Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 172

Lettera 171 Lettera 173

[p. 138 modifica]i 138 A MONNA GIOVANNA DI CAPO ED A FRANCESCA IN SIENA (A).

  • ~ * I. Della »«rtìi della carila e suoi effe!ti, esortandole ad accendersi dà qne%to fuoco divino, con annegare la propria volontà, e concepire odio di si medesime, il cbe s’ acquista nel conoscimento di sè.* II. Lo esorta a nutrirsi di sangue di Gesù Cristo, ed aj(ilare la f santa Chiesa ne’ cuoi bisógni coll’orazioiii.

Al nome di Jesà Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. 4*/de tlissi me e carissime figlinole mie. Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi tutle arse e consumale nel fuoco della divina carità, sì e per sì fallo modo, che ogni amore proprio e freddezza di cuore e tenebre di mente, abbi a cacciare fuore. Questa è la condizione della divina carila, che sempre «doperà e mai non si slanca, siccome 1’ usurajo sempre guadagna il tempo per lui: se dorme, guadagna; se mangia guadagna, e ciò che fa, guadagna e non perde mai tempo. Questo non fa l’usurajo, ma il tesoro del tempo; così fa la sposa innamorata di Cristo arsa nella divina carità, sempre guadagna, e mai non sta oziosa: egli dorme | la carità lavora, mangiando, dormendo e vegliando: ciò cli

fa, (fogni cosa trac il lVu4.l@. 0 curila piena di letizia, tu sci

[p. 139 modifica]quella madre che nutrichi i figliuoli delle virtù al petto tuo: tu se’ricca sopra ogni ricchezza, inlantochè l’anima che si veste di te, non può essar povera. Tu li doni la bellezza tua, perocché Ja fai una cosa con teco, perchè, come dice santo Joanni, Dio è carità, e chi sta in carità sta in Dio, e Dio in lui. 0 figliuole carissime, gaudio eletizia dell’anima mia, raggiorniate 1’ eccellenzia e la dignità vostra, la quale riceveste da Dio per mezzo di questa madre della carità, che sì forte fu 1’ amore che Dio ebbe alla creatura, che ’l mosse a trarre noi di sè, e donarci a noi medesimi la immagine e similitudine sua, solo perchè noi godessimo e gustassimo lui, e participassimo l’eterna sua bellezza. iNon ci fece animali senza intelletto e memoria, ma egli ci diè la memoria a ricevare i benefizj suoi, e lo intendimento ad intendare la somma sua eterna volontà, la quale non cerca, nè vuole altro che la nostra santificazione, e la volontà ad amarla!

subito che l’occhio del cognoscimento intende la volontà del Verbo, che vuole che’l seguitiamo per la via della santissima croce, portando ogni pena, strazj, scherni e rimproverj per Cristo crocifisso, che è in noi, che ci conforta, la volontà si leva subito riscaldata dal fuoco di questa madre della carità, e corre ad amare quello che Dio ama, ed odia quello che egli odia, inlantochè non vuole cercare, nè desiderare, nè vestirsi d’ altro che della somma eterna volontà di Dio; poiché egli ha inteso e veduto, che egli non vuole altro che ’l nostro bene, vede che gli piace e vuole essar seguitalo per la via della croce!

è contento, e gode di ciò che Dio permette, o per infirmiti, o per povertà, o, ingiuria, o villania, o obbedienzia incomportabile ed indiscreta: d ogni cosa gode ed esulta, e vede che Dio il permette per sua utilità o perfezione: non mi maraviglio se ella è privata, della pena peiocchè ella ha tolto da sè quella rosa che dà péna, ciou la propria volontà fondata nell’ nuiore proprio e vestito della volontà di Dio fondata [p. 140 modifica]i4o in carità. E se voi mi diceste: madre mia, come ci vestiremo? rispondovi; con l’odio e con lamore: che l’amore la vestire dell’amore, siccome colui che si veste, che per odio che egli ha al vestimento vecchio, se lo spoglia, e con l’amore si mette il nuovo indosso.

O il vestimento, figliuole mie, è quello che veste ? no, anco è l’amore, perocché’l vestimento per sè medesimo non si mutarebbe, se la creatura non l’avesse preso per amore. Unde potremo ricevare questo odio?

solo dal cognoscimento di voi medesime, vedendo voi non essare, il quale folle ogni superbia e infonde vera umilità, il quale cognoscimento fa trovare il lume e la larghezza della bontà di Dio, e la salute ed inestimabile carità, il quale non è nascosto a noi; era bene nascoso alla grossità nostra prima che’l Verbo unigenito Figliuolo di Dio s’incarnasse; ma poiché volse essare nostro fratello, vestendosi della grossità della nostra umanità, ci fu manifesto, essendo poi levato in allo, acciocché ’l fuoco dell’amore fosse manifesto a ogni creatura, e.tratto fusse il cuore per forza d’amore.

Dunque bene è vero, che l’amore trasforma, e fa una cosa l’ amato con colui che ama.

II. Or sollicile dunque, figliuole mie, a distendere il braccio dell’amore a prendere e riponcre nella memoria quello che l’intendimento ha inteso: a questo modo sarà adempito il desiderio di Dio e mio in voi, cioè, eh’ io vi vedrò arse e consumate e vestile del fuoco della divina carità? fate, fale, che vi notrichiate di sangue, che tosto ne vengono i tempi nostri. Non vi maravigliate se non siamo venute, ma tosto ne verremo, se piacerà alla divina bontà: per alcuna utililà della Chiesa e volontà del Padre santo, ho sostentato per uno poco il mio venire (B). Pregovi e coniandovi a voi, figlinole e figliuoli, che tutte preghiate e offeriate orazioni, sanli

dolc» desideri dinanzi a Dio per la santa Chiesa, perocché mollo è perseguitala. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore.

[p. 141 modifica]Annotazioni alla Fretterà 172.

(J) Qaesta Giovanna detta di Capo forse della famiglia Capi sauese, ed estinta, fu delle compagne

discepole di santa Caterina; ed nna di quelle che le tennero compagnia, si quando la santa ne andò a Firenze d’ ordine di Gregorio XI, ove fu dalla medesima sanata da infirmila, che datale gran travaglio ad un piede» sì quando d’ordine d’Urbano VI ne andò a Roma, come leggesi nella vita d’essa. L’altra, acni va questa lettera, fu forse la Francesca Tolomei, di cui sì favellò di sopra, giacché la Gsri è per la santa d’ ordinario appellata Cecca. Questa lettera per inavvertenza nelle antiche imptessioni avea«i due volte, cioè al numero 184, tra quelle scritte a diverse mantellate, ed al numero 321, con quelle indirizzate a donne secolari.


(B) Per alcuna utilità della Chiesa e volontà del Padre santo, ho sostentato per uno poco il mio venire. Forse fu scritta la lettera nel tempo ch’ella stavak non a Pisa o a Lucca a trattare con quelle repubbliche a favor del pontefice, giacche ad esse andò senza averne ordine dal pontefice, come s’ha dalla lettera prima a Gregorio XI; e nè pure in quello che dimorò o a Firenze o ad Avignone, avendole nellnno e nell’altro tenuta compagnia qnesta Giovanna-: ma in altro, in cui il pontefice impiegivala a beneficio dell’anime, non avendosi perfetta notizia de’viaggi per essa teuuti io diversi luoghi d’Italia.

S. Caterina. Opere, T. VI.

to.