Enrico/Atto I
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ATTO PRIMO.
SCENA PRIMA.
Enrico e Matilde.
Dunque pensar della mestizia vostra?
Quale arcano è mai questo?2 In faccia mia,
In faccia di colui ch’è l’amor vostro
Sparger lagrime a rivi?
Matilde. Io non v’ascondo
I miei giusti timori. Il Re cadente
Presto è al fin della vita. Ei non ha figli;
Voi gli3 siete nipote, e de’ nipoti
Il più caro, il più degno. A voi s’aspetta
Che un’aura di fortuna4 a me vi toglie,
Contenermi non posso...
Enrico. Oh dio, Matilde,
Questo vostro timor troppo m’offende.
Non pensate giammai che ’l mio destino
Si divida dal vostro; anzi voi sola
Formate il mio destin, voi la mia pace.
Matilde. Così Enrico favella. Ah! non so come
Il Re mi parlerà. Suole il monarca
Con altr’occhio mirar che quel d’amante;
E all’altezza del trono invano aspira5
Basso amor di vassalla.
Enrico. Al trono stesso
Antepongo Matilde; e se degg’io
Questo scettro impugnar, giuro di farlo
Per divider con voi la mia grandezza.
Matilde. Tutto sperar vogl’io dal vostro affetto;
Ma li sudditi vostri a voi potranno
Cercar donna regal per lor sovrana6;
Voi negar noi potrete, ed io, infelice,
La non ingiusta infedeltà costretta
A perdonar sarò7.
Enrico. Troppo ingegnosa
Siete nel tormentarvi. Se il destino
Mi vuol re di Sicilia, ha da volere
Per regina Matilde. I miei vassalli
Legge non mi daranno. In faccia ad essi
Voi sarete mia sposa e lor sovrana.
Ve lo giuro, mia vita, e in testimonio
Chiamo quanto fra noi v’ha8 di più sacro.
Matilde. M’affiderò per moderare in parte
Con la speme il dolor.
Cose remote ancor. Vive Ruggiero,
E può viver molt’anni.
Matilde. Sì, ma puote
Forse tosto mancar. Forse a quest’ora
Non vive più. Sapete pur qual morbo
L’opprima, e qual età gl’incurvi il tergo.
L’aer puro campestre invan respira.
È disperato il caso9.
Enrico. Eppur risento
Pietà di lui.
Matilde. Tanta pietà non merta
Chi del proprio germano, e padre vostro,
Fe’ infelice il destino. Egli fra ceppi
Perir lo fe’10 per gelosia di regno.
Se regnava Manfredi, il trono avreste
Dal padre, e non dal zio. Potrebbe il padre
Tutto al figlio accordar; ma un re tiranno
Sa il ciel qual legge al successore impone!
Enrico. Imponga sin ch’ei può. Non è soggetto
Ad estinto monarca un re che vive.
Matilde. Oh dio, mio padre!11
SCENA II.
Leonzio dagli appartamenti reali, e detti.
Si proveda per tempo al suo periglio). (da sè
Signor, i’ vengo12 apportator di nuove
Meste insieme e gioconde. Il re Ruggiero
Spirò l’ultimo fiato; e qui prendete
All’annunzio felice il vostro spirto:
Voi l’erede del trono, il Re voi siete.
Matilde. (Ecco il punto fatale!) (da sè
Leonzio. Il popol tutto
V’acclama, vi desia, vi priega umile,
E impaziente accorre per vedervi
Sul fronte balenar l’aurea corona13.
Enrico. Leonzio, amico, anzi dirovvi padre,
Che tal sempre mi foste e tal sarete,
Fia mia gloria seguir vostri consigli.
Voi mi reggete, mi guidate al trono
Regolando i miei passi; anzi dovete
Voi regnar più di me. Troppo vi sono
Debitor della saggia amabil cura
Che di me voi prendeste. Io riconosco
Questo regno da voi, piucchè dal sangue.
Trattenetevi alquanto, e fin ch’io torni,
Con voi resti Matilde. Io voglio darvi
Una prova d’affetto; una caparra
Di mia riconoscenza.
Leonzio. E qual cagione...
Enrico. La cagione e l’effetto or or saprete.
(entra ne’ suoi appartamenti privati
SCENA III.
Leonzio e Matilde.
Morte privò d’un genitor Costanza14;
A voi s’aspetta con pietoso ciglio15
Mostrate un cuor dolente, onde vi creda
Sincera nell’amor d’umil vassallo16.
Matilde. V’ubbidirò, ma il duro orgoglio insano17
Con cui mira Costanza ogni vassallo,
Odiosa la rende agli occhi miei.
Leonzio. Tollerarlo convien da chi è sovrano.
Matilde. Finì d’esser sovrana: ella col padre
Tutta perde la regia luce ancora18.
Oggi del nuovo Re suddita anch’essa
Come l’altre sarà.
SCENA IV.
Enrico dal suddetto appartamento, con un foglio in mano, e detti.
D’esser grato, Leonzio, al vostro amore,
Tutto poco mi sembra. In questo foglio
Voi degna figlia di sì degno padre
Prendete omai19 della mia fede un pegno,
Io l’impero vi do sovra il cor mio:
Disponetene voi. Sul bianco foglio
Segnate voi ciò che v’aggrada. Il nome
Vi posi appiè20. Deh vi consigli in questo
La modestia non già, ma, se mi lice
Interpretar del vostro cor gli arcani,
Vi consigli l’amor. (Matilde prende il foglio
Leonzio. (Che fa Matilde?) (da sè
Matilde. Signor, comprendo assai vostra bontade;
Ma nè accettarla so21, nè ricusarla.
Permettetemi dunque ch’io riponga
Ei ne faccia quell’uso che più sembra
Degno del suo gran cor. Dipendo troppo
Dal paterno voler per non volere
Arbitrar di me stessa. Eccovi, o padre,
D’Enrico il foglio: il vostro cenno attendo.
(dà il foglio a Leonzio
Leonzio. Sire, non dubitate; ingrato abuso
Non ne farò. Rimproverarmi un giorno
Non potrete ch’io v’abbia...
Enrico. Invano, amico,
Temete dubbi in me che tutto approvo23.
Itene intanto; il funeral s’appresti
All’estinto monarca.
Leonzio. È già compiuto24
Quanto l’uopo chiedea. Venite, o Sire,
La pura gioia a spargere ne’ cuori25
Degli afflitti vassalli.
Enrico. Eccomi pronto.
Il regal trono e l’altre usate pompe
Apprestatemi voi, e a’ miei vassalli
Dite che qui mi giureranno fede,
E ch’io lor giurerò paterno affetto26.
Matilde addio. Ci rivedrem frappoco
Forse più lieti. Sì, la vostra destra
Stringer27 bramo assai più che il regal scettro.
(entra nell’appartamento di prima28
SCENA V.
Leonzio e Matilde.
La baldanza potrà del vostro core,
Che giunga fino ad aspirare al trono?
Matilde. Appellate baldanza29 O e non virtude
Il desio di regnar?
Leonzio. Virtù? Qual nome
Osate dar ad un insano orgoglio?
In chi nacque vassallo l’ubbidienza
È sol virtù30.
Matilde. Forse la prima io sono
Suddita nata, e fatta poi regina?
Leonzio. Se l’esempio giovasse, anco i delitti
Troveriano la scusa. E che pensate
Nel trono posseder? Forse la somma
Felicità? No: v’ingannate. Avreste
L’ira de’ grandi, l’odio de’ vassalli,
E lo sdegno comun fremente in volto31.
Matilde. Meta del mio pensier non è già il trono,
Ma d’Enrico il bel cor.
Leonzio. Non va disgiunto
D’Enrico il cor dalla real grandezza32.
Matilde. Che fia dunque di me?
Leonzio. Ite; a momenti
Tutto il vostro destin vi fia palese33.
Matilde. Vostra figlia son io...
Leonzio. Penso per questo
Più al vostro ben che non credete.
Leonzio. Ite, non più...
Matilde. Non mi tradir, fortuna.
(entra nel suo appartamento
SCENA VI.
Leonzio, poi Ormondo dalla porta comune.
Ella mi sedurria, se il core avessi
Arrendevole troppo, e reso molle
Per troppo amor... Ah no, non sarà mai35
Sposa del mio signor. Soffrir non deggio,
Per veder inalzato il sangue mio,
Che si faccia d’un re dubbia la sorte36.
Tronchisi quest’amor. Non si risparmi,
Quando37 giovi, un inganno virtuoso.
Ritornerà in se stesso Enrico alfine;
Di lode gli parrà degna mia fede
Allorchè dalle luci ottenebrate
Ragion gli tolga il velo... Viene Ormondo38;
La sua fede mi giovi in sì grand’uopo.
Ormondo. Giace alfin fra gli estinti il re Ruggiero,
Ciascuno il successor spera in Enrico.
Voi duce suo, voi suo custode e padre,
Concedetelo ormai.
Leonzio. Ma di don Pietro,
Suo minore germano, abbiamo noi
Nulla a temer? Torbido sempre e altero
Questo prence mostrossi. Or perchè viene
Ormondo. E noto a voi che a custodir fu dato
Questo principe a me sin da’ primi anni.
Io l'allevai fra l’arme, e sol la gloria
Chiama suo nume. A decampar sen riede
Carco di spoglie, e l’Africano infido
Più fier l'attenda alla stagion novella.
Si stabilisca al successore in capo
La reale corona; e anco don Pietro
Renda gli omaggi al suo maggior germano.
Leonzio. Uniti noi, chi contrastar potrebbe
Contro il nostro volere?
Ormondo. All’amicizia
Nodo aggiugner più forte ancor desio.
Leonzio. Qual fia? Datene il cenno, e omai si stringa.
Ormondo. Voi avete una figlia...
Leonzio. Sì... Che?... Forse...39
Ormondo. Questa chiedo in isposa ed ecco il nodo
Eterno, indissolubile, soave40
Reso da amor fra noi.
Leonzio. Propizia stella
Benefizio maggior farmi non puote.
Ella è vostra, signor.
Ormondo. Itene dunque
A recarle41 l’annunzio, e disponete
Ad amarmi il suo cor.
Leonzio. Lieta Matilde
Di sua sorte sarà. Sposo migliore
Darle non le potea pietoso il fato.
SCENA VII.
Riccardo dalla porta comune, e detti.
Di veder impaziente il suo sovrano.
La gran piazza è ripiena, e qui la (olla
Giunta saria, se delle guardie il cenno
Non trattenesse il loro passo a forza.
Leonzio. Vostra, Riccardo, e delle guardie sia
La cura d’apprestar l’augusto trono.
Qui piace al nuovo re la prima volta
Mostrarsi al popol suo. De’ capi io vado
A ragunar la miglior parte. Il tempo,
La guisa, il luogo e la real persona
Sappia Costanza, e si ritrovi anch’essa
Al grand’atto presente. Ormondo, in mezzo
Agli affari del regno, io non oblio
Ciò per cui sarem lieti ambi per sempre42.
(parte per la porta
SCENA VIII.
Ormondo e Riccardo.
Vostro comun piacer?
Ormondo. Non la nascondo
Alla vostra amicizia. Oggi Matilde
Mia consorte sarà.
Riccardo. Piacer che presto
In duolo cangierà.
Ormondo. Per qual cagione?
Ormondo. No, Riccardo, per cento e cento donne
Di rio costume, il pregio suo non perde
Il numero maggior delle bennate.
D’ una moglie fedel ch’ami lo sposo,
Che soffrir sappia e moderar sue voglie,
Non v’è maggior felicitade al mondo.
Bello è vedersi una consorte allato,
Con cui cambiar gli amplessi, e il riso e il pianto
Con essa dimezzar44: quest’è, Riccardo,
Piacer che non ha pari...
Riccardo. E quando sorge
La gelosia... Ma vien la principessa
Cui Leonzio m’invia.
Ormondo. Sen vien ripiena
Di duolo, di desio, di fasto e tema.
Seco solo vi lascio. Io vado intanto
L’ ore felici ad affrettar coi voti.
(parte per la porta comune
SCENA IX.
Riccardo e Costanza che esce dal suo appartamento.
Nella matura etade.
Costanza. Il padre io perdo,
E non v’è chi si dolga? Il trono è vuoto,
Nè so a chi si destini. Altro non sento
Che applausi, viva46, e non so a chi diretti.
La più vile son io forse di tutti?
Oppur col padre le ragioni e il sangue
Perdei di principessa?
Principessa, m’invia, per farvi noto
Ch’oggi qui deve incoronarsi Enrico.
Costanza. Enrico il nuovo Re? Quanto fu giusto
Il decreto del padre! oh quanto giusti
Son gli applausi comuni!
Riccardo. E voi si brama
Presente alla grand’opra.
Costanza. Anzi la prima
Ad imprimer sarò sulla sua mano
Bacio di fedeltade.
Riccardo. Oppur d’amore.
(da sè, e parte per la porta comune
SCENA X.
Costanza, poi Matilde dal suo appartamento.
Costanza. Mio Re, mio Nume, e, se mi lice il dirlo,
Mio tesoro, mia vita, avrò il contento
Di vederti regnar; ma tu dal trono
Forse non mirerai con occhio amante
Questa ch’è tua vassalla, e che potrebbe
Esser anco tua sposa e tua compagna.
Chi sa! Sperar mi giova. Il sangue, il grado,
L’età ci fa conformi; altro non resta,
Che uniformi l’amore i nostri cuori.
Matilde. Illustre principessa, il rammentarvi
La gran perdita vostra è un ritoccarvi
Crudelmente le piaghe, ond’è ch’io taccio,
E le lagrime mie rattengo a forza.
Costanza. Cortese amica, in ragionar sì saggia
Mostrate un vero amor; ho di natura
Adempiute le leggi; or la ragione
Piacemi d’ascoltar. Mortale anch’egli
Che dee pagare ogni uom47; ma che vi sembra
Del nuovo re? Potea sperar il regno
Più degno successor?
Matilde. No certamente;
E sia con pace de’ monarchi estinti,
Tanto la fama altrui sorpassa Enrico,
Quanto più delle stelle il sol risplende.
Costanza. Com’è gentil! come gli ride48 in viso
Soave maestà!
Matilde. Che nacque al trono
Mostrano gli occhi suoi.
Costanza. Felice quella
Che godrà l’amor suo!
Matilde. Di cento regni
Val più di Enrico il cor.
Costanza. Ma chi vi sembra
Che possa far di sì bel core acquisto?
Matilde. Molte son degne per natali illustri,
Per virtù rare e per bellezze conte:
Fra le quali Anagilda, Avira, Oronta,
E Manane, e Clotilde, e Aurora, e Livia,
E tant’altre del regno illustri donne.
Costanza. Sì modesta Matilde? Il vostro nome
Non ponete fra queste?
Matilde. Io, principessa,
So che degna non son49 di sì gran fregio.
Costanza. Figlia voi di Leonzio, al quale50 Enrico
Cotanto deve e per cui tanto acquista,
Sperar potete.
Matilde. Son51 di regal sangue
Quelle di cui parlai. Son io vassalla;
Forse ricusaria.
Costanza. Vassalle tutte
Sono fuor di52 Costanza. Io di Ruggiero
Sono l’unica figlia.
Matilde. A voi dovuto
Dunque il trono sarà.
Costanza. Oh Dio, Matilde!
Matilde. Sospirate? V’intendo. Il vostro cuore...
Costanza. Sì, purtroppo il mio cuor d’amore acceso,
Fra speranza e timor smania e delira.
Matilde. (Ahimè! che sento? Oh Dio!... povero core!)53
Costanza. Una ragione di sperare54 io veggio
Nel mio sangue real. Che mai direbbe
La Sicilia di lui, se posponesse
La figlia di Ruggiero? Io sola posso
Prometter figli di Palermo al soglio
Degni di lui.
Matilde. Basta, perchè sian degni,
Che sian figli del re.
Costanza. Ma se la madre
Il talamo avvilisce, indegni sono.
Matilde. Non avvilisce il talamo reale
Donna d’illustre sangue.
Costanza. In paragone
D’una figlia di re, ciascuna è vile.
Matilde. V’ingannate, signora. Il regal fregio,
Ch’è dono di fortuna, anco talvolta
Cade sovra gli abbietti. Il nobil sangue
È retaggio degli avi, e non s’oscura
Che per opere indegne.
Costanza. È ver, ma serve
Questo nobile sangue a quel che regna.
Costanza. Sì, v’intendo; potrebbe oggi Costanza
Voi servir, sua regina.
Matilde. A tanta sorte
Non aspira il mio cor.
Costanza. Ma l’aspirarvi
Non crede55 audacia?
Matilde. Non rispondo. Io sono
Figlia d’austero padre, e non mi scosto
Dal voler suo.
Costanza. S’ei lo volesse adunque,
Piacerebbevi il grado?
Matilde. E a chi potrebbe
Spiacer d’esser regina?
Costanza. Assai, Matilde,
V’ho sofferto sinor. Tanta baldanza
In voi non mi credea. L’audace fasto
Portar sugli occhi miei? Voi mia rivale
Dichiararvi sì franca?
Matilde. Io, principessa?
Siete in error. Vostra rival non sono.
Enrico forse a voi promesso ha il core?56
Ciò non sapea.
Costanza. Superba, il nuovo scherno
Mi pagherete un dì.
Matilde. Voi v’irritate
Troppo fuor di ragion. Contendo forse
lo la vostra grandezza?
Costanza. Invan contesa
Mi verrebbe da voi. Basso vapore
Invan s’innalza ad oltraggiare il sole.
(entra ne’ suoi appartamenti
SCENA XI.
Matilde sola.
Ostacolo all’amor che in sen nascondo.
Una rival così possente... oh Dio!
Mi fa spavento. Nell’amor d’Enrico
Fondo le mie speranze... E se si cangia?
Pur troppo il trono rende i cor che furo
Pietosi e fidi, crudi ed infedeli57.
Tu santo, onesto amor, tu che accendesti
Di quest’unico foco il seno mio,
Tu proteggi il mio cor, tu nel grand’uopo
Questa ch’è preda tua58, salva e difendi.
(entra nel suo appartamento
Fine dell’Atto Primo.
- ↑ Ed. Bettinelli, 1740: Voi piagnete, o mia cara?
- ↑ Bettinelli: Qual’arcano è mai questo!
- ↑ Bettinelli: le.
- ↑ Bett.: Che la nuova grandezza.
- ↑ Bett.: In van s’innalza.
- ↑ Bett.: per sua regina.
- ↑ Bett.: Sarò forzata a condonare a Voi — La giusta infedeltà.
- ↑ Bett.: v’è.
- ↑ Bett.: Sapete pur qual morbo — L’opprime, e qual’età. Sparsa è la voce, — Che nulla l'aere del Colle, e nulla — Da Palermo il ritiro a lui giovasse. — Disperato è il suo caso
- ↑ Bett.: fello perir.
- ↑ Bett. “Mat. “Sento gente: Partit.- O Dio! mio Padre! — Enr. Non son più a tempo„.
- ↑ Bett.: vegno.
- ↑ Bett.: vi priega umile — D’accettarne il bel fregio, e impaziente — Brama vedervi la Corona in fronte.
- ↑ Bett.: La nostra Principessa à perso il Padre.
- ↑ Bett.: con il mesto ciglio.
- ↑ Bett.: Itene ad essa, — Mostratele il cordoglio; e in Voi comprenda — D’un umile vassalla il cor divoto
- ↑ Bett.: V’obbedirò; ma quel costume altero.
- ↑ Bett.: La vanità reale.
- ↑ Bett.: ormai.
- ↑ Bett.: Appiedi — V’è il nome mio.
- ↑ Bett.: Nè accettarla poss’io'.
- ↑ Bett.: Nelle man di mio padre.
- ↑ Bett.: Fora il mio dubitar se tutto approvo.
- ↑ Bett.: Ò già adempito.
- ↑ Bett.: Venite tosto a rallegrar i cuori.
- ↑ Bett.: Ordinate voi dunque. A’ miei Vassalli — Dite che quivi accetterò in quest’oggi — Della loro fedeltade il giuramento — E lor darò dell’amor mio la fede.
- ↑ Bett.: Strigner.
- ↑ Bett.: entra nel suo appartamento privato.
- ↑ Bett.: Voi baldanza chiamate.
- ↑ Bett.: Virtù potrebbe — Esser forse in chi nacque al Regal Trono, — (S’è virtude il bramar vana grandezza) — Ma in chi nacque Vassallo è temeraria — La presunzion.
- ↑ Bett.: stariavi intorno.
- ↑ Bett.: da Maestà Reale.
- ↑ Bett.: saravvi noto.
- ↑ Bett.: Adunque.
- ↑ Bett.: Facile alle lusinghe, e molle troppo — D’Amor soverchio. No: non sarà mai ecc.
- ↑ Bett.: Che s’arischi (sic) d’un Re la dubbia sorte.
- ↑ Nel testo: Quando che.
- ↑ Bett.: Non si risparmi, -— Quando giovi, l’inganno. Alfine Enrico — Ritornerà in se stesso. Alfin di lode — Degna sarà la Fede mia, comunque — Spiacevole or gli sembri e non secondi — La sua cieca passion. Ma viene Ormondo ecc.
- ↑ Bett.: A voi ben nota'.
- ↑ Bett.: più forte.
- ↑ Bett.: Recategli.
- ↑ Bett.: io non mi scordo — Ciò per cui sarem lieti, e Voi ed Io.
- ↑ Bett.: Non mi fate parlar contro il bel sesso.
- ↑ Bett.: e il riso, e il pianto — Far con essa comun. Gl’interni affanni — Con essa dimezzar' ecc.
- ↑ Bett.: in l’età.
- ↑ Bett.: e Viva.
- ↑ Bett.: Di nostra umanità.
- ↑ Bett.: come riserba.
- ↑ Così l’ed. Bettinelli. Nell’ed. Zatta si legge: Io degna non son ecc.
- ↑ Bett.: a cui.
- ↑ Nelle edd. Bett. e Zatta: sono.
- ↑ Bett.: che.
- ↑ Bett.: (Ahimè! che sento? Ah gelosia, m’uccidi).
- ↑ Bett.: da sperar.
- ↑ Bett.: forma.
- ↑ Bett.: il trono?
- ↑ Bett.: Infelice Matilde! ecco una nuova — Sventura all amor mio. Sì gran rivale — Mi fa spavento. Nel bel cor d’Enrico — Spero, egli è Ver; ma può d’Enrico il cuore — Cangiarsi in trono. Tanti, ch’eran prima — Pietosi e fidi, nel salir del trono — Perfidi e infidi divenir ben tosto, — Quasi che colassù spiri un altr’aria.
- ↑ Nell’ed. Zatta: sua.