Firenze sotterranea/Bambini!

Bambini !

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La strage degli innocenti Bambini affogati

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BAMBINI!...


al questore di firenze

Egregio Signore,

Una sera io ho veduto un bambino scarmigliato, in vesti lacere, che si dibatteva pel dolore in mezzo ad un gruppo di amorevoli cittadini. Suo padre, col tacco di una grossa scarpa, lo aveva talmente percosso sul fianco mezzo nudo che i chiodi della scarpa erano entrati nelle carni del bambino e gliele avevano lacerate! il bambino urlava!

Un’altra sera ho veduto una bambina, col volto tutto insanguinato, che era stata percossa vicino all’occhio destro con strumento tagliente... da sua Madre!... [p. 206 modifica]

Una terza sera, infine, ho veduto un uomo robusto, che percoteva contro il muro una bambina. All’avvicinarsi di alcuni cittadini, l’uomo fuggì, la bambina voleva fuggire, ma cadde; aveva già un braccio fratturato!...

Tali scene, egregio, signore, si ripetono di sovente, come certo Lei non ignora, nella gentile Firenze, con grande oltraggio di ogni sentimento d’umanità, con immenso sfregio per noi.

Io non sono uno di quegli arrovellanti, che ogni mattina vorrebbero mangiarsi vivo un questore, o che pare non possono andare a tavola senza aver sul piatto una fetta di guardia di pubblica sicurezza, una costola di municipio, o un filetto di prefetto....

Ho bisogno che cooperiamo, che ci uniamo tutti ad un nobile fine; ho bisogno per una mezz’ora del silenzio di ogni disputa partigiana, affinchè in questo silenzio sieno udite voci esili, piene di lacrime de’ miei protetti, e prorompa alto l’accento del cuore.

Nelle ore notturne Firenze offre un sinistro spettacolo; una processione di fanciulli dei due sessi, dai quattro ai sei anni, pallidi, emaciati, contraffatti, coperti di stracci, alcuni condotti per mano da omaccioni di fisonomia accigliata e [p. 207 modifica]truculenta, altri attaccati alla gonnella pubblica delle loro madri. Questi fanciulli de’ due sessi sono lasciati dalle tristi persone che li conducono alle porte dei caffè, delle trattorie, delle osterie ed anche delle più sozze taverne. Essi entrano, offrono a tutti una scatola di fiammiferi, una noce dorata coi numeri per vincere al lotto, offrono a tutti la vista della loro immensa miseria, della loro inconsapevole degradazione. Passano così da un tavolino all’altro, dalla compassione, dalla pietà degli uni, agli scherzi, ai motteggi, all’insolente parlare degli altri; c’è chi dà loro uno, due, tre soldi; c’è chi si contenta soltanto d’ingiuriarli! È incredibile questa forza cinica che hanno certi mascalzoni d’insultare la sventura!

I bambini trascorrono così le notti senza dormire; sono visibili in essi, nella gracilità di quei corpicini deformati dalle privazioni e dalle fatiche precoci, i segni d’una grande stanchezza. Non solo non dormono, ma entrano ed escono dalla umidità, dal freddo, dall’oscurità della strada alla luce viva, all’atmosfera riscaldata dei caffè, delle trattorie: questo fisicamente: moralmente stanno fra le oscenità che gettano loro i ribaldi e gli spensierati e le bestemmie, il linguaggio da proseneti delle belve che li dovrebbero educare. I più di essi vendono [p. 208 modifica]scatole di fiammiferi e, ben inteso, che si accomodano nelle cassette di questi piccini le scatole ove sono raffigurati i soggetti più immondi!

Si veda dunque che infanzia: un’infanzia senza tenerezza: senza innocenza: educata ad una sola scuola: la corruzione.

E la piaga non cessa, anzi aumenta ogni giorno, o a dir meglio ogni notte: ecco il motivo per cui io scrivo questa lettera al Questore di Firenze.

È concepibile, egregio signore, che l’autorità non debba, non possa far nulla per rimediare a simile sconcio? Non potrà mai essere esaudito il desiderio espresso da tanti galantuomini che si provveda una volta a questi fanciulli? Il Questore di Firenze in tal questione avrebbe una singolare autorità. Togliendo dal suo cupo archivio documenti irrefragabili, potrebbe dimostrare come da queste infanzie maltrattate, vilipese, disonorate, nel loro primo candore, escano le giovinezze più turbolente e più delittuose; come da questo sciame di pallidi e derelitti fanciulli escano i nemici di Dio, della famiglia, della proprietà; come in questi animi lasciati ne’ primi anni della vita, senza alcuna consolazione, germoglino tutti gl’infami principii sovvertitori, e gli odii implacabili contro i belli ideali dell’esistenza. [p. 209 modifica]

Il Questore di Firenze potrebbe dimostrare che, mentre v’è una Commissione d’igiene per preservare la pubblica salute, si lascia molto incautamente pullulare, alimentarsi, diffondersi intorno a noi una profonda malattia morale.

Questi poveri bambini!... Essi sono la vera Italia irredenta!... In favore di essi si dovrebbe bandir un Comizio.... che sarebbe, spero, permesso anche dalla Questura. Io, che non vado mai a Comizii di alcuna sorta, ci anderei, e credo in numerosa e buona compagnia.

Il Questore di Firenze mi dirà: io ho studiato la questione, ma non ho trovato verso di risolverla; gli statuti di alcune pie istituzioni sono incompleti: non si sa dove ricoverare questi bambini. Ed io rispondo: lo so; lo so che ai nostri tempi d’atei, e di spregiatori della religione non s’è aperta ai fanciulli, ridotti in tali angustie, altra porta che quella di un asilo, condotto da monache e diretto da un prete (epigramma strano e pure pietoso al secolo libero-pensatore!...); so tutto, ma il Questore gridi e gridi forte, e indichi questo male in tutta la sua estensione e, se nessun altro l’ascolta, può esser sicuro che la sua voce rimarrà nella coscienza dei cittadini.

A Firenze il grande cuore del popolo ha [p. 210 modifica]risposto sempre a certi appelli con slanci generosi.

La questione dei bambini non è piccola; a me oggi, cercando il tema di un articolo, è parsa più importante della marcia del generale Kuropatkine contro i Tekkes, o delle pagine del Libro Giallo....

Bisogna impedire che genitori snaturati a segno da esercitare una tratta (e in qual modo!) sui loro stessi figliuoli, possano proseguire sì stomachevole mercato nelle strade della nostra città.

Per questo mi sono rivolto al Questore di Firenze che credo un uomo intelligente e, come me, un uomo di cuore.

La prego scusare la mia importunità.

Gennaio 1881.

Jarro.