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GAZZETTA MUSICALE ANNO II. doMENica N. 13. 26 Marzo 1845. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4." di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia CLASSICA MUSICALI?. DI MILANO • La musique, par des inflexions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• sions. peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations’. ■ et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres à l’émouvoir. • J. J. Roussejv. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta o t,WAntologia classica musicale è dicITetl. Aust. L. 12 per semestre, ed cITett. Aust. I,. 14 affrancata di porto fino ai conliuidella Monarchia Austriaca: il doppio per l’associazione annuale. — I,a spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Cassetta in casa bicordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. — Le lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porto. SOHIAIIIO. I. Schizzi Biografici. Vincenzo Bellini e le sue Opere. - II.Critica. Le ultime sette parole del Redentore sulla croce, ecc. - Ili. Cartkggio, I. e II. - IV. Bibliografia Musicali?. Nuove opere per pianoforte, ecc. - V. Notizif. Musicali Diykrsk. SCHIZZI BIOGRAFICI VlV(lV/,«BELLI AI K LE SUI OPEUE V V. il N. 4, 6 e 8 di questa Gazzetta...Rassicurato dell-1 esito della NorjjH$£ina, e stanco ornai delle fatiche “aper più anni durate, sentì che

  • ’ mente avea bisogno di tre_guai

Per cu‘ deliberò di riposare alcun tempo recandosi a rivedere la sua terra natia } e nel gennajo del -1832 abbandonò la diletta Milano per ricrearsi nel purissimo cielo di Sicilia. Pervenuto in pochi giorni a Napoli, ove fu lieto di rivedere il venerando suo istitutore Zingarelii, che riabbracciandolo pianse di gioja, nella breve dimora che vi fece volle soggiornare in quel medesimo Conservatorio in cui era stato iniziato alla conoscenza de’primi rudimenti dell’arte presso il suo amico Florimo. Circa i primi di febbrajo giunse finalmente a Catania ove dai confiunti, dagli amici, dai conoscenti, da tutta intera città s’ebbe tale accoglimento che senza forse si può affermare essere stata questa l’epoca più avventurosa della sua vita. Il ritorno di Bellini fu una giocondità, fu una festa per tutta Catania. Le persone più illustri in un co’cittadini gareggiavano ad onorarlo. Era impaziente, dice un articolo in quell’occasione stampato, era impaziente la madre di rimirare nel volto del figlio lo splendore delle molle corone di cui aveaulo ornato tutte le nazioni amanti della vera melopea. I teatri di Londra, di Parigi, di Vienna, facendo eco agli italiani coi celebrare il suo nome, avean posto un suggello indelebile sul monumento della sua gloria. L’amore de’ suoi concittadini si mostrò quindi in tutta la sua espansione allorché l’intendente della Valle di Catania, D. Giuseppe Alvaro Paterno, Principe di Sperlinga! Manganelli, gli andò all’incontro fuori delle 1 mura, e fattolo sedere nella sua carrozza tra gli evviva il condusse alla casa paterna sul cui limitare stava adunato gran numero di spettatori, nel volto de’quali brillava l’allegrezza e l’esultanza. Distinti e rispettabili personaggi concorsero per più giorni a felicitare il nuovo arrivato. Dappertutto ove passeggiava le strade ingombravansi di gente ch’era beala di rivedere traile sue mura il prediletto suo concittadino, che ne’verd’anni della gioventù avea saputo divenire il più profondo conoscitore delle melodie del cuore. Ma il maggior trionfo ch’egli ebbe fu una sera al teatro ove, invitato dallo stesso intendente Principe di Manganelli nella propria sua loggia, appena si fu mostrato seduto al fianco di lui, venne salutalo da un’immensa folla assordante il teatro d’applausi. 11 patrio entusiasmo si risvegliò poi viemaggiormente in altra delle’ susseguite sere, nella quale, essendosi cantati alcuni pezzi del Pirata, non fu pago il romoroso uditorio ch’egli coi modi della modestia venisse attestando la sua gratitudine dalla loggia del Principe, ove ancora si trovava, ma ripetendo da ogni parte «Viva l’autore del Pirata e della Straniera - Viva il oenio del nostro concittadino - Viva Bellini» lo constrinse per più volte a prodursi sulla scena, e allora più che mai si fece ardente il bell’animo catanese che cogli atti della più cordiale commozione accrebbe il fervor degli evviva, il fragore de’battimani, e facendo volare dai palchi componimenti poetici sulla seta stampati, non cessò dall’applaudire se non quando ebbe veduto sul palco scenico a dividere l’onor delle acclamazioni lo stesso suo padre. Fu indi concertala una letteraria accademia, datasi nella gran sala della casa comunale nel giorno 18 di Marzo di quell’anno 4832, nella quale il professore della regia università degli studi, Mario Musumeci, uomo nelle lettere e nelle arti molto erudito, recitò il discorso di cui facemmo menzione, che vide poi la luce delle stampe in un coi varj poetici componimenti. Una medaglia gli era stata tre anni innanzi coniata W e un’altra gli fu dedicata in oro in memoria del suo ripatrio. Fu decorato dal Re delle due Sicilie e fatto insieme socio dell’Accademia Borbonica. La pensione che dapprima gli era stata fissala per la sua giovenile educazione assegnò al padre mentre un’altra aveano goduta l’avo, non solo, dice il Musumeci, in ricompensa di vita onoratissima nelle musicali discipline consumala, ma per aver rincorato si degno nipote alla difficile impresa. Non crediamo clie nessun cittadino benemerito nelle scienze e nelle arti ricevesse dalla patria sua gli onori che Bellini ricevette da Catania. Fu una specie d’apoteosi di cui non saprebbesi trovare esempio che nei fasti dell’antica Roma (2>. Dopo due mesi o poco meno lasciò nuovamente la terra de’ suoi natali e si ricondusse a Napoli per recarsi prima in Lombardia, indi a Venezia, ove attendealo l’impegno di scrivere una nuova opera pel teatro della Fenice. Nel viaggio passò per Roma} e quivi fermatosi a pernottare andò la sera al teatro ove cantavasi la Straniera. Ben presto il pubblico 10 riconobbe, e ben presto tutti gli sguardi, tutti i cannocchiali furon rivolti sopra di lui, e molte voci sorsero a gridare, bravo 11 maestro! viva il maestro: dalla qual cosa, nell’idea di poter essere chiamato sul proscenio, stimò della sua modestia di ritirarsi e innanzi tempo si partì dal teatro per rimettersi all’indimani in viaggio sulla via di Firenze. Colà giunto un’ugual scena gli accadde a quel teatro, ove essendosi recato per assistere ad una rappresentazione della Sonnambula, furono si vivi gli applausi del pubblico, cbe’dal palco dov’era dovette più volte alzarsi per renderne i debiti ringraziamenti. La Beatrice da Tenda fu l’opera che scrisse a Venezia. Tutti sanno clic l’esito non fu quello che si era sperato, ancorché sentisse Bellini di aver in essa trasfuso tutta la sua conoscenza dell’arte, e lutto quel medesimo amore eli’ era stato generatore degli altri suoi sparliti. Le cagioni ne furono molte e varie} ma crediamo che la più influente, anzi la ragion capitale, sia stala la discordia che si pose tra la poesia e la musica, da cui vennero quei ritardi, quelle polemiche e quei dissidj che tutti conoscono, e quindi quella male disposizion d’animo clic indusse i Veneziani a farne giudizio troppo acerbo e severo. (®) Ora che son corsi ornai dieci anni, ora che la Beatrice da Tenda ha fatto il giro de’ teatri d’Europa, ora che tutto il mondo musicale ha riconosciuto anche questo lavoro come figlio ben degno di chi lo ha creato, si può con franchezza affermare che il pubblico veneziano ha avuto gran torto di condannarlo, e che Bellini ha avuto ragione di chiamare ingiusto chi l’aveva condannato. L antica regina del mare ebbe con lui 3uel medesimo torto che l’antica regina el mondo ebbe con Rossini quando accolse coi fischi il Barbiere di Siviglia. Bellini lasciò per sempre Venezia col cordoglio nell’animo d’una ricevuta ingiustizia, e fu giusto risentimento. Passò indi a Parigi, e di là a Londra per porvi in iscena