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cavo dell’ampia valle. Con la manca tenevano i lumi, con la destra le trombe squillanti terrore e gridavano, or l’uno or l’altro drappello, con voce lenta e profonda: «Spada del Signore e di Gedeone». Così ciascheduno, fermo al suo luogo, con la luce e col suono spargevano spavento negli occhi e negli orecchi a quelle migliaia ammontate, assonnate, dubitanti: e la luce e il suono sùbiti, per quel buio e per quel silenzio, ferivano gli animi di più che umana minaccia. Spaventati si rizzan tutti; e gridando e urlando fuggivano. Ma l’un nell’altro urtano e intoppano; e tra i cammelli e tra i carri s’imbrogliano come cervo tra i pruni: e la paura si volge in rabbia disperata; perchè la rabbia della paura è la più trista di tutte le rabbie. E i trecento intanto, pur fermi in giro; e suonavano con unanime squillo le trombe. Ai Marianiti, impediti dal numero e confusi per le tenebre fatte eguali e più fitte dal languido tremolare de’ lumi, parve che ogni intoppo a’ lor passi fosse una turba d’Israeliti in torrente; e dalle proprie spade tagliati e trafitti, cadevano.


Allora gli uomini d’Israello della tribù di Nèftali e d’Aser, e tutto Manasse, si misero a inseguire que’ che fuggivano forsennati: e tutti erano buoni a questo. Anzi coloro che forse nella mischia a petto a petto avrebbero più trepidato, adesso schiamazzavano, come cacciatori briachi. Ma rendevano servigio anch’essi alla patria. Nel bosco profondo i forti cerri e gli abeti dan legno utile alle navi da guerra e agli edifizii d’eccelsa mole; ma le piante più gracili