Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 196

Lettera 195 Lettera 197

[p. 273 modifica]A’ SIGNORI BA1NDERESI E QUATTRO BUONI UOMINI MANTEN1TORI DFLLA RIPUBBLICA DI ROMA (A).

I. Dell'ingratitudine usata verso Iddio dopo i benefizj ricevuti, e della ingiustizia col prossimo, della bestemmia ed altri vizj coi quali si dimostra detta ingratitudine.

II. Della gratitudine, ed altre virtù in particolare, da cui si conosce, cioè dell’amore verso il prossimo, e della concordia.

III. Esorta i sopra nominati signori a questa gratitudine, particolarmente per la grazia ricevuta ultimamente per miracolo della divina bontà, ad esempio del papa Urbano VI, che s'era portato in processione a piedi scalzi.

IV. Gli riprende dell’ingratitudine usata a Giovanni Cenci dopo aver procurata la resa di Castel Sant’Angelo.

196.

Adì 6 maggio i3yg in astrazione falla.

Al nome di Jesu Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. solarissimi fratelli e signori in terra in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, schiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi grati e cognoscenti di tanti beneficj, quanti avete ricevuti da Dio, acciò che elli crescano in voi, e notrichisi la fonte della pietà di Dio nelle [p. 274 modifica]2;4 anime vostre; pero che come la gratitudine gli è molto piacevole, ed a noi utile, così la ingratitudine mollo gli dispiace ed a noi fa danno, disecca in noi la fonte della pietà, ed invitiamo Dio di non accrescere le grazie, ma a privarci di quelle che ci ha date. Bene è dunque da studiarsi con grande sollecitudine di ragguardare i beneficj di Dio, perocché vedendoli li cognosceretee cognoscendoli renderete gloria e loda al nome suo. E in che mostraremo a Dio la nostra gratitudine e ingratitudine? dicovelo. La ingratitudine si mostra in offendere la sua bontà ed il prossimo nostro, offendendolo in.molli e diversi modi con molta ingiustizia, non rendendoli quello debito che noi siamo obbligati di renderli, cioè d’amare lui sopra ogni cosa, ed il prossimo come noi medesimi. E noi facciamo tutto il contrario, che quello amore che noi doviamo dare a lui il diamo alla propria sensualità, offendendolo col cuore,,e con la mente, e con lutle le potenze dell’anima, e con le membra del corpo nostro, le quali debbano essere islrumento di virtù, e sono istrumento di vizii, delli quali vizii riceviamo morte eternale, se la vita nostra termina in colpa di peccalo mortale. Da qualunque lato noi ci volliamo, non ci troviamo altro che miseria, e tutto procede dalla ingratitudine. Ella germina superbia, vanità e leggierezza di cuore con molla immondizia, tanto che non pare che 1’ uomo curi di vollersi nel loto della immondizia se non come l’animale. Ella priva l’anima della carità fraterna inverso del prossimo suo, e concepe odio e dispiaciménto, e se elli pur ama, amalo per propria utilità, e non per Dio. Atti sono questi cotali a ricevere ogni miserabile informazione, giudicando male in verso di lui, non riguardando con prudenzia chi è colui che dice d male, e di cui egli è detto, o se egli il dice per. proprio dispiacere o per invidia, o per simplicilà che avesse; che.spesse volle l’uomo ignorante dice ciò che li viene a bocca, e non inira quello che parla, ma colui che ode il debba’mi* [p. 275 modifica]rar elli; lo invidioso non mira che dica più verità che bugia: attende pur di far danno e toller la fama del prossimo suo, tutto di vedete che gli è così. E se V uomo è in stato di signoria, non si cura di tenere all* uomo giustizia se non secondo il suo proprio piacere, o a piacere delle creature, contaminando la giustizia e rivendendo la carne del prossimo suo, perchè il cuore suo è privato della carità. Hallo sì stretto il proprio amore, che non vi cape nè Dio, nè il prossimo per giustizia santa, nè cerca di sovvenirlo nella sua necessità; e non tanto che egli il sovvenga, ma elli li tolle il suo in molti modi, se~ condo che gli occorrono i casi con molti guadagni illeciti; de’ quali gli converrà rendere ragione nell’ultima estremità della morte. La lingua sua, che è fatta per render gloFia e loda al nome di Dio, e per confessare i peccati, ed in salute del prossimo, elli 1’ esercita in bestemmiare, in giurare e spergiurare, ed in giudicare, e non tanto che bestemmi e dica male delle creature, ma elli pone bocca a Dio ed a* santi suoi nè più nè meno, come se lo avesse fatto co’ piei; e voi vedete bene che gli è la verità, e non ci è quasi piccolo, nè grande che di questo vizio non s’abbi fatto consuetudine per lo difetto di chi ha a tenere la giustizia che non la fa secondo che vuole la ragione; ma Dio dimostra, che questi e li altri difetti li dispiacciono, facendone un poco di giustizia con flagelli e discipline sue, che noi tutto dì aviamo e giustamente il fa, benché elli ci le dà con grande misericordia.

Sì che questi sono frutti che produce 1 uomo ingrato, questi sono i segni suoi, che manifestano la sua scognoscenzia.

II.

Tutto il contrario dimostra l’uomo che è grato e cognoscente al suo Creatore: elli li dà giustizia, rendendoli quello che è suo, cioè la gloria e loda che debba essere di Dio dii li dà amandolo sopra ogni cosa, ed il prossimo come sè medesimo, ragguardando la umiltà di Dio ha mozzo le corna delia superbia, [p. 276 modifica]2 j6 * e con la sua giustizia s’è levato dalla ingiustizia, e con la carità del prossimo suo ha conculcata la invidia dilargando il cuore neir alletto della carità, nella purità di.Cristo, e nell’abbondanzia del sangue suo si leva da ogni immondizia; vive onestamente, sovvenendo al prossimo suo o suddito o signore che sia in ogni sua necessità, quanto gli è possibile, dà del suo e non toglie l’altrui, fa ragione al piccolo- come al grande, e ’al povaro come al ricco, secondo che vuole la vera giustizia. Elli non è leggiere a credere un difetto del suo prossimo, ma con prudenzia e maturità di cuore ragguarda molto bene colui che dice, e di cui elli dice. Egli è grato e cognoscenle a chi il serve, perchè egli è grato a Dio, però è grato a lui; e non tanto che elli serva, chi il serve, ma elli ama e fa misericordia a chi l’ha disservilo. La vita sua è ordinata, perchè ha ordinate tutte le tre potenze dell’anima, la memoria a ritenere i beneficj di Dio per ricordamento, lo intelletto ad intendere la sua volontà e la volontà ad amarlo; e così gl’istrumenti del corpo tutti si dispongono in esercitare la virtù. Egli è paziente e benevolo; ama la concordia ed odia la discordia; è fedele a Dio, alla santa Chiesa ed al vicario suo, come.figliuolo vero si nutrica al petto della sua obbedienzia. Ora a questo modo dimostriamo di essere grati e cognoscenti a Dio; allora le grazie crescono e temporali e spirituali.

III. Adunque voglio, fratelli carissimi, che voi siate grati delle grazie che v’ ha fatte e fa il nostro Creatore (7i),acciò che crescano; e perchè di nuovo ne avete ricevute miracolosamente, di nuovo voglio che gli rendiate grazia e loda al nome suo con vera umiltà, ncognoscendole da Dio e non dal vostro proprio potere e sapere, che con tutto il vostro studio umano non averesle potuto fare, se non che Dio il fece. Egli volse l’occhio della sua ni idrico rcfcia sopra di noi, che troppo stavamo a grande pericolo, e pero a Dio le doviamo attribuire. L’esempio ce ne dà il padre no[p. 277 modifica]277 slro papa 1 rbano VI (C) che in segno clie egli le ricognosce da Dio s’umilia facendo quell’alto, che già da grandissimi tempi non fu più, d andare a processione a piedi scalzi. Adunque noi figliuoli seguitiamo le vestigie del padre, cioè di cognoscere le grazie da Dio e non da noi. Anco voglio che siate grati a que* sta compagnia (D). i quali sono stati strumenti di Cristo, sovvenendoli in quello che bisogna, massimamente in questi poverelli feriti, portatevi caritativamente e pacificamente con essi loro, acciocché li conserviate ndl’adiutorio vostro (£), e lolliateli la materia che essi abbiano cagione di far contra di voi. Così vi conviene fare, dolcissimi fratelli, sì per lo debito e sì per la grande necessità. Son certa che se in voi sarà la virtù della gratitudine, voi vi studiarele di far questo e le altre cose sopraddette, altrimenti no.

E però vi dissi che io desideravo di vedervi grati e cognoscenti de’ beneficj ricevuti da Dio, acciocché compiate di fare quello cli

è di necessità alla salute delf mima e del corpo.


IV. Parmi che si usi un poco d’ingratitudine verso Giovanni Cenci (F), il quale con tanta sollecitudine e fedeltà, con schietto cuore solo per piacere a Dio, e per nostra utilità ( e questo so che è la verità ) ogni altra cosa abbandonando per traivi dal flagello che vi era posto di Castello Sant’Agnolo, in ciò s’è adoprato con tanta prudenzia, ora non tanto non mostrino segno di gratitudine solo di ringraziamento, ma il vizio dell’invidia e della ingratitudine getta il veleno delle infamie e molta mormorazione. Non vorrei che si facesse così nè di lui, nè di veruno altro che vi servisse, perchè sarebbe offesa di Dio e danno a voi, che tutta la comunità ha bisogno di nomini savj, maturi e discreti, e di buona coscienzia. Non si faccia più così per l’amore di Cristo crocifisso; poneteci quel rimedio che pare alla signoria vostra, acciò che la semplicità degl’ ignoranti non impedisca il bene.

S. Caterina. Opere. T. VI. iq [p. 278 modifica]278 Questo dico per vostra utilità 0 non per veruna affezione, che voi sapete che io son peregrina (G), parlandovi per lo buono stato vostro, perchè tutti insie.memente con lui tengo che siate l’anima mia. So che come uomini savj e discreti ragguardarete all’ affetto e alla purità del cuor mio, con che io scrivo a voi; e così perdonarete alla mia presunzione, che presumo di scrivere. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Siate, siate grati e cogno* scenli a Dio. Jesù dolce, Jesù amore.

\ [p. 279 modifica]Annotazioni alla Lettera 196.

(A) La lettera presente dettata per la santa, mentre ne stava tutta rapita in Dio, è de’6 maggio del 1379, nel qual giorno scrisse pure al re di Francia, alla reina Giovanna ed al conte Alberico, ed è dirizzata a quei signori romar.: cbe onorar,insi del titolo di mantunilori della repubblica di Roma. I Banderesì eran a Roma quel che a Firenze i Gonfalonieri del popolo. Quantunque i pontefici sin dai tempi di Carloinagno avessero il dominio della città di Roma, non poterono fare che a quando a quando non i risvegliassero gli antichi spiriti repubblicani; onde sovente, cacciati i pontefici, costituirono diverse maniere di reggimento, come fecero tutte le altre città d’Italia dopo il secolo decimo. Durante poi la dimora de* pontefici in Avignone, i Romani avevano creato un governo in tutto popolare, che era in inano di cotesti Banderesi, ossia capi dei Rioni. Ebbero per alcun tempo il Senatore, creato’dal popolo, e raffermo da! pontefice; ma esso fu da Innocenzo VI limitato all’ amministrazione della giustizia. 11 papa Gregorio XI dovette patteggiare coi B mderesi per mantenere alcuna autorità nel governo di Rjma. Urbano, non che gli inquietasse nella loro autorità, ebbe mestieri di tutta la condiscendenza per averli amici; e anche la santa per questo effetto scrisse loro la presente lettera. Vedi la lettera 20 e le note I) e E, e In 22 con le note C e I). Bonifacio IX destramente si sbrigò dall’ impaccio de’Banderesi e degli altri maestrali popolari, chiamando a sè il diutto di nominare tutti gli uffizioli del governo. I buoni uomini manlenitori della repubblica, furono tanto a Roma quanto a Firenze e a Siena colleglli dei supremi magistrati, consiglieri e aiutatori nella spediz ine degli atTaii.

(B) Che voi siate grati delle grazie che v’ha fatte e fa il nostro Creatore. Con queste parole accenna la vittoria riportata il di 29 d’aprile, otto giorni innanzi alla data di questa lettera dalle «quadre di papa Urbano contro a’ seguaci di Clemente.

(Q Ù esempio ce ne dà il padre nostro papa Urbano T’J, ec.

Di questa azione del pontefice Urbano VI d’andare a pie’scalzi a processione, s* è favellato nell’ aunotar.ioni alla lettera vigesima.

(D) Voglio che siate grati a questa compagnia. Favella della compagnia di soldatesche detta di s. Giorgio, pel cui valore erasi singolarmente avuta la vittoria delle genti di Clemente.

(E) Acciocché li conserviate nell’ adiutorio vostro. Savia ammonizione, trattandosi di genti che oggi mettean su la vita per voi e domani contro di voi, come loro tornava a maggior guadagno.

. (F) Panni che si usi un poco d ingratitudine verso Giovanni Cenci.

E famoso uu altro Cencio prefetto di Roma per 1’ empio suo at[p. 280 modifica]280 tentato contro il santo pontefice Gregorio VII, mentre celebra».?

la prima messa del Natale del io’jS. Circa la resa del castello ». Angelo, vedi la nota C della lettera 2,0.

(G) Che voi sapete ch’io son peregrina. Cioè forestiera, giacché questo è il giusto e proprio siguificalo della voce peregrina, secondo i buoni parlatori di quel secolo.