Firenze sotterranea/Capitolo XI
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XI
Qui in Firenze abbiamo avuto un tipo di spia, veramente straordinario.
Si chiamava E...
Era stato per molti anni matricolatissimo ladro: alla fine un giorno si staccò da’suoi, andò a mettersi a servizio della Polizia.
Cominciò a vestire con certa pompa; portava cappello a cilindro, abiti quasi signorili; ma era avuto in gran disprezzo, e odiatissimo.
I commercianti, nelle cui botteghe si rifornisce il popolino di certi quartieri, quando volevano andasse in disuso un cappello, una cravatta di un certo taglio, chiamavano l’E., gli regalavano il cappello, o la cravatta, subito tutti coloro che possedevano oggetti uguali li buttavano via; si accalcavano nelle botteguzze a comprarne di nuovi.
L’E. era di un coraggio, di una temerità a tutta prova. La Polizia si avvantaggiava delle sue cognizioni, delle vecchie conoscenze che egli aveva in quel mondo di ladri, nella Firenze tenebrosa, che io descrivo. Ma lo pregavano, secondo le congiunture, dicesse ciò che sapeva: non arrischiasse sè. Però furon sempre parole. Egli voleva ad ogni costo andare con le pattuglie; era la sua passione far scoprire i delitti de’ suoi vecchi compagni; entrare ne’loro tugurii insieme con la Polizia, slanciarsi il primo ne’ pericoli, pigliar per il petto i bricconi, che un tempo aveva abbracciato.
Però la vendetta, che la Polizia temeva, non si fece aspettare, e lo fulminò. Un bel giorno, a sole alto, fu pugnalato in una delle strade più centrali di Firenze; ma parve morisse contento, dopo aver indicato il suo uccisore, soddisfatto che almeno la sua morte fosse causa che uno de’ suoi vecchi compagni andasse all’ergastolo.
Facciamo un giro per certi vicoli del Mercato. Vedrete quante cose grottesche, infami; quanto fracidume e quanta sozzura; le lordizie; il lotume ammucchiolati per tutto.
Venite con me, badate dove mettete i piedi per non inzaccherarvi, o inzavardarvi d’ogni ben di Dio!... Guardate questo gruppetto di spelonche, a dieci passi da uno de’ luoghi più centrali, dal giardino Orlandini, ove è la Birreria Cornelio1). Queste conigliere, queste stambergaccie, che vengon giù a pezzi, formano il vicolo del Campidoglio. Credo non vi sia oscuro e abietto villaggio dove si veggano case in tale abbandono. Gli abitanti sono de’ più strani. In una cantina vive un’intera famiglia. Non si sa che cosa facciano: stanno tutto il giorno in quel buio, e escon fuori soltanto di notte.
Si scende per una scaletta di legno: il suolo è da anni inzuppato di materie fecali. Perchè? I pozzi neri di quelle casaccie sono a smaltitoio, e non son mai votati.
Possiamo davvero rallegrarci di sì prospere condizioni!
Nel medesimo ostello abita un certo B., vecchio, che va sempre scalzo per le strade anche d’inverno: notissimo in Firenze, specialmente agli artisti cui ha servito di modello. Un bellissimo quadretto, che lo raffigurava, era esposto alla Promotrice in via della Colonna mesi or sono.
Egli raccatta i mozziconi di sigaro, si nutre spesso di torsoli e di rimasugli, che razzola di notte nelle immondezze delle strade. Tale e quale come faceva il beato Labre!... Nel Vecchio Mercato di Firenze, nel Ghetto, a Malborghetto, alla Sacra di là d’Arno, la Curia Romana troverebbe molti Labre da beatificare. In que’ tugurii potrebbe trovare un beato sudicio per ogni giorno dell’anno e da ricominciare daccapo. E non so se in altre virtù, ma in quella del sudiciume superano qualunque Labre più beatificato: ve le dico in coscienza!
Il B. si è scavato una buca da sè, e vi abita da anni, insieme con un gran numero di talpe, che ha addomesticate, e con le quali partecipa il poco cibo, che raccoglie. Di solito, i tipi, come il B. sono ghiotti di vino: costui invece è molto sofistico sull’acqua, e non può bere se non quella reputatissima della onte di Santa Croce, che va a pigliare ogni notte con due fiaschi. L’acqua rispetta tanto, che non ha mai consentito a adoperarla in casi volgari: per esempio, a lavarsi!
Presso al vicolo del Campidoglio, è piazza Luna... Lì in un angolo c’è un altro stambergone, che fu per molto tempo disabitato, e chiuso. Ora, forzata la porta, rubati arpioni e serratura (secondo il costume del Ghetto e del quartiere di oltr’Arno, che vi ho descritto) serve di dormentorio e latrina in un tempo a povera gente che non ha casa.
Nel vicolo Matteoni le case cadono a pezzi e son ridotte a lupanari. Gli amanti di quelle donne d’infima specie stanno tutti accozzati in un crocicchio. Quando veggono entrare qualcuno in uno di quegli spechi, lo seguitano cautamente, assistono a certi contratti, intervengono minacciosi allo stringere di certi pagamenti.
Qui potrei descrivere scene, che a tutti parrebbero davvero indegne della nostra città, se la mia penna non dovesse sorvolare.
Ho visitato perfino una viuzza dove sta un’ortolana, che tiene sei letti in un sotterraneo: e ci vanno a pernottare ospiti infelici, che pagano per ogni giacitura tre soldi!
Nel vicolo del Pavone tutte le case vecchie, crollanti, sono in stato di demolizione. La gente dorme ammucchiata nelle cantine, ne’ sotterranei, ne’ sottoscala; a famiglie intere, di oziosi, che non si sa con quali mezzi si nutrano, e come vivano lì a dirittura senz’aria e senza luce, poiché gli orli delle grandi tettoie da’ due lati del Vicolo si toccano quasi.
- ↑ Oggi tutti questi luoghi sono distrutti superfluo il ripetiamo. La Birreria Cornelio fu incendiata.