Epigrammi (Alfieri, 1903)
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Questo testo fa parte della raccolta Epigrammi, Satire, Misogallo (Alfieri, 1903)
EPIGRAMMI.
Indice
- I. Signor, perché del tuo disutil peso
- II. Tutto a contanti recano i Britanni
- III. Tu m'inviasti (e fu maligno il dono)
- IV. Oh degli antiqui cavalier ben degna
- V. Alta due palmi e mezzo a tre non giunge
- VI. Clizia, mondana ancor, ben mille amanti
- VII. Angli che dite, ei non fu vostro re
- VIII. Io non so se più amico
- IX. A donna un uom non basta
- X. Son dur, lo seu, son dur, ma i parlo a gent
- XI. S' l' è mi ch' son d' fer o j' Italian d' potìa
- XII. Mi trovan duro
- XIII. Tutto rosso fuor che il viso
- XIV. Papa infallibile
- XV. Dare e tor quel che non s'ha
- XVI. Fosco, losco e non Tosco
- XVII. Tolti di mie tragedie i due t'hai tu
- XVIII. Tragedie due già fe'
- XIX. Gli Angli, già liberi, or vendon sè
- XX. Pedanti, pedanti
- XXI. Uom di corte e di fede
- XXII. Il papa è papa e re
- XXIII. Hammi il vostro biasmarmi assai laudato
- XXIV. La nullità dell'uno inserto al zero
- XXV. Approvazione
- XXVI. Toscani, all'armi
- XXVII. Più d'un le piace
- XXVIII. Tigre coniglio
- XXIX. Biasmando laudate
- XXX. Un Arcivescovo
- XXXI. L'uom che in un sol sonetto
- XXXII. A voler mordere
- XXXIII. Di Firenze è scacciato
- XXXIV. Io professor dell'università
- XXXV. Sono il Moschi e il Gramosi una pariglia
- XXXVI. Sia pace ai frati
- XXXVII. Padre trent'anni muto il Pretendente
- XXXVIII. Ce grand procès, à mon avis
- XXXIX. Che pretende il Pretendente
- XL. Il bestemmiar gli Angeli, i Santi e Dio
- XLI. Mai non pensa altro che a se
- XLII. Donna, che altrui togliendo ogni speranza
- XLIII. Cent soixante notables
- XLIV. D'invidietta pregno
- XLV. L'oro pria, poscia il sangue, indi la fama
- XLVI. Un vil proverbio corre
- XLVII. Qual dei due Bruti è il primo
- XLVIII. Ci va dicendo Orpel ch'ei mai non dorme
- XLIX. Semi-Claudi imperanti
- L. De' principi il flagello
- LI. Mordimi, prego, ma co' denti tuoi
- LII. Gli equestri re, che instatuarsi al vivo
- LIII. Dio la corona innesta
- LIV. A tre cose non mai congiunte pria
- LV. Massirizio tutto sa
- LVI. Capitano; è parola
- LVII. Ho visto già quel ch' è
- LVIII. Lauda tu sol te stesso
- LIX. L'arte sua ciascun faccia. Il vero scriva
- LX. Forse alcun pregio aveano
- LXI. A diverbio un eunuco era venuto
- LXII. Chi fu, che fece e che mertò costui
- LXIII. Vuoti il capo, le man, la borsa e il cuore
- LXIV. Crudo è lo scherzo, che vien fatto a voi
- LXV. Il raccoglier brutture per le strade
- LXVI. Chi di parer non cura, un uom fors'è
- LXVII. D'ampia guerra brevissima rassegna
- LXVIII. Al mio nascer ci fui, ma mezzo appena
- LXIX. Spogliar chi mal suoi panni difendea
- LXX. Libertà che vuol tormisi lung'Arno
- LXXI. Fattisi in Gallia re gli avvocatuzzi
- LXXII. Sacro ebbi già di cittadino il nome
- LXXIII. Mi vien da rider, quand'io sento dire
- LXXIV. Per abborrir quanto è dovere i Galli
- LXXV. Festevol motto arguto
- LXXVI. Al Doge, ed ai suoi Veneti, giudizio
- LXXVII. Lucca, a te forse contro al Gallo crudo
- LXXVIII. Poiché il destino ci vuol pur divisi
- LXXIX. Base di ogni opra bella, il nascer bene
- LXXX. Nei prolissi calzononi
- LXXXI. Ecco nascer Penelope da Frine
- LXXXII. Non che a te, fida suora, ai più remoti
- LXXXIII. Dopo tanti gran secoli da cani
- LXXXIV. Il soggiacer a un re assoluto, è un guai
- LXXXV. Volar non pon senz'ali i Galli-cani
- LXXXVI. Per liberarmi
- LXXXVII. Chi in Bisanzio, chi in Grecia e chi in Egitto
- LXXXVIII. Molti siete; i' son uno
- LXXXIX. In Levante audaci e preste
- XC. Perch'ei cangi impostura
- XCI. Vedete, s'io son tondo
- XCII. Benché nulla importar ti dee di Quelli
- XCIII. Fra l'opre tutte degl'Iddii più altere
- XCIV. Nel punto in cui di Galli armati schiavi
- XCV. Nabidi, e Cato; ripugnanti sempre
- XCVI. Di Venezia, e di Genova, e di Roma
- XCVII. Sia l'avvenir qual vuolsi, a me pur sempre
- XCVIII. Sempre eccellenti i Galli in altere opre
- XCIX. Agli Europei propongono i Francesi
- C. Vanto primo, è il formar cose novelle
- CI. Mista coll'irto crin, del crin più sconcia
- CII. In Campidoglio un teschio di cavallo
- CIII. Du' avvocati, due medici e un chirurgo
- CIV. Di libertade il vero arbor son io
- CV. Due parole enimmatiche
- CVI. Securo alfìn l'italo Alfier qui giace
- CVII. Dei Francesi per togliersi la noia
- CVIII. Due Consolini appesi a un Ciondolone
- CIX. Baionette, cannon, tamburi e schioppo
- CX. E qui il socco, se in piede anco mi sta
- CXI. Le prime quattro Alfieriche; la quinta
- CXII. Forse inventava Alfieri un ordin vero
- CXIII. Queste tue polveri
- CXIV. Fame, imbratta d'inchiostro
- CXV. Odo ogni uomo arditamente
- CXVI. Re, confessori, medici, avvocati
- CXVII. Dai Galli in rima le tragedie fersi
- CXVIII. Filippo, abbozzo sudicio qual sei
- CXIX. Rado nuoce il tentar; talvolta giova
- CXX. Lasciai la spoglia, ma il furor non lasso
- CXXI. Le forti rocche, cui né prender mai
- CXXII. Chi dai miei Bruti tien dissimil me
- CXXIII. Le Mosche e l'Api