Fiabe e leggende/Il Viandante
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IL VIANDANTE
COMMEDIA IN UN ATTO, IN VERSI
LIBERA TRADUZIONE
DI
EMILIO PRAGA
PERSONAGGI
SILVIA
ZANETTO
IL VIANDANTE
ATTO UNICO
Un paesaggio illuminato dalla luna. In lontananza si scorge vagamente Firenze. A destra dello spettatore una scalea, che mette al peristilio di un sontuoso palazzo. Ai piedi della scalea un banco di pietra. Il cielo è pieno di stelle.
SCENA PRIMA
Silvia (appoggiata al verone del peristilio)
L’amor sia maledetto!... Pianger più non mi è dato...
(scende sul davanti della scena)
La giovinezza a farmi adorare ho passato.
Son la fredda regina, la malvagia regina!
L’uomo sulla mia mano umilmente si inchina,
Ma il brivido, il sospiro, il raggio ammaliatore
Mai dal fervido bacio non mi è salito al core!
E... chi lo crederebbe?... Mi annoio in strana foggia
Sono stanca di azzurro! Due mesi senza pioggia!
Sempre le belle notti, e la blanda stagione!
Il cielo è pei poëti, protegge il colascione,
E le stelle bisbigliano: Serenate!... Il mio nome
Accoppiato a un omaggio, sta per rimar, siccome
Un diletto a un affetto, o una rosa a una sposa,
In tutti i madrigali che il mite estate arrosa.
Però l’idolo io sono, e lascia il mio disdegno
Di una turba invidiata dietro i miei passi il segno.
L’avventurier toscano, ebro di immonde prede,
Getta l’oro, e le gemme, e i tessuti al mio piede;
E il doge orgoglioso, e i liguri artigiani,
Carchi di quanto alletta i desiderii umani,
Tentano a gara i lampi del mio sguardo sereno...
Nessun di una sorpresa seppe darmi il baleno!
Ah! questi uomini... li odio, li odio e li disprezzo!
Non son per essi un’anima... sono un ninnolo, un vezzo,
Soffro!... Viver così!... La vita senza amore
È vita?... non ho nulla; non ho il povero fiore
Che appassisce in un libro, nè i capelli donati.
Né i bisbigli da labbro a labbro confidati,
Di cui, tra veglia e sonno, ti rammenti i sapori!
Vivo senza piaceri come senza terrori,
E ho perduto persino il segreto del pianto!
Oh! come, come trista è la Silvia!
( additando la città lontana)
E frattanto,
Ecco Firenze!... Brilla come Diana in cielo.
E l’aura è così pura!... neppur l’ombra di un velo!
Forse, appoggiato all’umile davanzale fiorito,
Gli occhi erranti nell’estasi dell’azzurro infinito.
Un giovinetto, povero, timido, immacolato,
Cui, per caso, una volta, ho nella via guardato,
Sospira e pensa a me, non potendomi dire
Di un amor sterminato che indegna io son di udire!...
Colui tregua non speri!... non rifarà il cammino
Se al mio sentier fatale lo conduce il destino!...
Più a vivere infelice Silvia non sarà sola...
Nè userò di clemenza con lui — ne do parola!
ZANETTO (cantando in lontananza)
Giovinettina mia, siamo in april!
Torna d’esiglio il sole.
Tornano ai nidi i trilli e le carole...
Volan da questi a quelle
Piume di tortorelle!
SILVIA
Tutto, fin questa limpida voce nella foresta,
M’irrita. L’altrui gioia mi persegue. Son mesta
E maledico i mesi del giubilo... Ei li canta.
ZANETTO (avvicinandosi)
Scegli, perchè ci uniscano i sentier,
Quello dell’ali bianche
Delle farfalle che non son mai stanche!
Vieni, giacchè ti aspetta il tuo trovier
Sotto i rami, ove vado
Colle gazzelle al guado!
SILVIA
Questa melode è dolce, e questa voce incanta.
Ma il tenero linguaggio più nulla a me non dice.
Rincasiam; facciam posto alla gente felice.
SCENA SECONDA
ZANETTO
Gloria alle notti estive propizie al gaio viaggio!
Si è cenato alla sera in qualche umil villaggio,
Sotto la vigna, e sotto lo splendor del ponente,
E si parte all’invito della luna nascente.
Camminando si canta, e cantando si oblia!
Gloria alle notti estive, quando il cielo ti invia
Tesor di luce, e l’astro, dall’occhio quasi umano,
Ti sorride fra i rami del boschetto lontano!
Gloria al Giugno, dolcezza!... e alla Speme, clemenza!...
Non son lungi. Domani mi saprò se Fiorenza
Ama cetre e canzoni, e menestrelli ancora.
Ma a mostrar la sua faccia tarderà ancor l’aurora...
E quando si è coperti di panno così vecchio,
E si porta alle spalle questro strano apparecchio...
(mostrando la ghitarra)
È cosa da gran tempo provata... L’osteria
È sorda ai pugni e s’apre con poca cortesia. —
Dove potrei stanotte dormir?...
(accorgendosi del banco)
Su questo scranno?
Gli è duro!... Ma la notte è sì dolce! Mi vanno
I guanciali di musco: vi si dorme, e, a mattina.
Se accarezzotti il vento, o ti baciò la brina,
Ti riscaldi danzando al sole... tuttavia
Meglio è dormir fra due calde lenzuola... Evvia!
Cielo sereno alloggiami, delle coltri in assenza,
Albergo del buon Dio, che fai sempre credenza!
(getta il mantello sul banco e vi si sdraia)
SILVIA
Oh! il povero fanciullo!... Gli è che si addorme intanto
E io maledia la notte perchè tiepida tanto!...
Come sono malvagia!
(scende presso il banco)
Lo chiamerò. Ospitali
Sono le mie dimore. — Epperò siamo tali;
Ci dà noia l’estate, perchè mesto si ha il cuore.
Si vorrebbe la notte, tutta gelo e squallore.
Nè ai poverelli erranti si pensa, di cui l’orme
Non precede un buon angelo. Vedi! vedi! già dorme!
Misero! è abituato così!... Ma questa pace,
Questi olezzi innondanti la natura che tace,
Questo fanciul che dorme... questa orribile calma!...
Come il cuore mi batte! Che tempesta ho nell’alma!...
Son pazza.
(guardando più da vicino Zanetto)
Ahimè! somiglia al mio sposo ideale!
(scontendo Zanella)
Orsù vi risvegliate, l’aria fredda fa male.
ZANETTO
(svegliandosi e guardando Silvia, stupito, e ammirando)
Una fata! una fata! non fu dunque illusione!
Il mio sogno era tutto una bianca visione.
SILVIA
Che!... Fu un raggio di stella in mezzo alla foresta.
ZANETTO
No, la mia visione, la mia visione, è questa!...
Giacchè parmi conoscere anche la vostra voce:
Ebbi di voi nel sonno il fascino precoce...
Non si sa, no, nel sonno... ma, però, si indovina...
E sentivo un rumore di musica divina!
SILVIA
Era il molle concento della brezza Ira i rami!
ZANETTO
Ma allor, dimmi, chi sei, dimmi, come ti chiami?
SILVIA
Una sorpresa. E t’offro, ne hai d’uopo, un desco e un tetto.
ZANETTO
Cenai... ed or nel sonno più non avrei diletto...
SILVIA (a parte)
Sii clemente, o crudele Silvia! Rammenta almeno
Che oggi tutto tel vieta, che il tuo amore è veleno,
E che questo è un fanciullo!
(ad alta voce)
Potrei saper chi sia
Quel che volea dormire sotto alla stanza mia?
ZANETTO
Oh! sì! serbar l’incognito sarìa farvi dispetto.
Sono un bardo girovago e mi chiamo Zanetto.
Viaggio fin dall’infanzia; la mia vita è un passeggio,
Sotto uno stesso tetto, se dire il ver vi deggio,
Credo che mai dormito non ho tre giorni intieri,
E per trovarmi il pane, faccio venti mestieri
Inutili. L’inutile è il necessario, il sai?
Sono nel remigare destro quant’altri mai,
E per costrurti un chiosco in istil peregrino
Saprei scegliere il verde miglior del tuo giardino;
A condur veltri esperto, e puledri a domare.
Leggiadramente i versi faccio tra lor rimare;
Di più, merito insigne, so educare i falconi,
E do, quando mi capita, di ghitarra lezioni.
SILVIA (sorridendo)
Con siffatti mestieri non pranzerai sovente!!
ZANETTO
Più spesso che non credi — benchè io sia veramente
Creatura piuttosto nemica della pratica.
L’ora dei miei simposii è molto problematica,
E talor, quando l’oste non s’inchina per bene.
La dimentico. A volte, oh! impagabili cene!
Nel buio delle selve di nocciuoli ho cenato...
Perciò dallo scoiattolo molte cose ho imparato.
Tengo sì picciol posto e cerco così poco!
Entro ai castelli, a sera, quando intorno a un bel fuoco
Fra paggi e dame pranza lietamente il barone,
Propongo di cantare qualche bella canzone,
Qualche canzone nuova per allettar gli amanti,
E canto. E delle dapi che girano fumanti
Seguo il ratto cammino con occhio intenerito...
Mi capiscono... ed ecco il mio desco imbandito!
SILVIA
Comprendo — Ed a Firenze ora vai certamente...
ZANETTO
Certamente?... no!... passo di là; ma se ridente
Mi si affaccia un sentiero che d’altra parte vada,
Lo prendo, e son felice di cambiare la strada.
Mi guida il mio capriccio, vo dove portan l’ali.
Come vanno le nuvole, e le foglie autunnali.
Son proprio quel che arriva non si sa da che parte,
Quel che ignora la meta, il sognator dell’arte,
Il pazzo innamorato di spazio e di orizzonti,
Quel che segue gli augelli, oltre il piano, oltre i monti
Talor mi arresto a cogliere alle siepi d’intorno
Le liane fiorite, la chitarra ne adorno,
E riparto. Io mi sono il bizzarro viatore
Che tutti hanno incontrato nel blando tenebrore
In cui brillan le lucciole. Quando piove mi metto
Sotto il folto frondame, ed esco dal boschetto
Grondando, e sorridendo verso l’arcobaleno.
Non cerco la fortuna e so farne di meno...
Vado, vado... ed ancora non sono affaticato.
SILVIA
E a soffermarti, dimmi, non hai giammai pensato?
In questa corsa folle in cui lo spirto emani,
Sognando il dubbioso lume dell’indomani.
Mai non pensasti, mai, a uno svolto di via,
Alla casetta calma, alla casetta pia,
Circondata di glicine, col buon cane alla porta,
Colla finestra alquanto socchiusa, dove assorta
Nel lavor, la fanciulla si leva al tuo passaggio,
Ti regala un sorriso, e ti manda il buon viaggio?
ZANETTO
Qualche volta; ma ho fermo che i miei versi sonori
Farian da simil casa uscir babbi e tutori,
Come il sasso scagliato fra i rovi della via
Ne fa balzar dei serpi la immonda compagnia.
Or colla mia faccia di zingaro..., non sono
Fatto per lor, nè fanno essi per me. Abbandono
Il pensier; preferisco lasciar la gente in pace.
SILVIA
E non palpiti, o bardo, e tutto in cor ti tace,
Quando le giovinette, tolto dal crine un fiore,
Te lo lancian ridendo d’un bel riso d’amore?
ZANETTO
A che? Scoccavo un bacio e passavo! Mi è dolce
La libertà; un affetto che l’anima ti molce
È una catena, e, fino a che potrò, fardello
Altro non vo’ portare che la piuma al cappello
E la chitarra a spalle — Pesa troppo un amore.
SILVIA
Un augello tu sei che sfida il cacciatore!
ZANETTO
Son tale!
SILVIA
Eppure il nido qualche giorno farai!
ZANETTO
No. L’amor mi spaventa... no, non lo farò mai.
Ah! voi non lo sapete! è invidiabile cosa
Di arrestarsi siccome la farfalla si posa,
D’andar, di ritornare, di ripartir, la sera,
Il dì, come il capriccio vuole...
SILVIA
Non è la vera
Felicità! — A Firenze dunque farai passaggio,
Ma nessuna speranza precede il tuo viaggio.
Arrivi dando il braccio alla sorte, e ten vai
Di là, perchè i viottoli ti sembraron più gai,
Perchè segui nell’aria qualche rondin leggera,
Perchè di qui spirava l’aria di questa sera...
ZANETTO
A un dipresso...
SILVIA
Del tutto dunque... no? Dunque hai fatto
Un progetto?
ZANETTO
È sì vago!...
SILVIA
Però?
ZANETTO
Ignoro affatto
Ciò che di me dev’esser diman...
SILVIA
Se ti aiutassi?
ZANETTO
È inutile. E poi anche... chi sa!... forse i miei passi
Non porterò più lungi. Ascoltami: mi frulla
Una chimera. Gli esseri pari miei son del nulla,
Non han padre nè madre; son figlio di staffiere
O di prence? Lo ignoro. Ma è mio fermo pensiere
Che nacqui in un mattino d’aprii soave e bello
Poichè l’allegro raggio che abita il mio cervello
Mi vieta di pensare che un orfano io mi sono.
Fin qui, come un puledro lasciato in abbandono,
Corsi senza sognare avvenir più beato;
Ma or or, te lo confesso — quando tu m’hai parlato,
Bella dama, parlato tanto soavemente,
Un pensier vago a un tratto mi attraversò la mente
Di una sorella, e quando mi dipingesti il fido
Limitar, dove il gaudio colla pace fa il nido,
La casetta ove il lilla coll'edera si aprica,
Capii la prima volta che cosa è la fatica!
Ebbene... al vostro avviso l'orfano si abbandona!...
Oh! chi bella è cotanto deve esser tanto buona!
Farne saggio volete, o madonna? vi piace
Di custodirvi al fianco il reattino loquace
Per mutarlo pian piano in uccello di gabbia?
Mi farò saggio e queto, e ch'io giammai non abbia
Altro mai nella mente pensier del mio destino
Che di passare i giorni con te, su di un cuscino,
A' tuoi piedi, gli istanti facendoti giulivi,
I tuoi sogni cullando di canti fuggitivi!
SILVIA
Un fanciullo voi siete...
(a parte)
Ah! quest'ansia... perchè?
Perchè questa paura? Averlo qui... con me...
Sempre! fargli una vita colla mia tenerezza;
Sentirlo darmi il nome di sua amante. In certezza
Veder mutato il sogno più dolce ch'io sognai!...
ZANETTO
Ebben... m 'udisti!... Vuoi?
SILVIA (a parte)
Se voglio?...Oh! no!...giammai
Eppure è lui che il chiede...
ZANETTO
Madonna, il so, è favore
Sommo... ma... vuoi?
SILVIA
Domani, in breve volger d'or;
Egli saprìa chi sono!...
ZANETTO
Anco una volta, o bella...
SILVIA
Non posso!...
ZANETTO
Come?... Non puoi?...
SILVIA
Non mi sono quella
Donna che credi — Vuolsi esser dama elevata
Per usar degnamente e far lieta brigata
Coi poeti e i cantori. Io son povera, assai
Povera.
ZANETTO
Che mai dici? Uno scudier non hai?
SILVIA
No.
ZANETTO
Nè un paggio?
SILVIA
No.
ZANETTO
Io pranzo con un frutto e mi avanza
Per dormir di una scranna.
SILVIA
In triste vedovanza,
Vivo qui tutta sola...
ZANETTO
Ma...
SILVIA
È impossibil, ti ho detto.
ZANETTO
Addio dunque, mio dolce, mio dorato progetto!
Colla Silvia avrò forse doman sorte migliore.
SILVIA (a parte)
Che disse?
ZANETTO
Poiché vietasi che io trovi qui le ore
Tranquille che ascoltandovi mi parve intravedere,
Datemi almeno un vostro assennato parere.
L'altro giorno mi dissero che là, a Firenze, esiste
Tal donna a cui nessuna anima d'uom resiste...
Un solo sguardo, e cadi tremante ai piedi suoi!...
La dipingon regale, pallida come voi...
Certo, noto vi è il nome... è la Silvia... E si dice
Che la mena una vita sontuosa e felice,
E che accorrono in folla da ogni parte a inchinarla.
Lieti di farle omaggio, fosse pur di una ciarla...
Fidando in queste corde, e nei sonetti miei,
A dirvi il vero, andavo per l'appunto da lei.
SILVIA (a parte)
Gran Dio!
ZANETTO
Posso un cantuccio trovar nel suo maniere,
In mezzo al suo buffone ed al suo falconiere;
Ma mi fa incerto un senso d'orgoglio e di alterezza.
E poi dicon che è donna di sovrana bellezza,
E che funesta è l'aria che l'attornia, ed impura...
In due parole, schietto lo confesso... ho paura!...
Che far deggio? Madonna, lo chieggo a voi fidente;
Congedato mi avete, è ver — ma dolcemente;
Fu titubando alquanto che vi siete decisa...
E, la ragion ne ignoro, ho questa idea ben fisa,
Maternamente adesso consiglia il vostro cuore,
E davver non vi spiace il povero cantore.
Ah! una savia parola dal vostro labbro uscita
Mi porterà fortuna e per tutta la vita.
Comandate. Alla Silvia ne andrò sul far del giorno?
SILVIA (a parte)
Compresi — Egli domani sarà qui di ritorno.
Ah! Questo viandante che si chiama l'Amore,
Questo ignoto che inconscio mi ha intenerito il cuore
È mio, si tutto mio, me lo manda il destino!...
Felicità, scacciarti dovrei dal mio cammino?...
No, troppa è di ignorati giubili in me la sete...
Voglio...
ZANETTO
E sì poco amica, o Signora, mi siete
Per tacervi così?
SILVIA (a parte)
Ah! se un'infamia è questa,
Potrò almen dire che il caso ci ha tuffato la testa!
(ad alta voce)
Lo vuoi?...Ebbene!...
ZANETTO
Ebbene?
SILVIA (dopo un silenzio e dopo uno sformo violento)
Non andar da colei!
Credimi, non andarci, se un amico mi sei!
Ah! tu non le conosci queste cose, tu ignori
Il pericolo, immerso come sei nei candori!
Ma io ti posso salvare, io che or or ti dovetti
Negar ciò che non negasi nemmeno ai poveretti.
Un asilo. Che mai! Tu, dei boschi l’amico,
Tu che possi allettando gli echi dell’antro aprico,
Gareggiando col passero, la nube e la sorgente,
Che serbi intatta l’anima, e hai la vita innocente.
Che canti al par dei vispi augelletti del cielo.
Tu che mai di una colpa non conoscesti il velo,
Ta, colla vaga faccia di rugiada irrorata.
Tu anderesti alla casa funesta e disprezzata?...
Entreresti... oh! sciagura!... come il sol mattutino
Nella sala ove appena è finito il festino?
E le pure tue labbra, fanciullo, insozzeresti
Alla insipida coppa del vizio, e accetteresti
I loculenti avanzi, e sarian prostituti
Dagli sguardi che l’orgia fece squallidi e muti,
Nella ipocrita gioia, nel lezzo e nel disdoro,
I tuoi grandi occhi azzurri e la tua chioma d’oro?
Tu dalla Silvia?... Oh! no, tu non lo puoi! Pagare
Cantando una canzone l’asilo e il desinare
È bello... ma pur giova conoscer bene il tetto
E il pan che si divide... Perdona, o giovinetto,
Severamente quasi ti favello, e... gran Dio!
Chi d’uopo ha d’indulgenza, e di pietà son io...
Gli è se così ti parlo... che... t'amo... come un figlio
Cui si vuol dalla testa distornare un periglio!
Resta, o Zanetto, il dolce scorridore di Maggio...
Che sempre in mezzo ai campi, visione, miraggio,
Come uno sciame d'api il tuo liuto risuoni!...
E se il ciel si fa buio e se muggono i tuoni,
Ripara alla capanna del prete o del pastore,
Poi riprendi il tuo viaggio fatal!... Ma se all'albore
Di un bel dì, traversando qualche allegra borgata,
Scorgi, sul limitare della casa onorata,
Qualche pura fanciulla che abbia aspetto di sposa...
È là che arrestar devi la corsa avventurosa!
Là vivi i lunghi e calmi giorni del mietitore,
Là troverai la vera felicità... l'amore.
ZANETTO
Vi obbedirò...Ma ditemi...colei...la Silvia...forse...
Han diffamata... Oh! certo la calunnia la morse...
Chi di lei mi fé cenno mi pinse il suo maniero
Siccome luogo assai men terribile e nero.
Ne là avrei, ve lo giuro, volta questa mia gita
Se avessi... Ma!... Perdono! toccato ho una ferita!...
Indovino!... Parlaste tuttor di vedovanza!...
Peggior lutto si è quello di perduta amistanza!...
Un fratello, uno sposo dalla Silvia invaghito?
Non è vero?... Ah! scusatemi, se sì tardi ho capito,
All’affanno, al pallore che sulle guancie avete,
Che vi punge un dolore e che gelosa siete!
SILVIA (con cupa tristezza)
Più facile la cosa è a dirsi — Nota assai
Mi è la Silvia... mi è nota... e pietà ne provai.
Di istanti generosi la conosco capace
Per chi è dall’innocenza difeso. Ma il mordace
Desio di camminare sopra la intatta neve
Sapria vincere a lungo? Questo è dubbio non lieve!
E dopo tutto... ella odia ciò che è semplice e puro!...
Dunque parti! e cotesto tienti in mente securo:
Zelo sol mi consiglia dal cammino a sviarti...
Allontanati dunque... allontanati!... parti!
(con mal frenato dolore)
Oh! tu non puoi sapere quanto dolor mi sia,
Il distornarti, o biondo fanciul, da quella via!...
Voi capir non potete, e ciò mi è cosa grata...
Però merito bene d’essere ringraziata!
(a parte)
È finita!... Oh! ma s’egli divinata m’avesse!...
ZANETTO
Non vi andrò. Poichè il vostro labbro il marchio le impresse...
E partirò, trovando forse meno azzurrino,
Oggi che ai di trascorsi il mio pazzo cammino.
Ma però porto meco come una vaga ebbrezza!...
Sapeva il vostro niego quasi di tenerezza!...
Non potrò portar meco null'altro che mi dica
Che se farvi doveste al mio desir nemica,
Pur qualche ascosa pena l'anima vi affliggeva,
E che... infin, mormoraste che ciò vi rincresceva?
SILVIA (vivamente, offrendogli un anello)
Oh! sì! e serba onde abbia a ridirtelo questo
Anello!
ZANETTO (con un gesto di rifiuto)
No, madonna; è di gemme contesto,
L'orna un raro diamante; non è don che si accetta,
Grazie. Non siete voi vedova e poveretta?
SILVIA (a parte)
Che mi avesse scoperta? e che fosse una prova?...
Sapria... cotesti infami gioielli ove li trova?
Egli tace... il suo sguardo mi fe' gli occhi abbassare
(a Zanetto)
E qual cosa migliore ti potrei dunque dare?
ZANETTO
Non chiesi una elemosina... un ricordo ho cercato,
Un nulla... ma che sia proprio vostro... È trovato!
Datemi il mesto fiore che vi muor nei capegli!
SILVIA (dandogli il fiore)
Prendilo!... Ohimè!... assai prima che il nuovo dì si svegli
Stringerai nella mano una rosa appassita!
Ma vo', per la sua morte, la mia legge obbedita...
Quando sia tutta estinta... mi dimentica... Addio!
ZANETTO (slanciandosi verso Silvia che si allontana)
Madonna... un motto ancora! Pauroso or son io
Nel ripigliar l'eterno mio cammino. Mi pare
Che qui nessuna strada mi possa a ben guidare;
Temo nel far la scelta... Voi per me la farete...
Così colla mia stella in accordo sarete.
Parto — ma voglio prendere per ir da voi lontano
Il sentier che indicarmi vorrà la vostra mano!
Scegliete.
SILVIA (che è salita a metà della scalea
indicando il lato opposto della città)
Allor!... T'avvia... di là... verso l'aurora!
(Zanetto fa ancora qualche passo verso Silvia; ma ella lo arresta con un gesto, e dopo un movimento pieno di disperazione, egli esce bruscamente)
SCENA ULTIMA
SILVIA sola.
(Ella resta un momento sul terrazzo, guardando allontanarsi Zanetto. Poi d'improvviso si nasconde il capo fra le mani e dà in uno scoppio di pianto).
SILVIA
L'amor sia benedetto! Posso piangere ancora!
FINE
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