Elementi di economia pubblica/Parte terza/Capitolo III
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Parte terza - Capitolo II | Parte terza - Capitolo IV | ► |
Cap. III. — della preferenza e distribuzione delle diverse arti e manifatture.
27. Nella Prima Parte di questi Elementi, come ancora nel Primo Capitolo di questa Terza Parte, noi abbiamo sufficientemente indicati i principj, onde subito scorgere a quali arti dobbiamo dare la preferenza; perciò qui basterà di questa materia dare un breve cenno.
Abbiamo detto che le arti più vicine a rappresentar l’alimento sono quelle che debbono essere preferite. Chiamo arti più vicine quelle che soddisfanno ai bisogni più inesorabili dopo quello: il vestito dunque grossolano, che copre gl’individui delle classi più laboriose, sarà l’arte che meriterà la preferenza prima di introdurre le più raffinate. Qui non si tratta di escludere, il che sarebbe rovinoso, ma a quali debbono indirizzarsi prima d’ogni altra le pubbliche premure.
Per più ragioni saranno piuttosto quelle che queste. Perchè quantunque di minimo valore ciascuna in particolare, pure l’universalità e l’esigenza dell’uso formano una somma assai più considerabile, presa tutta insieme, di quello che la formino le manifatture più raffinate, le quali necessariamente esser non possono troppo numerose, almeno relativamente a quelle. I bisogni primarj e secondarj del popolo, più immediatamente e più facilmente soddisfatti, animano ben più l’agricoltura di quello che le arti più remote e più straniere alla bassa e promiscua contrattazione. Anche i più opulenti e lussureggianti proprietarj sono costretti, nell’ampiezza e nel volume delle loro case e dei loro arredi, di ammettere nella maggior quantità le umili e sode produzioni delle arti comuni ed universali, riserbandosi soltanto di conservare le eccelse e frivole delle arti le più fine per le loro persone e per gli usi loro immediati, ai quali si degnano di discendere. Quelle per lo più si formano dalle materie prime prodotte nello Stato, e se vi sono introdotte, almeno e la mano d’opera, e i colori, e gl’istrumenti, e tutto il residuo apparato che ingombra una manifattura popolare, sono produzioni nazionali: quasi tutto ciò è forastiero nelle manifatture più complicate e dispendiose, principalmente nei primi progressi delle medesime.
Ogni manifattura in proporzione che è più complicata, che adopera un maggior numero di persone, che è più dispendiosa, un più piccolo volume di essa rappresenta una maggior massa di alimenti e di produzioni primarie destinate alla consumazione; queste, o per dir meglio l’equivalente restituir si deve dal manifattore alla medesima, dopo che egli collo spaccio della manifattura n’avrà attratto a sè una porzione considerabile. Supponiamo dunque una nazione molto scarsa delle manifatture più usuali e provveduta delle più fine, e fingiamo che tanto guadagni uno di questi manifattori, quanto molti dei primi. In tal caso il manifattore più fino non restituirà che in proporzione delle sue spese. Ma le spese di un solo che viva comodamente sono sempre minori di quelle di molti presi tutti insieme, ancorchè ciascheduno spenda un poco meno in proporzione della vicinanza dell’uno alla classe degli altri. Dunque la restituzione del guadagno, e la diffusione che se ne fa nelle classi subalterne sarà sempre più tarda e meno egualmente distribuita, a misura che le manifatture hanno meno per oggetto i bisogni più universali e necessarj, che quelli più particolari e superflui. Ma quando sieno abbastanza stabilite le manifatture di primo uso e di prima necessità, nell’ascendere alle più raffinate, oltrechè la condizione delle cose medesime vi ci conduce naturalmente, sarà sempre ottimo l’accelerar nei progressi, perchè allora, soddisfatti coll’interno travaglio i bisogni popolareschi e d’ampia universale esigenza, il guadagno delle arti raffinate sarà fatto sulle altre nazioni, e per conseguenza crescerà nello Stato la massa delle ricchezze, ossia delle cose utili e piacevoli, o almeno ciò che le rappresenta e dà un diritto di acquistarle.
Ma la comune esigenza medesima non sarà la sola primaria norma onde scegliere le manifatture; bisognerà ancora avere riguardo alle materie prime, che il suolo è capace di produrre nelle date circostanze. Sarebbe per esempio un pazzo consiglio lo spatriare presso di noi l’accostumato lino per alloggiare il forastiero cotone; così quantunque le lane sieno le materie prime, che dopo l’alimento offrono i più comuni e meno dispendiosi comodi della vita e ci difendono nelle necessità le più indispensabili, io però non crederei perciò che si dovesse abbattere l’immensa popolazione dei nostri gelsi, o dissipare le 115,000 vacche che pascolano i nostri prati, o il grano alimentatore diminuire, per coprire questa fertile provincia di pecore. Dunque in tali circostanze si permetteranno le pecore dove possono sussistervi, e in moltissimi luoghi lo possono senza dar loro una preferenza che alieni gli uomini dall’incominciato corso di proficue accostumate colture che naturalmente vi si stabiliranno. Per incominciare bastano i più grossolani lanificj, in favore dei quali lasciando libera o veramente premiando l’introduzione delle lane forastiere, potranno essi prendere in breve tempo un aumento considerabile e riacquistare l’antica superiorità. Così non potranno tali arti animarsi e perfezionarsi in pregiudizio delle arti della seta, il di cui giornaliero aumento chiaramente ci richiama a rivolgere ogni cura verso una produzione e verso una manifattura assai più utile a noi per l’abbondanza che per la perfezione, dalla quale ancora siam lontani per la folla d’inestricabili pregiudizj in cui siamo involti, pregiudizj che sempre più allignano profondamente nei facili e fecondi terreni, che nei magri ed ingrati ove siede maestra sollecita ed inquieta l’inesorabile necessità.
28. Si è detto abbastanza intorno alla preferenza delle diverse arti. Ora sarà opportuno di toccare qualche cosa del luogo migliore ove si possono stabilire le manifatture; il che sarà detto in una parola, cioè esser meglio che siano nella campagna che nella città, e nei luoghi di campagna più vicini alle strade maestre, solide e spedite, vicino ai fiumi ed ai laghi, dove le acque ed i trasporti rendono minori le spese di cui è aggravato il manifattore. Quelli, che la vanità trasportano dall’individuo alla nazione, restano abbagliati senza dubbio nel vedere tra una immensa moltitudine di popolo, ammucchiata ed avvolta nel fumo di una capitale, la folla ed il mormorio di numerose ed ampie manifatture, ed odierebbero il volerlo allontanare nell’aperta e solitaria campagna. Ma io li prego di considerare a quanto maggiori inconvenienti siano soggette le manifatture cittadine e accumulate, ed a quanto minori le manifatture villareccie e sparse. Le derrate le più necessarie, il vitto, il vestito, l’alloggio e gli operaj medesimi costano molto più nella città che nella campagna, perchè ivi costano di più dove siavi maggiore consumazione per la derrata d’alimento, e questa essendo più cara, più cara rende ogni cosa necessaria a tutti quelli che concorrono ad una manifattura. Gli uomini esigono un salario maggiore non solamente perchè più necessario, ma perchè quanto le città sono più grandi, i mezzi di vivere oziosamente si fanno più frequenti e più facili, ed ivi si forma una concorrenza tra il prezzo che l’inerzia divora, e il prezzo che il travaglio esibisce, onde la mano d’opera diviene più cara e difficile. Per lo contrario, alla campagna un salario anche più scarso è una fortuna per il contadino. Una manifattura o due che intorno ad un villaggio ben coltivato si stabiliscano, aumentano ordinariamente la popolazione; l’industria di quegli, il superfluo di essa trova un impiego, e tutti veggono sotto gli occhi uno Stato, al quale possono avvicinarsi raddoppiando l’attività delle loro braccia e l’esattezza della loro frugalità. Le manifatture hanno un esito che dipende da moltiplici e varianti circostanze. Elleno sono soggette a frequenti intervalli d’inazione; i lutti che il cerimoniale ancora consagra in Europa, sospendono qualche volta ed arenano un numero considerabile di manifatture, e le guerre ed altri avvenimenti producono il medesimo effetto. Se tali manifatture sono costipate nelle città, una immensa moltitudine di operaj resta senza pane e senza risorsa a peso del pubblico o a peso dei manifattori medesimi, i quali si rovinano col diminuire giornalmente i proprj capitali: se sono alla campagna, gli operaj non saranno giammai tanto stranieri alla terra presente che li circonda, che non abbiano un compenso col lavorare interinalmente la terra medesima. Questi operaj, essendo tolti dalle rustiche famiglie, conservano sempre qualche piccola porzione di terreno che unitamente mettono in valore; colla sospensione della manifattura non cesseranno perciò da ogni sorta di fatica e di produzione. Quale immensa differenza per questo solo articolo fra le manifatture della città e quelle della campagna! Una maggior consumazione, essendo più immediata e più vicina alla produzione, animerà di più l’agricoltura; e l’esempio di un commercio più vivo renderà più attento l’agricoltore a mettere in valore le terre, onde risparmiare tanto che basti per incominciare un commercio ed avviarsi ad un cambiamento di fortuna. Finalmente i considerabili guadagni che le estese manifatture mettono in istato di fare gli opulenti manifattori, quando siano vicini gli uni agli altri, eccitano un lusso ed una gara di ostentare le proprie ricchezze, la quale tende a poco a poco a rovinare le manifatture medesime. Il lusso de’ proprietarj delle terre è meno pericoloso, perchè appoggiato ad una riproduzione limitata, costante e periodica. Si rovinano le famiglie, si diminuiscono le produzioni del suolo, ma la terra non fugge e solamente passa da una mano nell’altra. All’opposto, il lusso dei manifattori e commercianti è da una parte fomentato dal momentaneo accumulamento di grossi guadagni, ed ingrandito dall’aspetto di ampie somme che vanno o vengono continuamente. Dall’altra parte i rischj sempre in proporzione dei guadagni sono maggiori, ed ogni diminuzione del capitale è un annientamento non solo della ricchezza del manifattore, ma quasi sempre ancora della ricchezza di uno Stato; primieramente, perchè s’interrompono e si diminuiscono le operazioni tutte che servono alla manifattura medesima senza speranza che siano sostituite; in secondo luogo, perchè le spese della dissipazione non ricadono nelle mani dei primi manifattori, ma si disperdono in vantaggio dei piccoli commercianti: il che può tornar in utile dello Stato per questa parte, ma in maggior danno per l’altra, annientando una sorgente di travaglio produttivo. Finalmente le manifatture del medesimo genere, se sono troppo vicine le une alle altre in una città, non tanto contribuiscono all’abbassamento del prezzo per la gara reciproca di vendere, quanto danno occasione agli inconvenienti sopra indicati; e può talvolta avvenire, che si sforzino di accordarsi insieme per erigersi in corpo privativo, egualmente dannoso alla nazione che alla perfezione della manifattura.
29. In ultimo vi sono delle arti, la di cui prosperità è pregiudizievole al molto maggior numero di esse, ed a tutta la catena degli affari e delle azioni economiche dello Stato. Siavi, per esempio, in una nazione abbondanza di filugello (materia prima cresciuta nel paese che fornisce buone, solide e poco dispendiose manifatture per il piccolo lusso del popolo), e nella medesima siavi una fabbrica privativa di tele di cotone dipinto, nella quale e la materia prima e i colori e tutto sia straniero, fuorchè la sola mano di opera; chiara cosa è che una tale manifattura potendo per la privativa prevalere sulla nazionale dei filugelli, questa sarà avvilita, e vi sarà una produzione meno estesa e meno proficua per un gran numero di artigiani, un minor vantaggio per gli agricoltori e proprietarj delle terre e un’uscita di danaro dalla nazione; questa uscita potrebbe bensì essere compensata con una maggiore entrata per lo spaccio al di fuori della manifattura di cotone, ma ciò non ristorerebbe la perdita dei maggiori vantaggi che nascerebbero dall’impiego di una materia prima cresciuta nel paese, che parimenti potrebbe sortire. È qui da avvertire, che è sempre maggiore la concorrenza tra le manifatture di materie prime nazionali della concorrenza tra le manifatture di materie prime forastiere, a pari esigenza ed abilità a soddisfare ai bisogni a cui tali arti sono destinate. Nelle manifatture nazionali le relazioni sono più vicine, le corrispondenze più facili, le condizioni dei contratti meno rigorose e più indulgenti; inoltre l’uomo è più eccitato dalle cose presenti che dalle lontane; quindi la concorrenza tra le manifatture di filugello sarebbe sempre maggiore della concorrenza tra le manifatture di cotone, e per conseguenza lo spaccio ne sarebbe anche sempre più censiderabile.
30. Altro esempio di queste due prosperità contrarie l’une alle altre di diverse arti e professioni si è questo: dove i trasporti sono difficili, un gran numero di persone vive su tali trasporti, e dove non siano regolamenti che rendano facilissimo e di pochissimo valore il viaggiare, ivi cresceranno, in proporzione della necessità ed esigenza di tali viaggi e trasporti, la prosperità e i profitti dei trasportatori e vetturali e simili. Ora una grandissima facilità o bontà delle strade, le diligenze, i procacci, i canali ed altre istituzioni che rendono a buon mercato qualunque trasporto, farebbero danno ad una quantità di persone che un tal mestiere esercitano, ma nei medesimo tempo renderebbero più animato il commercio dei generi e delle materie prime, e più numerose e più frequentate le arti tutte. Questo accrescimento essendo d’immensa quantità più utile alla maggior parte, di quello che sia il danno recato a questi trasportatori, danno più passaggiero che durevole, perchè prestissimo crescerebbero le occasioni dei trasporti meno lucrosi, ma più frequenti; perciò si dovrà poco curare la ricchezza d’una tal professione, in confronto del danno che questa ricchezza apporta a tutta la mole degli affari economici della nazione.