Fior di Sardegna/Capitolo IX
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IX.
Qui finisce il prologo e comincia la prima parte della nostra storia. Sei anni erano trascorsi dalla sera in cui Marco Ferragna, con in grembo la piccola Maura, aveva esclamato: — Ah, se Lara mi avesse almeno lasciato un figlio!...
Nulla pareva cambiato a X***, ma molte trasformazioni erano avvenute, a poco a poco, lente, insinuandosi, senza che niuno se ne fosse accorto. — Marco Ferragna, per esempio, era diventato uno dei più ricchi possidenti della piccola città, tanto che ora gli occhi delle più belle e nobili fanciulle erano rivolti a lui. E lui lo sapeva, ma, nonchè compiacersene, ne provava disgusto. La memoria di Lara, a furia d’anni, era diventata vaga, mite, serena in lui, — il dolore sfumava lentamente dal suo cuore come una triste immagine che si allontana a poco a poco e svanisce nell’orizzonte nebbioso; ma Marco non pensava più di ritornare giovane; si credeva vecchio, diceva che la sua vita era vissuta, i suoi sogni volati con Lara, le sue speranze svaporate coll’ultimo crepuscolo dell’esistenza di lei, e che ormai la sua meta consisteva nell’attendere una vecchiaia serena, onorata, vicina... Si credeva vecchio, oh, sì, molto vecchio, perchè i suoi trent’anni erano suonati da molto; ma in realtà era ancora giovìne: la sua voce rimaneva la stessa, sonora, cara, vibrata, ed era il fascino degli amici, dei giudici, delle signorine; i suoi occhi splendevano sempre e niun capello d’argento si scorgeva nella sua testa: solo un pallore malinconico velava il suo volto, dandole un’aria attempata, ma più interessante e seria di quella che possedeva dieci anni prima. Era come la sua palazzina, che la tinta del tempo e la polvere sollevata dal vento della valle avevano reso meno gaia, ma più pittoresca e seria. Ah, sì, don Salvatore l’aveva detto: anche la sorridente palazzina aveva preso un aspetto di dolce tristezza dopo la morte di Lara.
E Speranza, la piccina dei Mannu, moriva un anno dopo di Lara: donna Margherita, oppressa dal dolore, era diventata più magra, più bianca e più malinconica; ma il marito, al contrario passato il primo affanno, convinto che Speranza pregava lassù per tutti, ingrassava sempre più, e il suo volto simpatico, lucente si imporporava con gli anni, mentre tra i suoi capelli comparivano i primi fiocchi di neve della vecchiaia. Che importava ciò? Un giorno gli avevan detto che sembrava davvero un cavaliere medioevale: ciò senza dubbio; era uno scherzo; era uno scherzo, perchè, alla fine don Chisciotte viene dipinto orribilmente pallido e magro: ma don Salvatore non aveva mai visto nè conosciuto il cavaliere dalla trista figura, sicchè in buona fede, si credeva realmente il tipo dei cavalieri antichi e, rimanendo contento del suo essere, procurava di impinguare a misura che anche il suo patrimonio ingrossava. E questo ingrossava, e come!... S’ingrossava tanto, che diceva fra poco essere tutta X*** di don Salvatore e di Marco Ferragna; ma nessuno degli uomini giovani ne provava invidia, perchè... perchè Maura e Pasqua crescevano, e chissà!... era così bello sperare!... Infatti, quando le due fanciulle passavano, sottili, eteree, eleganti nei loro semplici vestiti, gli sguardi si fissavano su loro, le distinguevano tra la folla, le seguivano, e, sparite loro, quegli sguardi vagavano ancora, lontani, lontani, attraverso le «tancas» immense e verdeggianti che dovevano un giorno ereditare. — Credete altrimenti che le avessero guardate le due fanciulle? — Io credo di no, molto più che non avevano nulla di interessante, molto più che sembravano ancora bambine, tanto erano sottili e piccine, benchè l’una avesse diciassette e l’altra quattordici anni.
Appunto perchè si calcolava esservi molto tempo innanzi, nessun pretendente erasi presentato in casa Mannu: solo un vecchio ufficiale in cerca di dote aveva chiesto Maura, senza neanche quasi conoscerla; ma don Salvatore per poco non gli aveva riso in faccia: — Che! che! Lara, (così Maura si faceva chiamare) non lo si vedeva dunque, perdio? era una bimba... non le mancava altro che un marito, già!...
L’ufficiale fu mandato a spasso coi suoi cinquant’anni; in casa Mannu si rise assai alle sue spalle; ma questa prima domanda mise una tinta pensosa nei grandi occhi oscuri della fanciulla, che da quel giorno cessò definitivamente di correre in giardino in cerca di lucciole e non provò più alcuna ripugnanza nel portar l’abito lungo.
Allora Lara aveva sedici anni: non sedeva più sulle ginocchia di Marco, nè lo baciava più; però in fondo in fondo restava un po’ bimba e molto capricciosa...
Sempre esile sottile, bianca, i suoi capelli s’erano oscurati, da biondi diventando castani, la bocca le si era ingrandita, con le labbra rosse carnose rosse come ciliegie, che spiccavano sul fondo pallido del volto naturalmente mesto.
In somma, contrariamente a ciò che prometteva il suo bel volto di bambina, Lara non era bella, no, niente affatto, e lei lo sapeva, ma non se ne curava, e allorchè faceva teletta davanti allo specchio, sorrideva stranamente guardandosi gli occhi. No, non era bella lei, il suo volto pallido non possedeva nulla di straordinario, ma i suoi occhi... i suoi occhi!... Ah, chi non ricorda, chi non ammira ancora a X*** gli occhi di Maura Mannu? I suoi grandi occhi bruni sfavillanti di pensieri, gli occhi che parlano prima del labbro, i suoi occhi che ne fanno una delle più belle ed ammirate signore ora, che la ponevano nel numero delle più belle fanciulle, allora?... Gli occhi di Lara attiravano come la voce di Marco Ferragna e gli occhi di Lara andavano e venivano nella conversazione dei giovinotti di X***. Nel resto della fisionomia s’assomigliava moltissimo alla cugina morta e perciò Ferragna aveva una particolare propensione per lei e l’amava come una figlia.
L’altra, Pasqua, sì ch’era bella! Non si badava tanto a lei, perchè, come dicemmo, sembrava bambina co’ suoi quattordici anni e l’abito corto, ma un fine osservatore, una sera, in un crocchio, aveva pronosticato che se Pasqua cresceva, qualcuno doveva certo impazzire. Essa conservava i capelli biondi, un’onda d’oro sovra il viso di rosa, il profili di madonnina e gli occhi biondi essi pure, cioè di un grigio nocciuola con lampi aurei sereni, da santa, meno belli di quella di Lara, ma sempre belli. E, come nel fisico, differivano nel morale le due fanciulle: Lara si mostrava allegra, d’un’allegria chiassosa, invadente, in certi momenti anche insolente, aveva arie da gran signora, sorrideva a tutti, ma come concedendo una grazia col suo sorriso, non mostrava alcuna meraviglia anche davanti alle cose e ai casi più stupefacenti; non un lampo di invidia, di superbia: odiava i pettegolezzi, deridendo la vita di X***, le piccole miserie i costumi e le passioni della gente ignorante, si mostrava infine superiore, spregiudicata e senza pensieri; in fondo era il pessimismo in persona, piangeva sulle miserie altrui e scontentissima della sua vita monotona, oscura, senza scopo, aveva sogni di fuoco mentre la noia e la tristezza le rodevano le viscere, le ammalavano l’anima nei lunghi giorni silenziosi della sua casa, che lei chiamava casa di campagna. Ma si guardava bene dallo spiegare i suoi veri sentimenti; essa temeva sempre per sua madre, e suo padre non avrebbe più potuto capirla. Del resto non aveva amiche, non compagne con cui confidarsi: e i suoi sogni, le sue aspirazioni, le sue fantasie restavano represse nel cuore, in cui fermentavano, senza aria e senza luce, in cui destavano una cupa tristezza.
Rimanevano a Lara la sorella e il vecchio suo amico Ferragna; ma ora questo non contava più: Lara lo annoverava fra i parenti, cioè fra la gente a cui meno lei si affidava, e Pasqua era troppo piccola. Lara giocava e saltava insieme a lei, ma non le spiegava punto ciò che provava in cuore, cioè una smania di moto, un bisogno di aria, di affetti, di sorrisi d’amiche, una voglia pazza di mostrare a tutti, a furia di vestiti e di lusso domestico, le loro ricchezze, una strana manìa di far del bene a tutti, di sollevare tutti i poveri di X*** e di farsi amare da tutti... — A che? Pasqua non si sarebbe commossa: la sua piccola anima era rosea come il suo volto: lei non aveva sogni, non aspirazioni, nulla, sembrava sempre mesta accanto a Lara, che rideva sempre per mostrarsi felice e che s’importava di tutti, ma nel segreto del suo coricino la piccola bionda madonnina era più contenta ed allegra di quel demonio di Lara. ― Ah, sì, proprio un demonio! E così l’avevano resa i libri che pigliava dalla biblioteca di Marco Ferragna, i libri che leggeva all’insaputa di tutti, i libri buoni e maledetti che l’avevano istruita e fatta pessimista, — così l’aveva resa l’educazione impartitale da donna Margherita. Quell’educazione la costringeva a mostrarsi devota, pia, allegra e contenta del suo stato; quei libri invece la rendevano scettica, sentimentale, superba, con idee sociali nella sua anima di bimba, con aspirazioni di artista e di gran dama nella sua famiglia ove l’arte era sconosciuta, ove il lusso era bandito inesorabilmente: — quei libri la rendevano realmente superiore alle piccole miserie della vita di provincia ma le davano una strana melanconia al pensare che pur era giocoforza vivere per sempre fra quelle piccole miserie. L’educazione ricevuta non permetteva a Lara di dichiarare i suoi veri sentimenti e vivere fra essi e con essi, i suoi grandi e sublimi sentimenti; e così, repressi, nascosti, alimentati dal segreto, rendevano triste, pessimista, sentimentale la piccola Lara, che pure pareva la gioia in persona...