a galla; interpreti saranno la Schwarz, la Treves (veneziana), il Toressi ed il Colonnese. L’andata in scena è stabilita, salvo disgrazie, per martedì prossimo. Poscia vogliono dare il Guglielmo Teli (ben inteso in quaresima). La Favorita, al Camploy, andò e continua ad andare a vele gonfie. Il Giraldoni, questo veterano della scena, ne è il pilota potente. Era 14 anni che questo baritono esimio non si faceva udire da noi; ma il lungo tratti di tempo non valse a cancellarci dalla memoria un artista di tanto merito. L’ala inesorabile del tempo nulla rapiva a questo artista eminente: la sua voce ei sembra quella stessa, si per forza che per colore, che udimmo allora Negli ultimi giorni di Suly Non è a dire quanto egli sia festeggiato ogni sera poiché il pubblico veneziano sa di trovarsi a fronte di un artista sommo per ogni riguardo, e per il quale il solo Verdi scriveva due opere: Simon Boccanegra e Ballo in maschera. Tutta T interpretazione della Favorita è da parte del Giraldoni una cosa finitissima, una miniatura. La Ferni è anche qui, come nella Norma, festeggiata assai: infatti i meriti di quella egregia artista sono grandi. L’Aramburo, tenore, quello stesso che nella Norma era appena tollerato, sotto le spoglie di Fernando è irriconoscibile. Non mi