Esempi di generosità proposti al popolo italiano/Anco i deboli possono

Anco i deboli possono

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Non invanire della vittoria La nuora buona


[p. 150 modifica]Aveva Gedeone ricusato il titolo di re sopra il popolo d’Israello: ma, appunto per questo la propria autorità conservata; perchè, è sempre meglio rispettato chi rispetta l’altrui dignità. Morto Gedeone, i figliuoli di lui stavano per redare parte della paterna autorità, e, non si sa con quale misura, distribuirsela. Quando l’un di costoro, di nome Abimelec, bramando comandar solo e col titolo di re, sedusse i suoi zii che stavano nella città di Sichem; e questi trovarono a Sichem danaro, col quale Abimelec assoldò vagabondi senza patria nè coscienza, e andò in Efra alla casa di Gedeone suo padre, e uccise tutti i suoi fratelli ch’erano molti, li uccise tutti sopra la medesima pietra. Un solo ne scampò, e si nascose: Gioatan, il più giovanetto. Allora taluni tra i cittadini di Sichem, e della borgata di Mello, si adunarono per dare ad Abimelec nome e arbitrio di re; lo elessero là sotto la querce che sorgeva nel mezzo di Sichem.

Gioatan lo seppe; e andò sul monte di Garizin, e a voce alta chiamò i cittadini di Sichem, e disse: «Ascoltatemi, cittadini: e così Dio ascolti voi. Gli alberi della campagna volevano eleggersi un re; e parlarono all’ulivo: - Comandaci tu. - L’ulivo rispose: - Poss’io abbandonare il pingue mio frutto, ch’è di tant’uso e nelle cose sacre e nelle domestiche, e venirmene per abbadar ai fatti delle altre piante? - Allora dissero gli alberi al fico: - Vieni, sii re e fico a noi - Il fico rispose: - Poss’io abbandonare la dolcezza delle mie frutta per abbadare quello che le altre piante fanno? [p. 151 modifica]Gli alberi allora parlarono alla vite e dissero: - Or via, comandaci tu. - E la vite rispose: - Poss’io tralasciare di far il mio vino ch’è l’allegrazza degli uomini, per tener dietro a quel che le piante fanno? - Allora gli alberi tutti dissero al rovo: - Comandaci tu. - Il rovo rispose: - Se voi veramente mi volete a re, venite e posatevi alla mia ombra. Ma se non volete, esca fiamma del rovo, i cedri del Libano ne sian divorati -. Or dunque, o cittadini di Sichem, se avete fatto cosa giusta e innocente a eleggervi Abimelec in re; se vi pare d’aver bene operato verso la casa di Gedeone, e reso buon ricambio ai benefizii di lui che espose la propria vita al pericolo per liberarvi dalle mani di Madian; se vi pare buon ricambio levarvi contro la casa di mio padre, e spargere tanto sangue suo; se cotesta cosa è giusta e innocente verso Gedeone e verso i discendenti di Gedeone; andate pure lieti di Abimelec re, e egli di voi. Ma, se male avete operato, uscirà dal vostro re fuoco vivo, e consumerà gli abitatori di Sichem e il borgo di Mello; uscirà fuoco vivo dagli abitanti di Sichem e dal borgo di Mello, e divorerà Abimelec re».

Con la parabola dell’ulivo e del fico e della vite e del rovo Gioatan intendeva parecchie cose. Intendeva che alcuna volta chi sta bene, si cerca il malanno da sè; chi non ha sopraccapo, ricerca come diventare lo schiavo d’altrui; e non ha posa sinchè non si trovi un padrone dappoco, che lo maltratti; e, per avere quest’onore, commette il male e dà noia alla gente. Intendeva Gioatan, che chi bada a’ fatti suoi non ha tempo da far l’uomo addosso ad altrui; e chi sa fare cose utili e belle, anco che gli profferiscano certa potestà, la rigetta come indegna e noiosa. Intendeva che i meno meritevoli e men valenti [p. 152 modifica]sono i più presuntuosi e i più prepotenti. Intendeva che l’uomo il quale esercita la sua autorità con minacce, o l’ha male acquistata o vuol farne mal uso. Intendeva che cattivi superiori e inferiori cattivi sono, l’uno all’altro, come un fuoco che consuma con fumo e rovina, e dopo sè lascia cenere e fuligine e macìe nereggianti.

Dette quelle parole dall’altura, e stando sempre all’erta che non s’evventassero que’ di Sichem ad acchiapparlo, fuggì il giovanetto Gioatan; e stette in Bera per tema di Abimelec, di quel re scellerato. Abimelec regnò tre anni, e distese la sua potestà sopra tutto Israello; giacchè troppo spesso accade che molti uomini s’accordino insieme nelle cose dannose e ree e vili, anzichè nelle utili e generose. Ma dopo tre anni si mise uno spirito di discordia tra Abimelec e gli abitatori di Sichem, che non lo potevano più patire. E, perchè l’odio ha buona memoria, s’incominciò a rivangare il passato, e rammentare il macello de’ figliuoli di Gedeone su quella pietra, e incolparne Abimelec re, e que’ signori di Sichem i quali l’avevano spalleggiato che non erano della povera plebe. E i malcontenti del re si rifuggirono alla montagna a fare il mestiere del bandito; e svaligiavano i passeggeri. Così segue nel mondo, che si coglie il pretesto di punire una vecchia furfanteria per commettere delle nuove furfanterie. Ma quando i seguaci di Abimelec re vennero alle mani con essi, non si sentirono allora tanto coraggio; e caddero vinti o si spersero.

La guerra s’era, del resto, dilatata, e dava al tristo re duro impaccio. Fra le ribellanti era una città nominata Tébes, munita d’un’alta torre: e Abimelec la assediava. Entro alla torre s’erano rifuggiti i maggiori cittadini del luogo, e uomini e donne assai e combattevano fieramente. [p. 153 modifica]Abimelec ardito sotto la pioggia delle saette veniva co’ suoi; ed era già presso alla porta, con rami d’alberi e con fuoco per bruciare la porta, e aprirsi il passo. Quand’ecco una donna dalle mura l’adocchia e prende un pezzo di macine da mulino, e glielo gettò sulla testa, e gli fracellò le cervella. Lo trascinarono indietro, che combatteva con la morte. E quel disperato chiamò il suo scudiere e gli disse: «Sguaina la tua spada e feriscimi». L’ubbidì lo scudiere. Non vedeva il re miserabile, che in quel modo e’ periva per mano insieme e d’una femmina e d’un servitore; ché la spada del servitore non gli risarciva la ferita fattogli dalla femmina. Così per orgoglio negò a sé la consolazione estrema del chiedere pubblicamente perdono a Dio, e del volgere al suo popolo un’onesta parola. La costui vita e morte dimostra com’egli non pensasse che a sè. I cattivi, massime quando arrivano a comandare, si scomunicano dalla patria.

Tolto di mezzo Abimelec, fu levato l’assedio; e nessuno lo pianse. Ma i buoni, già oppressi da lui, gli avranno avuta più commiserazione che i tristi suoi complici nella iniquità.