Fisiologia vegetale (Cantoni)/Capitolo 13

§ 13 - L’acido carbonico del terreno è insufficiente. Memoria del signor Pollacci

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§ 13 - L’acido carbonico del terreno è insufficiente. Memoria del signor Pollacci
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§ 13. — L’acido carbonico del terreno è insufficiente. Memoria del sig. Pollacci.


Quest’acido carbonico lo si vuol trovare nel suolo, portatovi dalle piogge, dalle acque correnti e dalle materie vegetali in fermentazione o putrefazione. E ciò è quanto io credo che non avvenga. L’eccedenza d’acido carbonico che in certe condizioni può tener disciolto il carbonato ed il fosfato di calce, il carbonato di ferro, la silice o i silicati, appena che si trovi in contatto coll’aria, o con altri materiali, si svolge, e restituisce allo stato insolubile i sali che momentaneamente teneva [p. 34 modifica]disciolti; le reazioni che riuscirebbero a disciogliere i sali insolubili sono sfuggevoli, e forse possibili soltanto nel laboratorio del chimico, ma non in quello più complesso della natura. In qualunque miscela salina, le reazioni succedono in guisa che immediatamente formansi sali insolubili, appena che ciò sia possibile per la qualità dei componenti; e l’acido carbonico, siccome pochissimo fisso, viene immediatamente scacciato a profitto della combinazione insolubile, o meno solubile, con altri acidi o con altre basi. Mescoliamo qualunque carbonato solubile alla calce, e vedremo immediatamente formarsi un precipitato insolubile di carbonato di calce. Mescoliamo alla calce una soluzione ov’entri l’acido fosforico, e di subito vi sarà produzione di fosfato di calce insolubile. Pure, volendo ammettere che l’acido carbonico contenuto nelle acque di pioggia e di sorgente, o sviluppato dalle materie organiche, sia in quantità sufficiente a disciogliere anche i succitati materiali insolubili, che mai avverrebbe? — Le acque continuando, siavi o no il bisogno d’alimentare le piante, a disciogliere i materiali terrestri, questi passerebbero negli strati inferiori del terreno, o verrebbero col tempo ad essere trascinati fuori dal terreno che li ha forniti. Il riposo, la cultura, l’abbruciamento delle terre argillose, l’emendamento colla calce o colla marna, non avrebbero più una spiegazione. Anzi, sarebbero operazioni dannose, permettendo o facilitando il disperdimento dell’acido carbonico, o la sua combinazione coi materiali calcari, per formarne dei carbonati insolubili. Ma il terreno non perde materiali se non quando mantiene la vegetazione. — E v’ha dippiù. — Come mai potrebbero allignare le piante nei terreni nei quali non vi siano materie vegetali in fermentazione, o dove le acque, fuor che la pioggia, non vi rechino la benchè minima quantità d’acido carbonico? Non trovansi forse in tal condizione estesissimi [p. 35 modifica]territorj? Non si trovarono forse in tal condizione tutti i terreni avanti di rendersi coltivabili? — Non vedete voi spesse volte deperire piante, versare, o difficilmente far solido legno, o ben costituito seme, sebbene allignanti in terreno ricchissimo di materie vegetali capaci di fornire acido carbonico per sciogliere i materiali inorganici? Basta, perciò, osservare la vegetazione nei prati rotti, e perfino sugli ammassi di letame, o presso di essi, ove continuamente defluiscono materie organiche decomponentesi. Osservate come si comportino le radici delle piante in terreno il cui strato superficiale sia eminentemente vegetale, e vedrete ch’esse corrono direi quasi a cercare uno strato inorganico, e, finchè non lo ritrovano, non si suddividono in minute barboline.

All’incontro in terreni meno ricchi d’humus, e perfino fra i crepacci delle rocce trovansi piante, se non lussureggianti di fogliame, almeno vegete e solidamente costituite.

Raspail, al § 823 dell’opera più volte citata, dice:

Quelle radici che sono costrette a crescere contro le pareti o fra le giunture d’una pietra s’impastano sulla superficie e vi aderiscono con forza, sia per l’effetto de’ succhiatoj che resterebbe a trovare, sia pel solo effetto d’uno sviluppo condannato ad insinuarsi in tutto le cavità della pietra. Noi spiegheremo più particolarmente nella fisiologia la quistione di sapere se la funzione delle radici non consista ad impastarsi, a guisa di polipi, sulle molecole terrose, per discioglierle o per aspirarle, a profitto dell’incrostazione o della combinazione dei tessuti.

Importantissima a tale riguardo è una Memoria del signor Egidio Pollacci sul modo di agire delle radici delle piante in contatto coi materiali inorganici del suolo1. — Ritenendo che molta luce a tale quistione [p. 36 modifica]potesse dare il fenomeno proprio delle radici avvertito dal Liebig, quello cioè dell’esalazione dell’acido carbonico, istituì in proposito accurati sperimenti, i quali diedero i seguenti risultati:

Tre cavoli estratti di recente dal terreno, e dopo aver diligentemente lavato loro le radici, sonosi collocati in altrettante campanelle di cristallo: quindi si è gettato nella prima campanella della soluzione azzurra di laccamuffa; nella seconda dell’acqua stillata, più del marmo puro in frammenti sino a cuoprire le radici della pianta; nella terza della sola acqua stillata, spogliata d’aria e di acido carbonico con l'ebullizione. In capo a 18 ore, il liquido della prima campanella erasi già compiutamente arrossato, e tornava bleu con l’ebullizione, sviluppando contemporaneamente un gas avente la proprietà di estinguere i corpi in combustione; quello della seconda dava abbondante precipitato con l’ossalato d’ammoniaca, e s’intorbidava col riscaldamento; quello della terza inalbava con l’acqua di calce affusavi in eccesso, e dava con acetato basico di piombo abbondante precipitato, solubilissimo in acido acetico. Immergendo poi una pianta qualunque in una campanella d’acqua limpida, sulle sue radici, dopo un poco di tempo, quando cioè l’acqua si è saturata d’acido carbonico, scorgesi benissimo la formazione d’un gran numero di bollicine gasose che, dopo essersi più o meno ingrandite, si staccano slanciandosi fuori del liquido.

Questi sperimenti ripetuti anche ultimamente sopra un numero piuttosto grande di piante erbaceo ed arboree, tanto selvatiche che coltivate, risposero sempre nel modo medesimo. Perciò puossi concludere, che le radici delle piante espirano indubitatamente dell’acido carbonico.

La proporzione dell’acido carbonico espirato in un dato tempo varia per moltissime circostanze, fra le quali è da ricordare principalmente la specie del vegetabile, l’età, la stagione. È per di più difficile a determinare; non ostante desumendola dalla proporzione di potassa caustica che è necessaria a ridonare il color bleu ad un peso noto di soluzione di laccamuffa già arrossata dall’acido suddetto, debbono aversi dei dati sufficientemente esatti, e probabilmente più esatti che con qualunque altro metodo. [p. 37 modifica]

esempi.

Tempo impiegato ad arrossare la soluzione di lacca muffa. Potassa Caustica impiegata per ridonare il color blù. Acido carbonico espirato durante lo sperimento. Acido carbonico che sarebbe espirato in 24 ore.
Ulivo alto metri 1,50 Ore 10 Gram.0,05 Gram. 0,02 Gram. 0,04
Violaccio (cheiranthus) di mediocre grandezza.      "        6      "        0,10      "        0,04      "        0,16
Fava, in fiore, rigogliosa.      "        7      "        0,08      "        0,03      "        0,10
Cavolo, ben fogliuto      "        4      "        0,10      "        0,04      "        0,24
Pesco, alto metri 1      "        6      "        0,10      "        0,04      "        0,16
Cipresso, alto met. 1,20      "        24      "        0,05      "        0,02      "        0,02

Provato così che le radici dei vegetabili espirano acido carbonico, noi precurammo di mettere questa nozione in rapporto con le cose mostrateci dalla natura e credemmo:

Che la vegetazione di migliaja e migliaja di piante erbacee ed arboree sui cornicioni degli edifizi, non menochè sopra le più solide muraglie, nelle cui commetiture a preferenza insinuandosi colle radici, si impadroniscono del cemento, sconnettendo e disseparando il materiale per modo, da portare talvolta dei guasti non indifferenti nel punto in che i vegetabili stessi presero soggiorno.

Che le corrosioni prodotte sulla superficie interna dei vasi di giardino dalle radici delle piante in essi coltivate, in modo che di sovente s’infossano e aderiscono sopra la detta superficie, da doverle strappare o tagliare quando si voglia cavar dal vaso la pianta cui appartengono.

Che le solcature ed erosioni operate sulle pietre calcaree dalle radici dei vegetabili, osservate anche dal marchese Ridolfi, e da lui pur ricordate all’Accademia dei Georgofili, non che i risultati delle sperienze fatte dal professore Emilio Bechi con l’ossalato di calce, credemmo dico, che tutti questi fatti fossero cagionati dalla emissione dell’acido carbonico per le radici delle piante.

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In questi casi rassomiglia poscia il Pollacci le radici delle piante agli animali litofagi o meglio al tarlo del legno, colla differenza però che questo agisce affatto meccanicamente, mentre le radici, mediante l’acido carbonico che emettono, disciolgono ed assorbono, nel luogo di contatto, l’alimento minerale che loro è indispensabile, esercitando una vera azione chimica. — Mostra in seguito come l’acido carbonico, coadjuvato dall’umidità, sebbene debolissimo, sia capace di sciogliere tutti i minerali utili, compresi i silicati ed i fosfati. Per il che soggiunge:

Al seguito dello cose dette, non può aversi alcun dubbio circa alla maniera d’agire delle radici delle piante in contatto di quei materiali del suolo, che sono insolubili nell’acqua. Di guisa che, l'ufficio dell’acido carbonico emesso potrebbe paragonarsi a quello del succo gastrico dello stomaco. E quantunque sia molta la forza assorbente della terra per le sostanze solubili, non è mai in grado tanto eminente da uguagliar quella delle radici per le sostanze medesime.

Le sperienze e le osservazioni del Pollacci mi sembrano concludentissime, almeno per quanto spetti al provare l’emissione d’acido carbonico dalle radici. Soltanto potrebbe taluno dubitare che l’acido carbonico emesso fosse quello già assorbito dal terreno e restituito dalle radici; ma questo supposto farebbe credere ad un giro vizioso e forse inutile. Inoltre, se, come abbiamo già veduto, l’acido carbonico del terreno il più delle volte non è in quantità sufficiente, o manca affatto, o non si trova in condizioni da esercitare la di lui facoltà solvente a profitto della vegetazione, ci è forza concludere che quest’acido carbonico arriva per altri mezzi in contatto coi materiali inorganici.

Note

  1. La Memoria è inserita nel Periodico Il Nuovo Cimento. Fascicolo del luglio 1858.