Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 193

Lettera 192 Lettera 194

[p. 257 modifica]a5 7 A MISSER PIETRO GAMBACORTI IN PISA (//).

i I. L’ esorta a spogli irs dell* affetto del mondo.

II. Degli effetti cbe produce il peccalo nell’ anima.

III. Della cognizione di se medesimo e della divina bontà.

IV. Della virtù della giustizia.

V. Dice non volere ancora trasferirsi a Pisa, come l’^veva pregata in una sua lettera il nominato misser Fielro, ma cbe ella vi sarebbe andata in altro tempo, secondo cbe richiedesse 1’ onor di Dio e la salute dell’ anime.

Slitterà 195.

Al nome di Jesà Cristo crocifisso e di Maria dolce.

L enerabile padre in Cristo dolce Jesù, la vostra indegna figliuola Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrive a voi, raccomandandovisi nel prezioso sangue del figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi TafFetto ed il desiderio vostro spogliato e sciolto dalle perverse delizie e diletti disordinati del mondo, le quali sono cagione e materia che parte e divide T anima da Dio; perocché egli è di bisogno, che l’anima che è legata con Cristo crocifisso, somma ed eterna bontà, sia sciolta e tagliata dal secolo, e colui che ha legato l’affetto nel secolo è tagliato da Cristo; \ [p. 258 modifica]258 perocché il mondo non ha veruna conformità con Cristo, come disse la prima Verità: Niuno può servirea due signori contrarj, perocché se serve all’uno è in contento dell’ altro.

II. O carissimo padre, quanto è perverso questo legame. Certo è, che l’uomo che è legato-nella perversità del peccato, egli è come colui che ha legate le mani e li piedi, e,non si può muovere, così 1’ anima ha legate le mani, che non può muovere alcuna operazione a Cristo, nè i piedi dell’affetto non si muovono a fare veruna buona operazione, che sia fondata in grazia. Oimè quanto è cosa pericolosa il peccato nell’anima; di quanto bene priva la creatura e di quanto male la fa degna! Falla degna delia morte,’ e tollele la vita; tollele il. lume e dalle la tenebre; toltele la signoria e dalle la servitudine; perocché colui che abbonda nel peccato è servo e schiavo del peccato, ha perduta la signoria di sè, e lassasi possedere all’ira e agli altri difetti. Or che sarebbe padre carissimo, se noi signoreggiassimo tutto il mondo, e non signoreggiassimo i vizj ed i peccati che sono in noi. Elli ci tolleno il lume della ragione, che non ci lassa vedere in quanto stato di dannazione egli sta, ed in quanta sicurtà sta 1’ anima che è legata col dolce Jesù. Egli ha perduta la vita della grazia, siccóme il tralcio che è tagliato dalla vite che è secco e non fa frutto, così la creatura tagliata dalla vera vite, è secca e putrida degna del fuoco eternale. Oimè dolente: questa è la gran’cecità, che non essendo nò dimonia, nè creatura che possa legar l’uomo a un peccato.mortale, cd esso medesimo si,lega. Adunque deslianci jdal sonno della negligenzia e ignoranzia, tagliate questo perverso legame; tutto questo avviene, perchè il peccalo c’1 mondo non hanno conformità con Cristo crocifisso, ch’il mondò» cerca onori, agj, diletti e signoria,

Cristo benedetto elesse vituperio, strazj, villanie, e nell’ultimo l’obbrobriosa r morte della croce. Volle esser servo ed obbediente/non tiapassàtore della legge, nò della

[p. 259 modifica]259 volontà del padre, ma sempre cercando 1 onore suo e la salute nostra. Or seguitiamo le vesliqie sue.

O O III. Con questo dolce e vero legame, vi prego e voglio che siamo legati, ed acciocché meglio questo potiate fare, aprile l’occhio del cognoscimento di voi medesimo, e vederete voi non esser cavelie, ma sempre operatore di miserie e d’iniquità; e cosi nascerà in voi una vena di giustizia santa con vera e profonda umiltà, giustamente darete a Dio quello che è suo, ed a voi quello che è vostro. Poi raggnardate nell’abisso della smisurala sua carità, vedendo come l’Acnello svenato con pazienzia e mansuetudine ha portate le nostre iniquità. O Amore inestimabile con quanta pazienzia hai data la vita, e presti il tempo, e aspetti la creatura che corregga la vita sua ! e in questo modo co^noscendo in voi la bontà di Dio, e come l’adopra, sarete legato ed unito nèl vincolo della carità, il quale è dolce e soave sopra ogni dolce.

Non indugiate, che il tempo è breve e’1 punto della morte ne viene cbe non ce 11’a vediamo.

IV. Pregovi per l’amore di Cristo crocifisso, che nello stato vostro voi teniate rocchio drizzato verso la santa e divina giustizia; non per piacimento di creatura, nè per odio, ma solo per divina giustizia punite il difetto quando si trova, e singolarmente il vostro peccato, quando il trovate punitelo e vituperatelo quanto potete, e guardate che non chiudiate gli occhi per non volerlo vedere, che molto ne sareste ripreso da Dio. Siate, siate sollecito quanto potete con affettuoso amore; tutte le vostre operazioni siano legate in Cristo Jesù. Questo è quel legame che l’anima mia desidera, considerando me che senza questo non potete avere la vita della grazia. Non dico più qui.

V. Ricevetti una vostra lettera, la quale vidi con affettuoso amore; unde io cognosco, che non mia virtù, 110 mia bontà, perchè son piena di peccato e di miseria, ma solo l’amore e la bontà vostra, e di [p. 260 modifica]a6o cotesle sante donne vi mosse umilmente a scrivere a me, pregandomi che io debba venir costà, per la qual cosa io volontariamente verrei a adempire il desiderio vostro e loro; ma per ora io mi scuso, che la impossibilità del corpo mio non mi lassa; ed anco veggo che per ora io sarei materia di scandolo; ma spero nella, bontà di Dio, che se vedrà che sia suo onore e salute deH’anime, mi farà venire con pace e con riposo senza altra mormorazione, ed io sarò apparecchiata al comandamento della prima Verità, ed obbedire al vostro comandamento. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Cristo vi remuneri della sua dolcissima grazia. Raccomandatemi con affettuoso amore a cotesle donnei che preghino Dio per me, che mi faccia umile e soggetta al mio Creatore.

Amen. Laudato sia Jesù Cristo crocifisso.

4 [p. 261 modifica]Annotazione alla Lettera 193.

(.’/) Pietro Gambacorta,- cn: scrisse «anta Caterina la presente lettera, era di quel tempo capo della repubblica di E’iVa, per non dirlo signore, giacché a suo talento raggirava le macchine tutte di quel governo. Dominò più anni con assai prospero corso di fortuna, rottogli in fine dalla perfidia di Jacomo Appiani suo confidente, che a tradimento 1’ uccise I’ anno 1393, insieme con due suoi figliuuli, spianandosi cou tal morte la via per cni giunse a mettersi in signoria di quella città. Nella parte seconda della vita di s. Caterina, capo ottavo, è detto come dopo la fine della peste del 1374, nella qnale l’eroica

maratigliosa carità della* santa Patera resa celebre per tntta Toscana, molte persooe pie della cittA di Pisa l’arcano fatta richiedere per lettere e per messaggi che volesse degnarsi di andare a quella città. Fra quelli cbe le scrìssero, ano d«*bb* essere stato questo Pietro Gambacorti, capo delh fazione dei Bergolini, allora prevalente. , S. Caterina. Opere. T. VL iS