Fisiologia vegetale (Cantoni)/Capitolo 37

§ 37 - Che sia la corteccia. Le fibre corticali sono fibre radicali

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§ 37 - Che sia la corteccia. Le fibre corticali sono fibre radicali
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§ 37. — Che sia la corteccia.

Le fibre corticali sono fibre radicali.


Pertanto io ritengo le fibre del libro, siccome fibre radicali, o prolungamenti delle radici, sviluppantisi dalle gemme, e tendenti a portarsi nel terreno per elaborare il nutrimento, o ad intrecciarsi, unirsi ed anastomizzarsi colle preesistenti, allo scopo di abbreviare questo cammino verso terra.

Raspail riteneva a torto che la parte corticale della pianta fosse la parte più vecchia, esaurita, spinta all’infuori dall’interno aumento del legno. — Ei non osservò quanto sia distinta l’esistenza e la struttura del legno, dalla esistenza e struttura della corteccia. — Infatti se questa fosse legno vecchio esaurito e spinto all’infuori dall’interna produzione, la struttura di tutto il legno, dall’esterna epidermide della corteccia sino al midollo, non dovrebbe essere diversa; non sarebbe così evidente quel brusco salto di struttura e consistenza che esiste tra il libro e l’alburno, ma il tutto andrebbe gradatamente modificandosi dall’interno all’esterno. [p. 216 modifica]

Non credasi però che questa separazione fra la struttura della corteccia e quella del legno venga ad invalidare la nutrizione per l’umor ascendente. Il legno si nutre dall’interno all’esterno, dal basso in alto, e l’ultima superficie sulla quale l’umor ascendente esercita la propria azione è l’alburno; e lo strato corticale che lo ricopre, senz’esservi riunito, rappresenta un complesso di parti aventi un proprio modo di comportarsi, e che diversifica da quello pel corpo legnoso.

Il così detto libro, secondo me, è un tessuto formato dall’intreccio e riunione di varie fibre radicali, o radici, che dalle gemme della pianta si portano al basso in cerca del terreno.

La materia parenchimatosa verde, che vi è interposta, mostrerebbe la presenza dell’acido carbonico atmosferico al pari di quella interposta fra le nervature delle foglie.

L’epidermide superficiale è paragonabile alla cuticola od epidermide animale, la quale serve solo a difendere le sottoposte parti da un troppo libero contatto cogli agenti esterni. Ho detto da un troppo libero contatto, poichè, tanto l’epidermide animale quanto quella vegetale è munita di fori, detti in quest’ultima lenticelle, destinate a permettere una specie di respirazione o traspirazione delle parti superficiali. Quest’epidermide, siccome la più esposta agli agenti esterni, facilmente perde la propria vitalità, si dissecca, cade o resta in posto ingrossandosi con altra che si organizza al disotto a spese delle parti superficiali.

L’epidermide è guasta eziandio per l’aumento delle parti sottoposte, producendovi screpolature tanto in senso longitudinale quanto in senso trasversale. Nei punti denudati vien riprodotta dalle parti sottoposte; e nelle parti cui resta aderente, è raddoppiata da quella che si forma immediatamente al disotto. [p. 217 modifica]

Coll’ invecchiare della pianta l’epidermide liscia scompare, e lo strato superficiale che difende le parti sottopeste vien costituito delle parti corticali deperite ed in via di deperimento, dapprima colla parte parenchimatosa rimasta a nudo e disseccata, e col tempo anche con parte delle fibre radicali discendenti. Vediamo infatti nel platano staccarsi a larghe piastre la parte parenchimatosa della corteccia; nel quercus suber, o quercia a sughero, rendersi esterna senza però staccarsi; nei pini silvestri, nella vite ed in quasi tutti gli alberi a foglie caduche la parte esterna s’ingrossa col mezzo di materia parenchimatosa e fibre radicali deperite, e presenta quelle screpolature che inevitabilmente devono succedere per lo sforzo esercitato dall’aumento del legno sopra una parte, che deperita, non può più distendersi.

Per convincerci che la parte più superficiale della corteccia, dapprima rappresentata dall’epidermide, indi in maggior quantità dalla materia parenchimatosa disseccata od esaurita fra un ciclo e l’altro di vegetazione, viene anche ad ingrossarsi per effetto delle fibre radicali che più non funzionano, basta osservare in quali piante si manifesti più facilmente questo ingrossamento di corteccia. Sarà quindi facile il riconoscere che ciò avviene segnatamente in quelle piante che perdono i rami vecchi e con essi le gemme che vi germogliavano, come i già accennati pini silvestri; quelle che vanno soggette ad un frequente scalvo; e quelle che, essendo in via di deperimento, perdono un maggior, numero di gemme germoglianti di quanto ne acquistino. Finalmente maggior corteccia fanno le piante che hanno un riposo jemale che non quelle dei climi a vegetazione continua, ove le gemme non cessano dal germogliare. Indurimento ed ingrossamento di corteccia si ha ogniqualvolta le fibre radicali e la parte parenchimatosa venga a soffrire ed a perdere la propria vitalità, come in seguito [p. 218 modifica]all’invasione d’insetti, o di esseri parassiti, muffe, muschi, licheni, i quali abbiano succhiata la corteccia per nutrirsi. Si osservino i gambi di vite presi dall’oidio e si vedrà, che dai più guasti, alla primavera seguente si distacca una quantità di corteccia; il qual distacco, ritennendosi da taluno effetto di vigoria, lascia sperare che la vite sia guarita: ma alla fin di maggio si vede che dove maggiore fu il distacco della corteccia maggior eziandio fu il danno arrecato alle piante. — In tutti questi casi le gemme dei rami che muojono naturalmente, che più non danno germoglio, e quelle che furono esportate col taglio, perdono parte delle loro radici, e queste vanno ad aumentare la parte corticale più esterna. Ho detto parte delle loro radici, poichè non è a credere che tutte le fibre radicali delle gemme che più non esistono o non germogliano, disecchino tutte, e tutte vadano ad aumentare la parte più esterna; molte di esse si anastomizzano con quelle delle gemme ancor viventi, come succede dopo alcun tempo nelle fibre radicali dell’innesto.

Il sostenere che le fibre corticali siano fibre radicali, provenienti direttamente dalle gemme, od indirettamente per via d’anastomosi con altre fibre presistenti potrebbe supporsi uno sforzo d’immaginazione. Importa quindi l’addurne le prove. Queste le troveremo nella direzione delle suddette fibre, negli effetti prodotti dalle lesioni di continuità della corteccia, in quelli prodotti da ostacoli al libero loro distendersi, nella stretta relazione che esiste fra le radici ed i rami, fra le foglie e le spugnette e succhiatoj, e finalmente nel modo assai diverso di comportarsi della gemma da legno in confronto di quella da fiore.

Per quanto si riferisce alla direzione, nessuno negherà che esse procedono dall’alto al basso, cioè dalla base della gemma, del germoglio, o del ramo verso la parte inferiore della pianta, cioè verso le radici. Per convincersene [p. 219 modifica]basta piegare in basso un ramo giovane d’una pianta a legno non troppo consistente, procurandone con opportuno movimento il distacco; con ciò il ramo, nello staccarsi, trascina seco, forse sino alla base, una lista più o meno rilevante del legno sottoposto. Ma se all’incontro si volesse staccare un lembo di tessuto legnoso dal basso all’alto, il distacco sarà il più delle volte impossibile comprendendo fibre discendenti di più rami. Se trattasi d’un germoglio che si voglia staccare piegandolo in basso, il lembo sarà tanto più breve, e quasi appena innicchiato nel legno, quanto più il detto germoglio sarà di una data più recente. La talea così detta a talone non è altro che la parte inferiore del germoglio d’un ramo non troppo vecchio, munito della base d’inserzione, e d’una porzione delle dette fibre discendenti. Questa sorta di talea si pratica singolarmente coll’ulivo.

Ma una prova evidentissima la si avrebbe osservando come si comporti un germoglio od un ramo a corteccia non troppo indurita, quando naturalmente od artificialmente trovi un impedimento al libero spingere in basso le dette fibre radicali. L’osservatore deve tener conto di quanto avvenga sopra e sotto il detto ostacolo. —

Si faccia una legatura che comprenda tutta la circonferenza d’un tronco o d’un ramo a corteccia non troppo grossa nè indurita, oppure si facciano delle incisioni circolari, comprendenti tutto lo spessore dello strato corticale, o si levi un’anello di corteccia. — Dopo alcun tempo si vedrà che il lembo superiore, o porzione superiore all’ostacolo, s’ingrossa e si rigonfia maggiormente che non avvenga dell’inferiore. Se si osserva quali siano le parti ingrossate si scorge che il legno non ha subito alcuna variazione, poichè la direzione dell’umor nutritivo per raggi midollari avrà in egual modo nutrito tanto la parte superiore quanto l’inferiore. Solo la parte corticale del lembo superiore si sarà ingrossata per effetto dell’accumulamento delle fibre radicali. [p. 220 modifica]

Se si guarda come proceda il rimarginamento delle ferite nella corteccia si osserverà certamente che, sul principio, il lembo che s’ingrossa per ricoprire la ferita è quello superiore, indi i due laterali, i quali in seguito s’avanzano più rapidamente che non il lembo superiore, mentre il lembo superiore rimane quasi stazionario finchè i lembi laterali non lo ajutano colle loro fibre.

Questo fenomeno finora servì a spiegare l’aumento delle piante in modo precisamente opposto a quello da me esposto. — Il lembo superiore ingrossava maggiormente per effetto dello sforzo esercitato del cambio discendente, il quale depositava un nuovo strato d’alburno ed anche di libro. Questa è la prova più importante di chi sostiene l’elaborazione dell’umor ascendente per mezzo delle foglie, la plasticità dell’umor discendente detto cambio, e l’aumento de’ vegetali per sovrapposizione di strati, per inspessimento e solidificazione di detto cambio discendente.

Si applichi un vaso contenente terra all’intorno della strozzatura, o dell’incisione circolare, come si usa nella margota, e vedremo che da questo lembo superiore maggiormente ingrossato escono le radici, e non mai dall’orlo o lembo inferiore, sebbene esso pure nelle medesime condizioni. — Sull’orlo superiore esercitano uno sforzo gli organi discendenti, cioè le fibre radicali, le quali escono in traccia di quella condizione che, dopo un più lungo cammino, troverebbero nel terreno. — Se però dal lembo inferiore non escono radici, sebbene in contatto della terra, tolta questa o non applicata, escono invece gemme e germogli che si fanno strada attraverso la corteccia.

Perchè adunque dal lembo superiore escono soltanto radici, e dall’inferiore soltanto germogli? Forse il cambio discendente è atto soltanto a produrre radici quando sia trattenuto nel suo corso? — Come mai potrebbersi [p. 221 modifica]sviluppare germogli, ed aumentare il legno al disotto dello stringimento, se non vi arriva il cambio trattenuto al dissopra?

Si adotti la mia opinione, e la spiegazione verrà da sè.

A convalidare l’opinione che il libro consti dell’intreccio delle fibre radicali, discendenti dalle gemme, abbiamo altri fatti. Questi sono gl’ingrossamenti o rilievi che percorrono pel lungo il tronco delle piante da quella parte che per avventura abbia maggior copia di rami e di foglie, e specialmente ove corrispondano grossi rami succhioni. Questi ingrossamenti, che alterano la rotondità della circonferenza del tronco, talvolta sono tali che ricoprono ed incastrano alcune liste più o meno lunghe di corteccia, segnatamente se questi rialzi siano tra loro ravvicinati. Simili rialzi certamente non ponno essere formati da un umor discendente, che equabilmente o quasi equabilmente dovrebbe distendersi sotto la corteccia, ma evidentemente sono formati da fibre discendenti. Il tronco de’ pioppi e del carpino ci mostrano questi rialzi.

Finalmente la stretta relazione che vediamo mantenersi fra le diverse parti aeree della pianta colle parti sotterranee, prova essa pure indirettamente l’indipendenza di ciascuna gemma o ramo d’una pianta, e come la parte sotterranea rappresenti (mutati gli organi più esterni secondo il mezzo) quasi esattamente la parte aerea; e come la loro azione sia proporzionale a quella di ciascuna, cioè che i succhiatoi agiscono in proporzione dalla quantità delle foglie, e queste in maggior quantità si svolgano e meglio agiscano, in proporzione della quantità di quelli. — Non è raro il vedere che quando una pianta si trovi in condizioni tali da poter stendere con maggior facilità le proprie radici da un lato piuttosto che da un altro, o che trovi miglior terra [p. 222 modifica]dall’una che dall’altra parte, da quel lato e da quella parte riscontrasi pure una maggiore vegetazione aerea (rami e foglie). — Come pure, allorchè ad una pianta soggetta a taglio regolare, per una maggior fruttificazione o per avere una vegetazione ugualmente distribuita sopra ogni punto de’ rami, si lasci per avventura una maggior quantità di rami, o rami più lunghi in un punto che negli altri, in breve tempo vediamo sconcertato l’equilibrio vegetativo nella pianta, e maggior vigoria mostrarsi dal lato più abbondante di rami, a scapito della restante vegetazione. Da qui la pratica del taglio ben regolato per mantenere i gelsi, gli agrumi, e molte piante fruttifere con un’uniforme vegetazione sopra ciascun punto. Da qui l’uso di rispettare le radici e di disporle equabilmente nel terreno all’epoca dell’impianto, preparando contemporaneamente col taglio anhe una buona distribuzione ne’ rami. Se si guastano a bella posta da un lato le radici d’una pianta, o se si sfogliano i rami soltanto da un lato, vedremo immediatamente squilibrarsi la vegetazione della pianta, indicando coll’estrema evidenza la stretta relazione che esiste tra le foglie ed i succhiatoj delle radici, ossia che un organo influisce tanto aumentando quanto diminuendo l’azione dell’altro, a norma delle diverse circostanze naturali od artificiali. — Non si dimentichi però che in principio di vegetazione sono le parti che acquistano il color verde, o che respirano assorbendo acido carbonico, quelle che danno il primo impulso d’azione ai succhiatoj; come sono i polmoni primi organi che funzionano nella vita propria del neonato negli animali.