Esempi di generosità proposti al popolo italiano/Indizii del valore
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Era oscura la notte; e Gedeone con tutta la moltitudine armata mossero, e vennero dov’era una fonte. Il campo de’ Madianiti era dalla parte di tramontana appiè d’un colle alto. Gedeone in suo cuore parlava con Dio che guidasse a bene l’impresa; parlava con Dio siccome ad amico sicuro e forte. E Dio gli mise nel cuore questo pensiero: «Grande moltitudine hai teco; nè Madian deve da tutti costoro essere vinto, acciocchè non si vanti Israello e non dica: Io mi sono con le mie forze proprie liberato. Parla al popolo, che tutti sentano, e dì: Chi ha paura, ritorni addietro». Così parlò Gedeone: a questa parola sorse nella gran folla un bisbiglio, e molti si guardarono in viso. I men forti cercavano nella vista o nelle parole dei vicini un segno che incuorasse a tornarsene: perchè anco a mostrarsi paurosi ci vuole coraggio, e forse più che a compiere addirittura il dovere proprio; così come costa più alcune volte non pagare il debito che pagarlo esatto e pronto.
Ma i veramente disposti al combattere, che sono da ultimo i più pietosi all’altrui debolezza, indovinavano quella parola che mormorava nel cuore de’ loro conoscenti; e cominciarono a’ esortarli che se ne andassero pe’ fatti loro. E chi diceva, che tanta gente erano troppi, e avrebbero nella mischia dato impaccio più ch’altro: e chi trovava al vicino una scusa, o ch’egli era troppo giovane, o troppo attempato, o indisposto; o della madre, o della moglie, o de’ figliuoli, o delle faccende di casa, o del dover difendere ciascheduno il proprio paesano: tanto che quella gente potesse senza vergogna levarsi dal temuto pericolo. E così moltissimi si staccano dall’esercito d’Israello; chi lesto lesto e senza tante parole; chi pur dimostrando gran voglia di rimanere, e pregando d’essere richiamati a un bisogno, e abbracciando i compagni, parte per tenerezza sincera, parte per gratitudine d’essere sciolti dall’obbligo del combattimento, parte con segreto rimordimento del lasciare i fratelli alla prova dura. Sfilavano taciti per le tacite ombre notturne, temendo che il suono dell’armi li palesasse al lontano nemico. Così, quando il vento scuote l’ulivo grave di frutte, le men salde si staccano e cadono per le terre a marcire, o che l’acqua le porti via.
Ventidumila uomini se ne ritornano alle case loro; rimasero diecimila. Allora Iddio mise in cuore a Gedeone un altro pensiero: «Questa gente ch’hai teco è tuttavia troppa. Menali all’acqua che corre qui presso; e avrai saggio del loro valore; e a quel segno che io dirò saprai chi mandar via e chi tenere». Vennero gli armati all’acqua; e disse Dio a Gedeone: «Coloro che appena assaggeranno dell’acque solleciti e lesti, tu devi scernerli e separarli; coloro che piegheranno le ginocchia a terra per bere, tutta da un’altra banda». Or il numero di que’ che ritti nel cavo della mano prendendo dell’acqua se la gettavano alle labbra e passavano via, trecento: e gli altri novemila settecento, tutti col ginocchio piegato, curvi sulla sponda, bevvero più agiati. Disse Iddio a Gedeone: «I trecento che appena toccarono dell’acqua, con essi io vo’ che sia liberato Israello. Gli altri, via».
Con questo il Signore c’insegna parecchie cose. C’insegna che non il numero ma lo spirito costituisce la forza: c’insegna che, prima di mettere gli uomini a cimento, anco che ci paia conoscerli bene, convien porli a qualche prova, e osservare senza diffidenza ma con cura grande: c’insegna che un piccolo indizio talvolta serve a manifestare l’indole dell’uomo, i suoi abiti e le sue facoltà: c’insegna che coloro i quali nelle piccole cose si dimostrano amanti de’ propri comodi, non sapranno nè vorranno soccorrere con qualche dolore o disagio o noia i fratelli ne’ pericoli e nelle necessità. L’uomo che ama i proprii comodi, non è buono a nulla di grande; è un intoppo nelle faccende della vita, una seccatura, una piaga.
Comandò Gedeone che i novemila settecento, se ne rimanessero al campo; e prese seco i trecento, con altrettante trombe, e l’occorrente alla guerra. Il campo di Madian era giù nella valle. Quella notte medesima Dio gli ispirò di scendere nel campo nemico insieme con Fara suo servo fidato, per qualcosa conoscere di quel che seguiva lì, e prendere alla vicina battaglia lume e coraggio. I Madianiti e gli Amaleciti e gli altri popoli del paese a levante, giacevano per la valle sotto le tende che luccicavano al lume languido; e fuor delle tende i lor cammelli senza numero, fitti come i ciottoli lungo il fiume. Gedeone con Fara, servo suo fido, discesero balzando di masso in masso, tra le piante non visti, cercando pur l’ombre; e con lo stormire che faceva il vento tra rami coprendo il suon leggero de’ passi.
Appressatosi Gedeone alle prime tende, accostò l’orecchio, e sentì due che parlavano, sì che per il silenzio delle cose le parole si distinguevano, come fa in foglio bianco scrittura netta. E diceva un soldato sdraiatogli accanto, raccontando il sogno veduto: «Mi pareva che un pane d’orzo cotto sotto la cenere ruzzolasse dall’alto, e cascasse nel campo di Madian; e, venuto alla nostra tenda, la urtò sì ch’essa cadde tutta, nè si levava d’un dito da terra». L’altro soldato rispose: «Questo non è altro che la spada di Gedeone, figliuolo di Gioas, guerriero del popolo d’Israello. Io dico che Dio alle mani di lui abbandonò Madian, e tutti noi». All’intendere Gedeone quel sogno, la dichiarazione del sogno, si sentì battere il cuore di gratitudine più che di gioia e si pose la mano al petto, come per rattenersi, e alzò gli occhi al cielo, e adorò co’ pensieri. E a Fara accennò di venire.
Salsero: e appena venuti ai trecento, disse: «Il Signore ci dà nelle mani le forze di Madian». Partì i suoi trecento in tre schiere; e a ciascuno diede in mano una tromba, e un vaso di terra con entrovi un lumicino. E disse: «Quel che vedete ch’io fo, fate tutti. Entrerò nel campo; tenetemi dietro. Quando la tromba ch’è in mano mia, suonerà, e voi suonate giro giro per tutte le tende gridando: a Dio e a Gedeone».
Era mezza notte allorchè Gedeone, co’ trecento, calò. Quando furono appostate le tre schiere in tre diverse parti della valle, ecco dànno a un tratto nelle trombe, e l’un coll’altro ruppero i vasi di terra; e apparvero i trecento lumi delle tre schiere distinte, disseminati pel cavo dell’ampia valle. Con la manca tenevano i lumi, con la destra le trombe squillanti terrore e gridavano, or l’uno or l’altro drappello, con voce lenta e profonda: «Spada del Signore e di Gedeone». Così ciascheduno, fermo al suo luogo, con la luce e col suono spargevano spavento negli occhi e negli orecchi a quelle migliaia ammontate, assonnate, dubitanti: e la luce e il suono sùbiti, per quel buio e per quel silenzio, ferivano gli animi di più che umana minaccia. Spaventati si rizzan tutti; e gridando e urlando fuggivano. Ma l’un nell’altro urtano e intoppano; e tra i cammelli e tra i carri s’imbrogliano come cervo tra i pruni: e la paura si volge in rabbia disperata; perchè la rabbia della paura è la più trista di tutte le rabbie. E i trecento intanto, pur fermi in giro; e suonavano con unanime squillo le trombe. Ai Marianiti, impediti dal numero e confusi per le tenebre fatte eguali e più fitte dal languido tremolare de’ lumi, parve che ogni intoppo a’ lor passi fosse una turba d’Israeliti in torrente; e dalle proprie spade tagliati e trafitti, cadevano.