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Gli alberi allora parlarono alla vite e dissero: - Or via, comandaci tu. - E la vite rispose: - Poss’io tralasciare di far il mio vino ch’è l’allegrazza degli uomini, per tener dietro a quel che le piante fanno? - Allora gli alberi tutti dissero al rovo: - Comandaci tu. - Il rovo rispose: - Se voi veramente mi volete a re, venite e posatevi alla mia ombra. Ma se non volete, esca fiamma del rovo, i cedri del Libano ne sian divorati -. Or dunque, o cittadini di Sichem, se avete fatto cosa giusta e innocente a eleggervi Abimelec in re; se vi pare d’aver bene operato verso la casa di Gedeone, e reso buon ricambio ai benefizii di lui che espose la propria vita al pericolo per liberarvi dalle mani di Madian; se vi pare buon ricambio levarvi contro la casa di mio padre, e spargere tanto sangue suo; se cotesta cosa è giusta e innocente verso Gedeone e verso i discendenti di Gedeone; andate pure lieti di Abimelec re, e egli di voi. Ma, se male avete operato, uscirà dal vostro re fuoco vivo, e consumerà gli abitatori di Sichem e il borgo di Mello; uscirà fuoco vivo dagli abitanti di Sichem e dal borgo di Mello, e divorerà Abimelec re».

Con la parabola dell’ulivo e del fico e della vite e del rovo Gioatan intendeva parecchie cose. Intendeva che alcuna volta chi sta bene, si cerca il malanno da sè; chi non ha sopraccapo, ricerca come diventare lo schiavo d’altrui; e non ha posa sinchè non si trovi un padrone dappoco, che lo maltratti; e, per avere quest’onore, commette il male e dà noia alla gente. Intendeva Gioatan, che chi bada a’ fatti suoi non ha tempo da far l’uomo addosso ad altrui; e chi sa fare cose utili e belle, anco che gli profferiscano certa potestà, la rigetta come indegna e noiosa. Intendeva che i meno meritevoli e men valenti