Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 25
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i44 A PIETRO CARDINALE DI LUNA (A).
... 5 ; ’ ’ ’ ) ^ I. Lo prega ad essere amatore della verità, mostrando come questa s’arrivi a conoscere nel sangue di Jesù Cliato col lume della santa fede. , li. Dell’amore della verità e suoi effetti. .
III. Deplora la carestia che ha la Chiesa di buoni ministratorì della verità, e l’amor proprio di molti, per Io quale non arrivano a conoscerla ed amarla, e come nel luogo dove ella si trovava, gli stessi religiosi annunziavano la bugia, ed erano causa di molte eresie.
IV. Lo stimola a pregare il papa che voglia attendere alla riforma di santa Chiesa in verità, e particolarmente provvedendola di buon pastori, e punire le colpe, i, V. L’anima a portare con pazienzia le mormorazioni, e prevalersi dell’ajuto de’ servi di Dio per promuovere la verità.
Al nome di Jesi4 Cristo crocifisso e di Maria dolce.
’ ’ ‘. ) I. M^everendissimo e carissimo padre in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi amatore dolce della verità, la quale verità ci libera; perocché veruno è che possa fare contra alla verità; ma questa verità non pare che si possa avere perfettamente se l* uomo non la conosce; perocché non conoscendola, non Y ama, e non amandola, non trova in sè, nè seguita questa verità. Adunque ci bisogna il lume della santissima fede, il qual j45 lume è la pupilla dell’occhio dellintelletto, col quale occhio, essendovi il lume della santissima fede, l’anima conosce la verità dolce di Dio, vedendo in verità, che Dio non vuole altro- che la nostra santificazione, e ciò che Dio dà e permette in questa vita a noi, il dà solo per questo fine, cioè, perchè noi siamo santificati in lui. Chi ci dimostra questa verità che egli non vuole altro da noi, e che Dio ci cieò alla immagine e similitudine sua, perchè noi godessimo di lui, participando del suo eterno bene ? il sangue dell’ unigenito Figi iuolo sparto con tanto fuoco d’ amore, col quale sangue fummo ricreati a grazia, perocché, se Dio non.
ci avesse voluto e non vedesse il nostro bene, non ci avrebbe dato si fatto ricompratore.
II. Sicché dunque nel sangue conosciamo la verità col lume della santissima fede, la quale sta nell’occljio dell intelletto. Allora l’anima s’accende, e notricasi in amore di questa verità, e per amore della verità elegge di voler morire prima che scordarsi della verità; e non^ tace la verità quando è tempo di parlare; perocché non teme li uomini del mondo, nè teme di perdere la vita; perocché già ha disposto di darla per amore della verità, ma solo tome Dio. La verità arditamente riprende, perchè la verità ha per compagua la giustizia santa, la quale è una margarita che debba rilucere in ogni creatura che ha in sé ragione, ma singolarmente nel prelato; la verità tace quando è tempo di tacere, e tacendo grida col grido delia pazienzia, perocché ella non è ignorante, anzi discerne e conosce, dove sta più l’onore di Dio e la salute del1 anime. O carissimo padre, innamoratevi di questa verità, acciocché siale una colonna nel corpo mistico della santa Chiesa, dove si debba ministrare questa verità, perocché verità è in lei; e perchè verità è in lei, vuole essere ministrata da persone veritiere, e che ne siano innamorate ed illuminate, e non siano ignoranti nè idiote della verità.
S. Caterina da Siena. Opere T. III. * io i46 III. Ma mi pare che la Chiesa di Dio n’abbi grandissimo caro de’buoni ministratoli, perocché è tanto ricresciuta la nuvola dell’amore proprio di noi nell’occhio dell intelletto, che niuno pare che possa vedere nè conoscere questa verità, e però non l’amano, perocché, essendo ripieni dell’amore sensitivo e particolare di loro medesimi, non possono empire il cuore e l’affetto deH’amore della verità, e così si trovano in bugie e menzogne le bocche di coloro che sono fatti annunziatori della verità. Ed io, carissimo padre, ve ne posso render ragione che egli è così, perocché nel luogo, dove io so (B)) lasciamo andare’de’secolari che si trovano cattivi assai e pochi de’buoni: ma de* religiosi e cherici secolari, e singularmente li frati men-!
dicanti, li quali sono posti dalla dolce sposa di Cristo per annunziare e bandire la verità, essi si scordano della verità, ed in pulpito la mengano (C); credo che i miei peccati ne siano cagione: questo dico per lo interdetto che egli * hanno rotto (D), e non tanto che essi abbino fatto il male, ma essi consigliano una parte; che ce n’è, che con buona coscienzia si può celebrare, e li secolari andarvi,dicono, che chi non vi va, commette difetto, ed hanno messo il popolo in tanta eresia (E), che è una- pietà pure a pensarlo non tanto che a vederlo, e questo lo fa dire e fare il timore servile degli uomini, cd il piacere umano ed il desi-r derio delKofferta. Oimè, oimè, io muojo e non posso morire a vedere essere privati della verità: quelli che dovrebbero morire per la verità.. .
IV. Voglio dunque, dolce padre mio, v’innamorate della verità, acciocché il santo principio che faceste, conoscendo che la sposa di’ Cristo aveva.bisogno di buono e santo pastore, e per questo vi metteste senza timore ad ogni cosa (F): acciò dunque che questo iu voi si vegga in effetto con perseverauzia, io vi prego che siale all’ orecchio - di Cristo in lerra/a suonarli continuamente questa verità; sicché in essa verità reformi la sposa sua; e diteli con cuore virile che la reformi di santi e buoni pastori, in affetto ed in verità non solamente col suono della parola; perocché se si dicesse e non si facesse, questo non sarebbe cavelle; e se non si facesse, i buom pastori inai non adempirebbero il desiderio suo di riformarla.
gli altri; ma se voi sarete amatori della verità con la margarita della giustizia, condita con la misericordia, cioè, che non si ponga maggiore peso che si possa portare, non curerete cavelle; nè volgerete il capo indietro a mirare Tarato per alcuna cosa che sia; ma sarete costanti e perseveranti in fine alla morte, e se conoscerete e sarete amatori della verità, non vi daranno, timore le pene, ma nelle pene vi diletterete. Ma se non foste in questo dolce e soave amore della verità, 1 ombra vostra vi farebbe paura; onde considerando me che altra via non c’è, dissi che io desideravo di vedervi amatore dolce della verità. Pregovi dunque per 1 amore di Cristo crocifisso, e per quello dolce sangue sparto con tanto fuoco d amore, che voi vi facciate sposo della verità, acciocché sia adempita la volontà di Dio ni voi ed il desiderio delTanima mia, che desidero di vedervi morire per la verità. Altro non vi dico. Permanete nella santa c dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. ,
Annotazioni alla Metterti 25, (./) Nelle due lettere di santa Caterina al cardinale di Luna, gli viene dato il nome di Simone, ma tutti gli scrittori lo Appellano Pietro, nè altro cardinale vi ebbe dal cognome di Lima, fuor questo Pietro, di cui anche ri ma sa è sì funesta memori.! negli annali della Chiesa. Dipendeva egli da una antica e nobile famiglia aragonese, e suo padre era barone d’Ilveca, uomo d’ingegno acuto e sofistico anziché 110, austero ne’costumi e d’animo inflessibilo, e il Maimbourg lo dice, d’ une Jurieuse. opiniùtreté au-delà mesme de tout ce qiiun Arragonois est capable d’en moìr. Alfonso già vescovo di Jean e spagnolo di nazione, che bene il conosceva l’appella: doclor magnus in scientiìs, et utinarn esset tantus in prò* Junda, Juimili et non ainbitiosa conscientia. E pure favella, di esso prima che eletto fosse a pontefice dai cardinali d’Avignone., Per quanto è allo scisma, egli tenne prima per Urbano, alla cui elezione, per testimonianza del sopraccitato vescovo di Jean, vuoisi che molto abbia cooperato, nè già per timore o altro motivo men degno, se furono sincere le parole sue al beato Raimondo mol to suo dimestico, che era apparecchiato a morire più presto che fare pontefice altro da quello, cui gli dettasse la sua coscienza. Quel che di lui seguisse dopo la ritirata dei cardinali francesi ad Anagni vedasi nelle note alla lettera seguente.
(Z?) Perocché nel luogo dove io so. Cioè la città di Firenze, ove stava la sanla già d’alcuni tur*, mandatavi da Gregorio XI, come fu detto. So usasi dalla santa in vece di sono assai delle volte.
(C) Si scordano della verità, ed in pulpito la mengano. La voce’ ritengano adoperata dalla sanla non è usata da’Toscani, nè da altra nazioue d’ Italia, per quanto a me sia noto. Era forse usata in Siena a’ tempi di santa Caterina, andata in disuso come d’altre è accaduto. Il lesto a penna del Buon Conti, invece di ritengano ha tnergono, ma nè. pur questa è buona nè usata a di nostri.,Se fosse lolla e guasta dall’idioma francese, e dalla voce menager, sarebbe lo stesso che risparmiare, nè male esprimerebbe il sentimento della santa.
(A?) Questo dico per T interdetto che egli hanno rotto. Accenna dell’interdetto pronunziato da Gregorio.XI contro i Fiorentini, per la guerra «he questi facevano alla Chiesa, nel ìZ’jó. Tornato il pontefice da Avignounel prossimo anno, e riuscite vane le pratiche d iccordo col pontefice, dai Fiorentini si deliberò, dice l’Ammiralo, « «li non obbedire più per I’ avvenire agl’ interdetti suoi. Perchè a’ 22 ottobre presso n’ 17 mesi, che nella citta non i* erano celebrati gl’uflìcj divini, fu dato ordine sì nella città, che nel contado del dominio, che ludi i preti, frati e monaci aprissero le chiese, e celebrassero le messe c gli uflicj, come »i fjceva prima, con
- 49 suonar le tJuipjne, amministrare i Sacramenti ec., con metter pena a’prelati che s’ erano assentati dalle lor chiese e non tornassero, dieci mila lire, e ai preti semplici, mille, da pacarsi de* beni patrimouiali ». Riuscì però a santa Caterina di ridurre a sommessiooe quella città anche prima che atesse luogo la pace couchiusa da Urbano nel 378(E) Ed hanno messo il popolo in tanta eresia, fton contenti i perversi consiglieri d’ esortare il popolo a non ubbidire a’ di’»ieli del pontefice, ardivano pubbli are che l’antcrila del pontefice non si stendeva a tanto d potere tor loro l’uso degli uflicj divini, onde per ciò dite, arer essi messo il popolo iu tanta eresia. , (F) E per questo vi metteste senui timore ad ogni cosa. Parlasi della elezione del novello pontefice, nè questi può essere altri, fuorché Urbano VI, non essendosi il cardinale di Luna trovato in altro couclave legittimo, salvo che in quello da cui Urbano n’andò al soglio del Vaticano. Sono raccontate da tutti i cronisti di quel tempo le violenze fatte dal popolo romano al cardinali, perchè eleggessero un papa romano o almeno italiano. INon è però che molti non le abbiano di assai esagerate, per arguirne la nullità della elezione di Urbano. Quanto è al Cardinal dt Luna, afferma ’il bealo Raimondo, che prima d’entrare "n conclave gli protestasse, quod ipse erat dispositus potius mori, quam Jacere itisi illuni, de quo conscientia sua dictaret.
(G) E piacciali di pacificare Italia, acciocché poi ec. Avendo in tutto il suo pontificato sofferte Urbano gravissime traversie a cagione dello sciama, non potò volger l’animo a ricuperare lo stalo perduto, ed a portare guerra agl’ infedeli: pure diè la pace alla Toscana, e di-necessità lasciò, che in pace si godessero gli usurpatori gli acquisti fatti su quello della Chiesa. i5o A PIETRO CARDINALE DI LUNA.
, - J » IN ASTRAZIONE FATTA (A).
’ , I. Lo prega a spogliarsi dell’amor proprio e vestirsi della carità vera fondata in Gesù Cristo, seguitando le sue vestigia come soda colonna di santa Chiesa, e vestendosi di tutte le.
■virtù per fortificare i prossimi con l’esempio di una buona vita. L’esorta ad immergersi perciò nel sangue di Gesù Cristo, ove s’acquista il zelo dell’ onore di Dio e della salute dell’anime.
II.
Avendo inteso le discordie che sorgevano tra il papa ed i cardinali, lo stimola a pregare il medcsi no che voglia stabilire . la pace, particolarmente con fare i cardinali di buoni costumi, mostrando quanto sia pericolosa alla Chiesa questa discordia.
HUm 26, Al nome di Jesii Cristo crocijisso e di Maria dolce.
I. ilarissimo padre in Cristo dolce Jesù. Io Calarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi colonna ferma posta nel giardino della santa Chiesa, privato di quello amore proprio che indebilisce ogni creatura che ha in sè ragione, e solo vegga vivere in voi uno amore vero fondato nella pietra viva Cristo dolce Jesù, seguitando sempre le vestigio sue; nel quale a moro 1’ anima si fortifico, perchè ha consumalo quella cosa che la faceva debile; e non lanlo