Fingal poema epico di Ossian/Canto quarto
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Traduzione dall'inglese di Melchiorre Cesarotti (1763)
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CANTO QUARTO
ARGOMENTO.
Chi dal monte ne vien, bella a vedersi
Siccome il varïato arco che spunta
Di sopra il Lena? La donzella è questa
Dalla voce d’amor; la bella figlia n 1
5Del buon Toscàr, dalle tornite braccia.
Spesso udisti il mio canto e spesso hai sparse
Lagrime di beltà: viene alle pugne
Del popol tuo? vieni ad udir l’imprese
Del tuo diletto Oscarre? E quando mai
10Cesseranno i miei pianti in riva al Cona?
Tutta la mia fiorita e verde etade
Passò tra le battaglie, ed or tristezza
I cadenti anni miei turba ed oscura.
Vezzosa figlia dalla man di neve,
15Non era io già così dolente e cieco,
Sì fosco, abbandonato allor non ero,
Quando m’amò la vaga Evirallina n 2,
Evirallina, di Cormann 3 possente,
Dolce amor, bruna il crin, candida il petto.
20Mille eroi 1 ne fur vaghi, e a mille eroi
Ella negò ’l suo core: eran negletti
I figli dell’acciar, perch’Ossian solo
Grazia trovò dinanzi agli occhi suoi.
Alle nere del Lego onde n’andai
25Per ottener la vaga sposa. Avea
Dodici meco valorosi figli
Dell’acquosa Albïon; giungemmo a Brano,
Amico dei stranieri. E donde, ei disse,
Son quest’arme d’acciar? facil conquista
30Non è la bella vergine che tutti
Spregiò d’Erina gli occhi-azzurri duci.
Benedetto sii tu, sangue verace
Del gran Fingallo! avventurata sposa
Ben è colei che del tuo cor fai degna.
35Fossero in mia balìa dodici figlie
D’alta beltà, che tua fora la scelta,
O figlio della fama. Allora aperse
La stanza della vergine romita,
D’Evirallina. A quell’amabil vista
40Dentro i petti d’acciar corse a noi tutti
Subita gioja, e ci sorrise al core.
Ma sopra noi sul colle il maestoso
Cormano apparve, ed un drappel de’ suoi
Traea pronto alla pugna. Otto i campioni
45Eran del duce, e fiammeggiava il prato
Del fulgor di lor arme. Eravi Cola,
Durra dalle ferite eravi, e Tago,
E ’l possente Toscarre, e ’l trïonfante
Frestallo, e Dairo il venturoso, e Dala
50Rocca di guerra. Scintillava il brando
Di Corman nella destra, e del guerriero
Lento volgeasi e grazïoso il guardo.
D'Ossian pur otto erano i duci; Ullino
Figlio di guerra tempestoso, e Mullo
55Dai generosi fatti, ed il leggiadro
Sèlaca, e Oglano, e l'iracondo Cerda,
E di Dumaricàn l'irto-vellute
Ciglia di morte. Ove te lascio, Ogarre,
Sì rinomato sugli arvenii colli?
60Ogar si riscontrò testa con testa
Col forte Dala: era il conflitto un turbo
Sollevator della marina spuma.
Ben del pugnale rammentossi Ogarre,
Arme ad esso gradita; egli di Dala
65Nove fïate lo piantò nel fianco.
Cangiò faccia la pugna: io sullo scudo
Del possente Corman ruppi tre volte
La mia lancia, ei la sua. Lasso, infelice
Garzon d'amore! io gli recisi il capo,
70E per lo ciuffo il sanguinoso teschio
Crollai ben cinque volte: i suoi fuggiro.
Oh chi m'avesse allor detto, chi detto
M'avesse allor, vaga donzella, ch'io
Egro, spossato, abbandonato, e cieco
75Trarrei la vita; avrìa costui dovuto
Usbergo aver ben d'infrangibil tempra,
Petto di scoglio e impareggiabil braccio.
Ma già del Lena su la piaggia oscura
A poco a poco s'acchetò la voce
80Dell'arpe e dei cantor. Buffava il vento
Vario-stridente, e m'ondeggiava intorno
L'antica quercia con tremanti foglie.
Erano i miei pensier d'Evirallina,
D'Evirallina mia, quand'ella in tutta
85La luce di beltade, e cogli azzurri
Occhi pregni di lagrime, m'apparve
Sopra il suo nembo; e in fioca voce: Ah sorgi,
— Ossian, mi disse; il figlio mio difendi,
Salvami Oscàr: presso la rossa quercia
90Del ruscello di Luba egli combatte
Coi figli di Loclin. Disse; e s'ascose
Nella sua nube. Io mi vestii l'usbergo,
M'appoggiai sulla lancia; uscii sonante
D'arme il petto e le terga: a cantar presi,
95Qual solea ne' perigli, i canti antichi
Da' valorosi eroi. Loclin m'intese n 4
Come tuono lontano: essa fuggìo;
Inseguilla mio figlio. Io pur da lungi
Lo richiamai: – Figlio, diss’io; deh riedi
100Riedi sul Lena, ancor ch’io siati appresso,
E cessa d’inseguirli. Egli sen venne,
Ed agli orecchi miei giunse giocondo
Il suon dell’armi sue. — Perchè, diss’egli 2,
M’arrestasti la destra? avrìa ben tosto
105Morte d’intorno ricoperto il tutto:
Chè oscuri, formidabili, Fillano
E il figlio tuo fèrsi ai nemici incontro,
Che per la notte, alle sorprese amica,
Del loro campo erano a guardia. Alquanti
110Le nostre spade n’abbattèr. Ma come
Spingono i negri venti onda dopo onda
Colà di Mora su le bianche arene;
Tal l’un l’altro incalzandoci i nemici
Inondano sul Lena: ombre notturne
115Stridon da lungi, ed aggirarsi io vidi
Le meteore di morte: il re di Selma
Corrasi a risvegliar, l’eccelso eroe
Sfidator di perigli, il sol raggiante
Dissipator di bellicosi nembi.
120Erasi appunto allor da un sogno desto
Fingallo, e sullo scudo erto si stava,
Lo scudo di Tremmòr, famoso arnese
De’ padri suoi: nel suo riposo avea
Veduta il padre mio la mesta forma
125D’Aganadeca; ella venìa dal mare,
E sola e lenta si movea sul Lena.
Faccia avea ella pallida qual nebbia,
Guancia fosca di lacrime: più volte
Trasse l’azzurra man fuor delle vesti,
130Vesti ordite di nubi, e la distese
Accennando a Fingallo, e volse altrove
I taciturni sguardi. E perchè piangi
Figlia di Starno? domandò Fingallo
Con un sospiro: a che pallida e muta,
135Bell’ospite dei nembi? Ella ad un tratto
Sparve col vento, e lo lasciò pensoso 3.
Piangeva il popol suo, che sotto il brando
Del re di Selma era a cader vicino.
L’eroe svegliossi, e pieni ancor di quella
140Avea gli occhi e la mente. Ode appressarsi
D’Oscarre i passi, e n’adocchiò lo scudo,
Che incominciava un deboletto raggio
Via via d’Ullina a tremolar sull’onda.
– Che fa ’l nemico fra i terrori involto?
145Richiese il re: fugge sul mare, o attende
La novella battaglia? A che tel chiedo?
Non odo io già la voce lor che suona
Sul vento del mattin? Vattene, Oscarre,
Desta gli amici. Il re s'alzò; piantossi
150Presso il sasso di Luba, e in tuon tremendo
Ben tre volte rugghiò: balzaro i cervi
Dalle fonti di Cromla, e tremàr tutte
Le rupi e i monti. Come cento alpestri
Rivi 4 sboccando con mugghianti spume
155Si confondon tra lor; come più nubi
S'ammassano in tempesta, e alla serena
Faccia del ciel fan velo; in cotal guisa
Si ragunaro del deserto i figli
Del lor signore alla terribil voce:
160Terribile ai nemici, a' suoi guerrieri
Grata e gioconda; perchè spesso ei seco
Li condusse alla pugna, e dalla pugna
Carchi tornàr di glorïose spoglie.
— Su su, diss'egli, alla zuffa, alla morte,
165Figli della tempesta n 5: a risguardarvi
Starassi il vostro re. Sopra quel colle
Balenerà il mio brando, e sarà scudo
Del popol mio: ma non avvenga, amici,
Che n'abbiate mai d'uopo, or che di Morni
170Per me combatte il valoroso figlio 5.
Egli fia vostro duce, onde il suo nome
Sorger possa nel canto. O voi scendete
Ombre de' morti duci, ombre dei nembi
Correggitrici, i miei guerrier cadenti
175Accogliete cortesi, e i vostri colli
Sien lor d'albergo: oh possan quei su l'ale
Del nembo rapidissimo del Lena
Per l'aereo sentier varcar sublimi
I flutti de' miei mari, e al mio riposo
180Cheti venirne, ed allegrar sovente
Con la piacevol vista i sogni miei!
Fillano, Oscarre dalla bruna chioma,
E tu, Rino gentil; fate, o miei figli,
D'esser forti in battaglia: i vostri sguardi
185Stien fisi in Gaulo, ond'emularne i fatti 6.
Brando a brando non ceda, o braccio a braccio;
Si gareggi in valor: del padre vostro
Proteggete gli amici, e sienvi in mente
Gli antichi duci. Se cader sul Lena
190Doveste ancor, non paventate, o figli,
Vi rivederò: di cava nube in seno
Le nostre fredde e pallid'ombre in breve
S'incontreranno, o figli; e andrem volando
Spirti indivisi a ragionar sul Cona.
195Simile a nube tempestosa, orlata
Di rosseggiante folgore del cielo,
Che in occidente dal mattin s'avanza,
Il Re s'allontanò 7. Funesto vampo
Esce dall'armi sue; nella man forte
200Crolla due lancie; la canuta chioma
Giù cade al vento; tre cantor van dietro
Al figlio della fama, a portar pronti
I suoi cenni agli eroi: sull'erto fianco
Di Cromla ei si posò: volgendo a cerchio
205Il balen dell'acciar. Lieti alla pugna
Movemmo intanto. Sfavillò sul volto
D'Oscar la gioja: vivida, vermiglia 8
Era la guancia sua; spargono gli occhi
Lagrime di piacer; raggio di foco
210Sembra la spada nella destra: ei venne,
E con gentil sorriso in cotai detti
Ad Ossian favellò: — Sir delle pugne,
Ascolta il figlio tuo; scostati, o padre,
Segui l'eroe di Selma, e la tua fama
215Lasciala intera a me. Ma s'io qui cado,
Rammentati, o signor, quel sen di neve,
Quel grazïoso solitario raggio
Dell'amor mio, la tenera Malvina
Dalla candida man. Parmi vederla
220Curva sul rivo risguardar dal monte
Con la guancia infocata; e i lisci crini
Sferzanle il sen, che per Oscar sospira.
Tu la conforta, e di' ch'io son già fatto
Dei venti albergator, che ad incontrarmi
225Venga mentre io pe' colli miei sul nembo
M'affretto a rivederla. - Oscar, che dici 9?
A me piuttosto, a me la tomba inalza.
No, non cedo la pugna: il braccio mio
Più sanguinoso e più di guerra esperto
230Tutte di gloria t'aprirà le strade.
Ma ben tu, figliuol mio, s'avvien ch'io caggia,
Questa spada, quest'arco, e questo corno
Rammenta di riporre entro l'angusta
Scura magion; fa che una bigia pietra
235L'additi al passaggiero: alla tua cura
Alcun amor non accomando, o figlio,
Che più non è la vaga Evirallina,
La madre tua 10. Così parlammo; e intanto
Crebbe sul vento, e più e più gonfiossi
240L'alta voce di Gaulo; ei la paterna
Spada rotando con furor si spinse
Alla strage, alla morte. Appunto come
Candido-gorgogliante onda colmeggia,
E scoglio assale; e come scoglio immoto
245L'orrid'urto sostien: così i guerrieri
Assalir, resistèro: acciar si frange 11
Contro acciaro, uom contr'uom; suonano scudi,
Cadono eroi. Quai cento braccia e cento
Della fornace sul rovente figlio;
250Così s'alzano, piombano, martellano
Le loro spade: orrido in Arven turbo
Gaulo rassembra; in sul suo brando siede
Distruzïon d'eroi: parea Svarano
Foco devastator. Come poss'io
255Dar tanti uomini, e tante morti al canto?
D'Ossian pur anco fiammeggiò la spada
Nel sanguigno conflitto: e tu pur anco
Terribil fosti, Oscarre, o de' miei figli
Il maggiore n 6, il miglior. Nel suo segreto
260Gioiami il cor, quand'io scorgea 'l tuo brando
Arder sul petto dei nemici ancisi.
Essi fuggiro sbaragliati, e noi
Inseguimmo, uccidemmo: e come pietre
Van saltellon di balza in balza, o come
265Scuri di quercia in quercia in bosco annoso
Erran colpi alternando; o come tuono
Di rupe in rupe si rimbalza in rotti
Spaventosi rimbombi: in cotal guisa
Colpo a colpo succede, e morte a morte
270Dalla spada d'Oscarre, e dalla mia.
Ma già Svaràn Gaulo circonda, e freme
Qual corsìa d'Inistòr. Fingallo il vede,
Vedelo, e già già s'alza, e già già l'asta 12
Solleva. — Ullin, va' mio cantore, ei disse,
275Vattene a Gaulo, e gli rammenta i fatti
De' padri suoi; la disugual contesa
Col tuo canto sostien: ravviva il canto,
E rinfranca gli eroi. Mossosi Ullino,
Venne a Gaulo dinanzi, e 'l canto sciolse
280Infiammator dei generosi cori.
Combatti, combatti,
Distruggi, abbatti,
Figlio del sir dei rapidi destrieri,
Fior de' guerrieri.
285Pugna, pugna, o braccio forte,
In fatica aspra ed estrema;
Sir d'acute arme di morte,
Duro cor che mai non trema.
Figlio di guerra,
290Atterra, atterra,
Fa che più candida
Vela non tremoli
Sull'onde d'Inistòr.
Alza scudo orrendo qual nembo,
295Che di morte ha gravido il grembo;
Il tuo brando baleni rotando
Qual sanguigno notturno vapor.
Il tuo braccio sia tuono sul campo,
Sia l'occhio di lampo,
300Di scoglio sia 'l cor.
Combatti, combatti,
Distruggi, abbatti,
Figlio del sir dei rapidi destrieri,
Doma gli alteri.
305Gaulo avvampa a tai note; il cor gli balza:
Fassi di sè maggior. Ma Svaràn cresce 13,
E soverchia il garzon: fende in due parti
Lo scudo a Gaulo; del deserto i figli
Sbigottiti fuggiro. Allor Fingallo
310Nella possanza sua sorse, e tre volte
La voce sollevò. Cromla rispose
Al forte tuono; s'arrestaro a un punto
Del deserto i guerrier 14; piegaro a terra
L'infocate lor facce, e a quella voce
315Di sè stessi arrossiro. Egli sen venne,
Come in giorno di sol piovosa nube
Move sul colle tenebrosa e lenta:
Stan muti i campi ad aspettar la pioggia.
Vide Svaràn da lungi il formidato
320Signor di Selma, ed arrestossi a mezzo
Del corso suo. Fosche aggrottò le ciglia;
Alla lancia s'attenne, e i rosseggianti
Occhi intorno rivolse. Ei muto e grande,
Quercia parea sopra il ruscel di Luba,
325Cui già rapida folgore del cielo
Lasciò brulla di foglie, e incotta i rami:
Quella pende sul rio, sibila il musco.
Tal si stava Svarano: ei lento lento
Si ritirò sopra il ciglion del Lena:
330L'accerchiano i suoi mille; e sopra il colle
S’addensa il bujo dell’orribil zuffa.
Ma in mezzo al popol suo splendea qual raggio
Fingallo; e tutti intorno a lui festosi
S’accolgono i suoi duci. Alza la voce
335Del suo poter. — Su su, miei fidi, ergete
Tutti i stendardi miei: spieghinsi al vento
Sulla piaggia del Lena, e vibrin come
Fiamma su cento colli: essi ondeggiando
S’odano all’aure sibilar d’Erina,
340E guerriera armonia spirinci in petto.
Qua, qua, 15 figli, compagni: al vostro duce
Fatevi appresso, e della sua possanza
Le parole ascoltate. O Gaulo, invitto
Braccio di morte, o generoso Oscarre
345Dai futuri conflitti, o delle spade
Figlio, Conallon 7, o bruno il crin Derminon 8,
O tu re della fama, Ossian, dei canti
Alto signor; voi la vestigia e ’l corso
Seguite, o figli, del paterno braccio,
350Imitatelo, o prodi. Alzammo il raggion 9
Solar della battaglia; il luminoso
Regio stendardo, e lo seguian volando
Gli spirti nostri. Sventolava altero
Quello per l’aere, ori-lucente, e tutto
355Gemmi-distinto, qual la vasta azzurra
Stellata conca del notturno cielo:
Avea pur ciascun duce il suo vessillo,
Ciascun vessillo i suoi guerrier. — Mirate,
Disse il prence ospital, mirate come
360Loclin sul Lena si divide e parte.
Stanno i nemici somiglianti a rotte
Nubi sul colle, o a mezzo arso e sfrondato
Bosco di quercie, quando il ciel traspare
Fra ramo e ramo, ed il vapor trasvola.
365Amici di Fingal, ciascun di voi
Scelga una banda di color che stanno
Minacciosi lassuso, e non si lasci
Che alcun nemico dei sonanti boschin 10
Sull’onde d’Inistòr ricovri e fugga.
370— E ben, Gaulo gridò, miei fiano i sette 16
Duci del Lano: — D'Inistorre il fosco
Sovrano, Oscar gridò, vengane al brando
Del figlio d'Ossian: — Venga al mio, soggiunse
Conallo, alma d'acciaro, il bellicoso
375Sir d'Iniscona. — O 'l re di Muda, od io
Oggi per certo dormirem sotterra,
Disse Dermino. Ossian, bench'or sì fiacco
E sì dolente, di Terman s'elesse
L'atroce re: — Non tornerò, gridai,
380Senza il suo scudo. — O generosi, o forti,
Disse Fingàl col suo sereno sguardo,
Sia vittoria con voi. Tu re dell'onde,
Svaran, la scelta di Fingàl tu sei.
Disse; e quai cento vari venti in cento
385Diverse valli a imperversar sen vanno;
Così divisi noi movemmo; e Cromla
Scossesi, e n'echeggiò. Cotante morti 17
Chi può narrar? Bella di Tòscar figlia,
Le nostre destre eran di sangue, e folte
390Cadder le squadre di Loclin, quai ripe
Traportate dal Cona: alle nostr'armi
Tenne dietro vittoria: ognun dei duci
La promessa adempiè. Spesso, o donzella,
Sedesti in riva al mormorevol Brano,
395Mentre il bianco tuo seno alternamente
S'alzava all'alternar de' bei respiri,
Qual piuma candidissima gentile
Di liscio cigno, che soave e lento
Veleggia per la liquida laguna,
400Qualor di fianco una scherzosa auretta
Con dolce sferza la sommove e sparge,
Spesso, o bella, sedesti; e spesso hai visto
Dietro una nube rimpiattarsi il sole
Lento, infocato, e notte rammassarsi
405D'intorno al monte, e 'l varïabil vento
Romoreggiar per le ristrette valli.
Cade alfin pioggia grandinosa, il tuono
Rotola, ulula, il fulmine scoscende
Gli erti dirupi; su focosi raggi
410Van cavalcando orridi spettri; e in basso
Rovesciasi precipitosa e torba
L'urlante possa de' torrenti alpini.
Tal della pugna era il fragor. Malvina, 18
Perchè piangi, perchè? Piangan piuttosto
415Le figlie di Loclin, che n'han ben donde.
Cadde di lor contrada il popol, cadde,
Perchè di sangue si pasceano i brandi
Della stirpe de' miei. Lasso! infelice!
Qual fui! qual sono! abbandonato, e cieco.
420Non più compagno degli eroi passeggio,
Più quell'Ossian non sono. A me, donzella,
Quelle lagrime a me, ch'io con quest'occhi
Di tutti i cari miei vidi le tombe.
Nella confusa mischia il re trafisse
425Guerriero ignoto. Ei la canuta chioma
Per la polve traendo, i languid'occhi
Ver lui solleva. Il ravvisò Fingallo,
Ed — Ahi, gridò, tu di mia man cadesti
D'Aganadeca amico? io pur ti vidi 19
430Gli occhi molli di lagrime alla morte
Dell'amata donzella, entro le stanze
Di quel padre crudel: tu de' nemici
Dell'amor mio fosti nemico, ed ora
Cadi per la mia mano? Ullin, la tomba
435Ergi all'estinto, ed il suo nome aggiungi
D'Aganadeca alla canzon dolente.
Addio donzella dell'arvenie valli
Abitatrice, a questo cor sì cara.
Giunse all'orecchio a Cucullin nel cupo
440Speco di Cromla lo scompiglio, e 'l tuono
Della turbata pugna: a sè Conallo
E Carilo chiamò. L'udiro i duci;
Presero l'aste: ei della grotta uscìo,
E a mirar s'affacciò: veder gli parve
445Faccia di mar rimescolato e smosso
Dal cupo fondo, che flagella e assorbe
Con bollenti onde l'arenoso lito.
A cotal vista Cucullino a un punto 20
S'infiammò, s'oscurò: la mano al brando,
450L'occhio corre al nemico: egli tre volte
Si scagliò per pugnar, tre lo rattenne
Conàl: — Che fai, sir di Dunscaglia? ei disse,
Fingallo è vincitor; già tutto ei strugge,
Tutto conquide ei sol, non cercar parte
455Nella fama del re, ch'è tardi e vano.
— E ben, quei ripigliò: Carilo, vanne
Al re di Selma, e poichè spento in tutto
Sia il rumor della pugna e che dispersa
Fugga Loclin, qual dopo pioggia un rivo,
460Seco t'allegra; il tuo soave canto
Gli lusinghi l'orecchio; innalza al cielo
L'invincibile eroe. Carilo, prendi,
Reca a Fingàl questa famosa spada,
La spada di Cabàr, chè d'innalzarla
465Non è la man di Cucullin più degna.
Ma voi del muto Cromla ombre romite,
Spirti d'eroi che più non son, voi soli
Siate oggimai di Cucullin compagni,
Voi venitene a lui dentro la grotta
470Del suo dolor: più tra' possenti in terra
Nomato io non sarò; brillai qual raggio,
E qual raggio passai; nebbia son io
Che dileguossi all'apparir del vento
Rischiarator dell'offuscato colle.
475Conàl, Conàl, non mi parlar più d'armi:
Già svanì la mia gloria: i miei sospiri
Di Cromla i venti accresceran sintanto
Che i miei vestigi solitari e muti
Cessino d'esser visti. E tu, Bragela,
480Piangi la fama mia, piangi me stesso:
Tu più non mi vedrai; raggio amoroso,
Non mi vedrai, non ti vedrò; son vinto.
Note
- ↑ Malvina, sposa di Oscar, figlio di Ossian. Siccome questo canto contiene in gran parte le prodezze di questo giovine eroe, così il poeta con molta naturalezza introduce Malvina che viene per ascoltarle.
- ↑ Figlia di Brano, signore irlandese.
- ↑ Nobil signore irlandese, diverso da vari altri di questo nome.
- ↑ Oscar non era alle mani che con una piccola banda di nemici, che andava errando senz'ordine. Questa dovette credere che il canto di Ossian fosse il segnale della battaglia, e che Fingal lo seguitasse. Un simile inganno trovasi nel poema intitolato Latmo.
- ↑ Cioè, abitatori di monti soggetti a tempeste.
- ↑ Da questo luogo apparisce che Ossian ebbe altri figli, oltre Oscar, ma in tutte queste poesie non se ne trova fatta menzione o cenno di sorta. Convien dire che sieno morti in età assai tenera, giacché il poeta dà a divedere in più d'un luogo che nella morte di Oscar venne a perire tutta la discendenza di Fingal.
- ↑ Questo non è l’amico di Cucullino, ma un celebre guerriero scozzese, figlio di Ducaro, di cui le imprese e la morte vengono riferite nel poema di Jemora, canto terzo.
- ↑ Dermid, figlio di Dutno, di cui pure molto si parla nello stesso poema.
- ↑ Lo stendardo di Fingal distinguevasi col nome di raggio solare; probabilmente dallo splendor che mandava per esser coperto d’oro. Inalzare il raggio solare nelle antiche poesie significa il dar principio alla battaglia. Trad. ingl.
- ↑ Cioè, nemico dell’Irlanda.
Osservazioni al canto quarto
- ↑ [p. 80 modifica]Quest’episodio benchè sembri estraneo al soggetto, pure nasce felicemente da quello, quantunque ciò non si scorga che nel progresso. Evirallina era comparsa ad Ossian per muoverlo a soccorrer sue figlio. Egli era a questo passo del suo poema, ed aveva pieno lo spirito della memoria della sua sposa. Giunge Malvina nel punto ch’egli stavasi per narrare in sua visione. Nulla di più naturale, quanto ch’egli sospenda per un poco il filo della sua narrazione, per introdur la storia de’ suoi amori con la sua sposa, e delle sue giovenili prodezze; il cui confronto collo stato infelice della sua vecchiaja, è il fonte principale del grande patetico delle sue poesie.
- ↑ [p. 80 modifica]Ossian attribuisce costantemente un carattere nobile e virtuoso all’amato suo figlio. Il pronto ritorno di Oscar, e le sue parole mostrano la sommessione dovuta ad un padre, ed il calore che si conviene ad un giovine guerriero.
- ↑ [p. 80 modifica]Si loda giustamente il silenzio d'Ajace nell'Odissea, e di Didone nell’Eneide. Vi sono molti generi di silenzio, come di discorso: e potrebbe farsene un trattatello rettorico, che non sarebbe il meno importante. Nissun poeta ne fece maggior uso, nè più giudizioso di Ossian.
- ↑ [p. 80 modifica]Non può negarsi che non si trovi qualche uniformità nelle comparazioni di Ossian. Ma questo difetto non è più suo che degli altri più antichi poeti, e distintamente di Omero. Ossian per altro ha dei titoli ben più giusti di lui per giustificarsi appresso i lettori discreti. La sfera dell’idee del poeta celtico doveva essere senza confronto più ristretta che quella del greco. La natura e l'arte eran più feconde delle loro ricchezze per Omero, di quello che fossero per Ossian, e gli presentavano molto maggior copia d'oggetti di tutti i generi. Si detraggano inoltre dall’Iliade tutte le immagini e le comparazioni basse, le quali Omero credette di potersi permettere, e da cui lo spirito nobile di Ossian religiosamente si astenne; si vedrà che a proporzione questo non avanza meno il primo nella varietà, di quello che nella scelta e nella finezza.
- ↑ [p. 80 modifica]Che nobile sentimento! Dall’aria con cui parlò Gaulo [p. 81 modifica]nel canto antecedente, ben si scorge che non gli sarebbe riuscito discaro che Fingal si trovasse in pericolo di soccombere, per aver la gloria di dargli soccorso; ma la magnanimità di Fingal non conosce queste piccolezze; e la sua gloria è tanto grande, che non può discendere ad invidiar l'altrui.
- ↑ [p. 81 modifica]Gaulo non era che un capitano subalterno, come gli altri: ma Fingal l’avea creato suo luogotenente. Gli stessi suoi figli dovevano prestargli deferenza. Fingal con un discorso molto onorifico per Gaulo previene le gare di dignità, e non ispira se non quella d’una rispettosa emulazione. I suoi eroici conforti ai figli somigliano quel di Leonida a’ suoi Spartani: pranziamo lietamente, o compagni, che cenerem sotterra: se non che qui c’è un grado di tenerezza paterna.
- ↑ [p. 81 modifica]Il poeta artificiosamente fa che Fingal si allontani, acciocchè il suo ritorno riesca più magnifico, e faccia maggior impressione.
- ↑ [p. 81 modifica]Negli atti e nelle parole di Oscar è vivamente dipinto l’inebbriamento di un giovine, che pregusta il piacere della gloria, e che brama d’attuffarvisi senza ritegno. Pure anco l’amor figliale v’ha la sua parte, e sembra che egli preghi il padre a scostarsi, anche per allontanarlo dal pericolo che poteva sovrastargli.
- ↑ [p. 81 modifica]Com’è bella questa gara di morire tra padre e figlio! Euripide ce ne presenta un’altra alquanto diversa nella sua Alceste. Veggasi la scena tra Ferete e Admeto.
- ↑ [p. 81 modifica]Osservisi con che amabile semplicità Ossian tocca l'illibatezza della sua fedeltà conjugale.
- ↑ [p. 81 modifica]Questa è quasi la stessa descrizione che abbiam veduta nel canto I. Meno profusione, o un po’ più d’economia nelle descrizioni antecedenti l'avrebbe salvato dalla necessità di ripetersi. Io che non amo i commenti à la Dacier, mi fo un dovere non solo di non palliare, ma di neppur dissimulare i luoghi difettosi del mio autore. Ma questa obbiezione avrebbe assai mal garbo in bocca degli adoratori d’Omero, appresso di cui si trovano sì frequentemente ripetute non solo le descrizioni, ma i discorsi intieri.
- ↑ [p. 81 modifica]Fingal s’alza, ma non si dà fretta d’accorrere. Egli non vuol rapire a Gaulo l’onor di rimettersi. Troppa sollecitudine sarebbe stata un’offesa alla sua gelosa delicatezza su questo punto.
- ↑ [p. 81 modifica]La soverchia fidanza di questo eroe ci aveva preparati a questo colpo; nè dispiace molto al lettore di veder l’amabile Oscar vincitor da una parte, e il baldanzoso Gaulo umiliato dall’altra.
- ↑ [p. 81 modifica]Non pare che Fingal sia il Giove Statore, che arresta tutto in un punto i fuggitivi Romani? La vergogna [p. 82 modifica]de’ soldati in un tale stato, è il più grand’elogio, e il più dilicato che possa farsi ad un capitano.
- ↑ [p. 82 modifica]La condotta di Fingal co’ suoi guerrieri è veramente ammirabile. Lungi dal rimproverarli, egli parla a tutti con espressioni di politezza e di lode, e specialmente a Gaulo. Egli vide la loro fuga: questo è il rimprovero più grande d’ogni altro, e la fiducia ch’ei mostra in loro, è lo stimolo il più efficace per emendar il passato.
- ↑ [p. 82 modifica]Questa nuova foggia di battaglia la diversifica in un modo particolare. Qual prontezza, qual vivacità negli eroi! qual energia e varietà nelle espressioni! e con qual giudizio Svarano è lasciato ultimo, come degno unicamente di Fingal.
- ↑ [p. 82 modifica]Omero ed Ossian nelle descrizioni delle battaglie seguono una condotta direttamente opposta. Omero è pieni di minuti racconti: Ossian li sfugge a più potere. L'uno ammassa, e l'altro sceglie. Appresso Omero tutti i guerrieri agiscono, ma non sempre si osserva la proporzione e la convenienza dovuta ai loro caratteri: Ossian per lo più sceglie un eroe principale, e lo fa brillare, lasciando i subalterni confusi tra la folla. Questi fa qualche volta abortir le idee con la soverchia precisione, e ci defrauda di qualche piacere che si sarebbe aspettato: quello dilaga lo spirito in un mare di particolarità poco interessanti e non lo lascia fissare distintamente sopra alcun oggetto. L’abbondanza dell’uno e aggiustatezza dell’altro temperate insieme avrebbero fatto un misto perfetto.
- ↑ [p. 82 modifica]Chi avrebbe atteso questo slancio improvviso? chi avrebbe creduto di dover passare in un tratto da un orrido così grande ad un patetico così toccante?
- ↑ [p. 82 modifica]Un incidente di tal genere val ben per molte delle particolarità d’Omero.
- ↑ [p. 82 modifica]Questa è una pittura eccellente, ma non è meno maravigliosa la finezza che qui mostra il poeta. Cucullino non può raffrenarsi. Ma il suo arrivo in tale stato di cose è pericoloso. Che farà egli? verrà ad usurpar la gloria di Fingal, o a perder quella del suo valor personale? Non si può ammirar abbastanza la finezza del ripiego. Conal con estrema delicatezza ha salvato l’interesse di Cucullino, e quel del poeta.