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— 465 ESPOSIZIONE DI I PROROTTI Articolo II ed ultimo. la sua semplicità c pel suo (’fletto è da considerarsi siccome uno vinlino Pell; I DELL’INDUSTRIA LOMBARDA Viniini tìtl altri istromenti. I ■■ -tati con movimenti rilasciatissimi, destarono quasi l’ilarità nel pubblico impaziente. Il difetto medesimo fu già notalo dal nostro Mazzuccato nei Càpuleti e NLo rilecchi: fu notato lo scorso carnevale nella Norma, nella Linda di (’diamounix, nei Puritani, e può dirsi in quasi tutte le opere i cui andamenti non furono precisamente determinati dai compositori presenti. Nello stesso Emani, lavoro sì recente e sì noto, si ascoltano qui tutte le sere dei movimenti che non son quelli ideati dal maestro Il guasto non è grandissimo, ma bisogna convenire che esiste } e ne sono convinti tutti gli intelligenti che, appena un mese fa, udirono eseguita questa stessa musica sulle scene di Bergamo, ove il Verdi avenue dirette le prove. Alcuni canti son troppo lenti, altri troppo affrettati. Alquanto lento sembrami, per esempio, Fandanie della cavalina della Gabussi, che la Strepponi, secondando la volontà del maestro, cantava alquanto più mosso. La signora Gabussi può rendersi persuasa che sollecitando un po’ più quel movimento, e rallentandolo appena in qualche battuta, otterrebbe un effetto migliore. Troppo affrettato è Paliegro moderato dell’aria del baritono. al quale se il Tali desse un moto più riposato, potrebbe ornare il canto di tutte quelle grazie che gli convengono e che lo rendevano cosi seducente sulle labbra del Soperchi a Venezia e su quelle del Colini a Bergamo. Così alcuni cori e qualche altro pezzo concertato avrebbe bisogno di maggior precisione nei tempi; precisione che alcuni anni addietro lacerasi quasi mai lamentare alla Scala, e che ora si di frequente si fa desiderare. E chiaro che il male proviene maggiormente dai cantanti} ma parmi che il maestro al cembalo e il direttore dell orchestra potrebbero sicuramente diminuirlo coll opporsi più efficacemente all’istinto de guastatori. Ho voluto notare questi fatti perchè i maestri compositori veggano di quanta convenienza sarebbe all arte ed alla buona esecuzione dei loro lavori quel qualunque rimedio che potesse impedire quest’opera di corruzione} e spero che il loro criterio non lascerà di cooperare affinchè abbia a cessare in avvenire quel danno che è irrimediabile nel passato. Ritornando del resto al punto d’onde sono partito, non credo aggiungere veruna menzione particolare intorno al merito agli artisti, perchè poche lodi si posson dare agli attori d’uno spettacolo caduto. La slessa signora Gruitz, che si fa sì giustamente applaudire nella parte di Romeo nei Caputeli, per indisposizione di salute non ha potuto valersi de’ suoi mezzi. Un solo coro di donne, eh io mi ricordi, fu debitamente rimeritato d’applausi. G. Vitali. meravigliosi che l’uofl^ino abbia potuto trovare. In questo L imperarne islromento sono congiunte la forza alla soavità, la leggerezza alla gravità: eccita l’energia, promuove la gioja e nell’istesso tempo simpatizza colla melanconia e co’ più delicati affetti. Giusta la maniera con cui lo si interroga, risponde ora volgarmente ed ora con incantevole sublimità. Qualunque melodia gli è propria; pcr esso una mano esperta si può cimentare a qualsiasi armonia. Il suo timbro, come ebbe ad asserire un illustre maestro, è quello di una seconda voce umana, giacché potendo sostenere, crescere e modificare i suoni, ottiene di rivalizzarc colla voce naturale. Questo timbro è sì varialo c sì possente che ad ogni carattere si presta: le vibrazioni delle quattro sue corde operano prodigj. Il genio dell’esecutore pcr mezzo dell’arco può animarsi di un soffio divino. Chi ammiri) Paganini e Teresa Milanollo è conscio di tutti i prestigj del violino. Eppure (cosa quasi impossibile a credersi) fra noi il sorprendente islromento è trascurato, ben fiochi professori di violino ponno trovare lezioni; eccettuatone il Conservatorio, non avvi palestra dalla gioventù studiosa frequentala: i nuovi dilettanti sembrano essersi dimenticali di questo re degli istromenti
E superfluo accennare il grado di perfezione a cui la struttura del violino ne’ secoli XVI e XVII è siala condotta in Cremona per opera principalmente di Amati, Stradivario c Guarnerio; tutti sanno che i loro lavori servirono di modello a tutta Europa,’ c nella forma e nelle particolarità vennero servilmente imitati da (piasi tulli i fabbricatori. - Carlo Antonio Galbussera, fatto accorto che assai difficilmente avrebbe conseguilo di de’ perfezionatori ora nominali, cerei) di scostarsi alquanto dal loro sistema, semplificando il formato, togliendo le curve ovvero orecchiette, limitando a soli (piatirò Ì venti c più pezzi che anticamente componevano il violino, e riducendolo ad una ritondata sagoma non mollo dissimile, da quella di una piccola chitarra. Una tale innovazione, o se vuoisi riproduzione di forme cadute in disuso, fu soggetto a calde discussioni c ad attente, disamine: alcuni campioni sostennero il Galbussera, valenti artisti, mossi da pregiudizio o da convincimento, lo bersagliarono. Ciò non pertanto il fabbricatore, milanese nel 4832 conseguì il pubblico premio della medaglia di argento, c 1 I. lì. Istituto di Scienze ed Arti ne emise un favorevole giudizio. Oltre le modificazioni nella forma, il Galbussera con preparali chimici ottenne l’estrazione delle sostanze resinose c gommose che naturalmente tutti i legni contengono, ed in pochi istanti d’introdurre nella materia prima di un violino que’ benefizj che lunghi e lunghi anni a poco a poco sogliono operare nel legno, rendendolo più pronto c sensibile alle oscillazioni delle, corde. Violinisti di merito ebbero ad adottare gli isl conienti di nuova foggia colle preparazioni del Galbussera, c nelle orchestre, il forte e robusto suono di essi dominò. Fra i tre violini in questa circostanza presentali all’esposizione avvenc uno all’antica cogli angoli prescritti dall’abitudine o dalla maggior solidità, da tenersi siccome il più convincente argomento dal Galbussera opposto a’suoi detrattori. Possan le sue eonscienziosc c generose fatiche aver il dovuto guiderdone! Il professore. Gaetano Rossi di Milano espose un contrabbasso in legno di acero costrutto senza le solite. catene c mercè un semplice congegno atto ad esser agevolmente montalo tanto a tre che a quattro corde con molto vantaggio c comodo de’suonatori. Il Rossi ora sta compiendo un altro contrabbasso di grande dimensione c co’ prelodali attributi pél famoso concertista Bottcsini. De’ timpani con meccanismo immaginato dal Boracelo per ottenere in un attimo le variazioni di tuoni mediante speciale c pronto manubrio, già i nostri lettori altre volle furon falli consapevoli. Questo zelante artiere ed esperio professore spiegò egli stesso le precipue proprietà del suo lavoro nel Manuale pel timpanista, corredalo di varie tavole esplicative: ad un tale importante libretto odilo dal Pirola si ricorra, ed ognuno uniscasi a noi pcr slimolare i filarmonici ad incoraggiare c rimunerare la invenzione c le indefesse cure del Boracchi. 11 Pelitli gode già di un buon nome: i suoi corni, le sue trombe ed officlcidi mandatisi ne’ paesi limitrofi; il commercio di lui va sempre più estendendosi. I suoi stromenli di ottone vanno ogni dì migliorando: alle manifatture in cui riscontratisi progressi di riio non può mancare un aumenlo di lucro. La campana c la grossa cassa, questi stromenti di una sola nota, ora in singoiar guisa premìigonsi. La prima, moltiplicata in varie dimensioni, da buoni villerecci, per non dire anche cittadini, è con- smania desiderata, festeggiala cd udita: uno strepitoso concerto di campane in alcuni paesi è il non plus ultra dell’armonia musicale. La grossa cassa poi da moderni compositori drammatici con tale furore vien adoperata che non avvi periodo nelle nostre recenti opere più o meno basato sul rimbombare di (piesto immenso terribile islrumcnlaccio, distruttore quasi sempre di ogni ragionato effetto musicale. Presentarono un chiassosissimo saggio di campane con migliorala composizione i fratelli Barigozzi di Pavia emuli de’Bizzozzcro e de’ Comerio. Questi solerti fabbricatori nel 1839 avevano già fatto conoscere il battaglio meccanico, nuovamente applicato al concerto che farà meravigliare ed inorgoglire quelli di Seregno. 11 tamburone fortunatanv ule non figura alla presente esposizione: per esperimentarne gli effetti di lui avvi un’aula più grande ove da tiranno ha sede. 1. C. STORIA MUSICALE Secolo <!’ oro della musica italiana. Progressi della Melodia. Valenti Coni ponitori italiani. Scuole celebri di Canto e di Suono col vario loro carattere, (Cunlinuazumc: vedi il numero 20). 1 gran Giuseppe Tartini si rese benemerito dell’arte per tutti que mezzi che contribuiscono all’avanzamento di essa. Fu pratico eccellentissimo, maestro sensato e distinto scrittore. In ogni cosa che prese a perfezionare ha saputo imprimere lo spirito d’invenzione e la natura riflessiva e sagace, cui portavaio il proprio temperamento. Ingrossando le corde del violino, troppo fino allora sottili e fievoli, ed allungandone alquanto l’archetto, raddolcì l’asprezza di quello stromento che sarebbe stridente di sua natura} e studiando sulla maniera di guidar F arco di sotto e di sopra, di rallentarlo, d affrettarlo e di premerlo, giunse a trar fuori suoni dolcissimi e meravigliosi. Spicca ne’suoi componimenti quell aurea schiettezza, quell’unità di pensiero, quella incomparabile semplicità, quel patetico, dolce e dilicato tanto graditi alle anime gentili, quanto difficili a ben diffinirsi. Egli comprese in tutta la sua forza la verità del precetto d’Orazio: Non fiunurn ex fulgore, sed ex fumo dare lucem. Quindi aveva per costume di esser modesto e rattenuto in sulle prime, per sollevarsi poscia dal bello sino a quel grado di espressione che caratterizza i suoi componimenti, e che altri assomiglierebbero alla musa del Petrarca, di cui si dichiarava ammiratore grandissimo. Di ciò può far fede l’uso ch’egli aveva. prima di mettersi a comporre, di leggere e meditare un qualche sonetto di quel poeta, a line di riscaldar il suo ingegno alle pure fiamme di quel platonico e sublime amatore (1). V’ha di quelli che F accusano di soverchia parsimonia negli accompagnamenti, e certamente, se si paragonano in codesto articolo i suoi componimenti a quelli degli altri, la differenza è troppo visibile} ma il difetto si dilegua ben tosto, (1) Un siffatto carattere dovea render al nostro Tartini vie più insopportabile la compagnia d’una moglie riottosa e caparbia, che gli toccò in sorte simile alla Santippe di Socrate; invaghitosi della quale in Padova aveva egli disgustato il genitore, abbandonalo lo studio del foro c rovinata la propria fortuna. Prendendola poi in matrimonio mostrò di non aver letta la sentenza di Shakespeare nella Cleopatra: Che la donna ç è un piatto da presentarsi ai Numi, purché il diavolo non vi faccia la salsa. O