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soffocate nella gola, ed accennando con la mano alle figlie di dargli tempo, ascende la scala, e siedesi in preda al più violento abbattimento nella prima sala. I baci, le carezze, gli amplessi, che le figlie tacitamente gli prodigano ed a cui egli convulso corrisponde, par che infondano in lui un’ombra di vigore e di calma. Sopraggiungono Tommaso e Caterina. Essi tengonsi in disparte mestissimi non ardiscono d’appressarsi: ambedue hanno già saputo, da uno dei commessi del banco, la ruina del loro padrone. Scorso qualche minuto di penoso silenzio, Maurizio alza la fronte; guarda in volto le figlie; prende coraggio da quelle fisonomie di angeli; si alza repente come chi ha tolto subitaneo partito; prende le fanciulle per mano, ed accennando con gli occhi ai due vecchi domestici di seguirlo, entra nel gabinetto da lavoro.
Nel mezzo della camera è ancora collocato Il ritorno da Montenero adorno delle ghirlande di fiori mezzo appassiti. Maurizio vi conduce dinanzi Sofia ed Emilia, e, fissatole alquanto, dopo un grave sospiro esclama: — Ieri avanti questa immagine della mia diletta Berenice, di vostra madre, così al vivo ritratta dalle vostre mani, ed avendo voi al mio lato, ho follemente creduto che la felicità potesse ancora esistere per me, e dal fondo del cuore ne resi grazie a Dio. Oggi dinanzi a questa immagine stessa, e con voi da presso io mi sento l’uomo più sventurato della terra: chinò però la fronte a Dio che volle così duramente provarmi.... Sofia, Emilia, voi sole mi restate al mondo; ma io... ma io non ho più nulla per voi. Tutte le nostre sostanze sono perdute; la Costanza naufragata, i miei capitali rubati, eccoci piombati nella miseria. Avrete voi il coraggio di sopportarla! —