Gazzetta Musicale di Milano, 1844/N. 40

N. 40 - 6 ottobre 1844

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[p. 165 modifica]- 4G5 — tHfflTI BEALE ’ ANNO III. - N. 40. IW MILANO DOMENICA G Ottobre 1844. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio si intitolerà Antologia classica musicale. — Pcr quei Signori Associati che amassero invece altro genere di musica si distribuisce un Catalogo di circa N. 2000 pezzi di musica, dal quale possono far scelta di altrettanti pozzi corrispondenti a N. 150 pagine, e questi vengono dati gratis all’atto che si paga l’associazione annua; la meta, pcr la associazione semestrale. Veggasi I’ avvertimento pubblicato nel Foglio N. 50, anno II, 1843. La musique, par des inflexions vives,accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas» sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations» et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres à l’émouvoir.» J. J. Rousseau. 11 prezzo dell’associazionc alla Gazzetta e alla Musica è di effettive Austriache L. 12 pcr semestre, od effettive Austriache L. 14 affrancata di porto fino ai confini della Monarchia Austriaca; il doppio per C associazione annuale. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’LUIicio della Gazzetta in casa Ricordi. coni rada degli Onienoni N.” 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Filici postali. — Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto. SOMMARIO. I. I. R. Teatro alla Scala. Il Giuramento. - IL Esposizione dei prodot li dell’industria Lombarda. -III.Storia musicale. Secolo d" oro della musica italiana. IV. Gazzettino settimanale di Milano - V. Notizie. VI. Altre cose. I. H. TEATRO ALLA SCALA IX GIUHAWNTO del IIaestro Saverio Mercadante Riprodotto la sera del 29 scorso settembre colle signore ed Angri, e coi signori Cminni e Valente. vecc^’° saggio soleva dire ^ch’egli non evasi inai lasciato ^rincrescere di metter gli occhi ^ra nessuno de1 più cattivi i, perchè anche da questi, soggiungeva, si può apprendere qualche cosa per farli buoni. Io sarei per dire lo stesso delle melodrammatiche rappresentazioni: anche dalla più imperfetta riproduzione di uno spartito si può cavare qualche utile verità che giovi al miglioramento ed allo sviluppo dell’arte. Per me dal bellissimo lavoro di Mercadante testé rimesso sulle nostre scene con si modesta fortuna, credo aver avuto due profittevoli lezioni: una, che la sobrietà dell istrumentazionc, per cui si è tanto pugnato dai moderni novatori, è una qualità indispensabile nelle grandi opere musicali acciocché i sensi di chi ascolta non siano aggravati da soverchia stanchezza: 1 altra, che la giusta misura dei tempi è quella che sopra tutto decide del buon effetto delle immagini melodiche. Non sono cose nuove che intendo rivelare, massime in queste colonne ove tanto si è favellato dell’uno e dell’altro strumento: ma sono due nuove convinzioni di più. che sento aver ricevute, e che vennero a fortificare viemmaggiormente le opinioni che già molto innanzi aveva concepite. Ilo udito parlar molto della meschinità delle armonie italiane, e ho udito molto lodare la supremazia delle armonie straniere. Senza tutto impugnare e tutto concedere, ciò che parmi essere incontrastabile si è, che i cultori delle arti, che tendono soprattutto al diletto, debbono incessantemente aver 1 occhio a quel confine, oltre il quale il piacere degenera nel fastidio della sazietà. Chi varca quel confine, sia egli pur creatore di opere peregrine, j manca allo scopo dell’arte, e getta le perle nelle macerie.; E innegabile che ci vuole dello studio; e dell ingegno a condurre un intero melodramma collo sfoggio continuo di un’elaborata istrumentazionc j ma quando questa inclemente ricchezza di suoni, anzicchè 1 divertirvi, vi fa ritornare alle case vostre con un peso nel capo e coi sensi affati-! cali, 1 intento artistico è perduto, e quindi i! perduta ogni più studiosa fatica. Il povero ’! Belimi fu molto incolpato per la grande parsimonia con che faceva uso de’ mezzi armonici:, e mi ricordo aver letto in un articolo del Débats che la sua lìeatrice i |! ria Tenda era qualificata come una mu’I sica assolutamente cattiva perchè non l I fabbricata sulle ridondanze dei rumorosi armonisti d oltremente. Verrà giorno che ’ i si penserà altrimenti, e sarà chiaro forse j anche al di là delle Alpi die l’uso, ch’egli faceva moderato dell orchestra, era il gran segreto che ci faceva escire dal teatro col1 l’anima piena delle più soavi commozioni, coi sensi inebbriati da una dolcezza ine- | splicabihg mentre dopo le troppo pertinaci risuonanze di certi capolavori moderni si lascia il luogo del divertimento portando con se il tedio d una grande fatica sostenuta. Consento che certi popoli possono aver 1 udito più resistente di un altro, e che I ad alcuni possa far piacere ciò che ad altri è positivamente fastidioso, come ad i un sordo bastano appena quei suoni che | molestano d’ordinario un udito ben formato: ma ciò non proverebbe che un orecchio duro sia nella musica da ante- । porsi ad un orecchio delicato. Quando alcuno arrivi a sostenere una simile sentenza concederò che i suoni delli officleidi e il tuono della gran cassa siano da preferirsi alle soavi melodie di un flauto. In; un epoca come la nostra, in cui si fa tanto abuso di enti romoreggianti d’ogni natura, > queste considerazioni possono per avventura riescire non intempestive, e potrebbero servir di richiamo ad alcuni validi ingegni che lasciarono la buona via per la falsa, correndo dietro alla foga del tempo. Con questo non intendo io disconoscere i pregi grandissimi che fecero assai lodalo questo esimio lavoro di Mercadante, la cui rinomanza e a quest’ora si solidamente stabilita che nessun danno potrebbe fargli una parola di censura. Vorrei nondimeno significare a qualcuno che s’avvisasse prenderlo ad esempio che alquanto meno d abbondanza di suoni potrebbe per avventura far crescere il diletto risparmiando la stanchezza dei sensi. Il compopositore non dee dimenticarsi che l’opera sua dura di consueto circa tre ore’, e che il far sentire per tre ore la pienezza di cento parti d’orchestra è veramente troppo sfarzo d arle. Mercadante è quello dei maestri odierni che più d’ogni altro si è dimenticato del tanto prezioso modus in rebus. Con una dottrina che può dirsi non seconda a nessuna, e con un ingegno quasi eguale alla dottrina, egli non ha sempre trovato quella ammirazione che pure sarebbesi meritata unicamente perchè troppo sovente fu dimentico della virtù della moderazione, conservatrici* massima d ogni diletto. Volendo egli fare deifi armonia. ne fece troppa ■, volendo fare della musica grandiosa, fece delle opere troppo lunghe} volendo fare dei pezzi ben architettali, li costruì quasi lutti conformi e spesse volte prolissi } volendo apparir sapiente, cadde sovente in freddezze. Peccato che un solo difetto di gusto abbia tanto pregiudicato un ingegno eminente chi; doveva essere de’primi tra i primi! J] mondo che non è artista, e soprattutto nella musica giudica solo dalle sensazioni, non conobbe donde veniva il male, e lasciò incompreso tanto bene che gli avrebbe guadagnato una fama che sarebbe stata invidiata da molti, pareggiala da pochissimi. Della seconda poi delle convinzioni che ho meco recato dalla riproduzione del sullodato spartito non credo dover altro afeiunsrére dopo le cose che tanto di recento luron dette m proposito, se non che la necessità di porre un rimedio ad un male che si fa ogni giorno maggiore va crescendo col crescere del male. Certo, bisogna ripeterlo: da (pii a qualche anno molle musiche non si sapranno più cantare. Col perdersi degli artisti per cui furono scritte. si perderà la memoria del come voglion essere eseguile.. Ogni movimento dei cantabili verrà alla cieca alteralo dal1 inesperienza degli artisti, e le opere le più pregiate parranno meschine per sola colpa di chi non le saprà interpretare. Ad ogni nuova rappresentazione d un vecchio melodramma questa verità si fa sempreppiù manifesta. Siane prova, l’esito sì languido ch’ebbero, la sera di domenica, i più bei tratti del Giuramento, i quali, perchè cans [p. 166 modifica]— 465 ESPOSIZIONE DI I PROROTTI Articolo II ed ultimo. la sua semplicità c pel suo (’fletto è da considerarsi siccome uno vinlino Pell; I DELL’INDUSTRIA LOMBARDA Viniini tìtl altri istromenti. I ■■ -tati con movimenti rilasciatissimi, destarono quasi l’ilarità nel pubblico impaziente. Il difetto medesimo fu già notalo dal nostro Mazzuccato nei Càpuleti e NLo rilecchi: fu notato lo scorso carnevale nella Norma, nella Linda di (’diamounix, nei Puritani, e può dirsi in quasi tutte le opere i cui andamenti non furono precisamente determinati dai compositori presenti. Nello stesso Emani, lavoro sì recente e sì noto, si ascoltano qui tutte le sere dei movimenti che non son quelli ideati dal maestro Il guasto non è grandissimo, ma bisogna convenire che esiste } e ne sono convinti tutti gli intelligenti che, appena un mese fa, udirono eseguita questa stessa musica sulle scene di Bergamo, ove il Verdi avenue dirette le prove. Alcuni canti son troppo lenti, altri troppo affrettati. Alquanto lento sembrami, per esempio, Fandanie della cavalina della Gabussi, che la Strepponi, secondando la volontà del maestro, cantava alquanto più mosso. La signora Gabussi può rendersi persuasa che sollecitando un po’ più quel movimento, e rallentandolo appena in qualche battuta, otterrebbe un effetto migliore. Troppo affrettato è Paliegro moderato dell’aria del baritono. al quale se il Tali desse un moto più riposato, potrebbe ornare il canto di tutte quelle grazie che gli convengono e che lo rendevano cosi seducente sulle labbra del Soperchi a Venezia e su quelle del Colini a Bergamo. Così alcuni cori e qualche altro pezzo concertato avrebbe bisogno di maggior precisione nei tempi; precisione che alcuni anni addietro lacerasi quasi mai lamentare alla Scala, e che ora si di frequente si fa desiderare. E chiaro che il male proviene maggiormente dai cantanti} ma parmi che il maestro al cembalo e il direttore dell orchestra potrebbero sicuramente diminuirlo coll opporsi più efficacemente all’istinto de guastatori. Ho voluto notare questi fatti perchè i maestri compositori veggano di quanta convenienza sarebbe all arte ed alla buona esecuzione dei loro lavori quel qualunque rimedio che potesse impedire quest’opera di corruzione} e spero che il loro criterio non lascerà di cooperare affinchè abbia a cessare in avvenire quel danno che è irrimediabile nel passato. Ritornando del resto al punto d’onde sono partito, non credo aggiungere veruna menzione particolare intorno al merito agli artisti, perchè poche lodi si posson dare agli attori d’uno spettacolo caduto. La slessa signora Gruitz, che si fa sì giustamente applaudire nella parte di Romeo nei Caputeli, per indisposizione di salute non ha potuto valersi de’ suoi mezzi. Un solo coro di donne, eh io mi ricordi, fu debitamente rimeritato d’applausi. G. Vitali. meravigliosi che l’uofl^ino abbia potuto trovare. In questo L imperarne islromento sono congiunte la forza alla soavità, la leggerezza alla gravità: eccita l’energia, promuove la gioja e nell’istesso tempo simpatizza colla melanconia e co’ più delicati affetti. Giusta la maniera con cui lo si interroga, risponde ora volgarmente ed ora con incantevole sublimità. Qualunque melodia gli è propria; pcr esso una mano esperta si può cimentare a qualsiasi armonia. Il suo timbro, come ebbe ad asserire un illustre maestro, è quello di una seconda voce umana, giacché potendo sostenere, crescere e modificare i suoni, ottiene di rivalizzarc colla voce naturale. Questo timbro è sì varialo c sì possente che ad ogni carattere si presta: le vibrazioni delle quattro sue corde operano prodigj. Il genio dell’esecutore pcr mezzo dell’arco può animarsi di un soffio divino. Chi ammiri) Paganini e Teresa Milanollo è conscio di tutti i prestigj del violino. Eppure (cosa quasi impossibile a credersi) fra noi il sorprendente islromento è trascurato, ben fiochi professori di violino ponno trovare lezioni; eccettuatone il Conservatorio, non avvi palestra dalla gioventù studiosa frequentala: i nuovi dilettanti sembrano essersi dimenticali di questo re degli istromenti

E superfluo accennare il grado di perfezione a cui la struttura del violino ne’ secoli XVI e XVII è siala condotta in Cremona per opera principalmente di Amati, Stradivario c Guarnerio; tutti sanno che i loro lavori servirono di modello a tutta Europa,’ c nella forma e nelle particolarità vennero servilmente imitati da (piasi tulli i fabbricatori. - Carlo Antonio Galbussera, fatto accorto che assai difficilmente avrebbe conseguilo di de’ perfezionatori ora nominali, cerei) di scostarsi alquanto dal loro sistema, semplificando il formato, togliendo le curve ovvero orecchiette, limitando a soli (piatirò Ì venti c più pezzi che anticamente componevano il violino, e riducendolo ad una ritondata sagoma non mollo dissimile, da quella di una piccola chitarra. Una tale innovazione, o se vuoisi riproduzione di forme cadute in disuso, fu soggetto a calde discussioni c ad attente, disamine: alcuni campioni sostennero il Galbussera, valenti artisti, mossi da pregiudizio o da convincimento, lo bersagliarono. Ciò non pertanto il fabbricatore, milanese nel 4832 conseguì il pubblico premio della medaglia di argento, c 1 I. lì. Istituto di Scienze ed Arti ne emise un favorevole giudizio. Oltre le modificazioni nella forma, il Galbussera con preparali chimici ottenne l’estrazione delle sostanze resinose c gommose che naturalmente tutti i legni contengono, ed in pochi istanti d’introdurre nella materia prima di un violino que’ benefizj che lunghi e lunghi anni a poco a poco sogliono operare nel legno, rendendolo più pronto c sensibile alle oscillazioni delle, corde. Violinisti di merito ebbero ad adottare gli isl conienti di nuova foggia colle preparazioni del Galbussera, c nelle orchestre, il forte e robusto suono di essi dominò. Fra i tre violini in questa circostanza presentali all’esposizione avvenc uno all’antica cogli angoli prescritti dall’abitudine o dalla maggior solidità, da tenersi siccome il più convincente argomento dal Galbussera opposto a’suoi detrattori. Possan le sue eonscienziosc c generose fatiche aver il dovuto guiderdone! Il professore. Gaetano Rossi di Milano espose un contrabbasso in legno di acero costrutto senza le solite. catene c mercè un semplice congegno atto ad esser agevolmente montalo tanto a tre che a quattro corde con molto vantaggio c comodo de’suonatori. Il Rossi ora sta compiendo un altro contrabbasso di grande dimensione c co’ prelodali attributi pél famoso concertista Bottcsini. De’ timpani con meccanismo immaginato dal Boracelo per ottenere in un attimo le variazioni di tuoni mediante speciale c pronto manubrio, già i nostri lettori altre volle furon falli consapevoli. Questo zelante artiere ed esperio professore spiegò egli stesso le precipue proprietà del suo lavoro nel Manuale pel timpanista, corredalo di varie tavole esplicative: ad un tale importante libretto odilo dal Pirola si ricorra, ed ognuno uniscasi a noi pcr slimolare i filarmonici ad incoraggiare c rimunerare la invenzione c le indefesse cure del Boracchi. 11 Pelitli gode già di un buon nome: i suoi corni, le sue trombe ed officlcidi mandatisi ne’ paesi limitrofi; il commercio di lui va sempre più estendendosi. I suoi stromenli di ottone vanno ogni dì migliorando: alle manifatture in cui riscontratisi progressi di riio non può mancare un aumenlo di lucro. La campana c la grossa cassa, questi stromenti di una sola nota, ora in singoiar guisa premìigonsi. La prima, moltiplicata in varie dimensioni, da buoni villerecci, per non dire anche cittadini, è con- smania desiderata, festeggiala cd udita: uno strepitoso concerto di campane in alcuni paesi è il non plus ultra dell’armonia musicale. La grossa cassa poi da moderni compositori drammatici con tale furore vien adoperata che non avvi periodo nelle nostre recenti opere più o meno basato sul rimbombare di (piesto immenso terribile islrumcnlaccio, distruttore quasi sempre di ogni ragionato effetto musicale. Presentarono un chiassosissimo saggio di campane con migliorala composizione i fratelli Barigozzi di Pavia emuli de’Bizzozzcro e de’ Comerio. Questi solerti fabbricatori nel 1839 avevano già fatto conoscere il battaglio meccanico, nuovamente applicato al concerto che farà meravigliare ed inorgoglire quelli di Seregno. 11 tamburone fortunatanv ule non figura alla presente esposizione: per esperimentarne gli effetti di lui avvi un’aula più grande ove da tiranno ha sede. 1. C. STORIA MUSICALE Secolo <!’ oro della musica italiana. Progressi della Melodia. Valenti Coni ponitori italiani. Scuole celebri di Canto e di Suono col vario loro carattere, (Cunlinuazumc: vedi il numero 20). 1 gran Giuseppe Tartini si rese benemerito dell’arte per tutti que mezzi che contribuiscono all’avanzamento di essa. Fu pratico eccellentissimo, maestro sensato e distinto scrittore. In ogni cosa che prese a perfezionare ha saputo imprimere lo spirito d’invenzione e la natura riflessiva e sagace, cui portavaio il proprio temperamento. Ingrossando le corde del violino, troppo fino allora sottili e fievoli, ed allungandone alquanto l’archetto, raddolcì l’asprezza di quello stromento che sarebbe stridente di sua natura} e studiando sulla maniera di guidar F arco di sotto e di sopra, di rallentarlo, d affrettarlo e di premerlo, giunse a trar fuori suoni dolcissimi e meravigliosi. Spicca ne’suoi componimenti quell aurea schiettezza, quell’unità di pensiero, quella incomparabile semplicità, quel patetico, dolce e dilicato tanto graditi alle anime gentili, quanto difficili a ben diffinirsi. Egli comprese in tutta la sua forza la verità del precetto d’Orazio: Non fiunurn ex fulgore, sed ex fumo dare lucem. Quindi aveva per costume di esser modesto e rattenuto in sulle prime, per sollevarsi poscia dal bello sino a quel grado di espressione che caratterizza i suoi componimenti, e che altri assomiglierebbero alla musa del Petrarca, di cui si dichiarava ammiratore grandissimo. Di ciò può far fede l’uso ch’egli aveva. prima di mettersi a comporre, di leggere e meditare un qualche sonetto di quel poeta, a line di riscaldar il suo ingegno alle pure fiamme di quel platonico e sublime amatore (1). V’ha di quelli che F accusano di soverchia parsimonia negli accompagnamenti, e certamente, se si paragonano in codesto articolo i suoi componimenti a quelli degli altri, la differenza è troppo visibile} ma il difetto si dilegua ben tosto, (1) Un siffatto carattere dovea render al nostro Tartini vie più insopportabile la compagnia d’una moglie riottosa e caparbia, che gli toccò in sorte simile alla Santippe di Socrate; invaghitosi della quale in Padova aveva egli disgustato il genitore, abbandonalo lo studio del foro c rovinata la propria fortuna. Prendendola poi in matrimonio mostrò di non aver letta la sentenza di Shakespeare nella Cleopatra: Che la donna ç è un piatto da presentarsi ai Numi, purché il diavolo non vi faccia la salsa. O [p. 167 modifica]O ■■■_qualora si voglia riflettere, che lo stile tartiniano colorito di tinte finissime perderebbe forse ogni sua grazia se gli si aggiugnessero in troppa copia oppur caricali di soverchio gli accordi, come se alla linda movenza de’puttini dell’Albano volesse un pittore accoppiare l’atteggiamento animoso di Giulio, o la schietta nitidezza dell’Aminta del Tasso s’esprimesse collo stile lumeggialo e forte d’un Alessandro Guidi o d un Frugoni. Per le fatiche di questi e d’altri valenti compositori f arte degli accompagnamenti fu condotta alla maggior perfezione, e l’orchestra, parte così necessaria all’ottima riuscita del dramma, si vide disposta dagli uni e regolata dagli altri con incomparabile maestria. Non più si collocarono alla rinfusa gli strumenti, nè si credette che il numero e La scelta di essi nulla avesser a che fare colla espressione ma si pensò bensì che! una e l’altra di queste cose contribuissero assai a produrne il total effetto. Partendo dal principio della unità accennata di sopra conobbero essi, che essendo fatto non il canto per gli stromenli. ma sibbene gli stromenli pel canto, non doveano quelli primeggiar sulla voce del cantore, ma solo clovean regolarla, sostenerla e rinvigorirla: che essendo ciascuno stromento necessario in parie al fine propostosi, non dovea l’uno impedir l’azione deli altro, cosicché il Basso. per esempio, affogasse la voce di tutta l’orchestra, o gli stromenli da fiato signoreggiassero su quelli da corda, o questi all’incontro su quelli: che non convenendo mischiare fra loro suoni di diversa natura, faceva mestieri collocar insieme gli stromenti della medesima specie acciò si accordassero meglio, e con maggior esattezza sonassero: che i bassi però si dovessero interpolare or qua. or là per tutta l’orchestra, giacché da essi dipende la movenza e l’andamento d’ogni buon’armonia: che non essendo a proposito qualunque stromento per produrre qualunque suono, bisognava studiar bene la natura di ciascuno per meglio combinarli fra loro e farli muovere a luogo e tempoche i subalterni dovevano essere intieramente subordinati al maestro, e posti in maniera, che potessero esser tulli insieme veduli, e veder aneli’ essi scambievolmente chi suona il clavicembalo: che bisognava avvezzar di buon’ora i sonatori alla giustezza del tempo e a regolar il loro movimento colla mossa generale degli altri, affinché f aggregato de’ suoni avesse quell’unità, senza cui non havvi senso o significato alcuno nella musica. Con tali massime gedebitrice nerali ordinarono gl’italiani l’orchestra, e fra gli altri i maestri napoletani, alla particolar avvedutezza de’quali era debitrice l’Italia della sua superiorità in cotai genere. Insigne parimenti divenne Galuppi, chiamato altrimenti il Buranello, celebre celebre non meno per questo merito che per lo studio posto nella espressione del costume musicale, intendendo io con siffatto vocabolo qualificare, come si conviene, col debito grado d intonazione e colla propria specie di canto, la natura e situazione altuale de personaggi che preminosi a rappresentare. Nè minor gloria s’acquistò È immortale Jommelli, il quale in siffatto pregio come nella felicità di e’ suoi voli mu© ta siculi che lo rendono, a cosi dire, il Cliiabrera e 1 Orazio de1 compositori, nell"accoppiar la espressione al difficile, nella fecondità e nel brio de* suoi concetti fu veramente originale. Ma da nino altro si potrà meglio imparare l’arte difficilissima di combinar gli stromenli quanto dal rinomatissimo Hasse ovvero sia il Sassone educato e perfezionato nella musica in Italia sotto gl insegnamenti di Alessandro Scarlatti, il (piale maneggiò da filosofo e da uomo di genio la musica. Vegga si fra le carte del Dizionario di Rousseau la pittura dell’orchestra di Dresda regolata da lui per molti anni, dove s’imparerà più con un’occhiata sola, che colla più minuta descrizione che da me potesse farsi. Ma ninna cosa contribuì tanto a render chiara la musica italiana in quest fipoca quanto 1 eccellenza e la copia de’ cantori che fiorirono di quà dei monti. In fatti come sarebbe possibile, anzi a che gioverebbe la perfezione delle altre parti costitutive della musica, se quella, cui tutte debbono riferirsi, e dalla quale ognuna principalmente dipende, restasse abbandonata alla ignoranza e al pessimo gusto? L’arte del maestro e del sonatore altro non è in fine che un linguaggio imperfetto, col quale non s’arriva a esprimere se non troppo rimotamente ciò che si vuole. laddove il canto è la più compita e più interessante imitazione che le belle arti possono proporsi per fine. La più compita, poiché imitando immediatamente i tuoni della umana favella, gli elementi stessi, onde si forma l’oggetto rappresentato, servono ad essa di mezzi a ben rappresentarlo. La più interessante, poiché egli è certo che fra tutte le imitazioni possibili la più gradita al cuor dell uomo sarà in ogni tempo quella della propria sensibilità e delle proprie affezioni. La pittura e la scultura si fermano imitando, a così dire, sulla scorza dell’uomo^ il canto penetra fin nell’anima, l’avverte nella sua esistenza. risveglia la sua attività, e dipinge le sue modificazioni più intime. Quelle sono come il Pimmalione della favola allorché ritrae dal marmo la statua di G-alatea^ questo è simile al nume propizio che animò quella statua medesima, e che vi sottopose dell1 artefice innamorato i soavi ondeggiamenti, i palpiti successivi, i tremoli sguardi, i sospiri seducenti, i sorrisi ingenui e le incantatrici parole, indizj di vita trasfusa all’improvviso in quella pietra infeconda, e delizioso alimento alle speranze dell1 amante. Però nella mossa generale del buon gusto musicale in Italia 1 arte del canto dovette spogliarsi, e se ne spogliò in fatti del cattivo metodo antico, e contribuì a rinforzar vie più P espressione, non già facendo strazio della poesia come nel secolo passato, nè aggirandosi intorno a1 vani arzigogogli come a1 tempi nostri, ma ponendo ogni suo studio nell imitar l’accento naturale delle passioni, nell acquistar una perfetta intuonazione. che è il cardine d ogni melodia, nell imparar la maniera di cavare, modulare e fermare la voce a dovere, nell’eseguir maestrevolmente i passaggi di nota in nota colla debita gradazione, acciocché tutte quante spicchino le diverse inflessioni del sentimento, nell’appoggiar a tempo e luogo, trattenendosi, ove il richieda l’espressimi del dolore o della tristezza, scorrendo poi leggermente sugli altri che generati vengono da effetti contrarj, nel preferir il naturale al difficile, e lo stile del cuore a quello di bravura, nel far uso di quelli abbellimenti soltanto che necessarj sono alla vaghezza e brio della voce, senz’adoo - ~O alia espressione, nell* attemperar l’agilità naturale di essa voce non già all’arbitrio di chi la possiede, fecondo per lo più di capricci, ma all’indole della natura e della perarli tuttavia con prodigalità nocevole passione, nell’accomodar la prosodia della lingua coll accento musicale in maniera, che vi si distingua nettamente ogni parola, se ne comprenda il sentimento e la l’orza, e si ravvisi il quantitativo valor delle sillabe, nell accompagnar col gesto appropriato e convenevole i movimenti del canto e il carattere de1 personaggi, in una parola nel portar, d più lontano che sia possibile, 1 interesse. I illusione e il diletto, grandi fonti della teatrale magia. Secondo lo spirito del! esposto sistema s’aprirono nelle pili cospicue città utilissime scuole intente a promuover quell’arte incantatrice e ripolirla. Modena ebbe quella di Francesco Peli, come Genova quella di Giovanni Puita, l’Orfeo e il Ballilo della Liguria. Venezia, oltre gli oralorj destinati con gran vantaggio della musica alla educazione dei cantanti, ebbe il Gasparini e il Lotti per capiscuola. Roma, dove la parlicolar esecuzione della musica sacra avea da lungo tempo introdotta la necessità degli studi e de1 maestri, fioriva ale di Giuseppe Amadori, i (piali imiti con esempio non troppo comune ai letterati in fratellevole amicizia cogli altri uomini, valenti nell arte del suono e della composizione, comunicavansi a vicenda i lor sentimenti, e le osservazioni loro al comune giudizio esponevano, onde poi copiosi lumi ritraeva ciascheduno per correggere i proprj difetti. per migliorare il piano di educazione musicale, e per dilatare i confini deli arte. Serve d’argomento a provar la diligenza di questi eccellenti maestri il costume che avevano, siccome riferisce il Buontempi, illustre allievo della scuola romana, di condurre a passeggio i loro discepoli fuori delle mura di Roma, colà dove si ritrova un sasso famoso per l’eco, che ripete più volle le stesse parole. Ivi a imitazion di Demostene, di cui si dice che andasse ogni giorno al lido del mare alfine di emendare la balbuzie della sua lingua col suono de’ ripercossi flutti, gli esercitavano facendoli cantare dirimpetto al sasso, il quale replicando distintamente le modulazioni, li ammoniva con evidenza de1 loro difetti, e li disponeva a correggersi più facilmente. Fu celebre maestro in Milano Francesco Brivio, e Francesco Redi in Firenze, che non dee confondersi coll altro Redi parimenti Francesco, che tanti vantaggi lia recato alla sua lingua, alla poesia ed alla fisica. Ma gli emporj più illustri del canto sul fine del seicento furono Napoli e Bologna. La prima cotanto rinomala ne’ fasti della moderna musica ebbe una folla di maestri e di scuole, che lungo sarebbe il voler partitamene noverare. Le più insigni furono quelle di Leonardo Leo, di Domenico Egizio, di Francesco Feo. di Alessandro Scarlatti e di Nicolò Porpora: dai quali uomini valentissimi, non meno nella pratica dell’arte loro che nel metodo d’insegnarla, sortirono poscia quo tanti discepoli. che (piali novelli prodigi di melodia, si fecero ammirare da tutta Europa. Non essendomi permesso il nominarli tutti mi restringerò a due soli, che successivamente riempirono di stupore e di maraviglia i teatri. 11 primo fu Baldassare Ferri Perugino, creato poi cavaliere, che imparò [p. 168 modifica]4G8 r-— la musica in Napoli, e in Roma verso la fine dello scorso secolo, e in gloria del quale, benché morto di fresca età, si conservano tuttora varie raccolte di poesie, produzioni dell’entusiasmo che ovunque eccitava quel sorprendente cantore. Se si presta fede agli autori contemporanei, Tarn! ri, Terpandro e Tirteo doveano contarsi per nulla. Le doti, che rendono ammirabile separatamente qualunque musico, si ritrovavano insieme in lui riunite. Possedeva per eccellenza tutti i caratteri, piemaravigliosamente a tutte le inflesgavasi stoni, affetti, lui nel muoveva invincibilmente tutti gli Il Rousseau, che fa menzione di suo dizionario, dice in prova della sua abilità, che epli saliva e discendeva in un fiato solo due piene ottave con un trillo continuo^ marcando lutti i prudi cromatici con tanta piustezza. di voce, benché send’accompapnamento, che se 1‘ orchestra suonava, all improvviso quella nota dove ei si trovava., fòsse bemolle o fosse diesis, si sentiva al momento una tale conformità d’accordo, che faceva stupir pii uditori. Non inferiore al suo merito era pure il favore del pubblico per esso lui. Alle volle nembi ai rose piovevano sulla sua carrozza, quando egli sortiva dopo aver cantato. A Firenze, dov era sfato chiamato, usci, per ben lungo tre miglia dalla citta numeroso stuolo di dame o.... i.. e di cavalieri a riceverlo, come potrebbe farsi nell’ingresso d’un principi’. Recitando in Londra una volta il personaggio di Zeffiro, ffli fu presentato all uscire da una maschera sconosciuta uno smeraldo di gran valore. Io ho veduto un suo ritratto in carta con all’intorno questo motto profanato in vece di epigrafe: (pii fedi mirabilia multa, e una medaglia eziandio, dove si vede da una banda la testa incoronata d’alloro, e dall’altra un cigno moribondo sulle rive del Meandro colla cetra d’Arione che discende dal cielp. Il secondo è stato il cavalier Don Carlo Bruschi. altrimenti detto Farinelli, nato in Napoli, dove apparò i primi elementi musicali sotto la direzione di Alessandro Scarlatti e di Nicolò Porpora. Questi insegnamenti fecero ben tosto sviluppare i portentosi suoi talenti pel canto. Ninno a tempi nostri ha sortito dalla natura corde più valenti e insiem più flessibili, nè maggior ampiezza di voce. Questa volava indistintamente per tutti i tuoni, per quanto fossero essi gravi, acuti e profondi. Una fantasia creatrice congiunta con una pieghevolezza d organi a tutta prova lo metteva in istato di poter inventar mille forme di canto sconosciute e peregrine. Colle doli naturali acconsentirono mirabilmente quelle dell’arte. Intuonazion perfettissima, che poteva servir di canone di Policleto nella sua professione, agilità incomparabile, destrezza inaudita ne’ trilli, sobrietà e vaghezza itegli ornamenti, ugual eccellenza nello si il leggero che nel patetico. sopra ogni cosa graduazione esattissima nel rinforzare e diminuire successivamente la voce, secondo 1 indole del sentimento: ecco le mirabili prerogative che gli vengono da tutti unanimemente accordate, e che poscia a quella sublime fortuna il condussero che non può ignorarsi da chicchessia. (Sarà continuato). GAZZETTIXO SEIffllffllE fil SILANO. — Il maestro Verdi, a cui è ora specialmente rivolta l’attenzione dell’Italia musicale, lunedì parli da Milano diretto per Roma, ove la nuova sua opera I Due Fotcari è impazientemente aspettata a quel teatro Argentina. — Il bravo pianista compositore Andrea Gambini venne chiamato a Bovi per battere oggi in quella cattedrale una nuova sua messa solenne a grande orchestra. — Golinelli si restituì a Bologna carico degli allori fra noi ottenuti. Quanto prima verranno pubblicate varie importanti sue composizioni per pianoforte. — L’egregio autore della tanto applaudita Ester d’Enyaddi, il giovane maestro Peri trovasi in Milano. — Giunse jeri l’altro tra noi il celebre Modani, reduce dal suo viaggio artistico in Inghilterra. Domani ci parte per Firenze. — Amsterdam. Banal, lo spirito del fuoco è il titolo di un’opera del giovane compositore olandese Antonio Berlin, capo d’orchestra a quel teatro; essa venne non ha guari rappresentata con molto successo. — - Berlino. L’apertura del teatro italiano ebbe luogo coll’opera II Tempiario del maestro Nicolaj, eseguita dalle signore Schieroni-Nulli e Carolina Remorini e dai signori Borioni, Mitrovich e Ramonda. E musica e cantanti incontrarono il generale aggradimento. — Bologna. Domenica 22 settembre si eseguì nella chiosa di S. Maria della Misericordia una messa del macstro Vincenzo Tabellini. in occasione della festa di S. Nicola da Tolentino. Gl intelligenti giudicarono degno di lode questo nuovo lavoro del giovane compositore. — Cremona. La Hfaria di Rohan piacque. Vi ebbero applausi la signora Barili cd i signori Bellini e Valli. — Dresda. 14 settembre. Presentemente non v’ha niente di nuovo in fatto di musica. Le opere nuove che si daranno sono: Don Pasquale, di Donizctti, La part du Diable, d’Auber, Bianca e Gualtiero, di Lvoff, poi Lai putrella d" Orleans, di Hovcn. — Firenze. Lieto incontro ebbe la Linda di Chamounix al ’Teatro Nuovo, eseguita dalle signore Gazzaniga e Faustina Piombanti, e dai signori Panconi, Rinaldini, Salando e Raffaeli!. — Francoporte. 16 settembre. Jeri I’ altro ammirammo il celebre Sczepanovvski, il Paganini della chitarra, che ha già ottenuto a Parigi c a Londra il più lieto accoglimento. - Giunse or ora tra noi il pianista Leopoldo Mayer, il quale ha l’intenzione di dare dei concerti. Egli è reduce da Londra, ove ne diede trentacinque. — Londra. Il giornale musicale creato a Londra sotto il titolo The flfaestro, ha già finito la sua comparsa. A mala pena egli ha vissuto due mesi. — Luce*. La Fidanzata Corsa di Pacini ha qui avuto un esito felicissimo. La musica venne assai encomiata, e gli esecutori, la signora De Giuli, ed i signori Roppa, De Bassini e Cimino, l’eseguirono egregiamente. — Napoli. Teatro éVuoro. Lo Zio Battista, nuova musica del maestro Fortunato Rayentroph, con la Vigliardi, Testa, Pappone, Fioravanti, Vita, ecc. - La musica per tre sere di seguito c stata in qualche pezzo applaudita, e segnatamente al duetto del tenore e soprano nel primo atto, e a quello di Fioravanti e Pappone nel terzo. Del buono ve n’ha senza dubbio, ma a dirla schiettamente, sembra che gran parte di buono rimane soffocala da una smania instancabile di parer dotto, che ha forse ingombra la mente del compositore. Egli con questo nuovo lavoro ha confermala l’opinione di conoscer l’arte sì, ma non ancora i veri mezzi di piacere. Forse a questi badando mi poco più, vi avrebbe messa minor fatica. e ne avrebbe più splendido successo ottenuto. - Dell’esecuzione non vi è a far elogi in generale; massimamente che Pappone, perno del melodramma, parca che non islesse di buon genio al posto suo. — Parigi.Teatro dell’Opéra-Coinique.La Sainte Cécile, ometti comica in tre atti parole dei signori A ocelot e De Goinberousse, musica del sig. Montfort. — Carlo Vanloo non era che un giovane artista ignorato; la liberalità d’un gran signore, del marchese di Gèvres, gli somministrò i mezzi di fare un viaggio in Italia, ove è venuto a studiare i grandi maestri. Il marchese ha presagito nel giovane Carlo un bel talento. Questi ritornò dall’Italia con un po’di celebrità e colla speranza d’essere felice; prima del suo viaggio egli scopri in una chiesa una giovane ed avvenente novizia, e ne fu preso da violente amore. 1 lineamenti della giovane fanciulla gli servirono di modello per dipingere una santa Cecilia, che dicasi essere il suo capolavoro. Carlo accorre presso il suo protettore, lo ringrazia del suo viaggio riuscito così glorioso, de’ suoi successi sì onorevolmente conseguiti. Ma ohimè! egli riconosce nella moglie del marchese la giovane novizia che non aveva potuto dimenticare un solo istante! Ma è fatta. Carlo non ha più che un partito a prendere, quello della fuga. Uomo d’onore, egli non vuole disturbare il riposo di colui che lo ha sì nobilmente protetto e comprometterne la moglie. Ma al momento di esiliarsi, viene a sapere che un certo dissoluto, il duca di Fronsac, è in traccia della marchcsina ed ha giurato di sedurla. Carlo resterà per salvare quella ch’egli ama dai lacci della seduzione, egli resterà per impedire a Fronsac di compire il suo abbominevole progetto. Qui succede fra il gran signore e l’artista una gara di destrezza e di astuzie; Fronsac è pervenuto ad inehbriarc il marchese, che una contessa d’Esparbelle si è impegnata di sedurre. Ma gli sforzi di Fronsac sono vani. Carlo è sempre là; egli si presenta dappertutto, ad ogni ora, in ogni luogo per sventare i disegni di lui. Finalmente il duca crede possedere la sua preda. Ma Vanloo e ancora là. Era una disperazione. Fronsac è in procinto d’essere sorpreso dal marchese stesso. Carlo fa uno schizzo del galante e ne fa dono al marito, che allora apre gli occhi. De Fronsac, cosi scoperto, si dà vinto; Carlo trovasi troppo felice d’aver pagalo in siffatta maniera il suo debito di riconoscenza al suo benefattore, e ne è ricompensato dalle espressioni di gratitudine e d’amistà fraterna di elli l’onora la donna ch’egli ha tanto amato. - Tale è il nuovo libretto; vi regna uno stile di commedia in generale di buon andamento; vi si trovano motti spiritosi, narrazioni condotte con gusto ed abilità; c malgrado qualche lungaggine, malgrado un po’ di freddezza, questo dramma ha generalmente piaciuto, grazie a delle scene tessute con talento cd abbastanza ben riuscite, soprattutto nel terzo atto. - La musica del signor Monfort è in generale un po’ fredda. comune e sovente sfornita d’intenzioni; non pertanto (’ouverture è stata sentita con piacere. Il motivo principale di questo pezzo ricomparve in un duetto e in un sestetto che sono stati applauditi. Il finale del primo atto, un duetto fra Mocker e la Thillon, una graziosa siciliana cantata da Mocker cd una grand’aria cantata dalla Thillon, hanno avuto gli onori della serata. - Grignon, Mocker e Moreau-Sainti sostennero le parli loro con talento e hanno fatto generalmente piacere. La Thillon è stata più che mai graziosa come cantante, e merita i più grandi elogi. (Berne et Gazette des Théâtres) — Richard en Palestine doveva comparire all’Opera il 2 corrente. - Si sta pure studiando la Hfarie Stuard per lo stesso teatro. — La riapertura del Teatro Italiano non si farà coll’Otello, ma bensì colla Linda di Chamounix. - Il signor Hugo rifiuta di lasciar rappresentare la Lucrezia Borgia. Il signor Hugo si mantiene, è vero, nel suo diritto, ma i dilettanti del Teatro Italiano mal soffriranno ch’egli sia così crudele. - Si pensa però che la faccenda si accomoderà. — Trattasi dell’erezione di un terzo teatro lirico, la cui direzione sarebbe, dicesi, affidata al sig. Morin, il quale tiene la classe dell’opera comica al Consevatorio. — Venne testé divisata e già si sta preparando una interessantissima solennità musicale. Il L° novembre, giorno d’Ognissanti. la società degli artistes-musiciens darà la sera al teatro dell’Op^ra un concerto, nel quale il famoso oratorio d’Haydn, La Creazione, che non si è inteso in Francia dopo la memorabile giornata di gennaio (1800), sarà eseguito da cinquecento musicanti e dai primi artisti de’nostri teatri, sotto la direzione del signor Habeneck. — Il sig. Giorgio Kastner è or ora giunto a Parigi per dirigere le prove di una grand’opera vocale ed islrumentalc di somma importanza. L’esecuzione ne sarà affidata al fiore degli artisti. Dicesi che questa solennità musicale avrà luogo al cominciamento dell’inverno. Il carattere del soggetto, lo stile brillante c colorilo della composizione, la ricchezza d una ben accurata esecuzione. lutto contribuirà a renderne soddisfatto il pubblico. — - Roma. Al Teatro Argentina eseguirono lodevolmente l’Anna Balena, alla presenza del suo illustre autore di passaggio in questa città, le signore Barbieri-Vini e Frisoni ed i signori Ciaffei e Anconi. — Tournât. Giorni sono è stato dato un grande festival d’armonia e di canto. Tournay, Lonze. Lessiues, Wazernines. Lille, Roubaix Bruges e Brusselles hanno ognuna pagato il loro tributo a questa solennità. L’armonia, Vintone di Brnssclles. ha prodotto un immenso effetto sotto l’abile direzione del sig. Isnel, soprattutto nel Départ des J/arins, ed in diverse fantasie composte dal signor Isnel. — Veruna. Benissimo la Linda di Donizelti, in cui si distinse la signora Fanny Salvini. — Vienna. 8 settembre. Anche nella nostra capitale si volle rendere gli onori funebri al secondo figlio di Mozart, che, comesi sa, morì ultimamente a Carslbad. Giovedì passato tutti gli artisti della cappella dell’imperatore, quelli de’nostri teatri lirici, ed i più distinti nostri dilettanti, in complesso ottocento persone, fecero celebrare nella chiesa di S. Agostino, parrocchia della casa imperiale, un ufficio per il riposo dell’anima del defunto, in occasione del quale si esegui il Requiem dell’illustre suo padre. La chiesa era decorata per questa solennità colla massima pompa. e I’ arcivescovo di Vienna ufficiava in persona, assistito dal suo capitolo e dal clero di 8- Agostino. Assai per tempo venne la chiesa riempita d’una scelta società, in cui si distinguevano tutte le autorità municipali di Vienna, le celebrità della nobiltà e delle scienze, delle lettere e delle arti, le quali, col loro intervento a questa cerimonia, sembravano protestare contro I’ indifferenza colla quale, or son cinquant’anni, si lasciò seppellire senza pompa e di notte F illustre autore del Requiem e del Don Giovanni, senza neppure collocare una semplice pietra od una croce che indicasse il luogo ove erano deposti gli avanzi mortali di uno dei più bei genj musicali che abbiano mai esistito. ALTRE COSE — Meycrbeer, che si trattenne lungo tempo a Dresda, è partito per Lipsia e quindi per Berlino. — Spontini e da Parigi arrivalo a Dresda per recarsi da colà a Berlino. — Il violinista Pruine trovasi ora a Lipsia da dove si recherà a Dessau e Berlino per darvi de’concerti. Da colà passando per Dresda e Praga si trasferirà a Vienna atlìne parimenti di darvi dei concerti. — Enrico lluminei. figlio del celebre compositore e pianista, che dimorò finora a Weimar, venne chiamato alla carica di direttore di musica al teatro dell’opera a Augsburg. — I fratelli Batta, ora di ritorno a Parigi, hanno dato undici concerti ai bagni de’ Pirenei che loro fruttarono 12000 franchi. — Francesco Liszt ha composto un Jfetodo completo pel pianoforte, con testo francese e tedesco, sotto il titolo Le Parnasse da pianiste. Questo metodo verrà alla luce in Slultganl. — Il distinto compositore C. Giorgio Lickl venne nominato membro onorario dell’Unione musicale a Ofen e l’esth. io— •— 2: ’■

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