Faust/Parte seconda/Atto quinto/Notte oscura e profonda

Atto quinto - Notte oscura e profonda

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Johann Wolfgang von Goethe - Faust (1808)
Traduzione dal tedesco di Giovita Scalvini, Giuseppe Gazzino (1835-1857)
Atto quinto - Notte oscura e profonda
Atto quinto - Un palazzo Atto quinto - Mezzanotte
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NOTTE OSCURA E PROFONDA.


Linceo guardiano della torre, cantando mentre sta alla vedetta. Nato per vedere, messo qui per osservare, inchiodato alla torre, il mondo mi dà nel genio. Spingo l’occhio alla lontana, e veggo come avesseli da vicino la Luna, le stelle, il bosco, il cerbietto. Quindi mi si pare in ogni oggetto l’eterna magnificenza, e a quella guisa che me ne compiacqui per lo innanzi, séguito pur sempre a deliziarmene. Pupille avventurate, ciò che aveste mai a vedere, [p. 465 modifica]sia pure quel che si voglia, gli è però tutto bello ad un modo e grazioso. (Pausa.)

Non è solo però perch’io n’abbia diletto, ch’altri mi pose qui, in luogo elevato cotanto. Qual orribile spavento non mi assale in questa palpabile tenebria! Veggo un balenar tetro e spesso fiammeggiare traverso alla doppia oscurità che si addensa fra que’ tigli, e sempre, di più in più, si ravviva l’incendio e divampa, attizzato da’ buffi del vento. Ahi vista! Nell’interno della capanna crepitano infuriando le fiamme, di quella capanna che dianzi sorgeva nuda, e colle pareti coperte di muschio; odesi gridare interrottamente: aiuto! — accorruomo! — ma tutto indarno! Ahi! que’ buoni vecchiotti, che tenevansi un tempo in veglia presso al fuoco con tanta cura alimentato e custodito, sonosi fatti ora preda ingorda dello incendio! Caso veramente orribile! Di qua, di là imperversano le fiamme, tutta la muscosa parete non è oggimai che una brage infocata. Oh! riescano almanco i tapinelli a porsi in salvo da quell’infernale furiosa vampa! Vivi lampi s’accendono fra i cespugli, fra i rami; gli aridi sarmenti che ardono scintillando, divampano in un battere di ciglia, e vanno in cenere. Eravate voi, o miei occhi, a contemplar riservati un cotanto disastro! Oh perchè mi fu data la facoltà di così lungi sospingervi? La cappelletta crolla ad un tempo collo schianto e colla caduta delle rame; e acute lingue di fuoco serpeggiano ormai sull’erta cima delle piante. I ceppi vuoti e scavati s’infiammano fino alla radice, mostrando nel loro consumarsi una tinta rosso-purpurea. (Lunga pausa. Canto.)

Il paesello così bello in vista se n’è ito co’ secoli. [p. 466 modifica]

Fausto, alla finestra che dà sulla duna. Quai lamentevoli grida partono dall’alto! Pianti e grida gittati al vento. La mia sentinella si duole; e questo rammarichio mi conturba il fondo dell’anima, e fammi impazientire. La piantagione de’ tigli è annientata, nè altro più ne rimane salvo un mucchio desolante di rame riarse e consunte: ma noi avremo in breve un magnifico Belvedere da dove l’occhio spazierà nell’infinito; e di là mi fia veduta non meno la nuova abitazione di que’ due vecchi, i quali nel sentimento della generosa mia clemenza, consumeranno in pace gli ultimi loro giorni.

Mefistofele, e i Tre, dal basso. Eccoci di ritorno a gran corsa. Perdono, o signore; la cosa non riuscì troppo a seconda. S’è fatto un bel lambussare a quell’uscio, e mai nessuno venne ad aprirci; allora con arti gagliardi si cercò sgangherarlo, e la vecchia imposta tutta rosicchiata da’ tarli cadde giù sullo spazzo. Aveasi un bel chiamare ad alta voce, ed uscire in minacce ed imprecazioni, chè non facean quelli vista di ascoltare, e come in tali congiunture suole intervenire, o non udivano, o non volevano udirci; di che, noi, senza por tempo in mezzo, te n’abbiamo sbarazzato in un batter d’occhi. I due non sonosi dibattuti gran fatto, essendo cascati alla prima in sul terreno tramortiti per lo spavento. Uno straniero trovatosi colà fu il solo che volesse opporcisi, ma noi l’abbiamo freddato senza meno; e nel po’ di tempo ch’ebbe a durar quella lotta, i carboni accesero la paglia ammontatavi d’attorno. Ed ora le fiamme pigliano campo liberamente, com’e’ fosse un rogo approntato per tutti e tre. [p. 467 modifica]

Fausto. Ebb’io dunque parlato a’ sordi? Voleva essere una permuta, non già uno sperpero e un devastamento. Questo allo sciaurato e brutale, io lo rinnego e lo maledico! Sopra di voi ricada la mia indegnazione.

Coro. La Parola antica, ebbe a dire: Obbedisci per amore o per forza! E se tu se’ deliberato, se vuoi sostenere l’assalto, metti a repentaglio la tua casa, il tuo focolare, — e te stesso. (Exeunt.)

Fausto, dalla finestra. Le stelle velano i loro raggi, e s’abbuiano. Il fuoco va scemando d’intensità; un venticello che ti fa abbrividire lo attizza, e spingemi addosso il fumo e la vampa. La fu un’ordinazione fatta in un attimo, e troppo in furia eseguita! — Chi è che svolazza a quel modo verso di me in apparenza di spettro?