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Fausto, alla finestra che dà sulla duna. Quai lamentevoli grida partono dall’alto! Pianti e grida gittati al vento. La mia sentinella si duole; e questo rammarichio mi conturba il fondo dell’anima, e fammi impazientire. La piantagione de’ tigli è annientata, nè altro più ne rimane salvo un mucchio desolante di rame riarse e consunte: ma noi avremo in breve un magnifico Belvedere da dove l’occhio spazierà nell’infinito; e di là mi fia veduta non meno la nuova abitazione di que’ due vecchi, i quali nel sentimento della generosa mia clemenza, consumeranno in pace gli ultimi loro giorni.

Mefistofele, e i Tre, dal basso. Eccoci di ritorno a gran corsa. Perdono, o signore; la cosa non riuscì troppo a seconda. S’è fatto un bel lambussare a quell’uscio, e mai nessuno venne ad aprirci; allora con arti gagliardi si cercò sgangherarlo, e la vecchia imposta tutta rosicchiata da’ tarli cadde giù sullo spazzo. Aveasi un bel chiamare ad alta voce, ed uscire in minacce ed imprecazioni, chè non facean quelli vista di ascoltare, e come in tali congiunture suole intervenire, o non udivano, o non volevano udirci; di che, noi, senza por tempo in mezzo, te n’abbiamo sbarazzato in un batter d’occhi. I due non sonosi dibattuti gran fatto, essendo cascati alla prima in sul terreno tramortiti per lo spavento. Uno straniero trovatosi colà fu il solo che volesse opporcisi, ma noi l’abbiamo freddato senza meno; e nel po’ di tempo ch’ebbe a durar quella lotta, i carboni accesero la paglia ammontatavi d’attorno. Ed ora le fiamme pigliano campo liberamente, com’e’ fosse un rogo approntato per tutti e tre.