Gazzetta Musicale di Milano, 1843/N. 13

N. 13 - 26 marzo 1843

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[p. 53 modifica]GAZZETTA MUSICALE ANNO II. doMENica N. 13. 26 Marzo 1845. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4." di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia CLASSICA MUSICALI?. DI MILANO • La musique, par des inflexions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions. peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations’. ■ et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres à l’émouvoir. • J. J. Roussejv. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta o t,WAntologia classica musicale è dicITetl. Aust. L. 12 per semestre, ed cITett. Aust. I,. 14 affrancata di porto fino ai conliuidella Monarchia Austriaca: il doppio per l’associazione annuale. — I,a spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Cassetta in casa bicordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porto. SOHIAIIIO. I. Schizzi Biografici. Vincenzo Bellini e le sue Opere. - II.Critica. Le ultime sette parole del Redentore sulla croce, ecc. - Ili. Cartkggio, I. e II. - IV. Bibliografia Musicali?. Nuove opere per pianoforte, ecc. - V. Notizif. Musicali Diykrsk. SCHIZZI BIOGRAFICI VlV(lV/,«BELLI AI K LE SUI OPEUE V V. il N. 4, 6 e 8 di questa Gazzetta...Rassicurato dell-1 esito della NorjjH$£ina, e stanco ornai delle fatiche “aper più anni durate, sentì che

  • ’ mente avea bisogno di tre_guai

Per cu‘ deliberò di riposare alcun tempo recandosi a rivedere la sua terra natia } e nel gennajo del -1832 abbandonò la diletta Milano per ricrearsi nel purissimo cielo di Sicilia. Pervenuto in pochi giorni a Napoli, ove fu lieto di rivedere il venerando suo istitutore Zingarelii, che riabbracciandolo pianse di gioja, nella breve dimora che vi fece volle soggiornare in quel medesimo Conservatorio in cui era stato iniziato alla conoscenza de’primi rudimenti dell’arte presso il suo amico Florimo. Circa i primi di febbrajo giunse finalmente a Catania ove dai confiunti, dagli amici, dai conoscenti, da tutta intera città s’ebbe tale accoglimento che senza forse si può affermare essere stata questa l’epoca più avventurosa della sua vita. Il ritorno di Bellini fu una giocondità, fu una festa per tutta Catania. Le persone più illustri in un co’cittadini gareggiavano ad onorarlo. Era impaziente, dice un articolo in quell’occasione stampato, era impaziente la madre di rimirare nel volto del figlio lo splendore delle molle corone di cui aveaulo ornato tutte le nazioni amanti della vera melopea. I teatri di Londra, di Parigi, di Vienna, facendo eco agli italiani coi celebrare il suo nome, avean posto un suggello indelebile sul monumento della sua gloria. L’amore de’ suoi concittadini si mostrò quindi in tutta la sua espansione allorché l’intendente della Valle di Catania, D. Giuseppe Alvaro Paterno, Principe di Sperlinga! Manganelli, gli andò all’incontro fuori delle 1 mura, e fattolo sedere nella sua carrozza tra gli evviva il condusse alla casa paterna sul cui limitare stava adunato gran numero di spettatori, nel volto de’quali brillava l’allegrezza e l’esultanza. Distinti e rispettabili personaggi concorsero per più giorni a felicitare il nuovo arrivato. Dappertutto ove passeggiava le strade ingombravansi di gente ch’era beala di rivedere traile sue mura il prediletto suo concittadino, che ne’verd’anni della gioventù avea saputo divenire il più profondo conoscitore delle melodie del cuore. Ma il maggior trionfo ch’egli ebbe fu una sera al teatro ove, invitato dallo stesso intendente Principe di Manganelli nella propria sua loggia, appena si fu mostrato seduto al fianco di lui, venne salutalo da un’immensa folla assordante il teatro d’applausi. 11 patrio entusiasmo si risvegliò poi viemaggiormente in altra delle’ susseguite sere, nella quale, essendosi cantati alcuni pezzi del Pirata, non fu pago il romoroso uditorio ch’egli coi modi della modestia venisse attestando la sua gratitudine dalla loggia del Principe, ove ancora si trovava, ma ripetendo da ogni parte «Viva l’autore del Pirata e della Straniera - Viva il oenio del nostro concittadino - Viva Bellini» lo constrinse per più volte a prodursi sulla scena, e allora più che mai si fece ardente il bell’animo catanese che cogli atti della più cordiale commozione accrebbe il fervor degli evviva, il fragore de’battimani, e facendo volare dai palchi componimenti poetici sulla seta stampati, non cessò dall’applaudire se non quando ebbe veduto sul palco scenico a dividere l’onor delle acclamazioni lo stesso suo padre. Fu indi concertala una letteraria accademia, datasi nella gran sala della casa comunale nel giorno 18 di Marzo di quell’anno 4832, nella quale il professore della regia università degli studi, Mario Musumeci, uomo nelle lettere e nelle arti molto erudito, recitò il discorso di cui facemmo menzione, che vide poi la luce delle stampe in un coi varj poetici componimenti. Una medaglia gli era stata tre anni innanzi coniata W e un’altra gli fu dedicata in oro in memoria del suo ripatrio. Fu decorato dal Re delle due Sicilie e fatto insieme socio dell’Accademia Borbonica. La pensione che dapprima gli era stata fissala per la sua giovenile educazione assegnò al padre mentre un’altra aveano goduta l’avo, non solo, dice il Musumeci, in ricompensa di vita onoratissima nelle musicali discipline consumala, ma per aver rincorato si degno nipote alla difficile impresa. Non crediamo clie nessun cittadino benemerito nelle scienze e nelle arti ricevesse dalla patria sua gli onori che Bellini ricevette da Catania. Fu una specie d’apoteosi di cui non saprebbesi trovare esempio che nei fasti dell’antica Roma (2>. Dopo due mesi o poco meno lasciò nuovamente la terra de’ suoi natali e si ricondusse a Napoli per recarsi prima in Lombardia, indi a Venezia, ove attendealo l’impegno di scrivere una nuova opera pel teatro della Fenice. Nel viaggio passò per Roma} e quivi fermatosi a pernottare andò la sera al teatro ove cantavasi la Straniera. Ben presto il pubblico 10 riconobbe, e ben presto tutti gli sguardi, tutti i cannocchiali furon rivolti sopra di lui, e molte voci sorsero a gridare, bravo 11 maestro! viva il maestro: dalla qual cosa, nell’idea di poter essere chiamato sul proscenio, stimò della sua modestia di ritirarsi e innanzi tempo si partì dal teatro per rimettersi all’indimani in viaggio sulla via di Firenze. Colà giunto un’ugual scena gli accadde a quel teatro, ove essendosi recato per assistere ad una rappresentazione della Sonnambula, furono si vivi gli applausi del pubblico, cbe’dal palco dov’era dovette più volte alzarsi per renderne i debiti ringraziamenti. La Beatrice da Tenda fu l’opera che scrisse a Venezia. Tutti sanno clic l’esito non fu quello che si era sperato, ancorché sentisse Bellini di aver in essa trasfuso tutta la sua conoscenza dell’arte, e lutto quel medesimo amore eli’ era stato generatore degli altri suoi sparliti. Le cagioni ne furono molte e varie} ma crediamo che la più influente, anzi la ragion capitale, sia stala la discordia che si pose tra la poesia e la musica, da cui vennero quei ritardi, quelle polemiche e quei dissidj che tutti conoscono, e quindi quella male disposizion d’animo clic indusse i Veneziani a farne giudizio troppo acerbo e severo. (®) Ora che son corsi ornai dieci anni, ora che la Beatrice da Tenda ha fatto il giro de’ teatri d’Europa, ora che tutto il mondo musicale ha riconosciuto anche questo lavoro come figlio ben degno di chi lo ha creato, si può con franchezza affermare che il pubblico veneziano ha avuto gran torto di condannarlo, e che Bellini ha avuto ragione di chiamare ingiusto chi l’aveva condannato. L antica regina del mare ebbe con lui 3uel medesimo torto che l’antica regina el mondo ebbe con Rossini quando accolse coi fischi il Barbiere di Siviglia. Bellini lasciò per sempre Venezia col cordoglio nell’animo d’una ricevuta ingiustizia, e fu giusto risentimento. Passò indi a Parigi, e di là a Londra per porvi in iscena [p. 54 modifica]I la Nonna (i) dalla quale missione, oltre gli j applausi di tutta la metropoli dei tre re, gin, ricavò una somma di dodici mila franj chi. Di ritorno a Parigi nel 1854 s’impegnò a scrivere un nuovo spartito pel teatro dell’Opera italiana e fu i Puritani’, impresa che lusingava grandemente il suo amor proprio, e da quel tempo non parti più dalla gran capitale della Francia. É noto quale splendor di fortuna ebbero i Puritani. Rubini, Tamburini, Lablache, e Giulia Grisi, furono i campioni a cui confidò le sue melodie, ed essi corrisposero come doveano al genio die gl inspirava. Ancorché non sia questa la migliore delle sue creazioni, egli la compose non pertanto con molto impegno, procacciando d’incontrare nel gusto de’ francesi coll’adottare una più studiosa islromenlazione, un fare più vario ed elegante, uno stile energico, vivo, elaborato e spesse volte marzialmente concitato, conformemente al carattere della nazione. E vi riesci siffattamente che lo stesso signor Fétis, il quale anziché un grande ingegno 10 chiama sempre il figlio accarezzato dalla fortuna, appella i Puritani una composizione più completa di tutte le altre. Fu questa la più ampia prova della estensione e della moltiforme suscettività della sua mente. Procedendo nell1 opera sua faceva giudice di ciò che aveva fatto il senno di Rossini, di cui nudriva alta estimazione chiamandolo il maestro di color che sanno. In una lettera a persona amica scriveva: U opera avanza e Rossini è contento per aver provato non esser vero quanto gli si voleva far crédere sulla mia pigrizia in Italia. In un1 altra diceva: li opera mia è in fine, ci lavoro sempre. Rossini ha visto il primo atto e ne è estremamente contento. Se la sua benevolenza sarà durevole mi gioverà moltissimo... La benevolenza di Rossini vai tutto a Parigi: egli è qui V oracolo ove i giornalisti ed. il pubblico ricevono le sentenze. In un1 altra lagnavasi della poca altitudine del poeta al genere drammatico: Non sapete quello che ho sofferto e soffio con P. Non ha genio affatto per questo genere di poesia Ora vedo che se dovessi scrivere ancora per V Italia noi potrei senza Romani. Tutti gli altri sono freddi, insipidì, senza nerbo di passione. ■■ Ed io debbo sagrificare qualunque mio amor proprio per l’arte mia, epperciò cercherò dei mezzi di ravvicinarmelo. Sentiva egli quanto fosse influente una buona poesia a comporre una musica veramente drammatica. E volendo pur sapere se da Romani poteva ancor sperare qualche cosa scriveva: Fatemi 11 piacere di dirmi se Romani fa ancora disperare i maestri. Malgrado ciò l’opera riesci come doveva luminosamente; e gli fruttò dal re Luigi Filippo la decorazione della legion d’onore, i più lusinghevoli encomj dell’Accademia, ed i suffragi e le onoranze di tutta Parigi. Per modo che da moltissimi era stimolato a darsi ad un nuovo lavoro per l’Opera francese, (5) e già progettava di mandarlo ad effetto simultaneamente ad altra opera eh1 crasi assunto di scrivere per il teatro di S. Carlo di Napoli (e>, quando un’intestinale infiammazione, troppo fatalmente in addietro trascurata, sì violenta i lo assalì che niun rimedio valse ad arrestarla^ ed a Puteaux, luogo poco discosto dalla città spirò il giorno 25 settembre 1855, movendo alle lagrime anche coloro che mai non- l’avevano conosciuto. Non è descrivibile il dolore di tutta Parigi e di tutta l’Italia. Validi artisti accorsero a rapire dal feretro le sue sembianze. Una moltitudine innumerevole di gente d ogni condizione e d1 ogni classe mosse per vederlo ancora una volta. Le dame andarono in lutto al teatro la prima sera che furoii dati i Puritani, e pochi giorni dopo i più rinomati cantanti d’Europa Rubini. Lablache, Tamburini ed altre duecento voci gl’intuonarono i cantici estremi nel tempio degl’invalidi al cospetto d’auguste persone e d’un uditorio affollatissimo. Avea Bellini una discreta coltura, più opera del naturale suo ingegno che (lell’educazione. Dilettavasi assai della lettura de1 sommi poeti drammatici, ne1 quali più che altrove trovava la favilla inspiratrice delle vere nobili idee. Era dolce di cuore, buono di carattere, leggiadro nei modi come nella persona. Era di mezzana statura, di biondi capegli, d’occhio vivacissimo, d’onde traspirava il fervido sentimento dell’anima. WL’amor dell’arte e della gloria era in lui sì forte che lo rese talora dimentico d’ogni altro affetto; ma non fu tardo a conoscere che le umane vanità hanno il loro fondo d’amaro che prestamente genera il disinganno. Quando lasciò Venezia per recarsi a Parigi, nei turbini di quel gran mondo, lontano dagli amici suoi, scriveva che Vavvenire non gli sor ridea più come prima, e ripensando alla sua Milano ove per tanto tempo era stato Venfant chèli des Dieux et des dames sciamava Oh! la mia Milano! Non la dimenticherò mai! E se non l’avessi mai dovuta abbandonare io sarei ancora felice— Parca che un interno presentimento gli avesse presagito la sua (ine immatura. Al colmo della gloria era senza quell’interna soddisfazione, che dolevasi grandemente di avere non curata. - La perdita che l’arte fece in Bellini è più da lagrimarsi che da scriversi. (Sarà continuato) G. Vitali. giamcnle a tempo per ricomprovare al signor Félis che non fu la Malibran che alzò in fama la Norma. (5) Fin dal -1833 aveane ricevuto invito. In una lettera del 2-3 aprile scriveva ciò che segue. «Vi confido «in segreto die a persona non comunicherete. Il dirct• tore dell’Accademia francese, ossia del teatro dcl• l’Opéra a Parigi mi ha pregalo e seguita a farlo con «calore, pcrch’io scriva un’opera in francese al gran» teatro, offrendomi oltre i diritti d’autore una paga; «io mi sono riserbato di dare la mia risposta fra uno • o due mesi, o al passaggio che farò da Parigi nella • fine di luglio. Come vedete, scrivere un’opera per ■ quel teatro è cosa che lusinga il mio amor proprio.» Di questo alTarc non avea fatto partecipe che la persona a cui scriveva e il suo diletto Fiorimo, per tema che i nemici suoi glielo disturbassero. (G) Riportiamo queste parole tolte da una leUcra del 26 di novembre.» Ho accettato il contratto per Napoli,» salvo qualche accidente (come successe per l’Opera «comique) e nel mese di gcnnajo prossimo o in pri• mavera verrò a Milano e parlerò io stesso col Duca «per vedere se potremo combinare qualche contratto, «cosa un poco difficile perchè il Duca non vorrà pa• gannì come Napoli clic mi dà 15.000, lire austriache, «pari a 9,000 ducati, nette della proprietà per sole due • opere nuove da scrivere nel corso dell’anno venturo.. • Per Italia questo contratto è superbo: I’ ho già in mano • firmato dalla Società.» (7) il maestro Florimo di Napoli è possessore del migliore dei ritratti di Bellini, cd è opera del nostro Arienti che lo dipiusead olio, in grandezza naturale, nell’anno 1830. NOTE. (1) Porla impresso da un lato il snorilralloc visi legge all’intorno - Fine. Bellini. Catanensis. Musicae. Artis. Decus. Dall’altro rappresenta una Minerva ritta sulla persona, porgente colla destra una corona, colla sinistra tenente I’ asta e lo scudo. Sotto v’e marcato l’anno 4829, ed all’intorno leggonsi le parole Meritis. Quaesitam. Patria. (2) Era tanto il trasporto de’ cittadini eilanesi clic più d una volta occorse a Belimi di entrare nelle botteghe, nei caffè, prendervi delle merci, delle confetture e dei rinfreschi scnzachè ne potesse poi corrispondere il pagamento. La tenerezza per Bellini era fin penetrata nei chiostri; ed un giorno dovette recarsi ad un convento di Monache, perchè aneli’esse bramarono di vederlo, e gli vollero attestare la loro stima col presentarlo di alcuno paste dolci di loro fabbricazione. (3) Se dobbiam credere a ciò che scrive il più volte coglimcnto della Beatrice. Fosse per mancanza d’immaginativa, fosse per altro, gli ritardò la poesia fino agli ultimi giorni, a segno clic le strofe della cabaletta dell’aria finale Ah.’,la morie a cui m’appresto E trionfo e non è pena non le diede a Bellini clic la sera innanzi della prima rappresentazione; per cui non polendo adattarvi una nuova musica riprodusse il motivo deli’aria del tenore della Bianca e Fernando: Odo il tuo pianto, o padre. (4) Vi cantava la Pasta, ed in clic modo portasse ella all’entusiasmo il pubblico inglese ecco coniegli io scriveva in una lettera del 21 giugno di quell’anno. •> Tanto io che il pubblico ben capivamo clic l’opera era «stata composta d’ambiduc, poiché ella ha fallo tanto «co’suoi talenti che si può dire che l’ha creata un’al«tra volta con la grande esecuzione così nel canto corno» nel gesto; esecuzione ohe nè Romani nè io avevamo «ideato a quella perfezione: la cosa è che il pubblico» non si saziava di applaudirla e clic per la Giuditta è «stala una sera di quelle da poterla marcare a lettere «di diamante.» Queste parole di Bellini vengono egreCIUTICA!Le ultime sette parole «tei Redentore sulla Croce ossia le agonie di Cristo.- Oratorio del chiarissimo maestro S.wemo Mr.ncAOAXTE. - Presso Giovami Ricottiti. V’ha chi pensa che il fare la critica delle opere altrui sia una specie di maligno piacere di attenuare il merito di quegli esseri, cui la sorte fece atti a comparire in pubblico, ed innalzarli al di sopra dei loro simili: e ciò per quel poco d’invidia sì naturale a chi è condannato a vivere senza speranza di sorpassare d’un pollice il comun livello. Se tale opinione non è intieramente falsa, perchè di esseri consimili il mondo non è mai senza, egli è vero del pari non doversi porre tutti in un fascio coloro che il geloso uffizio del critico si assumono. Molti sonovi infatti i quali, per solo amore del vero, e dell’arte o scienza che professano, ma sempre di mal animo, accingonsi a notare gli altrui difetti, e non mai tanto vo.lontieri si fanno a manifestare la loro opinione quanto allora che si tratta di encomiare. Tale per huona nostra ventura è la parte toccataci quando fummo chiamati dall’Estensore di questo giornale a parlare di questo lavoro dell’egregio Mercadante, e tanto più di buon animo ne abbiamo assunto l’incarico che, oltre alla stima da questi ben meritata, ci vantiamo professargli particolare amicizia. Dei quali sentimenti crediamo dargli prova non dubbia esponendo con tutta schiettezza, ma senza pretensione, il nostro giudizio, qualunque egli sia, sempre imparziale. Il titolo di questo Oratorio può destare l’idea di farne confronto con quello dell’immortale Ilaydn, tanto più trattandosi di un maestro, il quale per sapere la cede a ben pochi fra i più celebri stranieri, a nessuno forse fra i connazionali. Lunge però questa idea, perchè i due Oratorii, tranne lo scopo comune di suscitare negli animi sensi di pietà e riconoscenza verso quel Cristo, il quale factus est prò nobis p obediens ttsque ad mortem, non sono per i nulla rassomigliami. Diversa ne è la poeìj sia, è sì diverso lo stile che neppure per j! ombra può dirsi avere Mercadante calcate li le orme del gran tedesco, jj L’Oratorio di Mercadante è trattato a |i quattro voci con un’opportuna alternazione!! di pieni e di a soli, ed è accompagnato da [p. 55 modifica]) viole, violoncelli e contrabbassi, come per j consiglio delPeminentissimo cardinale Mo, rozzo, vescovo or defunto, usasi in Novara nella quaresima e nelle domeniche d’avvento in cui tace l’organo. Frazione d’orchestra il cui effetto è sommamente religioso, massimamente maneggiala da Mercadante, nelle cui mani ogni scarso mezzo diviene capace di mirabili partiti (*). Un coro grave e patetico col quale si invitano i fedeli a meditare gli ultimi accenti del Redentore agonizzante serve di introduzione. Le parole di Cristo mancano nella musica (si dicevano forse in coro, qui conviene supporle l2). Ciò che quivi si canta è sempre relativo alla parola precedente, e consiste in un solo, o coro, o duetto, ecc., come già si è accennato. Parola prima (Pater ignosce illis quia iiesciunt quid Jaciunt). Alla voce dell’ostia immacolata, che prega po’suoi crocifissori, tien dietro un pezzo a solo, pel quale l’autore scelse, con assai fino discernimento, la voce di un soprano adolescente, immagine aneli’essa di innocenza, che si accusa con mestissimo accento «Di mille colpe reo» per le quali conoscendo non meritare perdono, rammenta all’eterno Padre la preghiera del divin Figlio. «Ma senti quella voce che per me prega» E da notarsi il fino artifizio dell’egregio maestro, il quale rappresentò la voce del Salvatore con una dolcissima melodia di violoncello tanto qui come nella parola sesta Sii io, e questa melodia va poi intrecciandosi in modo semplice e assai toccante colla voce dell’adolescente, talché nulla manca ad un _Jiìs£^MC-ss*i»uimente vero e commovente. Ecco come conpdclÌr^èzzT’é’^t>»K6à gio di contrappunto si possono produrre squisite bellezze da chi abbia cura di ben conoscere l’importanza e suscettibilità del suo soggetto. La seconda parola (Hodie mecum eris in paradiso) è seguita da un coro in cui, chi non sapesse avere il maestro Mercadante composto quest’oratorio non più tardi della quaresima del 1838, direbbe che alle parole «Deh., Signor ti sovvenga di me» egli avesse copiato dallo Statai di Rossini:, tanto rassomiglia al fac me cruce custoditi dell’Aria lnjlammatus et accensus. Si fa tanto presto a dare del ladro ai poveri maestri! Tutto questo coro è di bellissima fattura, e veramente grandioso: peccato che non abbia un’istromenlazione d’orchestra completa, dalla quale il bel concetto riceverebbe maggiore sviluppo. Così com’è non làscierà però nulla a desiderare eseguito che sia da un coro sufficiente. Parola terza (ilulier, ecce fdius tuus). Questa è seguita da un bel duetto a tenore e basso con una preghiera a Maria di riguardarne come figli, poiché fu scelta a nostra madre dal Divin Verbo. Le voci ora s’alternano, ora s’uniscono con bella gara d’affettuosi modi. Non vi troverete per avventura pensieri nuovi e peregrini, ma (1) Quantunque vicinissimi a Novara dove fu scritta ed eseguita nella settimana santa, questa bella musica più volle, non avemmo mai la sorte di sentirla a motivo delle funzioni cui ci era dovere di assistere, per cagione d’impiego. (2) Mercadanlc, il quale spesse volte abusò dell’orchestra facendola sovrastare al canto, diede pure bellissimi esempi del partito clic un abile istromculista può trarre da pochi islronlcnti, anche nei vasti locali. Il Giuramento ed il Bravo sono abbastanza noli; ricorderemo solo un duetto di due claiini senz’altro accompagnamento che egli scrisse nell’ultima messa composta in Novara per I’Assunta nel iSJO, il quale iinsci di mii rabilc effetto. Ma gli imitatori s’appigliano al male per1 che, a seguire le cose lodevoli, ò necessario maggiore stu’ dio ed abilità. un’espressione soave e divota qual si con- ì viene al soggetto. La parola quarta (Deus meiis quare me j dereliquisti) dà motivo ad un coro spirante j un abbattimento, una pietà c compunzione l che invita al pianto} nò temiamo discor- I dare dalfintimo sentimento del chiarissimo j autore qualificandolo pel più bello ed ispi- j rato di tutto l’Oratorio. Quanto affetto in I quella promessa Piuttosto, o Dio, morir,; non più peccar! e con quanto buon senso I essa si replica da tutte le voci e si compone ad una bella imitazione condotta su J di un’armonia incalzante! Una cosa ci dolse, ed è che non sia stato ripetuto questo | bellissimo pensiero per renderne più profonda l’impressione, e siasi terminato questo covo, con una cadenza di ritmo affatto j simile a quello con cui finisce il coro pre- i cedente. La ripetizione ed una cadenza; diversa avrebbero forse aumentato il bellissimo effetto che questo coro deve ne- j cessariamente produrre. Per non andar per le lunghe diremo solo | che il rimanente, ed in ispecie il coro finale,: sono degni dei pezzi accennati, e l’ìn-; tiero oratorio è degno del gran maestro. Semplicità somma di pensieri, verità di espressione, e nessuna vana pompa di contrappunto, largo stile e bella modulazione sono i pregi che distinguono questo lavoro, e pei quali gli amatori della buona musica dovranno saper grado all’autore di averlo pubblicato colle stampe. E noi contenti di averlo, come meglio sapemmo, encomiato, facciamo voti perchè il chiarissimo autore doni all’Italia altri lavori di questo genere, facilmente eseguibili in conversazioni privale, e il bell’esempio sia da altri seguito, e si diffonda vLgusto di un geijefe’fat musica’ sonTììU!^ n ì c n t 31." 11. Boucheron. CARTEGGIO U». fcòBSlglio e il mb» eccitamento. £ij*nór Estensore Nòn c’è volta in cui mi cada sottocchio la Gazzetta 3Iusicale che voi da un anno mandaste in luce,e per commissione del benemerito Ricordi, dirigete, senza che non sorga nella mia mente vivissimo il desiderio di vedere estesi i suoi articoli anco alla critica puramente drammatica. Per quanto sia una arte specialissima, la musica si riferisce oggidì, generalmente parlando, cosi esclusivamente ai teatri, che un giornale come il vostro, fatto coll’ottimo intendimento di giovare quanto più si può all’arte in ogni suo punto, sia principale sia accessorio, panni, dovrebbe di tempo in tempo, con quella medesima imparzialità con cui dispensa la lode ed il biasimo ai maestri ed ai cantanti, far qualche ragione eziandio delle produzioni destinate ad essere semplicemente parlate, e di coloro cui spetta l’ufficio di eseguirle. Ed in vero: se per chi guarda a primo tratto e superficialmente esiste una linea, a cosi dire, di demarca-’ zione molto sensibile fra questi due generi d’arte rappresentativa, o m’inganno grandemente, o siffatta linea diminuisce d’assai, ben jconsiderando alcuni rapporti che si collegano con ambidue. Quando la musica è fatta soggettò di un’azione drammatica (dico cose troppo note ma necessarie allo sviluppo del mio pensiei-o) diventa un vero linguaggio e non può prò- flj durre sugli animi l’intero effetto di cui è I capace, se non sia affidata ad esseri urna- è ni; ora se questi esseri umani vogliono lì raggiungere pienamente lo scopo e venire «a buon diritto chiamati con quel duplice qualificativo moderno, tanto giustamente ambito, di attori-cantanti, non solo debbono aver cura del metodo di canto (che quando è buono è pur esso fondato sulle varie pose ed inflessioni di voce di cui servonsi ordinariamente gli uomini per esprimere le loro idee liete, patetiche, o appassionate ) ma eziandio dell’epressione della fisionomia, del contegno, e del gesto. E questa espressione, questo contegno e questo gesto non sono forse di assoluta spettanza dell’arte drammatica indipendentemente dalla musica? La frase musicale, mi direte voi, è meno rapida della parlata, quindi il personaggio dell’Opera è chiamato ad un sistema di gestire alquanto più lento di quello seguito da chi semplicemente recita. Concedo! La cosa si riduce ciò non pertanto ad una quistione di tempo, ma non cangia d’essenza; così chi parla come chi canta sarà mai sempre tenuto, salve forse pochissime eccezioni, se eccezioni vi possono essere, alla medesima serie di atteggiamenti e di gesti, e l’unica differenza consisterà in ciò che il primo farà succedere gli uni agli altri con maggiore rapidità del secondo. Brevemente! Gustavo Modena sarà sempre un ottimo modello per un cantante destinato a calcare le scene; ed è fama che l’alma, senza professar trilli o gorgheggi, abbia contribuito al perfezionamento della nostra Giuditta Pasta, tanto eminente anco nella parte rappresentativa dell’arte. - Un analogo ragionamento potrebbe, a mio credere, inslituirsi -p.er quanto riguarda il giudizio da darsi intdSfto alle produzioni drammatiche iti genere, dT’SHt fa parte eziandio il melodramma per musicSsUe varie critiche, mediante le quali si avrehlnk a cagion d’esempio, motivo eli chiarire, nella (iazzetM clic voi dirigete, le cause del maggioreV minore interessamento destatdnel puhlico iihoccasione di una nuova rappresentazione tealrìhb-, fosse pur questa una commedia, una traffeidMa, 1111 dramma, una farsa; ed il grado lellSsj|ario di merito che le si verrebbe assegnandoS^msta una maggiore o minore prevalenza i

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tata di difetti o di pregi, varrebbero senza dubbio a fornire ed a popolanT^e a’quanto anco un più sicuro criteriotì^e giudicare della tessitura e verseggiatimi? delle azioni da musicarsi, oggidì in loco così basso cadute da rendersi degne pur troppo della prosaica denominazione di libretti. Che se da taluno si opponesse essere la musica così prepotente da per sè stessa da ottundere anco il più squisito palalo letterario, densamente retando sotto le proprie melodie ed armonie le sconve nienze degli incidenti di un dramma e la ’ stentatezza dei versi che lo compongono, ciò sarebbe vero soltanto in via eccezionale, ma da questo fatto non si verrebbero, per dio, ad escludere tutti quegli altri in assai maggior numero, nei quali la bontà del melodramma fu di grande sussidio al maestro; e a mostrare appunto j questa verità, voi medesimo destinaste un I apposito articolo nella vostra Gazzetta |j Finalmente, se per le sovraddelle ragioni, la | critica della drammatica semplice può tor- 1 i| nar di vantaggio all’arte musicale rappre|i sentativa; questa può giovar quella in tutto I II quanto si riferisce a quel complesso di [p. 56 modifica]_..i che, per spiegarmi brevemente, chia[ mero, con gallica espressione la messa in, iscena, e die negli spettacoli (l’Opera trova i campo più vasto ove esercitarsi. Comunque spezzate, senza sviluppo e senz’ordine, spero che le poche idee alle quali preferii di accennare di volo come alle più ovvie, vi persuaderanno della convenienza di far stringere un patto d’alleanza fra le critiche delle due arti sorelle, lasciando libero accesso, di quando in quando, come vi dicevo più sopra, nelle pagine del giornale a voi affidalo, a dedi articoli che per le anzi dette ragioni alìbiano soltanto colla musica un rapporto indiretto od accessorio, quali sarebbero: osservazioni sopra allori e drammatiche compagnie, rendiconti ragionati dei prodotti del teatro italiano e straniero, cenni intorno a quei lavori letterarii esotici o nostri che in generale si occupano dell’arte drammatica, discussioni storiche sull’esattezza dei costumi corrispondenti alle diverse epoche e nazioni cui gli spettacoli teatrali (Fogni genere si riferiscono, e via via. Riflettete sopra quanto vi scrivo, e se troverete la mia proposizione degna di accoglimento, io sarò ben lieto di essere stato il primo a farvene eccitamento. La Gazzetta musicalese i miei voti saranno esauditi, non solo fornirà più svariata ed utile materia a’suoi lettori, ma, mettendo a contatto due classi che non si possono considerare eterogenee fra di esse, contribuirebbe anco a rialzare quella, per la quale io peroro, dallo stato d’avvilimento in cui la signoreggiante solipsia musicale indegnamente la tiene. State sano. Li do marzo -1843. Il vostro G. I. (1) Nel prossimo foglio farò di dare conveniente rispósta a questa lettera, ben contento se, dopo avcrq^ffieglio ponderata la natura dell’invito che in essa n>fè fatto, non troverò troppo grave accettarlo e aderir quindi ai nuovi impegni clic assumerei. •" G. B. ERRATA COIiricìe Signe Nel cenno nccrologico j| degno compositore c maestro di musica Frane. S)ijiIOberlecbncr, inserito nel N. 10 di cotcsla Gazzetta,(ratto nella maggior parte (conte dice il sig. Is. C.) dal|j5"£ui0in0gra(ia dell’illustre Lichtcnthal, ho scorto alcu^ errori clic, ad onore dell’illustre trapassato c della verità, credo ben fatto dilucidare. Egli è ben vero cl)_c fra le Opere melodrammatiche del surrifcril°*«cstro vi fosse - / Tirinosi Teatrali - scritta eMossamente per la beneficiata di mio padre Luigi.Micini, ma non è però vero che egli abbia scritto in Firenze - Gli Arabi nelle Gallie - e l’errore in questo punto accade per avere egli esposto al R. Teatro del Giglio in Lucca nell’anno 1823 - La Famiglia Araba Opera che venivagli ordinata dall’Augusta Regnante Maria Luisa di Borbone fin d’allora mia Sovrana, perchè addetto ancor io aj suo reale servizio, come non è altresì vero clic cgli scrivcssc - Il Barone di Dolsheim pel Teatrojfi^Fìctroburgo. j ^JtfrvOluto tutto ciò schiarire a solo scopo di rendere ■ ’giustizia alla verità, onde non si supponesse clic un mio amico, qual era il defunto, potesse aver preso di mira il trattare argomenti già da me esposti sulle scene. 11 merito sommo che coronava la fronte di questo mio buon amico nell’arte che professava qual distinto compositore c suonatore di pianoforte, e l’animo nobile che egli racchiudeva, non l’avrebbero al certo fatto scendere a così bassi sentimenti. Questa giustizia ho voluto rendere a chi mi era amico, per la qual cosa prego la vostra gentilezza, degnissimo sig. Estensore, a renderla di pubblica ragione. Accettate le proteste di sincera stima di chi si ripete Lucca, 12 marzo 1843 Fostro tunii. obbl. servo Giovami! Rìcini BIBLIOGRAFIA MUSICALE USSZSiSS, «3 impareggiabili concetti schiuse adito nel Tempio d’Iddio. Per tre sere lo Stabat formò qui la delizia di tulli gli Nuove opere per pianoforte dà lliihler, Eich.1 e GolineUi, edite presso Ricordi. louLKit SO Studeo Op. 4* Eivre I.r La scuola moderna di pianoforte si ricca di arpeggi proteiformi, bizzarri, variati ed estesi, di combinazioni di passi, di armonie e di modulazioni, le quali moltiplicando le parli sembrati quasi moltiplicare anche le dita dell’esecutore, più di quelle che la precedettero aveva bisogno di raccolte in cui fossero assembrati i molteplici andamenti e le infinite particolarità clic ponno incontrarsi nell’interpretare le più recenti composizioni per pianoforte, di questo islromeiilo clic minaccia divenir fatale a molti altri, sì sterminata essendo la coorte di quelli che ad esso ricorrono, per cui si potrebbe dire ora in Europa di troppo proponderare il numero dei cultori di pianoforte, rarissime volte venendo dato di trovare alcun giovane amatore dedito allo esercizio, per ìpio, del violino, l’imperante fra gli strumenti di brio c d’espressione. Gran copia di eminenti artisti a’ nostri giorni pubblicarono molti studj notevoli. Moscbcles, Cliopin, Berlini; List;:, Thalberg, Hcnselt, Heller e Dol.ler si resero benemeriti all- arte per le loro opere didascaliche, da lutti conosciute ed apprezzate c che valgon assai più di molte fantasie (I). L’ultimo degli or nominati, non pago di aver già co’ Dodici grandi Studj di Concerto, per conto proprio co’ suoi lumi c colle sue investigazioni contribuito a sempre più render florida l’arte d’eseguire sul pianoforte, testé ha fallo di pubblica ragione altri 25 Studj, (libro primo de cinquanta) di cui colla maggior concisione faremo qualche parola, non senza prima avvertire che a questa opera non può attribuirsi l’importanza di quella dell’istesso autore c dell’islesso genere che ebbe a precederla. Quella era diretta a’ suonatori di prima forza e in tutto degna dei qualificati di grande c di concerto-, questa non consta di dillicoltà di molto rilievo, anzi alcuni numeri ponno ascriversi a quel rango che conviene agli apprendenti che hanno superato la famosa opera 29“ di Berlini. Ogni studio c_preceduto da brevissime osservazioni sujta manieradi eseguirlo; "ÌWCÌto dio ciascuno volgtrtieri riconoscerà. Essi sono assaicòìqT’é’-qttÉS^/ prerogativa da certuni non sarà approvata, giacché per la loro ristrettezza ne proviene qualche volta che non sembrano clic uno schizzo, cd altre lasciare alquanto a desiderare nello sviluppo e nella disposizione de’ passi e delle idee. 1 cauti, se non per originalità, interessano ognora per chiarezza, leggiadria e sentimento, c potranno fainigliarizzarc ad esprimere le frasi c ad accentuarle con lodevole risultato. Alla mano sinistra sono snidali de’ movimenti, degli intrecci o più spesso «ielle melodie del più sentilo ell’ctlo, c sotto un tale r]3&ardo questi studj dell’italiano Dòhlcr son sicuri di ottenere la piena approvazione degli intelligenti. Vi abbondano i passaggi brillanti o graziosi, di scorrevole diteggiatura, e basati sopra un prccoucepilo scopo. Noi qui non accenneremo quali fra 25 studj abbiamo per migliori, chè i gusti sono troppo varj c se noi avessimo a palesare la nostra predilezione pe’ N., 4, 5, (andante espressivo) 9,12,13,14, (romanza) 46,20, (allegro)eìb, (a trillo) vi potrebbe essere chi ci provasse, N. 24, 22,21, 49, 18, 47, 44, 10,7, 6, essere preferibili. Giovani studiosi di pianoforte, provvedeteli c scegliete qual più vi aggrada. (Sarà continuato.) Is. C... NOTIZIE MUSICALI DIVERSE — Napoli. Mentre il teatro S. Carlo continuava a risuonare delle acclamatissime melodie della Linda e della Fidanzata Corsa, al teatro nuovo nascevano c tosto morivano varj spartiti espressamente composti da maestri i quali alla prima rappresentazione quasi sempre hanno veduto i loro lavori applauditi, che poi nello successive venivano trascurati ed in pochi giorni dimenticati. Nel novero delle molteplici opere destinate ad un si effimero esito pare possa collocarsi Le miniere di Freimberg, quand’anche la poesia del Bidcra non manchi di buoni versi c di regolare condotta e la musica del Pclrclli sia scritta giusta i dettami scientifici, e nelle cantilene, in ispeclc in quelle di genere gajo, ridondi di pregi, che si avrebbero voluti meglio assecondati dallo istromentale. — Vbrcblli. L’esimio maestro Frasi, che da molti anni dirigendo la Cappella di questa Cattedrale riuscì di ornamento a sé stesso cd all’arte, promosse c con uditori, i quali oltre il valente direttore, cd il primo lino Ferrara, rimeritarono d’cncomj la Viotti, abile cantante, il cui bel metodo dovrebbe esser comunemente imitato e da certi giornali apprezzalo come migliore del più comodo ( per chi non vuol studiare ) ora di moda; I Eugenia Albani pel sentimento e per l’intelligenza con cui interpretò la diflìcilc parte del soprano; il bravo basso dilettante a pochi artisti secondo, il signor Davila, cd il tenore di questa Cappella. — Roma. Ad un’Accademia nella gran Sala del palazzo Smibaldi la sera del 24 febbrajo data dalla Congregazione di S. Cecilia al pio scopo di sovvenire a’suoi malati cd indigenti, presero parte tutti i primarj artisti addetti a’ teatri lirico-musicali di questa capitale. non che il celebre violinista Grassi. La Gabussi cattivossi speciale attenzione producendosi nel canto e nel suono del pianoforte, islromcnlo da essa con franchezza cd eleganza maneggiato. — Urbino. Anche il modesto nostro teateo può andar fastoso di aver potuto rumorosamente dar favorevole giudizio del Marco risconti con nuova musica del bolognese Mazzetti. Nello scorso carnovale gli impresari de’teatri italiani, procacciandosi utile, ben si meritarono dell’arte, nel porgere occasione a molti giovani maestri, fra cui alcuni esordienti, di produrre in pubblico lavori. — Il Carlo VI d’Halevy, ottenne un brillante

   gran tcalro dell’Opra a Parigi. I giornali

successo i „ _ attribuiscono in gran parte uh tal esito all’eccellenza’ del libretto, che è dei fratelli Dclavignc. Nel numero venturo comunicheremo le notizie che ci arriveranno direttamente dal nostro corrispondente. - I giornali francesi annunziano la prossima venuta ni Italia di Roger, artista distinto dell’Opéra-Comique. A quanto dice il giornale thè Freincl of China, >ri Dulron, Quoi c C. annunziano clic la costruzione del teatro Reale di Kong-Kong progredisce rapidamente, c che questo teatro riescirà d’una grande magnificenza. Lo stesso foglio aggiunge: NB. Nell’ultima settimana sono giunte le attrici; la loro bellezza cd il loro talento non saranno certo sorpassati che dalla loro immacolata virtù. — Al teatro Drury-Lanc di Londra fu rappresentata un’operetta la Iicgina del Tamigi (thè Quecn of thè Tliames) clic riuscì, a quanto ne dicono que giornali, al di là del suo merito. La musica è del signor llalton, capo dei cori di quel teatro. Non ci è in lutto questo spartito, dice un critico, tanta musica che basti da riempirne un libretto lilipuziano. — Spagna. Sul teatrodi GranalaifiFr:.;’, pivi.:;, (aia un* opera^Ja^etri musica e la cirTpòéiia erano spagnole. ---trfffgomcnlo fu preso dai Martiri di Chateaubriand; il titolo del libretto è Felleda o la Saccerdotista de los Gallos, cd c di don Nicolas Bcnalves y Lopez; la musica fu composta da don José Antonio de Mcertos. Il successo ne fu immenso, il maestro fu coperto da una pioggia di fiori, ed il pubblico granatino si lasciò trasportare al più vivo entusiasmo. Noi non sappiamo Uno a qual punto Dulcamara possa avere il diritto di cantare Ah! di patria il grande affetto Gran miracoli può far. — Scrivasi da Pietroburgo clic il sig. Afciis Ivoff, direttore dell’imperiale cappella, fu nominalo membro onorario dell’accademia musicale di Londra. Il diploma segnato dal presidente dell’Accademia Lord Weslmoreland, conosciuto come distinto compositore sotto 11 nome di lord Burgbers, gli fu rimesso dall’ambasciatore inglese. — Viknna. Il maestro Douizctti ricevette da Scribe i primi tre alti dell’opera in musica che comporrà per l’Opéra di Parigi. — Phaga. La nuova Opera, Adele di Foix, del maestro di Cappella sassone Reissiger, ebbe un dubbioso successo. La musica per la maggior parte melodiosa, è poco originale, e vi s’incontrano molte reminiscenze di Spohr, di Weber, di Mozart, e perfino di Bellini. Il primo coro, l’Aria -li Adele, il suo duetto col paggio, il quartetto, c particolarmente l’aria del Re coll’accompagnamento del (lauto sono i pezzi migliori dell’opera. — Liszt ha dato ormai quattro accademie a Posen, grcsso costasse due talleri. La nobiltà polacca accorreva da tutta la provincia per sentire questo raro artista. (Gaz:. Mus. di Lipsia.) — Il concerto spirituale datosi il 9 marzo a Vienna fu aperto colla più recente Sinfonia per due orchestre di Spohr, intitolata: Terrestre e Divino nella vita umana, contenente 4.° * il tempo fanciullesco», 2.“ • epoca delle passioni», e 3.° «finale vittoria del divino • L’idea del maestro non si presentò chiara alla pluralità dell’uditorio. Nel primo tempo non si trova per niente la semplicità, severità innocente, il sollazzare cordiale clic caratterizza il mondo fanciullesco; l’imitazione del piangere col mezzo dello strisciare di volate enarmoniche di più istromcnti - cosa d’approvarsi appena esteticamente - somigliava piuttosto all’urlo. Il secondo tempo è un quadro nebbioso, tetro e mal sicuro; il solo amore sembra traluccre di quando in quando col canto. L’ultimo tempo, in cui vince la religione, è riuscito bene assai all’illustre maestro, c sarà ognor sicuro del Pici! (Estratto dalla Gaz:. Mus. di Fionna.) GIOVANNI RICORDI EDITOBE-PROPBIETARIOi Dall’I. R. Stabilimento arazionale Privilegiato (li Calcografia, Copisteria e Tipografia musicale di GIOVANNI RICORDI Contrada degli Omenoni N 4720.