<dc:title> Gazzetta Musicale di Milano, 1843 </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Autori vari</dc:creator><dc:date>1843</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._39&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20220110172131</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._39&oldid=-20220110172131
Gazzetta Musicale di Milano, 1843 - N. 39 - 24 settembre 1843 Autori variGazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu
[p. 165modifica]GAZZETTA MUSICALE
ANNO II.
N. 39. 24 Settembre 1845.
DOMENICA.
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si
danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica
classica antica e moderna, destinati a comporre un volume
in i.° di centocinquanta pagine circa, il quale in
apposito elegante frontespizio figuralo si inlitolcrjì AxDI
MILANO
musique, par îles inflexions vives, accentuées, et,
mur ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pasions,
peint tous les tableaux, rend tous les objets,
•l porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des seniments
propres à l’émouvoir. ■
J. J. Roussexu.
Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta e Mentologia
classica musicale è dielTelt. Aust. I,. 12 persemestre,
ed cITctt. Aust. I,. l i affrancata di porlo fino ai confinidella
Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale.
— La spedizione dei pezzi di musica viene fatta
mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti
dello Studio Ricordi, nel modo indicalo nel Manifesto.
- Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio
della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Ontenoni
N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti
di musica e presso gli llllìci postali. — Le lettere, i gruppi,
cc. vorranno essere mandati franchi di porto.
I. Srinj Biografici. Intorno alla vita ed agli scritti di
Franchino Gaffurio. - II. La Musica guardata nei bisogni
presenti. - Ili. Critica Mklodra.’iiiatica. lloSTUDJ
BIOGRAFICI
memoria intorno alla vita ed agli
scritti di Fbaachiao Ci affi tuo (1).
encliè non molto dopo nasces^Jp|sero
in Milano de’cangiamenti
g.^gepolilici, pure videsi ivi asso*
Asciato l’amor degli studj agli
J|®3B?>Savveninieiiti militari, ed alle
agitazioni dei partiti, ed in fatti il nostro
Gaffurio continuò indefessamente a giovare
al perfezionamento dell’arte sua prediletta.
Ed adoperò tutti i mezzi, fatiche e dispendj,
alfine di raccogliere le opere migliori
in allora esistenti; or conoscendo
che gli antichi, i quali furono i primi nell’ordine
del tempo, lo sono anche nella
perfezione dell’arte, e nell’imitazione della
natura, che tanto egli raccomanda nelle
sue opere, quasi presentisse di già il principio
luminoso, ma soltanto semi-vero dell’Estetica
di Le Batteux «omnis ars, onirti«st/ue etiam disciplina apud philosophuin
«nititur imitat i naturarti, in t/uantum pois
test» dic’egli nel capo X; rivolse quindi
le sue cure onde render proficuo all’età
presente quanto produssero i genj della
passata, e fece il primo ed a proprie spese,
tradurre da varj interpreti in lingua latina
le opere greche di Aristide Quintiliano, di
Manuele Briennio (2), di Tolomeo e di Bacchio
Seniore i locchè afferma egli stesso di
sé nel primo capitolo della sua opera: de
Harmonia istrumentorum, colle parole Manuel
Briennius et Bacchiai atque A risiides
Quintilianus et Ptolomeus, quorum
commentarla e greco in lalinutn opera
nostra accuratissime conversa sunt (3). ■
(t) Continuazione. Vedi i 2V. 5), 52 e 36.
(2) Nella Biblioteca Pubblica di Lodi trovasi un j
esemplare di uno di questi scrittori greci tradotti per;
cura ed a spese del nostro Gaffurio: esso porta per
titolo:
Manuclis Briennii harmoniac greco in latinum versuiti
opus per Joanncm Franciscum Buranam Verone
n se in adhorlationc et impcnsis Franchini Ga/furii j
Laudensis Musiccs Professoris. Explcvit felieiter die:
Jovis januarj 1497 liora XXI in domibus S. Marccllini
portie Carname civitatis Mediolani.
(5) È prova inoltre del suo sapere» così scrive i
Bettinelli nel suo Risorgimento, parlando di Gaffurio n;» la traduzione di Aristide Quintiliano autor greco di;
u Musica, intrapresa da Francesco Burana veronese ]
«circa l’anno 1494 che manoscritta si serba in Ve- j
u rona per testimonianza del Maffei h.
Ed ora meditò altra opera mediante la
quale potesse esaurire tutti i rami della
scienza musicale.
Prima però di promulgare codesta opera
pensò di compendiare le sue sopraccennate
di Teorica e Pratica, e di estendere a
richiesta di molti il ristretto in lingua
volgare ( benché si professasse dello scrivere
materno inesperto per essergli insolito
) affinché tutti approfittassero dell’industria
sua, «persino le donne religiose
intente a laudare lo eterno Dio»
com’egli si esprime nel primo capitolo di
quest’opera col titolo latino (probabilmente
usato da qualche ciarlataneria tipografica)
Angelicutn ac diviutn opus musica; Franchiti
i Gqffurii Regii Musici: (’) ecclesiaque
Medio lati en sis phonasci materna lingua
scriptum. Dedicò questa sua fatica a Simeone
Crolla, patrizio milanese, peritissimo
nelle cose musicali, di cui fa uu
elogio tanto più delicato, perchè presentato
sotto massime generali, e vide la luce nell’anno
4508 li 4G settembre, regnante il
pontefice Giulio 11 e Lodovico XII re di
Francia e duca di Milano, per mezzo di
Gottardo da Conte.
Nel frontispizio vedesi pure Gaffurio
stando in cattedra’, le prime due pagine
sono ornate da non ignobili contorni allusivi,
ed in fine è rimarchevole un organetto
al quale sta seduto un suonatore
toccando li tasti e sulle canne di cui, invece
della solita mano di Guido, vi è spiegato
il sistema musicale coll" iscrizione:
Introductorium Musices Frane. Gaffurio.
Il contenuto di quest’opera riguarda per
Io più le proposizioni musicali del suo prediletto
Boezio. Vi si tratta però anche della,
mutazione della scala secondo Guido, dell’uso
delle sillabe, della mutazione de’tuoni
ecclesiastici, e del contrappunto: e vi sono
inoltre avvertimenti per i cantori, i q.uali
si potrebbero replicare a’ medesimi anche
al giorno d’oggi se la maggior parte di
costoro intolleranti non fossero di ascoltarli
e di praticarli.
E finalmente dieci anni dopo, cioè nell’anno
1518, il trentesimoquinto ch’egli
copriva il posto di prefetto de’musici, regnante
Leone X, e Francesco I re di Francia,
e duca di Milano, usci da’torchi di Giacomo
Gonteno la terza sua grand opera,
de Harmonia Musicorum Istrumentorum.
Porta essa in fronte alla prima pagina un
Epigramma latino che qualifica il nostro
(l) Questo nuovo titolo, il quale conservò egli anche
sotto Francesco l sembra comprovare ch’egli
fosse anche particolarmente addetto alla corte di Lodovico
XII re di Francia.
professore anche per poeta non ignobile,
ed in cui finge l’autore un piccante dialogo
fra sé ed il suo libro.
In fine trovasi il breve e più volte citato
compendio della vita dell’autore estratto dagli
scritti del Lodigiano Panlaleone Melegoli.
Compiacciomi poi di scorgere negli ultimi
capitoli di questo trattato sparso di
già il sente di varie idee, che svolse non
ha guari un moderno autor bavarese, il
P. Gebhardt, il quale diede alcuni anni
addietro alla luce un’opera filosofica sull’armonia, ove parla del pari dell’armonia
universale della creazione, dell’armonia
morale, politica, e via discorrendo.
Quest’insigne opera dell’istancabile Franchino
non rimase però intatta dalla critica,
ed avverandosi che Cantor cantorati lividus
odil, fieramente si scagliarono contro
di esso, Giovanni Spatario, ed altri
suoi compagni bolognesi, irritati, perché
in varj luoghi Gaffurio impugnava la dottrina
di Bartolomeo Ramis già maestro
dello Spatario, che pure era secolui in corrispondenza
letteraria.
Ma il nostro concittadino, ch’ebbe per
massima Maledictus homo, qui negligit
Januim suam, non si ristette neghittoso, e
scrisse anch’egli una mordace operetta intitolata:
Apologia Franchini Gaffurii adversus
Johannem Spatarium et coinplices
Musices Bononienses, stampata in Torino
da Agostino Yimercali li 22 aprile dell’anno
4520, ma qui non finì la contesa, anzi
seguirono molti altri scrittori non meno
pungenti e dello Spatario e del Gaffurio
e di altri ancora che sorsero in difesa dell’uno
e dell’altro, su di che veggasi il sofra
citato Sassi, il C. Mazzucchelli (script,
tal. toni. Il, part. IY, pag. 2449) ove ragiona
di Nicola Biirzio parmigiano, cli’ebbe
anch’egli parte in quella lite, e l’opera
del C. Frantuzzi, Notizie degli scrittori
Bolognesi, ove parla di Spatario:
«Lo scritto (t) di questi (dice egli dietro
le traccie del Sassi) fu come un segnale
di battaglia in Milano, onde molli
discesero in campo a combattere chi in
prosa, chi in versi per sostenere il Gaffurio,
e fra questi Bartolomeo Filippini Varallense,
Dionigio Brippio, Giacomo Antonio
Bricci, patrizii milanesi e Gaudenzio Merula
ed altri piacentini e parmigiani. In questa
congiuntura il Franchino scrisse due
lettere, una diret’a a tutto il ceto de’musili)
Esso ha per titolo: Errori di Franchino Gaffario
da M. Jounnc Spatario musico bolognese in sua
difcnsionc e del suo precettore M. Bartolomeo llamos
Rispunti sublilmente dimostrato. Impressimi Bononice
per Rcncdictum Recloris 1624, in 4°. [p. 166modifica]ci, l’altra al giovane Antonio Alberti studioso
di matematica, filosofia e musica,
con la quale ribattè i colpi degli avversarj
insultando particolarmente il nome Spalarlo
dicendo: Aon enim majores tui spatas
fabricari solebant, eam. vaginas tantum
consuerent atque componerent, onde spesso
in essa lo chiama già vaginario, inserendovi
qualche arguto epigramma
Tutti questi scritti furono pubblicati a
Torino da Francesco de Sylva l’anno-1521.
Ma a dir vero, quasi lutti, piuttosto che
Apologie dir si possono un ammasso di
strapazzi, e d’ingiurie.
Traltavasi in questa controversia particolarmente
del valore e del genere de’differenti
segni del canto misurato, e delle
Ijroporzioni delle consonanze, avendo però
a posterità reso giustizia al merito del
nostro Gaffurio ritenendo que’da lui proposti,
come lo conferma anche il signor
Pietro Maroncelli nella recente sua vita del
Corelli, dicendo, che alle figure della musica
introdotte dal Marchetti di Padova, il
nostro Gaffurio ne aggiunse delle altre, le
quali riguardano particolarmente i segni
del silenzio, ancor in uso al giorno d’oggi.
Ciò che però ci rende veramente interessante
la sua Apologia, si è che da essa
rileviamo il titolo di alcuna sua composizione
musicale. Benché dubitar non si
poteva, che scrittore espertissimo e di
grido fosse chi di essa scienza ci diede
gli aurei precetti, e pose nella sua opera
varj esempj, cui lo scrivere in canone non
fu ignoto, nulla meno maggiormente viene
ciò comprovato, perchè ivi conservasi la
notizia della sua Messa intitolata: L’/iomme
arme, di quella col titolo illustris Princeps,
e dall’altra inscritta le Souvenir (t),
le quali tutte furono da lui mandate alla
cappella pontificia di Leone X quos celeberrimis
cantoribus Leonis decimi Pontificis
maximi misimus.
E ben dovea egli essere conscio del proprio
suo valore e perizia nel comporre,
altrimenti ardito non avrebbe di far omaggio
delle sue opere a quel magnificentissimo
protettore dell’arte musicale, il quale
dotato di buon orecchio e di una voce
melodiosa l’avea sino dalla sua gioventù
coltivala con molta attenzione, fu prima
di essere cardinale cantore in S. Antonio
di Firenze, ed il di cui sapere nella musica
non era solamente singolare nella pratica,
ma pur anche nella teorica, e che essendo
sommo Pontefice non isdegnò di trattenersi
nel soggetto dell’armonia, or spiegandone
la lavorila sua teoria, or proponendone
gli esempj sopra un istromeuto
musicale, che teneva nella sua camera.
Gio. Simone Mayr.
(I) Affine di spiegare gli strani tiloli applicati alle
composizioni ecclesiastiche, basta sapere, che in quei
tempi i compositori erano si poveri d’invenzioni proprie, che adoperavan quasi sempre una melodia di
qualche canzone popolare, la quale serviva per cosi
dire a loro di tema fondamentale, onde fabbricarvi
sopra l’artilizioso edilìzio delle loro arti contrappuntistiche.
Da queste canzoni prendeva da poi la composizione,
che per lo più era una Messa, il suo nome.
E tali sono le due Messe sopraccitate ed intitolate,
VNomine armi c le Souvenir fondate sopra due canzoni
provenzali.
LA MUSICA
OIARD.VT.V J
BISOCVI PRESENTI
Il secondo campo della musica è il tea-;
| Irò. Quale immensa arena di musicali faI
tiche! Chi volesse ricondurlo alla sua religiosa
istituzione, cioè, alle feste di Bacco,
od ai misteri del medio evo, non intenderebbe
bene il suo secolo; ma chi avvisasse
potersi avviare al miglior vantaggio
della vila morale, la penserebbe forse coi suoi
contemporanei. Perchè se questo elemento
passava una volta come indifferente, ora
che assorbe grande parte de’ pensieri. e
delle occupazioni del mondo civile; ora che
è di nuovo sacrilegio, come in Alene, impiegar
altrove i fondi destinati al teatro:
ora che la maggiorità europea, come la
plebe romana, mette subito dopo il pane
gli spettacoli della scena, quale danno non
emergerebbe se i promotori del meglio
trascurassero quest’elemento! Molte sono
le riforme che potrebbero introdurvisi, ma
limitati noi dalla musica, noi guarderemo
che sotto questo particolare aspetto.
Il melodramma trovasi egli in armonia
col suo secolo? Se non è, bisogna tirarvelo; voglio dire che è necessario di renderlo
più profittevole, che non è, al bene
della società.
Certamente niuno lo crederà immutabile,
nè tanto meno ribelle ad ogni ragionevole
variazione. Ma dove mai avrebbe egli bisogno
di cangiamenti? I Romantici hanno
testé combattuto per le forme. Questa setta,
veramente formalistica, avrebbe molto meglio
meritato del progresso, se avesse rotta
qualche lancia in favore d’una mutazione
più sostanziale, e riconosciute invariabili le
forme, avesse proclamata riformabile l’essenza
del dramma. Questo poetico lavoro,
guardato come semplice artificio, non può
a meno d’essere una rappresentazione più
o meno intrecciata-, tale fu dalla sua origine,
cominciando dal primo tragico della
Grecia; ma nè Eschilo, nè i suoi successori
ed imitatori imposta non si erano la
legge dell’intreccio amoroso sapendo benissimo
che l’istituzione del dramma era
politico-religiosa, diretta ai pubblici interessi,
non alle private e casalinghe avventure.
Col loro metodo perciò meglio esaurirono
tutte le vicende interne, ed esterne
dell’uomo come membro della società, trattarono
tutte le passioni, e con esse l’amore
senza parzialità alcuna. Ecco il dramma nazionale,
e per conseguenza sociale, e morale.
Nè ci stupiremo che i Greci abbiano
ciò sentito, ove guardiamo, che gli spettacoli
medesimi de’ popoli barbari, o poco
civili, secondochè ne avvertono i viaggiatori,
intendono a rappresentare fatti politici,
guerrieri, religiosi, interessanti in ogni
maniera.
Ora essendoci noi moderni, qual che ne
sia la cagione, ingiunta questa rigorosa
legge dell’intreccio amoroso, fummo costretti
a cominciare per una via stretta stretta,
della quale annojati i novatori, gridarono
contro le forme unitarie, contro la servilità
classica, non badando che col loro contrario
operare lasciavano il dramma nella
sua infecondità. E così dura la noja, e durano
gl’indicibili sforzi di coloro che ce
la vogliono risparmiare con certe novità
portentose, e con nuove forme di dir sempre
le stesse cose. II dramma adunque gira
un circolo veramente vizioso, percliè mutate
le vesti e le sembianze non mutò i
costumi, ed è ancora il caput mortuum
della scuola metastasiana, e della giocondità
del secolo; sborso.
A tentare perciò’una vera, ed utile novità
converrebbe condurre bel bello il dramma
ad argomenti più importanti, più varj,
più estesi, più sociali insomma, e poi se
l’amore volesse trasformarsi in quello che
tien pacifica la casa, affezionata la città, I
concorde la nazione, in quello da cui ogni J
bene e conforto deriva, od almeno cessasse
dall’usanza vecchia di seminar guai, e di |
corrompere il costume, bene meriterebbe
anch’egli dell’universale miglioramento.
Ma qualcuno dirà che forse avverrebbe al
dramma rinnovato ciò che vediamo avvenire
ad alcune tragedie di nuovo genere,
le quali utilissime nell’argomento, elaboratissime
nella condotta, piene di bella poesia,
di nobili sentimenti, mancando appunto
di quel fuoco, di quell’anima che vivifica
tragedie d’alto stile, quelle cioè che oltre
al farsi leggere, sanno anche commoverci,
rapirci sulla scena, non piacciono, non interessano
la colta udienza. Ciò potrebbe
accadere, e per la novità, e per le contrarie
abitudini. 3Ia questi ostacoli sono già
preveduti. Nondimeno, a conforto de’riformatori,
farò qui di passaggio un’osservazione.
Nel nostro paese la musica è tutto, e la
poesia (il libretto) è niente, dovunque questo
male derivi, o dai poeti, o dagli uditori.
Ebbene, da questo niente non si potrebbe
cavare qualche cosa? In generale
dopo il Melaslasio, che seppe interessare
colla poesia, possiamo confessare, senza far
torto a qualche altro lavoro teatrale uscito
come lampo dal bujo dell’orrore drammatico,
che ci disvezzammo dal buon senso
in materia di poesia teatrale, il che ci rese
sempre più indifferenti per le parole, ed
ognor più esigenti per le note; così che
quando un maestro, od un appaltatore volesse
regalarci una buona musica ricca di
bei motivi, e cantabili, poco c’importerebbe
se fosse scritta sopra qualunque poesia, o
prosa ridotta a metro, e rima. Ora uno
scrittore di nuovi drammi partendo con
felici augurj da questo punto d’indifferenza,
non potrebbe egli tentare un genere di
opera per musica più acconcio ai nostri
bisogni. voglio dire all’edificazione della
società? Un uditore italiano, già avvezzo a
tanti inganni e delusioni teatrali, si lagnerà
egli col tempo d’una frode sì innocente,
sì feconda di buoni effetti? Anzi confesserà
col poeta, che simile all "’egro fanciullo
ha dall’inganno suo ricevuta sanità e vita.
Ma bisogna che gli orli del vaso siano aspersi
di soavi liquori, e questa dolce aspersione
debbe sempre venir dalla musica.
Un altro conforto. Se oggidì in Italia
non avessimo altro incoraggiamento a questa
innovazione basterebbe l’esito felicissimo
dello Stabat rossiniano. Non- mai profana
composizione risvegliò tanto entusiasmo
e maraviglia, non mai lirico dramma tanto
piacque ad ogni classe di uditori come
quella sacra elegia. Io non conto le attrattive
aggiuntele dal nome di Rossini, perchè
ove fosse stato lavoro! per Irascuraggine,
o per fretta, o per altra cagione, mediocre
(mediocrità che non poteva venirle
dall’ingegno dell’autore), il nome e
la celebrità del maestro non avrebbero bastato
a farla gustare ed applaudire. Guardo
solo la novità della cosa, la quale assai
chiaramente nel suo esito dimostrò quanto
siam noi disgustati e nauseati del vecchio,
cioè della presente teatrale monotonia,
quanto avidi d una musica che sopra quali
si vogliano parole ci dica qualche cosa di
nuovo. Nè lo Stabat da quanto odesi a
dire, sarà l’unica composizione di questo
genere che ci rallegrerà, che ci farà pigliar
gusto ad una musica più ragionevole e salutare,
più educatrice del sentimento morale
e religioso. Che diremo poi quando
questa nuova musa non parlerà più latino, [p. 167modifica]— -167 —
non canterà un semplice ed uniforme inno
della liturgia, un brano straniero alla scena,
ma intonerà un canticcj italiano acconcio al
luogo, alla circostanza, opportuno agli uditori,
ed ai tempi che vantano sopra ogni
altro eccellenza d’educazione? Rimane dunque
a vedere di quale indole possa essere
questa nuova poesia che debbe surrogare
la nullità della vecchia, il che speriamo di
fare nell’articolo seguente.
CRITICA. MELODRAMMATICA
ROBERTO IE DIAVOLO
di MEYERBEER
Un distinto maestro compositore che ci
onora della pregevole sua amicizia, in occasione
che producevasi sulle scene del
Teatro della Concordia in Cremona il
Roberto il Diavolo di Meyerbeer, ebbe a
dettare il seguente interessante articolo nel
quale i pregi che distinguono quel sì lodato
capolavoro sono con molta finezza
discorsi. Parve a noi che i nostri lettori
avrebbero aggradita la riproduzione di
uno scritto mollo opportuno a far maggiore
il desiderio di coloro tra i nostri
amatori della buona musica, cui tarda ormai
troppo l’udire anche sulle grandi nostre
scene un’opera, che quasi tutti i primarii
teatri di Europa produssero già da
un pezzo.
malta.0 Le priS^dllà^d’Eu^w non si saziarono
di udirlo: nessuno sparlilo ebbe l’onore di un maggior
numero di rappresentazioni: Parigi sola ne intese
dalle 200 alle 300. Un cosi unanime suffragio, un tanto
ed universale consentimento sarebbe già in buona lo6
EFquale*accoglienza’ ebbe" tra noi quest’Opera maravigliosa?
- Gli intelligenti la festeggiarono come la
ben venuta: gli amatori si tennero in una fredda ammirazione:
i più la dicono bella a «ore di labbra, perse
vi ha chi la spregia, ehi noi veramente non lo sappiamo,
non è bisogno di risponder parola.
Originalità, sapienza, ispirazione rifulgono ad ogni
tratto in questo Roberto. Le prime due doti non ha
chi non ve le ravvisi. Della terza polrebbesi da taluni
Non è dentro a piccole forme, non è intorno ad idoleggiali
concetti che piacesi la fantasia del maestro,
abbellendoli di liriche immagini c colorito. E un grande
poema drammatico ch’egli ha pensalo, e come biparti
grandiose. Il perchè i’ maggiori pezzi di quest’Opcra si
tolgono affatto dalle forme sinora usate e comunemente
zionule successione’di tempi c ripetizioneh inolivi*,
che quasi impronta di un medesimo stampo arie, duetti,
e terzetti nelle opere comuni. Pare a noi che tra queste
ed il Roberto di Meyerbeer corra presso a poco
quel divario medesimo che fra un dramma di Aletaslasio
ed una tragedia di Schiller o di Shakspcare.
Ma per quanto noi siamo rapili alle care melodie del
chiH’profimdam^nt^HdX^cni^snffSaS^’d^’li ^altrì?
Avremmo voluto pigliare ad esempio Mclastasio ed Alfieri;
ma quest’ultimo, tranne, la severità, non ci offecome
quello in cui lottano il ciclo c l’inferno, il genio
del bene c quello del male, c per se medesimo,
e per la maniera onde fu dal poeta condotto, evorare
visibilmente le potenze d’aWsso^richiedeva di sua. concetto ol ’ lutt "una’ | ’ola’,""non ìa
J I ^ onc 1 I no^o 1 di | Il
| ratiere lirico, tragico cil epico, a farne un solo, c
ì) ncfi’aninio delbautorc.PI L‘h 00 1
E cosi adoperando serviva insieme il maestro mirabilmente
alla natura del suo soggetto ed al gusto
dei teatri oltramontani. Infatti le composizioni
più distinte che su quelli ebbero altissima fama, sono
tutti lavori a grandi proporzioni, a grandi concetti,
o tali che vogliono essere molte volte udite per essere
intese. E notisi che i repertorii dei più grandi
teatri di Francia, di Germania e d’Inghilterra si
limitano a otto o dieci Opere all’anno, le quali tutte
più o meno si alternano; di che viene la necessità clic
queste abbiano in sè tanto d’intrinseco da interessare
quei pubblici per tutto il corso delle rappresentazioni.
Tali sono la Muta di Portici di Aubcr, Zompa, di
Hcrold, il Don Giovanni di Mozart, il Freysctiùtz di
Weber, il Guglielmo Teli di Rossini, gli Ugonotti di
Meyerbeer, la Vestale di Sponlini ed ultimamente il
Girlo VI di Halevy: opere tutte della maggiore importanza,
c che per la ricchezza dei concetti formano
il più dovizioso repertorio dei teatri d’oltremonlc:
astruse troppo pel pubblico in Italia, che dopo otto o
dicci rappresentazioni vuol vedere, un nuovo spettacolo.
Lunge però la taccia clic vogliasi per noi rinegarc
la gloria della musica italiana. Figlia di questo cielo sereno,
educata alla sovrana armonia di una bella natura,
favorita dai cari e scorrevoli suoni di una favella prediletta
alle grazie ed alla poesia, t’inebria di una voluttà
tutta celeste, c ti ricerca addentro nell’animo,
c ti scuole ogni fibra, e per le vene ti diffonde un
latte di tutta dolcezza. Spontanea, nativa qui l’odi suonar
sulle labbra di un popolo, al quale è istinto la
melodia, c il canto è natura. Immaginosa, vivace, patetica,
dominatrice di lutti gli affetti, dalle scene d’Italia
c d’Europa volge a suo talento i cuori dei popoli
diversi di costumi e di lingua, quasi per lei facessero
una sola famiglia. Dalle nebbie del Tamigi alle
rive gelate della Ncva ella trapassa segnando il suo
cammino di luminosi trionfi c dappertutto recando riverito
cil illustre il nome italiano.
dell’Ahghieri ^e Vl’cgli dtó "Minm/’chrLcrr^Sc
C„ u’ c Ta’i /* ’ i"c I>i><dS
sio ed Alfieri non ci tolgono sentire altamente le grandi
bellezze di Shakspcare e di Schiller: le classiche opere
dei pittori italiani non ci impediscono vagheggiare altresi
le romantiche rappresentazioni fiamminghe; c i
canti ispirati di Semiramide, di A’orma, di Anna Bonìerito^ommo11™^questo
Robertl^U Diavolo, nè tTaìl*
E^ndy/Xr^a^parcr nostro, vi è tanta copia di
&ttisz!ttssva,£i
melodioso, insinuante, vi è la bella romanza di Alice
nel primo atto, la popolarissima Siciliana, la divina
fissi*™ di Alice nel"tcrzo"’"e °i graziosinioUvi,°e motiva
cosi, che nulla più. Per quelli clic non contenti
£ ■ ’i ngònom °u’ |ioo d c ‘ ’dell’orto,
non disgiunta mai dal gusto più squisito, noteremo
l’imponente preludio dell’Opera, tutto sparso di
dopo svolto in mille guise il primo pensiero, lutto risolvi
in un coro della più semplice e bella fattura:
noteremo la romanza di Rami,aldo, nella quale I’ ordei
quanto atto, Sh frase,Vnd.’c’ssa’smnpltóssima"
ghiera accompagnata con l’organo! quanta dottrina
■ Il dispoi Idi partita questo pezzo MI tcrc
non esitiamo a dire clic pòchissl’im Vzzi ’di" siiniì
genere potrebbero essergtijiosti aJ.onfromo.Jaghissieri,
ispirato quasi sempre, c specialmente nella risoluzione
nel modo maggiore dell’adagio, fedele nel colorito
delle frasi, secondo le passioni espresse da eiaplesso
di bellezza da essere proposto come ’ sovrano
minima parte di quest’Opera, sia stata trasandata dall’autore,
compresi gli stessi recitativi, c come la parte
tanto eie f lei te c sempre ci venga c pr n ilo
non solo la parola, ma persino la mimica azione.
In tanta sublimità di lavoro, in tanta c si mirabile
copia d, b, Ite/ze <1 ogni m anicra^c^ «P^chc «tata
Roberto è ben degno clic lo accolgano festevolmente
anche i teatri d’Italia. Non pretenderemo già noi che
tutta su questi modelli si abbia a foggiare la musica
nostra, e clic abbiano i nostri compositori a posporre
a codesta musicale sapienza c profondità quelle melodie
soavissime che sono tutta creazione del genio il!>liano.
Il gusto del popolo sappimi! benissimo ~"
principalissima regola di ogni convenienza nell’arti; c
a noi non altrimenti che a questo popolo, scendono
addentro nell’animo quelle semplici cantilene c quei
toccanti motivi che si facilmente si scolpiscono nella
memoria, c vanno ripetuti in sulle bocche di tutti. Ma
per ciò clic alla semplicità sempre sta vicinissima la
grettezza e la trivialità, desiderabile cosa ci pare che
talvolta anche a noi si offrano da ammirare questi portenti
di severa sapienza, cil alcun poco vi si vengano
educando gli animi del popolo, nflinchè non cosi facilmente
si rimanga contento a certe artistiche brutture
ed insipide melensaggini di non poche Opere moderne,
le quali, nate appena, sarebbero anche morte,
se non le tenesse in vita la smania di novità. Così
quando la italiana poesia venne meno tra quel diluvio
di sonetti c canzoni che gli Arcadi furiosamente stampavano
tutte ad un conio, Varano dapprima, e Aloidi
dipoi la rialzarono sublime, richiamandola alla vera
sua scuola, alla scuola deU’Alighieri.
I sommi son sempre radi nelle arti: facciamo loro
buon viso da qualsivoglia paese ci vengano. È morto
oggidì ogni pregiudizio contro le straniere letterature,
ìzi tutte insieme si fondono c si contemperano in
ìa letteratura comune, le line delle altre giovandosi
porgendosi da buone sorelle la mano. Perchè non
dovrà la musica ancora seguitarne l’esempio? Ne verrà.antaggio grandissimo, quando i dovuti riguardi si
serbino.
CARTEGGIO
Al signor C. di Parigi.
Io avrei voluto far precedere alla rapida relazione
clic vi farò della nostra esposizione di Belle Arti alcune
osservazioni generali, clic bastassero ad indicarvi
quale sia lo stato delle arti in Italia, c come queste’
sicno intese c quindi interpretate dai loro cultori. Ala
siccome ciò richiederebbe un certo sviluppo, perciò
sono attualmente costretto a rinunziarvi, troppo felice
ancora se giungerò a stringere in due. sole lettere la
edere rivista dei più interessanti lavori d’arte esposti
in quest’anno. Chi sa se una terza lettera 110.1 completerà
questa omissione^ offrendo così lo spettacolo
obbhga nessuno.SEdorà TOininc’iamo.11' " ^
fa la liUcon vendon i artisti‘be°, {Titr^’q^oCtec manierato,
clic deve l’effetto 11011 alla forza del pennello
ma alla stravagante sovrapposizione di enormi strati
di biacca 0 di qualunque altro color.y.iù vi piaccia,
servile imitadeve
essere, e fra 1 primi, annoverato il Poggi, clic
sente nell’anima il santo bisogno di avere uno stile
proprio, cd una maniera affatto individuale di intendere
c.l’interpretar l’arte. Ond’è clic in tutti i suoi
dipinti vedesi sempre l’impronta d’una originalità che
serve a staccarli dalla massa degli altri lavori, ond’è
che egli è sempre ne’suoi pregi, e persino ne’suoi
difetti un vero artista, ond’è clic la forza de’suoi
concetti, il vigore del suo colorilo, la verità c la potenza
nell’espressione, l’evidenza cd il gusto nei dettagli
e nell’assieme colpiscono tanto maggiormente,
in quanto clic v’ha in tutto questo il suggello d’un
fare esclusivo, clic non fieri dietro a nessuna pedata
e che cerea di aprirsi una via propria, lontana egualmente
dalle folli esagerazioni come dai plagi servili.
Il suo quadro dell’Adultera, a figure metà del vero,
cd il suo ritratto del Borgia sono frallc tele migliori
esposte quest’anno; v’è qualche cosa di antica bellezza
in queste opere in cui tutto è saggio c moderato,
in cui 11011 si andò in traccia d’uno di quegli effetti abbaglianti
che non reggono innanzi alla critica, ma si geldì
genere ed alcuni ritratti sono pur degni del pcnd’un
semplice cenno, se la terribile brevità 11011 mi
stesse alle spalle, fiera cd implacabile come una padrona
clic vuol essere esattamente obbedita.
tratti* e* di mezzc^gm’-c pienedi* brio’ d" effetto,°di ’vita
c di somiglianza. L’attenzione del pubblico si ferma
con compiacenza innanzi a questi risultati d’un pennello
abile c grazioso che non dimentica i più legger
dettagli, c clic sa dare al prosaico ritratto una decisi
‘"’una’figur^dfdo’nna sdrajata sul letto, e che seni
cd una mezza figura d’una vecchia sorciera, d’un
snecie di Unormand da ’villaaaio. sono due sauisil [p. 168modifica]lavori mandati all’esposizione dal marchese Fcrroni,
sommo dilettante che potrebbe essere a sua voglia un
celebre artista. Entusiasta amatore della sua arte, il
marchese I’crroni si è formato studiando i grandi modelli
delle grandi scuole italiane; da ciò quei colorire
pieno ili vigore e di suro, quella correzione di disegno,
quella elegante squisitezza nelle forme della donna,
e quella verità lontana dalle sciocchezze grottesche nel
viso della vecchia sibilla. Sono davvero due magnifiche
tele.
Natale Schiavoni ha rinnovati i solili prodigi; ancora
le sue teste femminili d’una inconcepibile bellezza,
le sue quasi nude c dormenti fanciulle che affascinano
gli sguardi, ancora quegli occhi che scintillano,
quei sorrisi che esaltano, quelle treccie che sembrano
impregnale d’una voluttuosa umidità, ancora insomma
quegli incantevoli prestigi, quel colorilo portentoso,
quel tutto assieme che fa dello Schiavoni un
pittore affatto eccezionale. Alcuni rimproverano a Schiavoni
di riprodurre eternamente le stesse idee, di replicare
all’infinito le stesse fisonomic, di ricalcare implacabilmente
gli stessi argomenti; ed il fatto è vero.
Ma se Io Schiavoni, abbandonando quel suo genere
dovesse divenire minore di sé stesso, se rinunziando
a quella sua specialità dovesse abdicare all’idea di fare
dei capolavori, ebbene! clic lasci gracchiare questi
amabili critici, che continui intrepidamente sulla sua
via, che seguiti a riprodurre, che moltiplichi le edizioni
delle sue oliere, lo giurerei che il pubblico ed
10 preferiamo di rileggere trenta volte l’Ariosto, piuttosto
clic perdere il nostro tempo per occuparci di
certe prime edizioni che non avranno mai la gloria di
divenire seconde.
Il commendatore Mussini di Firenze offri all’esposizione
un quadro colossale, ed allegorico, clic rappresenta
Francesco I di Francia, meditante la conquista
della Lombardia al cospetto della sua bella, uscita
in quel momento dal bagno. In quanto al concetto io
oserei premettere che in generale le allegorie sono per
me qualche cosa di detestabile, di arcadico, di fossile,
clic dovrebbe essere eliminalo dalla faccia delle arti c
della letteratura. Le antiche allegorie, quelle della
Psiche, di Circe, d’Ercole, di Cerere, e le mille altre
create dalla ingegnosa falange de’ Greci poeti, io le
intendo; erano mezzi letlcrarii od artistici destinati a
semplificare le più astruse idee metafisiche, a materializzare
un concetto morale onde renderlo più accessibile
alle brevi intelligenze della moltitudine, erano
una teoria psicologica ridotta per così dire allo stalo
di romanzo, un principio astratto tradotto nell’evidente
forma d’un avvenimento. L’allegoria, era quindi
11 risultato d’un ragionevole processo intellettuale, si
ridùcea a pezzi la focaccia per farla entrare in tutte le
bocche. Ma se l’allegoria subisce l’ordinejnverso, se
d’un fatto evidente, chiaro, semplice si cerca di farne
un enigma, se si prende l’avvenimento c si converte
in astrazione; allora l’artista c il poeta diventano gli
emuli generosi di quella cara creatura che trincia in
tre o quattro pezzi una lunga parola, clic fabbrica due
o tre versi sovra ciascuno di questi frammenti, e clic
poscia vi domanda in clic consista l’intiero. La bella
cosa gettare, molta abilità artistica, una vasta tela e un
enorme quantità di colori per farsi il rivale d’uno sciaradista!
Sì dunque! noi crediamo che la missione dell’arte
debba essere intesa diversamente.
L’esecuzione di questo quadro è certamente assai
migliore del concetto; come disegno e come colorito
si palesa uscito da una mano maestra. A me parvero
per altro triviali la figura e la posa di Francesco I,
ed un po’ grossolani i vezzi della bella bagnante: per
conto mio preferirei alla dea seminuda qualcuna di
quelle ancelle graziose c gentili che le si affannano
intorno. Non è però questo il primo caso in cui trovo
che l’anticamera merita talora una ragionevole preferenza
sul salon.
(Sarà continuato)
TEATRO RE
GUSTAVO MODERA
E GLI ARTISTI DA LUI DIRETTI
Le rappresentazioni degli artisti diretti dal Modena
vanno ogni sera più persuadendo clic il loro direttore
c maestro li pose e sa tenerli su quella via, che è
l’unica per la salvezza dell’arte, c dalla quale generalmente
parlando tutti i capocomici, artisti, attori,
commedianti, recitanti c clic so io della Penisola, rifuggono,
direi quasi con superba alterezza, persuasi che
la loro scuola facile c falsa sia la migliore, perchè
trova frequenti e clamorosi applausi. Ma, buon Dio!
da chi? Da quegli stessi che posti davanti ad un quadro,
tanto più te lo esaltano, quanto più ne sono vivaci i colori,
a nulla badando poi se le carnagioni sembrino tali
veramente, se la composizione pecchi di confuso c manchi
deH’csprcssione che il subbictto richiede, se finalmente
il disegno, dote indispensabile ad un pittore;ome ad un aritmetico l’addizione, sia corretto o non
aa. E poiché 111 e caduta dalla penna questa similitudine,
continuerò a servirmene per dire, che gli artisti
diretti dal Modena, stanno tuttavia esercitandosi nel
disegno, e che quindi non possono per anco colorir
con franchezza; ma non dubitale; convicn incominciare
a contornar con riserbo, per finire a contornar
presto c bene, e quando una figura è ben contornata
riesce poi assai meno difficile a colorirla cd a colorirla
in modo vero ed effettivo. Contuttociò andando
al Teatro Re non crediate già di andar ad assistere
ad una scuola di clementi d’arte rappresentativa, anziché
a rappresentazioni complete; quantunque quegli
artisti sicno in attualità di tirocinio, l’accortezza del
direttore, il quale non consulta già le convenienze ma
le singole loro attitudini, sa cosi bene a ciascheduno
distribuire le parli, che quella insoddisfazione che potrebbe
per avventura generarsi da chi sta facendo la
propria pratica, riesce o poco sensibile o nulla. E se
qualche lieve noja talvolta pur ne venisse, non dovremmo
noi tollerarcela in pace, persuasi clic ne saremo
poi risarciti dalla formazione di buoni attori
futuri? D’altronde non tutti gli artisti diretti dal Modena,
com’è naturale, sono di un medesimo grado di forza;
alcuni ve n’hanno fra questi che si lasciano alquanto
addietro dai proprii colleghi, c ben sapete inoltre eli’ egli
volle eziandio circondarsi di qualche attori provetti, i
quali invece dal cominciare a pensare a star con franchezza
in isccna, non dovettero d’altro occuparsi che
di liberarsi da quelle, maniere convenzionali che se non
in grado eminente, avevano però senza dubbio in qualche
dose tradizionalmente contralte. Quindi é che noi
ripetiamo adesso con giubilo, quanto già dicemmo
altre volte, cioè che questa compagnia, nella quale la
Dio mercè più non si odono nè voci sforzate, nè parlatone
predicate in piano e forte, nè riconoscimenti
che sono la caricatura del singhiozzo c del palpilo, nò
bruschi passaggi da alcune parole dette con lentezza
c gravità ad un’improvvisa c precipitévole celerilà, che
non d’altro dà prova se non clic di qualche scioltezza
di lingua, questa compagnia, diciamo noi, a malgrado
dei soli suoi sette mesi di vita e della giovanissima
età della maggior parte de’ suoi componenti e supcriore
a tutte le altre nostre clic calcano le scene dall’Alpi
al Lilibco.
Fra quegli artisti provetti di cui dicemmo è senza
dubbio notevole c degna di particolare menzione la
signora Angiola botteghini. Le parti di madama Jacquart,
della d’Hermily, c di mogie nei due Sargenti, la
qualificano attrice a poche seconda. Essa ha il talento
di farvi piangere c ridere nella prima, di interessarvi
colla nobiltà ilei contegno c colla finezza c tranquillità
del dire nella seconda, malgrado la nessuna simpatia
del carattere del personaggio a lei destinato, ili commovervi
altamente nella terza e di dare all’affetto un
accento di verità tale, da servire al Modena del più
degno riscontro; si direbbe che in quella parte agisca
in alcuna delle situazioni più importanti per forza magnetica,
e clic l’emanazione artistica del di lei collega, le si comunichi in certi istanti e quasi la identifichi
ad esso.
Subito dopo a parer nostro chi in questa compagnia
occupa colla signora Angiola Botteghini uno dei
primi posti, è il signor Vincenzo Lancetti, destinato
alle parli caratteristiche. Natura non largì a questo
giovane attore un fisico molto felice, ma egli sa trarne
coll’arte parliti degni di lode. Pochi attori saprebbero
tramutarsi com’egli fa, pochi attori trovar quell’csprcssionc
svariata clic vi fa dubitare se il Pari della
Cabala (Camaradcric), sia sostenuto da quel medesimo
attore che vi fa l’usurajo nella Clotilde, o il Marchese
De la Rapinièrc nelle Memorie del diavolo, o il Lorenzo
nell’Arfico/o 9C0.
Chi occupa in questa compagnia un altro posto onorevole,
sebbene pressoché nuova alle scene è senza dubbio
madamigella Adclia, che non manca altresì nè di lineamenti
gentili, nè d’occhi vivaci. Nella Calunnia,
nella Cabala, nel Bicchier d’acqua, ci dimostrò chiaramente
ch’ella è destinata a ricscirc in quelle parti
clic richiedono l’esposizione delle raffinatezze dell’alta
società; non le dissimuleremo però che nella
parte di Duchessa nel Bicchier d’acqua avremmo in
generale desiderato da lei un emetter di voce un po’
meno lento e meno monotono. Anche nella Clotilde di
Soulié trovò un meritalo favore nel pubblico sostenendone
la parte protagonista. Senza smanie, senza
gridori, senza contorcimenti, riuscì a produrre sotto
le spoglie di quel personaggio un effetto, clic prima
non era stato prodotto sui milanesi che dall’attrice
francese madamigella Abit, c vedendo madamigella
Adelia, non ci ricordammo di quell’altra che un solo
istante, quando Clotilde cioè rompe il suggello def
dispaccio diretto a Giuliano. Madamigella Abit era
trascinata a quell’atto indiscreto, come da una forza
irresistibile, e se lo faceva perdonare dal pubblico.
Madamigella Adclia in quel momento mancò, e noi
glielo diciamo, non già con amino di biasimarla, ma
per metterla in sull’avviso ond’ella rifacendo quella
parte, possa anche in questo punto mettersi al livello
del rimanente. Chi dimostra tanta intelligenza quant’ella ne dimostra, chi va al pari di lei in traccia del
patetique sans cris che è la pietra di paragone del
buon senso di un artista, non s’arresterà, speriamo,
sul principio di una carriera che ha così bene inauI
gura’a.
i Ora potremmo discendere a parlarvi della giovane: Botteghini, delle sorelle Caracciolo, del signor Salvij
ni, del Vostri figlio di quell’ammirabile Luigi che lutti
i ricordiamo, c di molti altri ancora. Sia la carta ci
I manca. Dunque ad altra occasione.
G. I.
NOTIZIE MUSICALI DIVERSE
— Min,o. - /. li. Teatro alla Scala. - Le Opere
si succedono alla Scala con una certa frequenza; c appena
un mese clic e cominciata la stagione d’autunno,
c già quattro spartiti furono offerti ad appagare le esigenze
dei signori abbonati. Le ultime due opere prodotte,
furono la Lucia e la Beatrice. L’esecuzione di
queste due Opere lasciò certo luogo a molli desiderii,
e suscitò assai vive delle non lontane ricordanze; ma
pure non deve essere considerata come inaccessibile agli
elogi, e massime agli elogi parziali. La Dc-Giuli nella Lucia
ebbe degli istanti abbastanza felici, cd il tenore Gardoni
sviluppò un aggradevole voce, che ha però assai bisogno
d’essere coltivata. Il Dc-Bassini fu molto applaudito, ed
in qualche punto meritò d’esscrlo. La Colleoni nella Beatrice
non ci fece ohbliarc la Frczzolini, cd il tenore Ferretti
ci fece, desiderare di vederlo sostenere una parte più
adattata ai suoi mezzi: non c’è niente che sia in maggior
antagonismo quanto il genere di voce del Ferretti con
quello clic si richiede per portar la parte di Orombello.
Si promettono quanto prima dei nuovi spartiti, dei nuovi
artisti, insemina si cerca di supplire alla qualità colla
quantità. E questo il destino a cui pel decadimento delI’
arte sono costrette di assoggettarsi le grandi imprese,
che girano con terrore lo sguardo d’intorno per cercare
degli artisti e che non finiscono che per trovare delle
mediocrità.
— L’iberia Musical, giornale artistico che si stampa
a Madrid, ci dà delie fredde notizie sull’esito della Favorita
di Donizctti, datasi a quel teatro del Circo. Fra
i lamenti che innalza questo foglio periodico, non taceremo
quello con cui rimprovera all’impresa di aver fatta
una cattiva distribuzione di parti. Questo sbaglio, tanto
comune anche in Italia, è uno di quei fatti che recano
maggior torto c maggior danno all’arte. Soventi per esso
cade un’Opera, clic avrebbe ottenuto splendido successo,
c si formano dei giudieii clic possono macchiare la riputazione
d’un povero maestro, clic vede condannata la
sua Opera grazie alle meschinità od al cattivo collocamento
degli artisti clic debbono interpretarla. Gl’impresarii,
i direttori di teatro dovrebbero riflettere seriamente
su tali inconvenienti, massime se desiderano di
essere considerati come i protettori e non come i carnefici
dell’ingegno.
„. compreso il nuovo suo genero Thalbcrg. La
France Musicale invece dice • Lablachc c sempre a
• Parigi; l’operazione clic gli si fece in Inghilterra, vo«Icndogli levare un dente, sembra aver cagionato dei
• guasti terribili alla mascella. Quantunque la malattia
• non abbia nulla d’allarmante, essa produce all’illustre
• cantante dei dolori abbastanza grandi per obbligarlo
- a restare a Parigi, onde ricevere le cure de’medici,
■ e forse ciò gli impedirà di intraprendere il viaggio in
• Italia che aveva progettalo di fare con tutta fa sua
«famiglia •. Noi desideriamo che la maggioranza abbia
questa volta ragione, c che l’onore del cavadenti di Londra
e la mascella del grande artista sieno in un ragionevole
stato di salute.
— Tamburini partiva il IO settembre da Parigi per
raggiungere a Vienna Rubini, da dove doveano recarsi
ambedue immediatamente a Pietroburgo. L’apertura di
quel nuovo teatro italiano è-fissata pclla sera deH5 ottobre.
— Un celebre coreografo, Bournonville, che ha introdotto
i halli nella Danimarca, c clic occupò nel 1780
cd 81 il posto di primo ballerino danzante al teatro dell’Accademia
reale di Parigi, mori iiliiinameiitc nell’età
di 83 anni al reale castello di Fridcnsborg, posto nell’il’isola
Seeland, dove il re Federico VI aveva fatto preparare
un asilo pella vecchiaja di questo grande artista.
Suo figlio, Carlo Bournonville, fu il maestro della Grahn,
della Niclseti e della Fieldstcd.
— A Marsiglia la truppa italiana die’ termine alle sue
rappresentazioni collo Stabat di Rossini, il cui successo
passò tutte le aspettazioni: alla quarta sera v’era folla, e
una folla piena di fanatismo. L’esecuzione di questo capolavoro
formerà epoca nei fasti musicali di Marsiglia.
GIOVAMI RICORDI
EDITORE-PROPRIETARIO.
Dall’I. R. Stabilimento Razionale Privilegiato
di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVARCI RICORDI
Contraila degli Omenoni!f. 1720.