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) viole, violoncelli e contrabbassi, come per j consiglio delPeminentissimo cardinale Mo, rozzo, vescovo or defunto, usasi in Novara nella quaresima e nelle domeniche d’avvento in cui tace l’organo. Frazione d’orchestra il cui effetto è sommamente religioso, massimamente maneggiala da Mercadante, nelle cui mani ogni scarso mezzo diviene capace di mirabili partiti (*). Un coro grave e patetico col quale si invitano i fedeli a meditare gli ultimi accenti del Redentore agonizzante serve di introduzione. Le parole di Cristo mancano nella musica (si dicevano forse in coro, qui conviene supporle l2). Ciò che quivi si canta è sempre relativo alla parola precedente, e consiste in un solo, o coro, o duetto, ecc., come già si è accennato. Parola prima (Pater ignosce illis quia iiesciunt quid Jaciunt). Alla voce dell’ostia immacolata, che prega po’suoi crocifissori, tien dietro un pezzo a solo, pel quale l’autore scelse, con assai fino discernimento, la voce di un soprano adolescente, immagine aneli’essa di innocenza, che si accusa con mestissimo accento «Di mille colpe reo» per le quali conoscendo non meritare perdono, rammenta all’eterno Padre la preghiera del divin Figlio. «Ma senti quella voce che per me prega» E da notarsi il fino artifizio dell’egregio maestro, il quale rappresentò la voce del Salvatore con una dolcissima melodia di violoncello tanto qui come nella parola sesta Sii io, e questa melodia va poi intrecciandosi in modo semplice e assai toccante colla voce dell’adolescente, talché nulla manca ad un _Jiìs£^MC-ss*i»uimente vero e commovente. Ecco come conpdclÌr^èzzT’é’^t>»K6à gio di contrappunto si possono produrre squisite bellezze da chi abbia cura di ben conoscere l’importanza e suscettibilità del suo soggetto. La seconda parola (Hodie mecum eris in paradiso) è seguita da un coro in cui, chi non sapesse avere il maestro Mercadante composto quest’oratorio non più tardi della quaresima del 1838, direbbe che alle parole «Deh., Signor ti sovvenga di me» egli avesse copiato dallo Statai di Rossini:, tanto rassomiglia al fac me cruce custoditi dell’Aria lnjlammatus et accensus. Si fa tanto presto a dare del ladro ai poveri maestri! Tutto questo coro è di bellissima fattura, e veramente grandioso: peccato che non abbia un’istromenlazione d’orchestra completa, dalla quale il bel concetto riceverebbe maggiore sviluppo. Così com’è non làscierà però nulla a desiderare eseguito che sia da un coro sufficiente. Parola terza (ilulier, ecce fdius tuus). Questa è seguita da un bel duetto a tenore e basso con una preghiera a Maria di riguardarne come figli, poiché fu scelta a nostra madre dal Divin Verbo. Le voci ora s’alternano, ora s’uniscono con bella gara d’affettuosi modi. Non vi troverete per avventura pensieri nuovi e peregrini, ma (1) Quantunque vicinissimi a Novara dove fu scritta ed eseguita nella settimana santa, questa bella musica più volle, non avemmo mai la sorte di sentirla a motivo delle funzioni cui ci era dovere di assistere, per cagione d’impiego. (2) Mercadanlc, il quale spesse volte abusò dell’orchestra facendola sovrastare al canto, diede pure bellissimi esempi del partito clic un abile istromculista può trarre da pochi islronlcnti, anche nei vasti locali. Il Giuramento ed il Bravo sono abbastanza noli; ricorderemo solo un duetto di due claiini senz’altro accompagnamento che egli scrisse nell’ultima messa composta in Novara per I’Assunta nel iSJO, il quale iinsci di mii rabilc effetto. Ma gli imitatori s’appigliano al male per1 che, a seguire le cose lodevoli, ò necessario maggiore stu’ dio ed abilità. un’espressione soave e divota qual si con- ì viene al soggetto. La parola quarta (Deus meiis quare me j dereliquisti) dà motivo ad un coro spirante j un abbattimento, una pietà c compunzione l che invita al pianto} nò temiamo discor- I dare dalfintimo sentimento del chiarissimo j autore qualificandolo pel più bello ed ispi- j rato di tutto l’Oratorio. Quanto affetto in I quella promessa Piuttosto, o Dio, morir,; non più peccar! e con quanto buon senso I essa si replica da tutte le voci e si compone ad una bella imitazione condotta su J di un’armonia incalzante! Una cosa ci dolse, ed è che non sia stato ripetuto questo | bellissimo pensiero per renderne più profonda l’impressione, e siasi terminato questo covo, con una cadenza di ritmo affatto j simile a quello con cui finisce il coro pre- i cedente. La ripetizione ed una cadenza; diversa avrebbero forse aumentato il bellissimo effetto che questo coro deve ne- j cessariamente produrre. Per non andar per le lunghe diremo solo | che il rimanente, ed in ispecie il coro finale,: sono degni dei pezzi accennati, e l’ìn-; tiero oratorio è degno del gran maestro. Semplicità somma di pensieri, verità di espressione, e nessuna vana pompa di contrappunto, largo stile e bella modulazione sono i pregi che distinguono questo lavoro, e pei quali gli amatori della buona musica dovranno saper grado all’autore di averlo pubblicato colle stampe. E noi contenti di averlo, come meglio sapemmo, encomiato, facciamo voti perchè il chiarissimo autore doni all’Italia altri lavori di questo genere, facilmente eseguibili in conversazioni privale, e il bell’esempio sia da altri seguito, e si diffonda vLgusto di un geijefe’fat musica’ sonTììU!^ n ì c n t 31." 11. Boucheron. CARTEGGIO U». fcòBSlglio e il mb» eccitamento. £ij*nór Estensore Nòn c’è volta in cui mi cada sottocchio la Gazzetta 3Iusicale che voi da un anno mandaste in luce,e per commissione del benemerito Ricordi, dirigete, senza che non sorga nella mia mente vivissimo il desiderio di vedere estesi i suoi articoli anco alla critica puramente drammatica. Per quanto sia una arte specialissima, la musica si riferisce oggidì, generalmente parlando, cosi esclusivamente ai teatri, che un giornale come il vostro, fatto coll’ottimo intendimento di giovare quanto più si può all’arte in ogni suo punto, sia principale sia accessorio, panni, dovrebbe di tempo in tempo, con quella medesima imparzialità con cui dispensa la lode ed il biasimo ai maestri ed ai cantanti, far qualche ragione eziandio delle produzioni destinate ad essere semplicemente parlate, e di coloro cui spetta l’ufficio di eseguirle. Ed in vero: se per chi guarda a primo tratto e superficialmente esiste una linea, a cosi dire, di demarca-’ zione molto sensibile fra questi due generi d’arte rappresentativa, o m’inganno grandemente, o siffatta linea diminuisce d’assai, ben jconsiderando alcuni rapporti che si collegano con ambidue. Quando la musica è fatta soggettò di un’azione drammatica (dico cose troppo note ma necessarie allo sviluppo del mio pensiei-o) diventa un vero linguaggio e non può prò- flj durre sugli animi l’intero effetto di cui è I capace, se non sia affidata ad esseri urna- è ni; ora se questi esseri umani vogliono lì raggiungere pienamente lo scopo e venire «a buon diritto chiamati con quel duplice qualificativo moderno, tanto giustamente ambito, di attori-cantanti, non solo debbono aver cura del metodo di canto (che quando è buono è pur esso fondato sulle varie pose ed inflessioni di voce di cui servonsi ordinariamente gli uomini per esprimere le loro idee liete, patetiche, o appassionate ) ma eziandio dell’epressione della fisionomia, del contegno, e del gesto. E questa espressione, questo contegno e questo gesto non sono forse di assoluta spettanza dell’arte drammatica indipendentemente dalla musica? La frase musicale, mi direte voi, è meno rapida della parlata, quindi il personaggio dell’Opera è chiamato ad un sistema di gestire alquanto più lento di quello seguito da chi semplicemente recita. Concedo! La cosa si riduce ciò non pertanto ad una quistione di tempo, ma non cangia d’essenza; così chi parla come chi canta sarà mai sempre tenuto, salve forse pochissime eccezioni, se eccezioni vi possono essere, alla medesima serie di atteggiamenti e di gesti, e l’unica differenza consisterà in ciò che il primo farà succedere gli uni agli altri con maggiore rapidità del secondo. Brevemente! Gustavo Modena sarà sempre un ottimo modello per un cantante destinato a calcare le scene; ed è fama che l’alma, senza professar trilli o gorgheggi, abbia contribuito al perfezionamento della nostra Giuditta Pasta, tanto eminente anco nella parte rappresentativa dell’arte. - Un analogo ragionamento potrebbe, a mio credere, inslituirsi -p.er quanto riguarda il giudizio da darsi intdSfto alle produzioni drammatiche iti genere, dT’SHt fa parte eziandio il melodramma per musicSsUe varie critiche, mediante le quali si avrehlnk a cagion d’esempio, motivo eli chiarire, nella (iazzetM clic voi dirigete, le cause del maggioreV minore interessamento destatdnel puhlico iihoccasione di una nuova rappresentazione tealrìhb-, fosse pur questa una commedia, una traffeidMa, 1111 dramma, una farsa; ed il grado lellSsj|ario di merito che le si verrebbe assegnandoS^msta una maggiore o minore prevalenza i

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tata di difetti o di pregi, varrebbero senza dubbio a fornire ed a popolanT^e a’quanto anco un più sicuro criteriotì^e giudicare della tessitura e verseggiatimi? delle azioni da musicarsi, oggidì in loco così basso cadute da rendersi degne pur troppo della prosaica denominazione di libretti. Che se da taluno si opponesse essere la musica così prepotente da per sè stessa da ottundere anco il più squisito palalo letterario, densamente retando sotto le proprie melodie ed armonie le sconve nienze degli incidenti di un dramma e la ’ stentatezza dei versi che lo compongono, ciò sarebbe vero soltanto in via eccezionale, ma da questo fatto non si verrebbero, per dio, ad escludere tutti quegli altri in assai maggior numero, nei quali la bontà del melodramma fu di grande sussidio al maestro; e a mostrare appunto j questa verità, voi medesimo destinaste un I apposito articolo nella vostra Gazzetta |j Finalmente, se per le sovraddelle ragioni, la | critica della drammatica semplice può tor- 1 i| nar di vantaggio all’arte musicale rappre|i sentativa; questa può giovar quella in tutto I II quanto si riferisce a quel complesso di