Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 187
Questo testo è incompleto. |
◄ | Lettera 186 | Lettera 188 | ► |
2o8 a AL Iiii DI FU ANCIA (4).
1., Adì 6 di maggio 1379.
I. Del lume che si ricerca per conoscere la verità; e dell’ amor proprio, da cui detto lume vieti tolto.
II. L’esorta a non volersi lasciar guidare dall’errore di coloro che non volevano riconoscere Urbano VI per vero pontefice, e gli adduce diverse ragioni.
III. Compiange i danni cbe medesimi partoriscono a lai ed alla santa Chiesa. „ Al /ionie di Jesà Cristo crocifisso e di Maria dolcc..
1. riissimo padre in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere in voi uno vero e perfettissimo lume, acciò che cognosciate la verità di quello che v’ è necessario per la vostra salute. Senza questo lume andaremmo in tenebre, la qual tenebre non lascia discernere quello che ci ò nocivo all’anima e al corpo, e quello che ci è utile; e per questo guasta il gusto dell’anima, che le cose buone le fanno parer cattive e le cattive buone, cioè il vizio; e quelle cose che et ’conducono a peccato, ci pajono buone e dilettevoli; e le virtù e quello che ci induce alla virtù ci pajono amare e di grande malagevolezza: ma chi ha lume eognosce bene la ve209 rità: e però ama la virtù e Dio, che è la cagione ili ogni virtù, ed odia il vizio e la propria sensualità, che è cagione d’ ogni vizio. Chi ci toìle questo vero e dolce lume? L’amor proprio che l’uomo ha a sè medesimo, il quale è una nuvola che offusca l’occhio deH’intelletto e ricopre la pupilla del lume della santissima fede; e però va come cieco ed ignorante, seguitando la fragilità sua, tutto passionato senza lume di ragione, sì come animale che, perchè non ha ragione, si lassa guidare al proprio sentimento. Grande miseria è dell’uomo il quale Dio ha creato all’imagine e similitudine sua, che egli voluntariamente per suo difetto si facci peggio che animale bruto, come ingrato ed ignorante non cognosce, nè ncognosce li benefìcj da Dio, ma ritribuisceli a sè medesimo. Dall’amor proprio procede ogni male. Unde vengono le ingiustizie e tutti gli altri difetti ? dall’amore proprio. Egli commette ingiustizia contra Dio, contra sè e contra al prossimo suo, e contra la santa Chiesa. Contra Dio la commette, che non rende gloria e loda al nome suo come egli è obbligato; a sè non rende odio e dispiacimento del vizio ed amore delle virtù; nè al prossimo la benivolenzia; e se egli è signore non gli tiene giustìzia, perchè non la fa se non secondo il piacere delle creature o per proprio suo piacere umano. Nè alla Chiesa rende 1* obbedienzia e non la sovviene, ma continuamente la perseguita: di tutto è cagione l’amor proprio, che non il lassa cognoscere la \ erità, perchè è privato del lume. Questo ci è molto manifesto, e tutto dì il vediamo e proviamo in noi medesimi, ehe egli è così.
II. Non vorrei, carissimo padre, che questa nuvola vi tollesse il lume; ma voglio che in voi sia quel lume che vi faccia cognoscere e discernere la Verità. Parmi, secondo che io intendo, che cominciate a lassarvi guidare al consiglio de’ tenebrosi (#), e voi sapete, che se l’uno cieco guida l’altro, ambidui caggiono nella fossa. Così diverrà a voi, se voi non ci ponete altro rimedio che quello che io sento. Honne grande ammirazione, che uomo cattolico che voglia) temere Dio ed esser virile, si lassi guidare come fanciullo, e che» non vegga come niella sè e altrui in tanta ruina,* quanta è di contaminare il lume della santissima fede per consiglio è dello di coloro che noi vediamo esser membri del dimonio, arbori corrotti, dei quali.ci sono manifesti i difetti loro per 1’ ultimo veleno che hanno seminato della eresia (C): dicendo che papa.Urbano VI non sia veramente papa. Aprite l’occhio deli intelletto, e reguardale che essi mentono sopra il capo loro, per loro medesimi si possono confondere, e veggonsi degni di grande supplicio da qualunque lato noi ci volliamo..
Se noi ci volliamo a quelli che essi dicono, che 1’ elessero per paura della furia, del populo, essi non dicono la verità, perocché prima l’avevano eletto con elezione canonica, ed ordinata sì come fosse eletto mai vermi altro sommo pontefice. Essi si spacciarono ben di fare la elezione per lo timore che il.populo non si levasse, ma non che per timore elli non eleggessero, misser Bartolomeo arcivescovo di Bari, il quale è oggi papa Urbano VI, e così confesso in verità e non.lo niego. Quello che essi elessero per paura, ciò fu missere di santo Pietro (Z)), apparbe evidente a ciascuno, ma la elezione di papa Urbano era fatta ordinatamente come detto è. Questo annunziarono a voi ed a noi^jE), ed agli altri signori del mondo, manifestando per opera quello che ci dicevano con parole, cioè facendoli riverenzia, adorandolo come Cristo in terra, e coronandolo con tanta solennità; rifacendo di nuovo 1’ elezione con grande concordia: a lui come sommo pontefice chiesero le grazie ed usaronle; e se- non fusse stato vero, che papa Urbano fusse papa, ma che lo avessero eletto per paura, e non sarebbero essi degni eternalmente di confusione? Che le colonne della santa Chiesa poste per dilatare la fede, per timore della morte corporale volessero dare a loro ed a noi morte’ e terna le? Mostrandoci por padre quello che non fusse? 21 I E non sarebbero essi ladri, tollendo ed usando quello che non potessero usare? Sì ben; se vero fusse quello cbe ora dicono cbe non è, anco è veramente papa Urbano AI, ma come stolti e matti accecali dal proprio amore, hanno mostrata e data a noi questa venta, e per loro tengono la bugia: tanto la confessarono questa verità, quanto la santità sua indugiò a voler correggere i vizj loio: ma come egli cominciò a morderli ed a mostrare, che lo scellerato viver loro li era spiacevole e che egli voleva ponervi il rimedio, subito levarono il capo. E contra cu» l’hanno levato?
contro la santa fede. Fatto hanno peggio che cristiani rinnegati.
III. O miseri uomini ! Essi non cognoscono la loro ruina, nè chi gli seguita, cbe se la cognoscessero, essi chiederebbero l’adiutorio divino; ricognoscerebbero le colpe loro, e non sarebbero ostinati come dimoma, che drittamente pajono dimonj, e preso hanno )’officio loro. L’officio delle dimonia è di pervertire l’anime da Cristo crocifisso, sottrarle dalla via della verità, e inducierle alla bugia e recarle a sé, che è padre delle bugie per pena e per supplicio, dando a loro quello che egli ha per sè. Così questi vanno sovvertendo la verità, la qual verità essi medesimi ci hanno data, e riducendo alla bugia, hanno messo tutto il mondo in divisione; e di quel male che essi hanno in loro, di quello porgono a nei. Voliamo noi ben conoscere questa verità? Or ragguardiamo e consideriamo la vita e costumi loro, e che séguito essi hanno 7 O pure di loro medesimi, che seguitano le vestigie delle iniquità, perocché l’uno dimonio non è contrario all’altro, anco s’accordano insieme. E perdonatemi, carissimo padre: padre vi terrò in quanto io vi *egga amatore della verità e confonditore della bugia: perchè io dico così, perocché’l dolore deila dannazione loro e d’altrui me rie cagione,l’amore ch’io porto alla salute loro. Questo non dico in dispregio loro in quanto-creature, ina in dispregio del vizio c dcll’erc-
2 l 2 sia che essi hanno seminata per tutto il mondo, e della crudeltà che essi usano a loro e aU’anime tapinelle che per loro periscono; delle quali li converrà render ragione dinanzi al sommo giudice: che se fussero stati uomini che avessero temuto Dio o la vergogna del mondo, se Dio non volevano temere: se papa Urbano gli avesse fatto il peggio, che egli l’avesse potuto fare, e maggiore vituperio averebbe pazientemente portato ed eletto innanzi mille morti, che fare quello che hanno fatto, che a maggior vergogna e danno non possono venire, che apparire agli occhi delle creature scismatici ed eretici contaminatori della santa fede. Se io veggo il danno dell’ anima e del corpo, si mostrano per l’eresia privati di Dio per grazia, e corporalmente privati della dignità loro (F) di ragione, ed essi medesimi l’hanno fatto. Se io ragguardo il divino giudicio, elli si vede presso a loro, se non si levano da questa tenebre, perocché ogni colpa è punita e ogni bene è remunerato. Duro li sarà a ricalcitrare a Dio, se tutto lo sforzo umano avessero.
Dio è somma fortezza che fortifica i debili che ci confidano e sperano in lui. Ed è verità, e la verità è quella cosa che ci delibera. Noi vediamo, che solo la verità de’ servi di Dio seguitano e tengono questa verità di pupa Urbano VI, confessandolo veramente papa, come egli è; non trovarete un servo di Dio che tenga il contrario (G), che sia servo di Dio; non dico di quelli che portano di fuore il vestimento della pecora, e dentro sono lupi rapaci. E credete voi, che se questa non fusse verità che Dio sostenesse, che i servi suoi andassero in tanta tenebre (//) ? Non il sosterrebbe.
Se egli il sostiene all’iniqui uomini del mondo, non sostiene a loro, e però l’ha dato lume di questa verità, perchè non è spregiatore dc’santi desiderj, anco ne è accettatore come padre benigno, e pietoso che gli è. Questi vorrei che voi chiamaste a voi, a farvi dichiarare di questa verità, e non voliate ondare sì ignorantemente. Non vi muova la passione propria (/), 2 1 3 che ella sarà peggio a voi che a persona. Abbiate compassione a tante anime, quante mettete nelle mani delle dimonia. Se non volete fare il bene, ’almeno non fate male, ch’el male spesse volte torna più sopra colui che’l fa, che sopra colui a cui vuole essere fatto; tanto male n’esce, che ne perdiamo Dio per grazia, consumansi e beni temporali, e seguitane la morte degli uomini. Doimè! e non par che noi vediamo lume, che la nuvola dell’ amor proprio ci ha tolto il lume, e non ci lassa vedere; per questo siamo atti a ricevere ogni mala informazione che ci fusse data contra la verità dagli amatori di loro medesimi; ma se averemo il lume non sarà così, ma con grande prudenzia e timore santo di Dio, vorrete cognoscere ed investigare questa verità per uomini di coscienzia e di scienzia. Se voi vorrete, in voi non cadrà ignoranzia, perchè avete costà la fontana della scienzia (K), la quale temo che non perdiate, se voi terrete questi modi, e sapete bene come ne starà il reame vostro, se saranno uomini di buona coscienzia, che non vogliano seguitare il piacere umano con timore servile, ma la verità; essi vi dichiareranno e porranno in pace la mente e l’anima vostra. Or non più così, carissimo padre; recatevi la mente al petto, pensate che voi dovete morire e non sapete quando; ponetevi dinanzi all’occhio dell’intelletto Dio e la verità sua, e non la passione nè l’amore della patria, che quanto a Dio non doviamo fare differenzia più d’uno che d un altro, perchè tutti siamo esciti dalla sua santa mente, creati all’ imagine e similitudine sua, e ricomprati nel prezioso sangue dell’ unigenito suo Figliuolo. So’ certa, che se averete il lume voi il farete, e non aspettarete il tempo, perchè il tempo non aspetta voi, ed invitarete loro a tornare alla santa e vera obbedienzia, ma altrimenti no. E però dissi che io desideravo di vedere in voi un vero e perfettissimo lume, acciocché col lume cognosciate, amiate e temiate la verità. Sarà S. Caterina. Opere. T. V I. i5 2 14 allora beata l’anima mia per la salute vostra, di vedervi escire di tanto errore. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonatemi, se troppo v’ho gravato di parole. L’amore della vostra salute mi coslrigne a più tosto dirvele a bocca con la presenzià (Z), che per scritta. Dio vi riempia della sua dolcissima grazia. Jesù dolce, Jesù amore. èlnnotaztottt alla Lettera IST.
(A) Di questa lettera dettata colla più efficace e soda eloquenza, bellissimo è il testimonio che ne dà Papirio fllassonio scrittore assai famoso dell’ istone di Francia. Si adunque egli r ba scritto.
Exlant Cathnrince scnensis Epistolce plures ad Urbnnurn, proqtie ejut causa ad Carolum V re geni scripta Pridia Non. mnji ì’i’jg, qua nihil gravius, nihil elegantius, aut concipi animo, aut scribi ab ullo illius temporis viro certe potuisset, ne Petrarca quidem excepto, cujus ingeniunt admirari, et cceteris illius cetatis scriptoribus opera ejus antrjerre solen. Sp non è abbaglio nel titolo, di che non ho argomento di mover dubbio, è scritta questa lettera il di e r anno stesso in co ne formò altre tre assai lunghe, ordinate alla re3na Giovanna di ^Napoli, a Romani, ed al conte Alhenco da Balbiano, essendo tutte de’ 6 di maggio del 1379, cioè dell’anno che precorso alla morte sì «Iella santa, h del re Carlo. E certamente è cosa di gran maraviglia, che questa vergine in un sol giorno scrivesse o dettasse tante lettere, e lunghe e gagliarde, come sono l’accennate pur ora, onde giustamente può credersi, che di maniera speziale avesse in ciò 1’ ajnto del cielo.
(B) Panni. secondo che io intendo, che cominciale a lasciarvi guidare al consiglio de’ tenebrosi. Gli scrittori francesi, e massimamente Maimburg (Ilistoire du Grand Schism. d’Occid.) e Natale Alessandro (Sect. i3 e 14, part. 2, cap. io, art. 9, Select. Ilist.) ci presentano la condotta del re Carlo per rapporto allo scisma, siccome piena di circospezione e affitto conforme a quanto la prudenza più eonscienziosa può snggerire in affare dì tanta importanza.
Il Rinaldi per contrario ce lo fa non pure il più valido sostenitore, ma l’architetto principale, nè già per inganno, nia avvedutamente e per motivi politici.
(C) Per r ultimo veleno che hanno seminnto della eresia. In che senso debba intendersi la voce che usa la santa d’ eresia per lo scisma, s’osservò nell’annotazioni alla lettera 17.
(D) Quello eh’ essi elessero per paura, ciò fu missere di santo Pietro, Veggasi intorno a ciò quel tanto che s’ avvertì nell’ anno* tazion’ alle lettere i5 e 3i.
(E) Questo annunziarono a voi ed a noi. Fattasi 1’ elezione dk Urbano, scrissero i cardinali a’principi cristiani, e certo in primo luogo avranno passato un tal ufficio col re francese, di cui erano ) più di loro sudditi per nascimento, dandone loro parte senza far parole di violenze o di terrore recato loro dal popolo di Roma, alzatosi a tumulto. Tra le alire è degna di leggersi quella cbe uè scrissero a’sei cardinali rimastisi in Avignone, in cui così favellano.
Quia plerumqiie, imo ut plurimum, prefertim in rebus arduis, fnmce loquacitas ventatali qnibttsdam coloribus adulterini* obnubilai, ideo qnod its helns in romana ecclesia, cnjus honorabililia membra et snblirnes, collimate, pariter nobiscum existitis geslum fit vobis pircsenti scriplioms veridica ciiraviiiius intimare; ut ex his qui voi)is lem aliter narravennt, aut scrìpserint non credati!, timentes vestree hac nostra intimatione clorificatce in tranquillo, oc sereno veritatis Ultore cofu/uiescant ec. indi soggiungono. Ad personam reverendissimi iu Christo patris Domini Bartholomei archi piscopi Bareusis, viri nlique tnagnoruni meritnrum dar ita te. con spiati et multiplicium virlutimi lampade rejulgentis, libere et imanimiter dire.rimus vaia nostra, eurn ad celsitudini! apostolica speculata concordila evoctHtt’es. .
(F) Privati della dignità loro. Furono i cardinali fautori ili Clemente tolti dal collegio do’ sagri porporati da Urbano VI, avendone già deposti (bil grado tre di loro de’ più colpevoli ai 6 di novembre del 137S, fulminando pur sii di loro la scomunica.
(G) IS an trovarete un servo di Dio che tenga il contrario. Non portò leggiere impaccio agli scrittori, cbe impresero disceverare il drillo dal torlo in questa gran causa dello,scisma, il fatto del trovarsi dall’ un partito e dall’altro buon numero di persone che fu* rouo poi insignii» di cornuti consentimento della Chiesa, del (itolo di sanli o di beali, come attesta s. Antonino (Som. hist. lit. 22, c. 2. ). Deesi per allro osservare cbe s. Vincenzo Ferreri e il bealo Pietro di Lucemburgo, cbe si tennero a Clemente, erano assai giovani d1 età, quando nacque lo scisma, essendo il primo d’anni 24, il secondo d’ anni 12; nè poleano essere a cognizione della santa, quando scrisse questa lettera. Devesi pur avvertire, che, prescindendo da lumi particolari del cielo, la distanza di luogo e di tempo dai principj dello scisma ha potulo rendere diffìcilissimo il discernimento della ragione; attese specialmente le false esposizioni dei fatti, che con sommo slndio erano stale propagate dagli scismatici e la difficoltà in molli paesi, di averne le vere. Tantoché il famoso Gio. Gersone. (De modo se habemli n schiomate), scrisse!
Jn schisinole prcesenti latti dubio, ternerurium, injuriosum et scandalosum est asserere omnes teneutes Ulani partem, vel alterata, vel otnnes neutrales etiam absolutos, esse, univcrsaliter extra stalum salutis, vel excornunicatos,* vel rationabiliter de schismate susptdos.
Av*erte*i per alcuno autore questa diversità tra sanli che seguirono Urbano e gli /il(ri, che «’attennero a Clemente; che (pici a tulio loro potere s‘ ingegnarono collo scritto e colla vote di condurre altri al loro parlilo, facendosene capi e difensori, come appunto furono la nostra sanla C.aterina, quella di Svezia, che standone di quel tempo a Kuma, die solenne testimonianza della legittima elezione d’Urbano, la beala Orsnlina da Partita, andai» d’ordine di Dio ben due volle ad Avignone a sgridare Clemente, il bealo Pietro d’Arragona, che con cffìcacisitime lettere procurò tenere iu fede d’Urbano i re «li 1 rami t, di Gattiglia e d’Arragona, suoi stretti congiunti, per lacere d’altri sanli uomini di quella eia; ove s, Vincenzo, il bealo Pietro di Lucemburgo e la beata CoIella, qnant nnque sì telanti dell’ anime. e degnali dal cielo di s t ra orili un rj favori, non allro fecero a prò del loro parlilo, che dare ubbidienza a Clemente cbe areauo per legittimo pontefice, ed al suo successore, senza distendere l’iiidiiMrie della loro carila inverso degli altri. E cerio riuscirà strano a risguardo specialmeniu di s. Vincenzo, the tanto faticò a guadagnar* anime a Dio, su trovandosi non rii rado in p»e»i cbe seguivano il partito d’Urbano.
come erano le proviocie della Francia suddite allora a’ re inglesi e la Brettagna, non s’adoperava a far acquisto delle anime di tanti scismatici, quanti erano i seguaci d’Urbano, e tulli fuori della via di salute, come egli avea scritto al dire del It iluzio; staudu tutto a condurre gli eretici alla fede ed i peccatori a penitenza; e pure nulla affatto egli impiegò del suo grandissimo zelò iu quell’opera, per quanto se n’ lia nella sua leggenda.
//) Che i servi suoi andassero in tanta tenebre. Ciò che qui dicesi dalla santa, credo essere lerissimo, se intendasi della maniera che qui accenno; cioè (piando essi a calde istanze chiedano al Signore, per sictirare le loro coscienze d’ essere in ciò illuminati ? e s.ugolarmcute, se d’ordine del Signore devon impiegarsi ad altrui beneficio. E veramente non si può pensare, che Iddio sostenga, che uomini priulegiati delle sue grazie più singolari, e che hanno tutti ì segn1 di essere suoi amie? prediletti, usino deU’aulorilà che loro ne proviene, per condurre gli uomini nell’errore. Di s. Vincenzo Ferrerio consta, come è dello nella nota superiore, che nulla o pochissimo si adoperò per la causa di Clemente e dei successori di lui, ma in vece, quando a Dio piacque, usò ogni sforzo per estinguere lo scisma, confortando Benedetto XIII a piegarsi id accomodamento, e abbandonandolo come il vide ostinato, e inducendo a lare, lo stesso il re d’Arragona.
/) Non vi muova la passione propria. Ragione precipua, per cni si volle accagionare il re Carlo d’aver favorito lo scisma, si è l’interesse che egli e i Francesi vi avevano, per riporre la sedia pontificia iu Avignone.
(A) Perchè avete costà la fontana della scienzia. Di questo bello aggiunto onora sauta Caterina l’Uimersità di Paridi. Questa, come la più antica della cristianità fondnM del 791 da Carlouiagno, cosi fu riputata come madie e maestra dell’altre, ed ebhesi a tulli i tempi per la più illustre; celebrata perciò da’sommi pontefici e dagli scrittori con elogj sublimi; essendo da essa usciti i più antichi e rinomati autori, che abbiano scritto delle scienze dinne.
E composta di quattro facoltà, e contiene sessautalrè collegi, de’qnali il primo è quello detto di Sorbona, da cui assai volte (’Università tutta trae il nome, appellandosi per molli la Sorbona.
(L) L’amore della vostra salute in’, costringe a più tosto dir vele a bocca con la presenzia. Cbe la sanla bramasse di portarsi a Napoli a ridurre quella reìna all ubbidienza d’Urbano, si ha dalla sua leggeuda; e che pure avesse in-desiderio di passare in Francia a questo fine stesso, vedtsi da queste ultime parole della lettera.