Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 173
Questo testo è incompleto. |
◄ | Lettera 172 | Lettera 174 | ► |
ALLA SOPRASCRITTA MONNA GIOVANNA ED ALTRE FIGLIUOLE IN SIENA (A).
- 1 I. Della mansuetudine e carità di Gesù Cristo dimostrataci nella sua morte; e della mansuetudine cbe ci ba insegnato col suo esempio, movendoci a pregare per li nostri prossimi, e tutti quelli cbe ci fanno ingiuria, e spogliarci della propria volontà.
li. La ragguaglia come le cose del santo passaggio andavano di bene in meglio, pregando queste ad orare e crescere sempre nelle virtù.
Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. ^^dilettissime e carissime figliuole in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, e madre vostra in Cristo, scrivo a voi, e contortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, il quale fu agnello mansueto ed immacolato, e svenato non per forza di chiodi o di lancia, ma per forza d’amore e smisurata carità, la quale aveva ed ha alla creatura.
O carità ineffabile dello Dio nostro! Tu m’hai insegnato, dolcissimo amore, ed ainmi mostrato non con sole parole, perchè tu dici che non ti diletti di molte parole, ma con l’operazioni, delle quali tu dici che li diletti, le quali tu richiedi a servi tuoi. E che m’hai tu insegnato, carità increata? m’hai insegnato, che io, come agnello pazientemente sostenga non solamente le parole aspre, ma eziandio le percosse dure ed aspre, le ingiurie e danni, e con questo vuoli ch’io sia innocente ed immacolata, cioè, senza uocimento a neuno de’ prossimi e fratelli miei, non solamente a quelli che non ci perseguitano, ma a coloro che ci fanno ingiuria; e vuoli che per loio preghiamo come per speciali amici, che ci danno buono e grande guadagno, e non solo nelle ingiurie e danni temporali vuoli che noi siamo pazienti e mansueti, ma generalmente in ogni cosa, la quale sia contra la mia volontà, come tu non volevi che in veruna cosa fusse fatta la tua volontà, ma quella dei padre tuo. Come adunque levaremo il capo contra la bontà di Dio, volendo che » adempiano le perverse nostre volontadi, e non vorremo che fusse adempiuta la volontà di Dio? 0 dolcissimo amore Jesù, fa che sempre s’adempia in noi la volontà tua, come sempre si fa in cielo dagli angeli e santi tuoi. Questa è, dilettissime mie figliuole in Cristo, quella mansuetudine, la quale vuole il nostro dolce Salvatore trovare in noi; cioè, che noi, con cuore tutto pacifico e tranquillo, siamo contenti d’ogni cosa ch’egli dispone ed adopera inverso di noi, e non vogliamo nè luogo, nè tempo a nostro modo, ma solamente a suo; ed allora l’anima così spogliata d’ogni suo volere, e vestita della volontà di Dio è molto piacevole a Dio, la quale come cavallo sfrenato corre di grazia in grazia velocissimamente, e di virtù, in virtù, che non ha neuno freno che la tenga, che non possa corrire, perocché ha tagliato da sè o^ni disordinato appetito e desiderio di propria volontà, i quali sono freni e legami, che non lassano corrire l’anime degli spirituali.
II. 1 fatti del passaggio (B) continuamente vanno di bene in meglio, e l’onore di Dio ogni dì cresce più; crescete continuamente in virtù, e fornite la navicella dell mime vostre, perocché il tempo nostro s’ap144 prossima. Confortale e benedicete Francesca da parte di Jesù Cristo e da ni in,-ditele che sia -sollicita, sicché io la trovi cresciuta in virtù quando io tornarù.
Benedite e confortate tutti i miei figliuoli in Cristo.
dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore.
1.. ’ t
(A) Ancora questa lettera nell'antiche impressioni era posta due volte, cioè al numero 185 ed al numero 322, variando solamente nel titolo; poiché ove al primo de' citati numeri vedeasi scritta a monna Cecca di Clemente, ed a certe altre sue figliuole; al secondo s’aveva a monna Giovanna di Capo, ed altre figliuole in Siena, di che si vede che essendo indirizzata a più persone, fu il titolo variato a capriccio di chi ne fece le copie, spettando la lettera sì a questa Giovanni di coi si parlò pur ora, e si a Cecca di Clemente Gori, della quale e già si è parlato e sì parlera in seguito, (B) 1 falli del passaggio, ec. Come ardentemente bramavasi dalla santa l’impresa di Terra Santa, cosi mai finita di tornarti su colla penna, daudone knone speranze a’suoi familiari ed efficaci impilisi a’ prìncipi e signori. Trattatasi d’ essa assai caldamente del 1374 e del 1375, prima che nascessero le turbolenze deMa loscana.
((.*) Ora a (juesli dì è venuto /’ ambasciatore della regina di Cipri, e parlottimi. Eleonora reina di Opri, figliuola del principe d’Antiocbi , e vedova del re Pietro I, governava quell isoli nella minorità del figliuolo Pietro II, detto a cagione dell’età, Pierino.
Come quell’ isola era sopra ogni altra esposta ag insulti de’ barbari infedeli, onde anche perciò stava raccomandata a Raimondo Berengario, gran maestro di Rodi, ed » suoi cavalieii d ordine di Gregorio XI, così questa principessa, seguendo i sentimenti del re suo sposo, 1100 desisteva dal stimolare il pontefice all impresa contro agl’infedeli, inviandogli di questi giorni ambasciatore, il quale di questa spedizione favellò colla santa forse d’ordine della reina, essendo bene a lotti noto quanto intorno a ciò ella faticasse continuo.
Credo che la sauta a questo tempo fosse in Pisa, ove questo signore s, portò ad aspettarsi il comodo dell’ imbarco p«r AvU guone.
f