Dracula/X
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | IX | XI | ► |
CAPITOLO X.
Il Dottor Seward a Arturo Holmwood.
6 settembre.
Mio caro Arturo, le notizie quest’oggi sono meno buone. Lucy non sta bene. A qualche cosa tuttavia servono anche le disgrazie. La signora Westenra sì è inquietata e m’ha pregato di curare sua figlia. Le ho parlato subito del mio vecchio amico Van Helsing ed ella ha affidato ad ambedue la cura di guarirla. Di fretta, vostro
John Seward.
Giornale del dottor Seward.
7 settembre.
La prima domanda di Van Helsing è stata questa: «Avete avvisato il fidanzato della giovinetta?»
— No, dopo aver riflettuto, mi sono accontentato di scrivergli poche parole che non lo inquietassero troppo. Ho preferito aspettarvi per diagnosticare.
— Avete ragione, mio giovine amico. Inutile inquietarlo, è meglio che sappia il più tardi possibile.
Gli ho descritto i sintomi e si è oscurato.
La signora Westenra ci ha ricevuti: pareva meno inquieta di quel che credevo. La povera donna è ella stessa tanto malata da non rendersi conto dello stato di sua figlia. Ci hanno fatto entrare nella stanza di Lucy. La sua vista stavolta mi ha colmato di terrore. Era d’un pallore terreo; aveva labbra e gengive scolorate e respirava a fatica. Van Helsing aggrottò le ciglia, la contemplò per qualche momento, le tastò il polso e mi fece segno di seguirlo fuor della stanza.
— Non c’è un secondo da perdere — disse; — il cuore funziona a malapena, non ha più sangue nelle vene. Bisogna trasfondergliene immediatamente. Chi sarà di noi due?
— Sono più giovane e più forte, Maestro, sarò io.
— Preparatevi, allora, vado a cercare il mio astuccio.
Lo seguii nel corridoio; un colpo di martello scuoteva la porta; la cameriera introdusse Arturo.
— John, muoio d’inquietudine; la vostra lettera mi ha fatto perdere la testa. Babbo stava un po’ meglio e ho preso il primo treno. Non è il dottor Helsing al quale già devo tanta riconoscenza?
Il mio vecchio maestro lo contemplava con benevolenza.
— Arrivate in tempo, signore. La vostra fidanzata sta malissimo.
Arturo impallidì.
— Ma — riprese Van Helsing — rassicuratevi: voi potete salvarla.
— In qual modo? — chiese Arturo con voce spenta. — Che bisogna fare? La mia vita le appartiene e darei volontieri per lei fino all’ultima goccia di sangue.
Van Helsing ebbe un lieve sorriso ironico.
— Non ve ne domanderemo tanto — disse sorridendo. — Seguiteci.
Nel corridoio, spiegò:
— Siamo in procinto di operare la trasfusione del sangue. John s’era offerto, voi mi sembrate più adatto.
Arturo mi strinse calorosamente la mano.
— Sono pronto a morire per lei — disse gravemente.
Van Helsing si accostò al letto della giovinetta dopo aver pregato Arturo di non entrare.
Prese dal suo astuccio un pacchettino di polvere che versò in un bicchiere:
— Prendete, piccola Miss — disse gaiamente — bevete questa droga, vi farà del bene.
La fanciulla era così debole che stentò ad accostare alle labbra il bicchiere. Alcuni minuti trascorsero prima che il narcotico agisse. Quand’ella fu assopita, Van Helsing chiamò Arturo e lo pregò di togliersi la giacca. E destramente praticò l’operazione. Man mano che la trasfusione avveniva, tornava il colore sulle guance di Lucy ed il viso d’Arturo che impallidiva raggiava d’una gioia pura.
— Basta — disse a un tratto Van Helsing, che con l’orologio in mano cronometrava i minuti.
— John, curate il vostro amico mentre io m’occupo di lei.
Quand’ebbe medicato la ferita, aggiustò i guanciali del letto; lo stretto nastro di velluto nero che Lucy porta al collo chiuso da una spilla di diamanti datale dal suo fidanzato si spostò rivelando una piccola ferita rossa alla gola. Van Helsing sussultò stupito.
— Conducete via il vostro amico — fece — e rinvigoritelo con un bicchiere di Porto. Poi, torni nella sua stanza e dorma!
Non appena Arturo fu partito, tornai accanto a Van Helsing. Lucy dormiva tranquilla. Chiesi sottovoce:
— Come spiegate quel segno alla gola?
— E voi?
— Non l’ho visto bene.
E, accostandomi al letto, sollevai delicatamente il nastro. Due piccoli fori, minuscole ferite impressionanti, stavano al disopra della vena iugulare. Era forse quella l’origine della sua debolezza. No, impossibile, il sangue sfuggendo avrebbe macchiato il lenzuolo.
— Ebbene? — domandò Van Helsing.
— Non capisco affatto.
— Io — disse il professore — stassera ritorno ad Amsterdam, mi occorrono libri e istrumenti indispensabili. Voi starete qui tutta la notte e non la perderete d’occhio.
— Bisogna cercare una infermiera?
— Inutile, voi ed io bastiamo. Vegliate a che sia nutrita bene che nessuno la disturbi. Sopratutto non addormentatevi. Sarò presto di ritorno e cominceremo la cura.
— Quale cura? — interrogai meravigliato.
— Vedrete.
E sul limitare della porta aggiunse:
— Ve la affido, vegliate su di lei.
11 settembre.
La notte scorsa andai a casa mia. Van Helsing essendo tornato, insistè per vegliare. Nel pomeriggio, oggi sono tornato ad Hillingham. Il Maestro pare rassicurato. Lucy è in buone condizioni. Mentr’ero lì, portarono un paniere venuto dall’estero e indirizzato al professore. Egli ne tolse un fascio di fiori bianchi.
— Sono per voi, miss Lucy — disse.
— Oh! dottore, voi mi guastate.
— Non è un regalo — disse — è una medicina. (Lucy fece una smorfia). Ma non arricciate il vostro bel nasino, vi prometto di non farne delle tisane. Bisognerà soltanto farne una ghirlanda che di notte annoderete intorno al collo. Come i fiori del loto, scacciano i sogni cattivi!
— Oh! dottore, scherzate — diss’ella ridendo dopo averli fiutati — non sono che dei volgari fiori d’aglio.
— Non scherzo — disse Van Helsing con un fare brusco che mi sorprese; — e se vi affermo che questi fiori avranno su di voi un felice effetto, bisogna credermi. Intreccerò io stesso la ghirlanda ed empirò la stanza di fiori. È ancora una fortuna che me n’abbiano potuto inviare in questa stagione. Ho dovuto telegrafare al mio amico Vanderpool di Harleem che ne coltiva tutto l’anno entro le sue serre.
Quella cura singolare mi stupì.
Egli richiuse accuratamente la finestra e sfregò i mobili con i fiori affinchè l’aria che entrasse nella stanza fosse piena del loro profumo; eguale maneggio intorno alla porta ed al camino.
— Si direbbe, maestro, che vogliate esorcizzare uno spirito maligno — dissi ridendo.
— Può darsi — rispose mentre intrecciava la ghirlanda.
Nel frattempo. Lucy nella stanza attigua si spogliava per la notte. Quando fu coricata, il maestro le annodò egli stesso la collana intorno al collo.
— Abbiate cura di non staccarla. E sopratutto non aprite nè la porta nè la finestra.
— Ve lo prometto — disse — e vi ringrazio della vostra bontà.
La mia vettura m’aspettava alla porta. Van Helsing vi accettò un posto.
— Possiamo dormire tranquilli stassera — disse. — Una buona notte ci rinvigorirà. Venite a prendermi domattina; torneremo insieme a vedere miss Lucy.
La sua fiducia non mi rassicurò interamente.