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I la Nonna (i) dalla quale missione, oltre gli j applausi di tutta la metropoli dei tre re, gin, ricavò una somma di dodici mila franj chi. Di ritorno a Parigi nel 1854 s’impegnò a scrivere un nuovo spartito pel teatro dell’Opera italiana e fu i Puritani’, impresa che lusingava grandemente il suo amor proprio, e da quel tempo non parti più dalla gran capitale della Francia. É noto quale splendor di fortuna ebbero i Puritani. Rubini, Tamburini, Lablache, e Giulia Grisi, furono i campioni a cui confidò le sue melodie, ed essi corrisposero come doveano al genio die gl inspirava. Ancorché non sia questa la migliore delle sue creazioni, egli la compose non pertanto con molto impegno, procacciando d’incontrare nel gusto de’ francesi coll’adottare una più studiosa islromenlazione, un fare più vario ed elegante, uno stile energico, vivo, elaborato e spesse volte marzialmente concitato, conformemente al carattere della nazione. E vi riesci siffattamente che lo stesso signor Fétis, il quale anziché un grande ingegno 10 chiama sempre il figlio accarezzato dalla fortuna, appella i Puritani una composizione più completa di tutte le altre. Fu questa la più ampia prova della estensione e della moltiforme suscettività della sua mente. Procedendo nell1 opera sua faceva giudice di ciò che aveva fatto il senno di Rossini, di cui nudriva alta estimazione chiamandolo il maestro di color che sanno. In una lettera a persona amica scriveva: U opera avanza e Rossini è contento per aver provato non esser vero quanto gli si voleva far crédere sulla mia pigrizia in Italia. In un1 altra diceva: li opera mia è in fine, ci lavoro sempre. Rossini ha visto il primo atto e ne è estremamente contento. Se la sua benevolenza sarà durevole mi gioverà moltissimo... La benevolenza di Rossini vai tutto a Parigi: egli è qui V oracolo ove i giornalisti ed. il pubblico ricevono le sentenze. In un1 altra lagnavasi della poca altitudine del poeta al genere drammatico: Non sapete quello che ho sofferto e soffio con P. Non ha genio affatto per questo genere di poesia Ora vedo che se dovessi scrivere ancora per V Italia noi potrei senza Romani. Tutti gli altri sono freddi, insipidì, senza nerbo di passione. ■■ Ed io debbo sagrificare qualunque mio amor proprio per l’arte mia, epperciò cercherò dei mezzi di ravvicinarmelo. Sentiva egli quanto fosse influente una buona poesia a comporre una musica veramente drammatica. E volendo pur sapere se da Romani poteva ancor sperare qualche cosa scriveva: Fatemi 11 piacere di dirmi se Romani fa ancora disperare i maestri. Malgrado ciò l’opera riesci come doveva luminosamente; e gli fruttò dal re Luigi Filippo la decorazione della legion d’onore, i più lusinghevoli encomj dell’Accademia, ed i suffragi e le onoranze di tutta Parigi. Per modo che da moltissimi era stimolato a darsi ad un nuovo lavoro per l’Opera francese, (5) e già progettava di mandarlo ad effetto simultaneamente ad altra opera eh1 crasi assunto di scrivere per il teatro di S. Carlo di Napoli (e>, quando un’intestinale infiammazione, troppo fatalmente in addietro trascurata, sì violenta i lo assalì che niun rimedio valse ad arrestarla^ ed a Puteaux, luogo poco discosto dalla città spirò il giorno 25 settembre 1855, movendo alle lagrime anche coloro che mai non- l’avevano conosciuto. Non è descrivibile il dolore di tutta Parigi e di tutta l’Italia. Validi artisti accorsero a rapire dal feretro le sue sembianze. Una moltitudine innumerevole di gente d ogni condizione e d1 ogni classe mosse per vederlo ancora una volta. Le dame andarono in lutto al teatro la prima sera che furoii dati i Puritani, e pochi giorni dopo i più rinomati cantanti d’Europa Rubini. Lablache, Tamburini ed altre duecento voci gl’intuonarono i cantici estremi nel tempio degl’invalidi al cospetto d’auguste persone e d’un uditorio affollatissimo. Avea Bellini una discreta coltura, più opera del naturale suo ingegno che (lell’educazione. Dilettavasi assai della lettura de1 sommi poeti drammatici, ne1 quali più che altrove trovava la favilla inspiratrice delle vere nobili idee. Era dolce di cuore, buono di carattere, leggiadro nei modi come nella persona. Era di mezzana statura, di biondi capegli, d’occhio vivacissimo, d’onde traspirava il fervido sentimento dell’anima. WL’amor dell’arte e della gloria era in lui sì forte che lo rese talora dimentico d’ogni altro affetto; ma non fu tardo a conoscere che le umane vanità hanno il loro fondo d’amaro che prestamente genera il disinganno. Quando lasciò Venezia per recarsi a Parigi, nei turbini di quel gran mondo, lontano dagli amici suoi, scriveva che Vavvenire non gli sor ridea più come prima, e ripensando alla sua Milano ove per tanto tempo era stato Venfant chèli des Dieux et des dames sciamava Oh! la mia Milano! Non la dimenticherò mai! E se non l’avessi mai dovuta abbandonare io sarei ancora felice— Parca che un interno presentimento gli avesse presagito la sua (ine immatura. Al colmo della gloria era senza quell’interna soddisfazione, che dolevasi grandemente di avere non curata. - La perdita che l’arte fece in Bellini è più da lagrimarsi che da scriversi. (Sarà continuato) G. Vitali. giamcnle a tempo per ricomprovare al signor Félis che non fu la Malibran che alzò in fama la Norma. (5) Fin dal -1833 aveane ricevuto invito. In una lettera del 2-3 aprile scriveva ciò che segue. «Vi confido «in segreto die a persona non comunicherete. Il dirct• tore dell’Accademia francese, ossia del teatro dcl• l’Opéra a Parigi mi ha pregalo e seguita a farlo con «calore, pcrch’io scriva un’opera in francese al gran» teatro, offrendomi oltre i diritti d’autore una paga; «io mi sono riserbato di dare la mia risposta fra uno • o due mesi, o al passaggio che farò da Parigi nella • fine di luglio. Come vedete, scrivere un’opera per ■ quel teatro è cosa che lusinga il mio amor proprio.» Di questo alTarc non avea fatto partecipe che la persona a cui scriveva e il suo diletto Fiorimo, per tema che i nemici suoi glielo disturbassero. (G) Riportiamo queste parole tolte da una leUcra del 26 di novembre.» Ho accettato il contratto per Napoli,» salvo qualche accidente (come successe per l’Opera «comique) e nel mese di gcnnajo prossimo o in pri• mavera verrò a Milano e parlerò io stesso col Duca «per vedere se potremo combinare qualche contratto, «cosa un poco difficile perchè il Duca non vorrà pa• gannì come Napoli clic mi dà 15.000, lire austriache, «pari a 9,000 ducati, nette della proprietà per sole due • opere nuove da scrivere nel corso dell’anno venturo.. • Per Italia questo contratto è superbo: I’ ho già in mano • firmato dalla Società.» (7) il maestro Florimo di Napoli è possessore del migliore dei ritratti di Bellini, cd è opera del nostro Arienti che lo dipiusead olio, in grandezza naturale, nell’anno 1830. NOTE. (1) Porla impresso da un lato il snorilralloc visi legge all’intorno - Fine. Bellini. Catanensis. Musicae. Artis. Decus. Dall’altro rappresenta una Minerva ritta sulla persona, porgente colla destra una corona, colla sinistra tenente I’ asta e lo scudo. Sotto v’e marcato l’anno 4829, ed all’intorno leggonsi le parole Meritis. Quaesitam. Patria. (2) Era tanto il trasporto de’ cittadini eilanesi clic più d una volta occorse a Belimi di entrare nelle botteghe, nei caffè, prendervi delle merci, delle confetture e dei rinfreschi scnzachè ne potesse poi corrispondere il pagamento. La tenerezza per Bellini era fin penetrata nei chiostri; ed un giorno dovette recarsi ad un convento di Monache, perchè aneli’esse bramarono di vederlo, e gli vollero attestare la loro stima col presentarlo di alcuno paste dolci di loro fabbricazione. (3) Se dobbiam credere a ciò che scrive il più volte coglimcnto della Beatrice. Fosse per mancanza d’immaginativa, fosse per altro, gli ritardò la poesia fino agli ultimi giorni, a segno clic le strofe della cabaletta dell’aria finale Ah.’,la morie a cui m’appresto E trionfo e non è pena non le diede a Bellini clic la sera innanzi della prima rappresentazione; per cui non polendo adattarvi una nuova musica riprodusse il motivo deli’aria del tenore della Bianca e Fernando: Odo il tuo pianto, o padre. (4) Vi cantava la Pasta, ed in clic modo portasse ella all’entusiasmo il pubblico inglese ecco coniegli io scriveva in una lettera del 21 giugno di quell’anno. •> Tanto io che il pubblico ben capivamo clic l’opera era «stata composta d’ambiduc, poiché ella ha fallo tanto «co’suoi talenti che si può dire che l’ha creata un’al«tra volta con la grande esecuzione così nel canto corno» nel gesto; esecuzione ohe nè Romani nè io avevamo «ideato a quella perfezione: la cosa è che il pubblico» non si saziava di applaudirla e clic per la Giuditta è «stala una sera di quelle da poterla marcare a lettere «di diamante.» Queste parole di Bellini vengono egreCIUTICA!Le ultime sette parole «tei Redentore sulla Croce ossia le agonie di Cristo.- Oratorio del chiarissimo maestro S.wemo Mr.ncAOAXTE. - Presso Giovami Ricottiti. V’ha chi pensa che il fare la critica delle opere altrui sia una specie di maligno piacere di attenuare il merito di quegli esseri, cui la sorte fece atti a comparire in pubblico, ed innalzarli al di sopra dei loro simili: e ciò per quel poco d’invidia sì naturale a chi è condannato a vivere senza speranza di sorpassare d’un pollice il comun livello. Se tale opinione non è intieramente falsa, perchè di esseri consimili il mondo non è mai senza, egli è vero del pari non doversi porre tutti in un fascio coloro che il geloso uffizio del critico si assumono. Molti sonovi infatti i quali, per solo amore del vero, e dell’arte o scienza che professano, ma sempre di mal animo, accingonsi a notare gli altrui difetti, e non mai tanto vo.lontieri si fanno a manifestare la loro opinione quanto allora che si tratta di encomiare. Tale per huona nostra ventura è la parte toccataci quando fummo chiamati dall’Estensore di questo giornale a parlare di questo lavoro dell’egregio Mercadante, e tanto più di buon animo ne abbiamo assunto l’incarico che, oltre alla stima da questi ben meritata, ci vantiamo professargli particolare amicizia. Dei quali sentimenti crediamo dargli prova non dubbia esponendo con tutta schiettezza, ma senza pretensione, il nostro giudizio, qualunque egli sia, sempre imparziale. Il titolo di questo Oratorio può destare l’idea di farne confronto con quello dell’immortale Ilaydn, tanto più trattandosi di un maestro, il quale per sapere la cede a ben pochi fra i più celebri stranieri, a nessuno forse fra i connazionali. Lunge però questa idea, perchè i due Oratorii, tranne lo scopo comune di suscitare negli animi sensi di pietà e riconoscenza verso quel Cristo, il quale factus est prò nobis p obediens ttsque ad mortem, non sono per i nulla rassomigliami. Diversa ne è la poeìj sia, è sì diverso lo stile che neppure per j! ombra può dirsi avere Mercadante calcate li le orme del gran tedesco, jj L’Oratorio di Mercadante è trattato a |i quattro voci con un’opportuna alternazione!! di pieni e di a soli, ed è accompagnato da